L'amministrazione regionale; i rapporti fra le regioni e gli enti autonomi
minori
Statuendo che "spettano alle regione le funzioni amministrative per le
materie elencate nel precedente articolo", ha inteso enunciare il principio del
parallelismo fra legislazione ed amministrazione. Di tanto si estende la prima
potestà, altrettanto è di norma lo spazio spettante alla seconda. Ma vale anche
la regola inversa, per cui le norme statali sul trasferimento delle funzioni
amministrative alle regioni, ordinarie e speciali, sono valse e valgono tuttora
a fornire criteri per l'interpretazione dell'art. 117, in tema di legislazione
locale.
Le norme statali sul trasferimento delle funzioni amministrative hanno
previsto moltissime volte attribuzioni destinate ad essere ancora esercitate
dallo stato. Analogamente hanno poi disposto le leggi statali che al più vario
titolo sono sopravvenute nei settori di spettanza delle regioni. E la corte
costituzionale ha accolto la tesi che possano sussistere in tal senso due
distinti livelli di amministrazione, statale e regionale; similmente a ciò che
si verifica per la potestà legislativa locale. Le dette norme statali sul
trasferimento delle funzioni amministrative hanno previsto moltissime volte
attribuzioni destinate ad essere ancora esercitate dallo stato. Analogamente
hanno poi disposto le leggi statali che al più vario titolo sono sopravvenute
nei settori di spettanza delle regioni. E la corte costituzionale ha accolto la
tesi che possano sussistere in tal senso due distinti livelli di
amministrazione, statale e regionale: similmente a ciò che si verifica per la
potestà legislativa locale, l'esercizio della quale non vale mai ad escludere
del tutto la concorrente legislazione dello stato. La più clamorosa riprova di
questa realtà giuridica, consolidata da tempo, è offerta dalla funzione di
indirizzo e coordinamento delle attività regionali: funzione che non trova
alcun fondamento testuale, ma viene regolata ed esercitata dallo stato, nelle
materie di competenza delle regioni. Contestata da varie regioni che la
ritenevano incostituzionale, la funzione stessa è stata subito difesa dalla
corte, che l'ha collegata al limite degli interessi nazionali. Anche a tali
effetti si è dunque riaffermata la regola del parallelismo, nel senso che
l'indirizzo e coordinamento statale incide "indiscriminatamente sull'attività
amministrativa e su quella legislativa delle regioni". La stessa corte
costituzionale lo ha confermato più volte, sostenendo che alla funzione in
esame tutti gli organi delle regione "devono adeguarsi", dal momento che essa
"ha sicuro fondamento in costituzione".
Il controllo sugli atti amministrativi delle regioni viene svolto "in
forma decentrata" ad opera di apposite commissioni costituite in ciascun
capoluogo regionale, sotto la presidenza del commissario del governo. Più
precisamente, tale organo dello stato esplica in via preventiva un controllo di
legittimità, relativo alle più importanti categorie di atti amministrativi
regionali; con la sola eccezione delle delibere "dichiarate immediatamente
eseguibili", che vanno sottoposte ad un controllo successivo. Tuttavia, una
volta esauriti i controlli in questione, lo stato non dispone di alcun rimedio
ulteriore nei confronti degli atti amministrativi regionali. La regola del
parallelismo subisce una rilevante eccezione in virtù dell'art. 118, là dove si
dispone che le funzioni amministrative di interesse esclusivamente locale
"possono essere attribuite dalle leggi della repubblica alle province, ai
comune o ad altri enti locali". Attraverso l'imposizione di siffatte deleghe
amministrative, la costituzione sembrerebbe statuire che le regioni non debbano
disporre di un proprio apparato burocratico, salvo che si tratti di funzioni in
suscettibili di esercizio decentrato. D'altro lato, i decreti legislativi
concernenti il trasferimento delle funzioni amministrative hanno coinvolto
contingenti assai notevoli di funzionari ed impiegati statali, pur prevedendo
la loro necessaria assegnazione agli enti eventualmente delegati delle regioni;
il che, concretamente, ha allontanato di molto l'ipotesi dell'amministrazione
regionale indiretta.
Va solo ricordato che alle regioni compete comunque il controllo sugli
atti amministrativi degli enti locali. Quegli organi della regione cui si
accenna nell'art. 130 primo comma risultano però del tutto sui generis, essendo
costituiti ed organizzati in modo da sottrarli al comune regime degli uffici
regionali. Ma anche nel nuovo "ordinamento delle autonomie locali", che assegna
quattro componenti al consiglio contro uno designato dal commissario, si
riscontra che tutti i membri in questione debbono essere "esperti": il che
trova giustificazione in vista della natura dei compiti che si tratta di
svolgere, con particolare riguardo alla legittimità degli atti controllati.