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Storia
Ogni ordinamento statale conosce una figura istituzionale che lo rappresenta nella sua interezza e nella sua unità: sia nei confronti con gli altri stati, cioè nell'ordinamento internazionale, sia, al tempo stesso, anche al suo interno.
Questa figura si usa chiamare capo dello stato, espressione che richiama l'idea di colui che sta in posizione più alta di tutti: e in effetti, fin a tempi relativamente recenti, le funzioni di capo dello stato si sono identificate con quelle proprie dei sovrani.
Oggi non è più così anche se le monarchie restano numerose: circa un terzo sul totale degli stati censiti.
In qualche raro caso capo dello stato è un organo collegiale (in Svizzera è il consiglio federale al vertice dell'ordinamento); quasi sempre si tratta di un organo monocratico.
Il capo dello stato può essere (A) un presidente della repubblica di estrazione direttamente o indirettamente rappresentativa; (B) un monarca di estrazione ereditaria, ovvero, in qualche caso, è titolare di altra carica nobiliare (ad es. Granduca del Lussemburgo) o altro titolo ancora (ad es. l'imperatore del Giappone).
Elezione e durata in carica
Il presidente della Repubblica viene eletto dal Parlamento in seduta comune integrato da 58 delegati regionali (tre per ciascuna regione; la Valle d'Aosta ne ha uno solo).
L'art. 83 Cost. richiede una maggioranza qualificata (2/3 del collegio composto da 1003 membri più i senatori a vita) nelle prime tre votazioni; la maggioranza assoluta dalla quarta in poi.
Unico requisito è che si tratti di un cittadino che abbia compiuto i 50 anni di età e che goda dei diritti politici e civili (art. 84 Cost.).
Va da sé che la carica non è compatibile con nessuna altra. Il presidente gode di un assegno e di una dotazione finanziaria entrambi fissati per legge.
La durata della carica è di sette anni (art. 85 Cost.).
Quale che sia la ragione per la quale il presidente non sia in grado di adempiere temporaneamente alle sue funzioni, l'esercizio si esse passa al presidente del Senato della Repubblica (art. 86 Cost.): l'istituto viene chiamato supplenza.
Nell'ipotesi di una semplice visita all'estero, ancorché prolungata, il supplente farà bene a limitarsi ad atti di "ordinaria amministrazione".
Ma nel caso in cui, ad esempio, a causa di una seria malattia o di un grave intervento che lasci però sperare in una ripresa dell'esercizio delle funzioni (senza che si configuri perciò l'ipotesi di cui all'art. 86 Cost., che prevede l'indizione delle elezioni per sostituire il presidente in caso di inadempimento permanente oltre che di morte o di dimissioni), si può anche pensare a un pieno esercizio della supplenza.
Nessuna disposizione, nell'ordinamento, dice chi e come può constatare l'impedimento quando non possa essere il presidente stesso a dichiararlo e a firmare un proprio decreto col quale affida le funzioni al presidente del Senato. Nel caso del presidente Segni colto da ictus nell'agosto 1964, l'impedimento fu constatato d'intesa dai presidenti delle due Camere e dal presidente del Consiglio: il che avviò la supplenza. La stessa procedura, sulla base di un ordine del giorno della Camera condiviso dall'opposizione, stava per essere seguita, previ accertamenti medici, per dichiarare l'impedimento permanente quando, dopo 4 mesi, giunse una lettera di dimissioni alla cui firma il segretario generale della presidenza dichiarò di aver assistito.
Il presidente che cessa per qualsiasi ragione dalla sua carica, rimozione da parte della Corte Costituzionale esclusa, diventa senatore di diritto e a vita, a meno che vi rinunci (art. 59 Cost.).
Le attribuzioni del presidente della repubblica
Il presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale (art. 87 Cost.): si tratta di una figura che non ha funzioni di indirizzo politico, bensì di garanzia.
Il testo costituzionale assegna poteri rilevantissimi e largamente incidenti sull'esercizio sia delle funzioni esecutive sia delle funzioni legislative sia perfino delle funzioni giudiziarie: ma con il corollario, per nulla marginale, dell'art. 89 Cost., in base al quale gli atti del presidente non sono riconosciuti come validi se non sono controfirmati da un componente del governo (controfirma).
L'art. 89 Cost. fa riferimento alla necessaria controfirma dei ministri proponenti, "che ne assumono la responsabilità" (per gli atti aventi valore legislativo è necessaria anche la controfirma del presidente del Consiglio dei ministri).
Questo riferimento ai ministri proponenti sembra quasi indicare che non si tratti di atti propri del presidente: nel testo del progetto di costituzione c'era scritto, invece, ministri competenti (e di solito viene interpretato così).
La questione non è marginale: perché la stessa controfirma da parte di un componente del governo o da parte del presidente del Consiglio può assumere in un caso, significato implicito di proposta; nell'altro, di mera assunzione di corresponsabilità e, in qualche modo, di controllo, alla stregua di una garanzia giuridico-costituzionale.
Sta di fatto che la previsione dell'obbligo di controfirma per tutti gli atti del presidente ha confuso le cose, e spiega perché da oltre cinquant'anni si disputa intorno al carattere, sostanziale o meramente formale, di molti dei suoi poteri.
I poteri che la Costituzione attribuisce al presidente della Repubblica sono:
In ordine alla rappresentanza esterna. Il presidente accredita e riceve i rappresentanti diplomatici; ratifica i trattati (art. 87 Cost.); dichiara lo stato di guerra (art. 87 Cost.); effettua le visite ufficiali all'estero, sempre accompagnato da un componente del governo, per lo più il ministro degli affari esteri.
In ordine all'esercizio delle funzioni parlamentari. Il presidente della Repubblica nomina fino a 5 senatori a vita (art. 59 Cost.); può convocare le Camere in via straordinaria (art. 62 Cost.); indice le elezioni e fissa la prima riunione delle nuove Camere (art. 87 Cost.); può inviare messaggi alle Camere (art. 87 Cost.); può sciogliere le Camere o una di esse, non potendolo fare negli ultimi sei mesi del mandato (art. 88 Cost.).
In ordine alla funzione legislativa. Il presidente promulga le leggi approvate dal Parlamento (art. 73 e 85 Cost.) e può con messaggio motivato (che accompagna l'atto di rinvio) chiedere una nuova deliberazione (art. 74 Cost.); autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge del governo (art. 87 Cost.).
In ordine alla funzione esecutiva e di governo-indirizzo. Il presidente nomina il presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i ministri (art. 92 Cost.); accoglie il giuramento del governo (art. 93 Cost.) e ne accetta le dimissioni; emana i decreti aventi forza e valore di legge, nonché i regolamenti del governo (art. 87 Cost.); nomina i funzionari dello Stato di grado più elevato (art. 87 Cost.); ha il comando delle forze armate; presiede il Consiglio supremo della difesa (art. 87 Cost.); dispone con decreto motivato lo scioglimento di consigli regionali e la rimozione di presidenti di regione.
In ordine all'esercizio della sovranità popolare. Indice i referendum previsti dalla Costituzione (art. 87 Cost.); inoltre dichiara l'avvenuta abrogazione della legge sottoposta a referendum in caso di esito favorevole.
In ordine all'esercizio della giurisdizione costituzionale, ordinaria ed amministrativa. Nomina un terzo dei giudici della Corte costituzionale (art. 135 Cost.); presiede il Consiglio superiore della magistratura (art. 87 e 104 Cost.); può concedere la grazia e commutare le pene (art. 87 Cost.).
L'iniziativa della grazia spetta in effetti sia al ministro sia per prassi consolidata allo stesso presidente. E tuttavia ai fini della validità del decreto di concessione della grazia a un detenuto resta, ovviamente, l'obbligo di controfirma da parte del ministro, il che permette a questi di bloccare il provvedimento nel caso in cui non lo condivida.
Vi sono poi alcuni atti che si ritiene il presidente possa compiere senza controfirma: può dimettersi; può fare dichiarazioni informali in pubbliche occasioni, a mero titolo di manifestazione di personali opinioni (c.d. esternazioni); esercita le funzioni di presidente degli organi collegiali su indicati (CSD - Consiglio supremo di difesa e CSM - Consiglio superiore della magistratura).
Ai fini dell'esercizio delle sue attribuzioni, la legge ha istituito un apparato organizzativo autonomo che risponde direttamente al presidente e che consiste in un'unica struttura, il segretariato generale della presidenza della Repubblica.
Tale apparato consta di un segretario generale, che è posto a capo di una struttura relativamente snella (900 persone con un bilancio di 145 milioni di euro l'anno), il cui personale di ruolo è ridottissimo, mentre più consistente è il personale in posizione "di comando" o di "fuori ruolo".
La responsabilità del presidente della Repubblica
L'art. 90 Cost. prevede una forma di irresponsabilità del presidente per tutti gli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, a meno che non si sia macchiato di due reati: alto tradimento e attentato alla Costituzione.
La prima ipotesi vuole identificare la fattispecie di una vera e propria collusione con potenze straniere; la seconda vuole identificare non già qualsiasi violazione della carta costituzionale, ma solo quelle che siano tali da mettere a repentaglio caratteri essenziali dell'ordinamento.
È invece pacifico che il presidente risponda come ogni altro cittadino per tutte le azioni compiute fuori dell'esercizio delle sue funzioni.
La dottrina si è allora domandata cosa fare in tali circostanze, dal momento che manca qualsiasi disciplina e che immaginare un presidente sotto processo, tanto più per qualche infrazione minore, non appare ragionevole. Alla Costituente il presidente della Commissione dei settantacinque Ruini disse che se si fosse trattato di piccolezze, la magistratura non vi avrebbe dato corso o avrebbe atteso la fine del mandato; se si fosse trattato di reato serio, si sarebbe potuto configurare un impedimento e, magari, l'opportunità di dimissioni.
Il procedimento per far valere la responsabilità del capo dello Stato per alto tradimento e attentato alla Costituzione si articola in due fasi:
La prima è la messa in stato d'accusa da parte del Parlamento in seduta comune con voto a maggioranza assoluta;
La seconda è il giudizio della Corte costituzionale: in questo caso integrata da 16 componenti estratti dall'elenco di 45 compilato dallo stesso Parlamento ogni 9 anni.
Il procedimento di accusa parlamentare si articola a sua volta in due fasi: l'istruttoria e la decisione. L'istruttoria è condotta dal comitato parlamentare per i procedimenti d'accusa cui spetta il compimento di una prima serie di indagini in relazione alle denunce trasmesse dal presidente della Camera.
Tale attività preliminare può concludersi o con un provvedimento di archiviazione per manifesta infondatezza delle accuse, o con una relazione da presentare al Parlamento in seduta comune contenente le conclusioni cui è giunto il comitato, favorevoli o contrarie all'accusa. Dopo l'atto d'accusa, con decisione della Corte costituzionale, il capo dello Stato può essere sospeso dalla carica in via cautelare.
Il giudizio della Corte in composizione integrata si divide in istruttoria, dibattimento e decisione. Attraverso l'iniziale fase istruttoria si acquisiscono tutti gli elementi di prova ritenuti utili per la decisione. Successivamente si apre il dibattimento, durante il quale le parti discutono sulle risultanze dell'istruttoria e fanno le loro richieste. Infine la Corte si riunisce in camera di consiglio per la decisione finale, che potrà essere di assoluzione o di condanna.
In caso di condanna potranno essere applicate le pene previste dalla legislazione vigente. Inoltre potranno essere applicate le sanzioni civili, amministrative e costituzionali adeguate al caso. La sentenza così emessa è definitiva e non può essere impugnata in alcun modo, ad eccezione delle ipotesi di revisione.
La Costituzione non prevede limiti alla rielezione del presidente uscente.
Sul potere di scioglimento è necessario dire alcune parole in più.
Il costituente ne discusse molto e lo circondò di una cautela significativa che si aggiunge al consueto obbligo di controfirma: l'obbligo di consultare previamente i presidenti delle due Camere, il cui parere non è vincolante (art. 88 Cost.); inoltre vietò lo scioglimento negli ultimi sei mesi di mandato del presidente (il c.d. semestre bianco, art. 88 Cost.).
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