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La libertà dell'imprevedibilità individuale nella sfera pubblica




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La libertà dell'imprevedibilità individuale nella sfera pubblica




Come scrive Jerome Kohn «Hannah Arendt è nota in tutto il mondo come una filosofa politica, sebbene lei rifiutasse questa etichetta , è vero però che «se per politica s'intende, come normalmente avviene, una relazione tra governanti e governati con questa filosofa tale concetto assume un senso e un valore diverso rispetto a quello contemporaneo, nel suo pensiero indissolubilmente legato all'esplicazione più vera del concetto di "umanità . A partire dalla riflessione sulla condizione patita dagli ebrei come paria e apolidi di una società antisemita (la sua condizione), proseguendo attraverso "un'ermeneutica del totalitarismo incentrata sull'analisi dei meccanismi di repressione dello spazio pubblico e del relativo annientamento di spirito critico della collettività (oltre che delle indicibili conseguenze derivatene con i lager), la Arendt arriva a dimostrare l'essenziale natura pubblica della libertà umana.


L'azione sarebbe un lusso superfluo, una capricciosa interferenza con le leggi generali del comportamento se gli uomini fossero semplicemente illimitate ripetizioni riproducibili dello stesso modello, la cui natura o essenza fosse la stessa per tutti e prevedibile come quelle di qualsiasi altra cosa. La pluralità è il presupposto dell'azione umana perché noi siamo tutti uguali, cioè umani, ma in modo tale che nessuno è mai identico ad alcun altro che visse, vive o vivrà

Il carattere fondamentale dell'essere individuale consiste nel fatto che ogni nuova nascita rappresenta l'inizio di una nuova "imprevedibilità", la quale può manifestarsi solo attraverso l'azione all'interno di una pluralità di soggetti: «Il fatto che l'uomo sia capace d'azione significa che da lui ci si può attendere l'inatteso, che è in grado di compiere ciò che è infinitamente improbabile . Venendo al mondo l'uomo dà vita a un' "unicità" e a un potenziale nuovo punto di vista che potrà manifestarsi al meglio solo nell'interazione intersoggettiva: volendo porre un'equivalenza tra i due fattori potremmo dire che il valore individuale sta nella propria natalità intesa come nuova prospettiva al mondo, come l'"umanità" sta nell'interazione libera e reciproca "tra" soggetti. Infatti, la sola vita interiore non potrebbe dare all'individuo ciò che invece la relazione pubblica gli concede attraverso la reciprocità discorsiva: in questo senso sentiamo di poter dire che lo spazio pubblico arendtiano, nel quale solo può esplicarsi la libertà individuale10 di azione, è assimilabile alla metafora dei «cento occhi dello sguardo multiprospettico del superuomo nietzscheano . Abbiamo scelto intenzionalmente di citare le parole del prologo di Vita activa prima ancora di introdurre i temi presenti ne Le origini del totalitarismo e ne La banalità del male perché vorremmo delineare con maggiore precisione cosa intenda la Arendt con i concetti di "imprevedibilità", "azione" e "umanità" per mostrare in seguito come tutto ciò venga di fatto a mancare nella contemporaneit 14 e nello specifico in quella che è stata la terribile esperienza del regime totalitario e delle sue «fabbriche della morte , attraverso l'inganno perpetuato dall'ideologia nazista ai danni della natura univoca degli individui e della loro relativa capacità d'agire:


Il pericolo inerente al passaggio dall'inevitabile insicurezza del pensiero filosofico alla spiegazione totale di un'ideologia e della sua Weltanschauung non consiste tanto nel lasciarsi irretire da un'ipotesi spesso volgare, ma sempre acritica, quanto nell'abbandonare la libertà implicita nella capacità di pensare per la camicia di forza della logica, mediante la quale l'uomo può farsi violenza quasi con la stessa brutalità usata da una forza esterna



La nostra tesi è che nell'ottica arendtiana, l'impianto totalitario, causando l'annientamento dello spirito critico collettivo (lo spazio pubblico) e di quello individuale dei soggetti (l'essere due-in-uno), proceda ad un inganno sistematico degli individui: le logiche totalitarie mirano, infatti, all'appiattimento della consapevolezza individuale della propria diversità e dell'importanza che essa può rivestire all'interno dello spazio pubblico. Prima di passare ad analizzare da vicino i termini della riflessione arendtiana intorno al totalitarismo come inganno ai danni del singolo e della collettività, vorremmo definire meglio il concetto di azione politica (la sola ad essere spontaneamente umana ) per poter comprendere cosa a seguito dei regimi totalitari, renda gli individui "conduttori inconsapevoli" della propria azione: quest'ultima verrà sostituita dall'obbedienza.



La pluralità umana, condizione fondamentale sia del discorso sia dell'azione, ha il duplice carattere dell'eguaglianza e della distinzione. Se gli uomini non fossero l, non potrebbero né comprendersi fra loro, né comprendere i propri predecessori, né fare progetti per il futuro e prevedere le necessità dei loro successori. Se gli uomini non fossero diversi, e ogni essere umano distinto da ogni altro che è, fu mai o sarà, non avrebbero bisogno né del discorso né dell'azione per comprendersi a vicenda


La vera natura dell'agire politico, per la Arendt, non dovrebbe tendere alla fabbricazione e alla reificazione di qualcosa di materiale nel mondo, destinato quindi a durare nel tempo , ma piuttosto a creare uno spazio intersoggettivo e immateriale fra gli uomini, nel quale solo potrebbe trovare applicazione la loro libertà ad agire. L'"azione" politica infatti, non ha tanto la necessità di esplicarsi primariamente in un "mondo materiale" (agendo su quest'ultimo isolatamente) quanto piuttosto di manifestarsi in un "mondo plurale" correlativo al primo in quanto risultato dell'azione spontanea dei suoi abitanti: il secondo infatti non potrebbe sussistere a priori al primo senza una pluralità che lo sostenga. È vero anche che l'imprevedibilità che contraddistingue ogni natalità (e conseguente capacità d'azione) rende quest'ultima «ambivalente», nel senso che se da una parte l'incalcolabile concorre a sostenere la pluralità propria dello spazio pubblico e della libertà umana, dall'altra esso crea instabilità all'interno della collettività poiché gli effetti di ogni nuovo «initium sono come esso, inaspettati: «Nella nozione dell'inizio, come l'intende con estremo rigore Arendt, c'è l'idea di un sorgere che non afferma né obbedisce ad alcun principio, di un nascere radicalmente an- archico . In questo senso è possibile affermare che l'agire umano, oltre ad essere potenzialmente unico, è contraddistinto da una natura acosmica . L'azione infatti deve esplicarsi all'interno di una pluralità che possa fungere da terreno fertile per essa ma che allo stesso tempo rappresenti anche il limite alla hybris di ogni potenziale agire: all'interno del «gioco reciproco dei poteri 26 deve sussistere tra gli individui quel senso di amicizia così come Lessing l'aveva insegnata, capace da una parte di mettere a frutto le diversità tra individui senza comportare la prevaricazione degli uni sugli altri , e dall'altra di garantirne l'eguale diritto ad agire e ad esprimersi mediante il discorso:



Azione e discorso sono così strettamente connessi perché l'atto primordiale e specificatamente umano deve nello stesso tempo contenere la risposta alla domanda posta ad ogni nuovo venuto: «Chi sei?»



Se da una parte agli occhi della Arendt la vera umanità può nascere solo dall'interazione collettiva, dall'altra è necessario che il discorso accompagni l'azione individuale: se quest'ultima non viene seguita dalla parola è da ritenersi come gesto anonimo , viceversa la partecipazione mediante il discorso fa sì che l'agente si riconosca come autore del gesto e

«attore 30 dello spazio pubblico, pretendendo implicitamente il riconoscimento da parte degli altri della propria presenza al mondo.


«Si può nascondere "chi si è" solo nel completo silenzio e nella perfetta passività»



Ancora più importante è capire che questo "chi", questa identità che appare agli altri, non è immediatamente posseduta dall'attore come fosse un oggetto che egli può decidere o meno di mostrare al mondo, ma viene fuori e si plasma solo nell'interazione intersoggettiva libera dalla produzione di uno scopo o dal raggiungimento di un fine stabilito, quale può essere per esempio la produzione di leggi scritte . È vero anche che sebbene questa identità non possa dirsi posseduta dal soggetto come un talento ma possa solo manifestarsi nell'interazione, gli altri potranno comunque descriverla33 soltanto alla maniera del "che cosa" attribuendo o meno qualità al soggetto in questione, come se egli stesso fosse un oggetto. L'unica maniera in cui si potrebbe raccontare l'«intreccio di relazioni umane nelle quali si esplica il "chi" di ognuno consiste nel poterlo raccontare al passato: « Possiamo sapere chi qualcuno è o fu solo conoscendo la storia di cui egli stesso è l'eroe - la sua biografia, in altre parole; qualsiasi altra cosa sappiamo di lui, compresa l'opera che può avere prodotto o lasciato, ci dice solo che cosa egli è o fu . Nonostante sia impossibile afferrare questo "chi" se non al passato è necessario che esso "appaia 36 in quello spazio di esistenza reciproca che agli occhi della Arendt si rifà al modello di polis greca come «organizzazione delle persone così come scaturisce dal loro agire e parlare insieme», indipendentemente da dove esse si trovino: soltanto in questo spazio gli individui potranno procedere a un riconoscimento reciproco e prendere consapevolezza della realt . L'intreccio delle relazioni umane scompare con la

«sparizione degli uomini che nella contemporaneità, agli occhi della Arendt, sempre più fuggono «nell'impotenza» e nel desiderio di essere esentati dalle responsabilità dell'agire politico. In maniera estrema l'essenza umana trova il proprio annientamento all'interno del totalitarismo: la libertà umana di esprimere la propria essenza quale nuovo inizio e diversa prospettiva all'interno di una pluralità viene annullata all'interno della massa dalla logica totalitaria.

Il potere è realizzato solo dove parole e azioni si sostengono a vicenda, dove le parole non sono vuote e i gesti non sono brutali, dove le parole non sono usate per nascondere le intenzioni ma per rivelare la realtà, e i gesti non sono usati per violare e distruggere, ma per stabilire relazioni e creare nuove realtà


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