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Lo stato totalitario




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LO STATO TOTALITARIO[G.M.1] 

Le trasformazioni sociali, economiche e culturali che si verificano in Europa tra xix e xx secolo determinano la crisi dello stato liberale che si mostra incapace di adattarsi alle mutate condizioni storiche. La dissoluzione del sistema liberale tradizionale da luogo a due esiti differenti: la democra­zia ed il totalitarismo.

Lo stato liberale, evolutosi verso forme democratiche grazie alla diffusione della rappresentanza e del principio della sovranità popolare, sembra uscire vincitore dalla prima guerra mondiale. Infatti le potenze dell'Intesa costi­tuivano un blocco di paesi repubblicani o monarchici a regime costituzionale ed il loro trionfo sugli imperi centra­li, ancora caratterizzati da residui di assolutismo, venne interpre­tato come una vittoria dello stato liberal - demo­cratico.

Tuttavia già a partire dagli anni venti si manifesta in alcuni paesi (Italia, Spagna, Europa centro - orientale) una tendenza all'affermazione di regimi autoritari. L'obbiettivo della presente trattazione non è costituito da un esame del processo storico che produsse l'avvento dei regimi totalitari in Europa , ma dal tentativo di chiarire i principi e l'assetto organizzativo su cui si fonda lo stato totalitario attraverso l'analisi dei principali modelli interpretativi che di esso sono stati proposti.


1 - Definizione e origini


Il termine di 'Stato Totalitario' fu usato per la prima volta in Italia negli anni '20 per caratterizzare lo 'stato fascista' in opposizione allo 'stato liberale'. Nell'Enciclopedia italiana (1932) Mussolini definì lo 'ST' come un 'partito unico che governa totalitariamente una nazione'. Nella Germania nazista venne adoperata la deno­minazione di 'Stato Autoritario'. Dopo la seconda guerra mondiale l'espressione si affermò per indicare tutte le dittature monopartitiche (fasciste o comuniste). Sempre nel secondo dopoguerra vennero elaborate anche le più significative teorie sullo 'ST', quella di Han­nah Arendt ('Le origini del totalitarismo', 1951) e di Friedrich e Brzezinski (Dittatura totalitaria e autocrazia, 1956).


A - TEORIA DI ARENDT: Arendt muove dall'assunto che il totalitarismo costituisca una nuova forma di dittatura che, a differenza di quelle tradizionali, non mira solo ad esautorare l'individuo dalle proprie capacità politiche, ma a sopprimere e riformare a propria immagine le istitu­zioni che gover­nano le relazioni private tra i cittadini. Da questo punto di vista il fine del T è la trasformazione della natura umana, tanto nelle sue componenti esteriori quanto in quelle interiori, in modo da controllare la 'totalità' della vita sociale nei suoi molteplici aspetti. Per conseguire il suo progetto di dominio totale della società, il 'T' si servirebbe di due strumenti:

1) l'ideologia totalitaria: costruzione di una visione del mondo, assunta come dotata di certezza assoluta e perciò non sottoponibile a critica, che reinterpreta la totalità degli eventi storici consideran­doli come espressione una legge evolutiva necessaria della storia. Il 'T' assume tale legge come proprio destino storico trovando in esso la propria legittimazione e il principio direttivo della propria azione. Tale ideologia si sottrae ad ogni verifica empirica e sostituisce un mondo costituito da miti e simboli al mondo reale.

2) il terrore totalitario: è il principale strumento utilizzato dallo 'ST' per imporre e tradurre in pratica coattivamente la propria ideologia. Esso si scaglia sia contro 'nemici reali' (gli oppositori del regime), sia contro 'nemici fittizi' definiti di volta in volta a seconda delle esigenze e tendenze politiche del regime. Il terrore totale rende possibile irreggimen­tare e controllare la totalità delle masse popolari e costituisce l'essenza del 'T'.

Accanto a tali aspetti fondamentali il 'T' sarebbe inoltre caratterizzato da altri due elementi:

3) organizzazione totalitaria: l'imposizione dell'ideologia e del terrore richiede la riorganizzazione dell'apparato statale che è dominato da un 'partito unico'. Principali strumenti di esso sono:

3.1) élite di partito: organizzazioni di partito e gruppi selezionati caratterizzati da una credenza fanatica nell'ideo­logia totalitaria che tendono ad uniformare l'insieme delle attività sociali ad essa (sport, tempo libero, lavoro, scuola, ecc.);

3.2) polizia segreta: presiede alla costituzione di un sistema di spionaggio onnipresente che trasforma radicalmente la vita sociale, infatti, potendo chiunque essere informatore o sotto sorveglianza, si innesca un clima poliziesco di reci­proco sospetto che avvelena l'intera società

Nonostante le apparenze, nei regimi totalitari non si determina una struttura monolitica del potere, vi è anzi sovrapposizione e confusione di funzioni, uffici e competenze tra le varie strutture gerarchiche che compongono il regime (partito, amministrazione statale, polizia segreta), ciò determina il carattere dinamico ed imprevedibile di tali tipi di regime e consente al 'capo' di imporre la propria volontà assoluta giocando sulle rivalità tra le diverse gerarchie.

4) La figura del dittatore: è un altro aspetto tipico del 'T', la sua volontà si impone come legge assoluta del partito che è il veicolo attraverso cui viene a realizzarsi. Il capo è anche depositario e massimo interprete dell'ideologia, che appare del tutto soggetta alla sua volontà. Secondo Arendt la 'personalizzazione del pote­re', che viene ad identificarsi nella figura e volontà del capo, è un altro aspetto costitutivo  dello stato totalitario.


B - TEORIA FRIEDRICH - BRZEZINSKI: secondo l'impostazione di questi studiosi lo 'ST' è definibile individuando i tratti comuni all'organizzazione dei regimi totalitari, questi sono sei:

1) Ideologia ufficiale: sistema di valori e credenze che forniscono una spiegazione di ogni aspetto della vita e dell'attività umana, tutti i membri della società devono condividerla, possiede un valore di verità assoluto. Essa inoltre fornisce un progetto per la trasformazione globale del mondo storico - sociale.

2) Un unico partito di massa: guidato da un dittatore, strutturato secondo una rigida gerarchia, si sovrappone all'organizzazione burocratica dello stato ed è formato da una parte della popolazione che nutre una fede assoluta nell'ideologia.

3) Sistema di terrorismo poliziesco: funge da sostegno all'ideologia ed al partito ma ha anche il compito di sor­vegliare quest'ultimo. Utilizza i ritrovati della scienza e della psicologia scientifica per esercitare la sua azione di controllo contro i nemici del regime.

4) Monopolio dell'informazione: il partito, grazie alla moderna tecnologia, esercita il controllo assoluto di tutti i mass media (stampa, radio, cinema).

5) Monopolio forze armate: il partito possiede l'assoluto controllo di tutti gli strumenti per la lotta armata.

6) Controllo centralizzato dell'economia: l'attività economica è governata dal partito attraverso la burocrazia che coordinale unità produttive.

La combinazione di questi elementi e le possibilità offerte dalla moderna tecnologia consentono ai 'regimi totalitari' moderni un capacità di penetrazione, controllo e direzione della società qualitativa­mente nuova e supe­riore rispetto a qualsiasi regime autoritario del passato.


2 - Confronto dei due modelli

A - DIFFERENZE

Un confronto tra le due concezioni di 'ST' permette di individuare le seguenti differenze:

1) Per la Arendt la comprensione del 'T' consiste nel fine essenziale che esso si propone: trasformare la natura umana riducendo gli individui ad automi totalmente controllabili e passivi agli ordini; Friedrich - Brzezinski non individuano alcun fine come proprio del 'T', ma si limitano ad individuare i tratti che caratterizzano la tipologia dello stato totalitario.

2) Manca in Friedrich - Brzezinski il rilievo che nella Arendt assume il fenomeno della personaliz­zazione del potere nella la figura del capo che nelle sue mani concentra la direzione di ideologia, terrore ed organizzazione.

3) Mentre per la Arendt la nozione di 'totalitarismo' è applicabile solo alla 'Germania nazista' ed alla 'Russia staliniana', per Friedrich - Brzezinski si applica anche al 'fascismo italiano' ed ai 'regimi comunisti' della Cina e dell'Europa orientale.

B - CONCORDANZE

Le principali concordanze tra i modelli interpretativi dello stato totalitario elaborati da Arendt e Friedrich - Brze­zinski sono:

1) la nuova forma di dominio politico che caratterizza il 'T' rispetto ad altri regimi del passato e che conferisce ad esso un potere di controllo e monopolizzazione della vita sociale enormemente superiore a quello raggiunto da qualsiasi altra forma autoritaria di regime precedente.

2) L'individuazione, presente in entrambi i modelli, di 'ideologia ufficiale', 'terrore poliziesco' e 'partito unico di massa' quali elementi caratterizzanti il 'T'. Questo consente di sostenere che nel regime totalitario cade qualsiasi distinzione tra 'Stato' e 'Società', in quanto lo stato riesce a pene­trare e controllare qualsiasi aspetto della vita sociale grazie agli strumenti sopra ricordati. La società perde qualsiasi forma di autonomia e libertà rispetto al potere politico apparendo politicizzata in tutti i suoi aspetti.

C - SVILUPPI

A partire dagli anni '60 si sono avuti sviluppi nello studio del fenomeno totalitario che, pur ponendo in discus­sione importanti aspetti delle teorie esaminate in precedenza, non hanno intaccato la descrizione delle principali caratteristiche del regime totalitario. Le critiche si sono appuntate su tre aspetti principali:

1) la tesi per cui lo 'stato totalitario' sia una novità assoluta nella storia;

2) la tesi della sostanziale analogia tra regimi fascisti e comunisti;

3) l'applicazione del concetto di 'T' a tutti i regimi comunisti e fascisti.

Di questi problemi si prenderà in esame specialmente il secondo per poi proporre un bilancio finale del dibattito sul totalitarismo.


3 - Totalitarismo comunista e fascista


A - PREMESSA

La letteratura critica su tale argomento appare sostanzialmente optare per tre tesi principali:

1) Le teorie classiche del totalitarismo (quelle di Arendt e Friedrich - Brzezinski), avendo ignorato o sottovalutato le differenze tra fascismo e comunismo, hanno consentito l'applicazione del concetto di totalitarismo a tutti i regimi comunisti avvenuta durante la guerra fredda (tra gli anni '50 e '60). Tale uso del concetto di 'T' è stato strumentalizzato ideologicamente per giustificare la politica americana nei confronti dei paesi comunisti. Da questa situazione è scaturita la tesi della sostanziale identità tra fascismo e comunismo in generale.

2) In opposizione a tale tesi altri autori hanno sostenuto la radicale differenza tra fascismo e comuni­smo e la inapplicabilità del concetto di totalitarismo a molti dei regimi comunisti, essi sono giunti al punto da sostenere che la nozione di 'T' doveva essere respinta dalla scienza politica in quanto si caratterizzerebbe come risultato di una operazione di propaganda ideologica priva di qualsiasi scientificità.

3) La tesi oggi maggiormente diffusa è quella che, pur accettando le critiche alla teoria classica del 'T' e ricono­scendo la profonda differenza tra fascismo e comunismo, non respinge il concetto di totalita­rismo, che sarebbe in sé valido, ma tende a limitarne il campo di applicabilità. I sostenitori di questa posizione ritengono scorretto applicare il concetto di totalitarismo a tutti i regimi dittatoriali fascisti (l'Italia di Mussolini, la Spagna di Franco, le dittature sudamericane) e comunisti (Cina, paesi dell'est europeo), esso può essere correttamente applicato solo ai casi della Germania nazista e dell'Unione Sovietica staliniana. Si seguirà in questa esposizione la terza di queste tesi.


B - ESAME DELLE DIFFERENZE

Le differenze tra T. comunista e fascista sono riconducibili alle più generali differenze tra comuni­smo e fasci­smo. Queste sono principalmente di due tipi:

1) Ideologiche: si tratta di differenze coglibili sul piano teorico e filosofico:

a) l'ideologia comunista (IC) è un sistema articolato coerente che propone sul piano pratico la trasformazione globale della struttura economico - sociale della comunità; L'ideologia fascista, (IF) nella sua versione più radicale (il nazismo), è un insieme di idee e miti meno elaborato sul piano sistematico e che non prevede una totale tra­sformazione della struttura economico - sociale.

b) L'IC assume quali proprie premesse filosofiche posizioni razionalistiche, umanistiche, universali­stiche; si propone come un credo rivolto all'intero genere umano; l'IN è irrazionalistica, antiuniversali­stica, si fonda sulla razza assunta quale entità assoluta superiore al singolo e si propone come un credo razzistico che rifiuta l'idea di unità del genere umano.

c) L'IC si basa sulla premessa della sostanziale bontà e perfettibilità dell'uomo e attraverso la violenza e la ditta­tura mira ad instaurare una situazione sociale di uguaglianza e libertà; l'IN presuppone la corruzione dell'uomo e mira a stabilire il dominio assoluto di una razza su ogni altra, dittatura e vio­lenza costituiscono un aspetto perma­nente di essa in quanto necessarie a mantenere lo stato di soggezione delle razze  inferiori.

d) L'IC si presenta come rivoluzionaria e continuatrice dell'illuminismo e della rivoluzione francese. Essa. promuovendo una più radicale trasformazione della società rispetto a quella compiuta dalla rivoluzione francese, porterebbe il programma di quest'ultima alle sue estreme conseguenze.

e i porterebbe il programma di questa alle sue eterne conseguenze attraverso una rivoluzione più profonda della società che la rivoluzione francese sarebbe stata incapace di condurre. L'IN si presenta come reazionaria ed erede del pensiero tradizionalista della restaurazione di cui accoglie il principio antidemocratico e le componenti irrazionalistiche. Inoltre, in alcuni suoi aspetti - il mito teutonico e della razza ariana, il richiamo al sangue ed alla terra, l'idea di onore - , si rivolgerebbe ad un'epoca storica preborghese.

Naturalmente tutte le differenze sopra riportate concernono non la realtà storica dei regimi comunisti e fascisti, ma le premesse ideologiche, filosofiche, i valori ed i programmi teorici a cui tali regimi si richiamano.

2) Differenze relative alla base sociale: tali differenze riguardano la base sociale di massa che funge da sostegno a tali regimi:

a) Il C si instaura in paesi dove il processo di industrializzazione è agli inizi o non è avvenuto e si pone quale compito quello di promuovere l'industrializzazione forzata della società; il F si instaura dove il processo di indu­strializzazione è in fase avanzata e suo scopo non è pertanto l'industrializza­zione della società, ma piegare ai pro­pri fini una società già industrializzata.

b) Nel C la base sociale del sostegno ed il reclutamento dell'élite è fornito dalla classe operaia e dal proletariato urbano. Nel F base del sostegno e reclutamento dell'élite è fornito dalla classe piccolo borghese (impiegati, piccoli proprietari, artigiani, commercianti, intellettuali, militari, ecc.) che si sente minacciata dal proletariato e schiacciata dal peso della grande borghesia capitalista. Solo in un secondo tempo si aggiunge l'appoggio della grande finanza e della grande industria che tendono a strumentalizzare il F per la realizzazione dei propri interessi.

c) Il C elimina le classi che detenevano il potere economico - politico; il F lascia in vita le vecchie classi dirigenti sia in campo economico che burocratico e militare.

Pur essendo eccessivamente schematiche e generiche, le differenze sopra riportate risultano tali da far ritenere che fascismo e nazismo siano fenomeni differenti e, sotto molti aspetti, contrapposti.

Nonostante le differenze ideologiche e relative alla base sociale, è stato possibile che in entrambi questi regimi (in alcuni di essi e relativamente ad un certo periodo della loro esistenza) si sia potuta affermare una organizza­zione totalitaria del potere politico analoga (partito unico, monopolio ideologico, capo assoluto, terrore). È quindi corretto applicare ai regimi comunisti e fascisti il concet­to di 'totalitarismo' qualora siano in essi presenti, nonostante le differenze, gli aspetti tipici della gestione totalitaria del potere. E' invece scorretto ritenere che 'comunismo' e 'fascismo' siano intrinsecamente e necessariamente totalitari. Nel 'comunismo' si giunge ad una forma piena di totalitarismo solo con lo stalinismo, nel 'fascismo' si ha totalitarismo nella fase più intensa del regime hitleriano. Non era totalitario il 'fascismo italiano' che non soddisfò mai completamente quelle condi­zioni alle quali si può parlare di totalitarismo in senso stretto. Infatti il partito fascista non riuscì' mai a detenere un controllo totale della società; mancava inoltre nell'ideologia fascista l'assolutizzazione della razza sostituita da elementi nazionalistici tradizionali; il partito fu debole e non riuscì mai a controllare pienamente l'apparato burocratico statale, giudiziario e militare. Nel fascismo fu minimo il 'terrore totalitario', mentre si realizzò pienamente la 'personalizzazione del po­tere' anche se non così fortemente da eliminare la monarchia.

3) Differenze relative alla dinamica evolutiva: anche le linee di sviluppo dei due regimi appaiono differire sotto i seguenti aspetti:

a) Il C mira alla costituzione di una società senza classi; il F. alla istaurazione del dominio totale ed assoluto di una razza.

b) La politica economica è tesa alla statalizzazione completa dell'economia ed all'abolizione del libero mercato nel C.; nel F. proprietà privata e mercato libero vengono mantenuti.



4 - Conclusioni sul totalitarismo


Il 'T' è una forma estrema di organizzazione del potere politico che mira ad una penetrazione e mobilitazione totale della società. Questo fine viene raggiunto attraverso l'ideologia totalitaria, il partito unico, il terrore, la figura del dittatore. Nel 'T' il rapporto tra Stato e non Stato (tutto ciò che non rientra nella sfera d'azione dello Stato: società civile, sfera privata, cultura, ecc.) si configura come una riduzione e subordinazione completa del non stato allo stato, il primo perde qualsiasi auto­nomia e il secondo non ha più alcun limite all'esercizio del suo potere.

Il concetto di 'T' rappresenta una esperienza politica radicalmente nuova e di notevole rilievo storico ed ha avuto conseguenze fondamentali nella storia del XX secolo, tuttavia esso è correttamente applicabile solo ad un numero limitato di regimi politici: nazismo hitleriano e comunismo staliniano.




Per informazioni sulle cause storiche, la dinamica e le caratteristiche peculiari degli stati totalitari si rimanda al manuale

Hannah Arendt (1906 - 1975), compie gli studi filosofici in Germania. Dopo l'ascesa del nazismo si reca in esilio in Francia. Nel 1951 viene pubblicata la sua opera principale sul totalitarismo: Le origini del totalitarismo. Il fenomeno totalitario viene interpretato come possibile conseguenza di una società di massa in cui il potere tende ad essere esercitato da pochi su molti. Contro tale possibilità la Arendt propone un ritorno all'agire politico della polys greca fondato sulla democrazia diretta e teso a realizzare l'ideale della isonomia (uguaglianza politica).


Pagina: 36
 [G.M.1]letture: 'Harendt', Le origini del totalitarismo; 'Mosse' La liturgia hitleriana; Giardina, III, pp. 603 - 604. LENIN, 'Democrazia capitalista e dittatura del proletariato', Desideri, III, pp. 428 - 430; FROLICH, 'Luxemburg contro il soffocamento della democrazia ', Desideri, III, pp. 454 - 456. HITLER, 'I principi pedagogici del 'nazionalsocialismo', Desideri, III, pp. 558; 'Il mito della razza pura', III, pp. 563; 'Legge per la protezione del sangue e dell'onore tedesco', III, pp. 564; JOLL, 'Le grandi purge staliniane ', Desideri, III, pp. 622 - 623; SHIRER, 'La nazificazione della cultura ', III, pp. 567 - 569.

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