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Da una parte c'è la battaglia concorrenziale contro il potere sempre intatto dei conservatori e contro i socialisti in ascesa. Ciò impose alcune correzioni alla dottrina pure, già introdotte da Mill con il "social-liberalismo". Queste spingevano ad oltrepassare gli assiomi individualistici e razionali sui quali si fondava il liberalismo. Spinsero anche i teorici liberali a sollecitare l'adozione di misure statali.
Per i liberali i
punti del dilemma erano i postulati economici e quelli politici. La soluzione
implicava un rafforzamento dello Stato comunque.Ogni modifica toglieva al
liberalismo un frammento della sua convincente coerenza.
Non funzionava più la teoria classica dell'interesse egoistico, della libertà
dell'individuo come definizioni del liberalismo economico e politico. Il
problema del rapporto tra l'individuo e il suo ambiente sociale fu trattato da
Green e Naumann (patore protestante e pubblicista). Fu data grande importanza
alla formazione culturale ma anche alla componente religiosa della socialità.
I tentativi di conciliare libveralismo con correnti sociali e nazionali fu
travolto dalla critica del capitalismo e della civiltà; non sfuggì nemmeno la
fede nella democrazia rappresentativa. Weber vide la soluzione in una forma
mista di tipo rappresentativo-plebiscitario.
Il problema dei
"revisionisti" liberali implicava una critica all'industrialismo del laisser
faire e alle sue conseguenze sociali. Naumann propose con la convinzione della
conciliabilità di uno "Stato popolare" democratico, ossia di uno Stato come
strumento positivo di garanzia della libertà.
In molti campi si attuò la transizione dall'idea di libertà economica all'idea
dello Stato di diritto politico, dove si inserirono anche elementi di Stato
sociale. Nel saldare insieme princìpi liberali e tendenze stataliste e sociali,
il liberalismo, in confronto alle coerenti e compatte ideologie socialiste e
stataliste, dimostro meno rigore; questo fece apparire il liberalismo
incoerente e disposto al compromesso, senza princìpi e opportunista.
La causa sonole differenze tra l'interpretazione ristretta del concetto di liberalismo del continente europeo e quella più ampia anglo-americana. Il concetto ristretto colloca il liberalismo in una posizione intermedia tra conservatorismo e socialismo, puntando su un riformismo non radicale. In questo senso siccome si identifica col capitalismoviene combattuto.
Il concetto più ampio designava una democrazia liberale pluralistica e rappresentava l'antitesi all'autocrazia e alla dittatura. Questo liberalismo democratico ha dimostrato la sua forza ideologica. Esso non era limitato a nessuna classe, era antidittatoriale, anticollettivista, antitotalitario, nemico di ogni intervento dello Stato: esso ha fede nell'uomo e nelle sue possibilità.
Poteva sembrare che l'evoluzione democratica in senso politico-liberale renesse superflua la rivoluzione radicale. La guerra mondiale invece intaccò e confutò questo ottimismo progressista dei liberali. Nella Germania di Naumann e nell'Italia di Croce le idee liberali erano naufragate già negli anni Venti.
Soltanto dopo la dittatura e la Seconda guerra mondiale dovevano rendere possibile quella duratura collaborazione tra concezione individualistica e concezione comunitaria, garantendo meglio l'esistenza di una democrazia liberale e sociale. Il liberalismo diventerà proprio la base della rinnovata democrazia dell'Occidente libero.
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