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La controversia sui principi teorici della democrazia




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LA CONTROVERSIA SUI PRINCIPI TEORICI DELLA DEMOCRAZIA


La vera democrazia concilia tra loro i tre grandi principi fondamentali: maggioranza, libertà, uguaglianza. Qualsiasi pretesa di risolvere in maniera perfetta la tensione fondamentale tra libertà e uguaglianza porta all'autoritarismo inumano e al predominio di un individuo sull'altro. Questo è l'equivoco perfezionistico.

1. Se si vuole il pieno accordo della democrazia ideale nel senso di Rousseau un sistema del genere non può che fallire perché le decisioni unanimi in regime di libertà alla lunga sono impossibili.
Una via d'uscita può essere il riconoscimento puro e semplice della volontà della maggioranza e i presupporre, per determinate decisioni, maggioranze particolarmente qualificate.

Il principio di maggioranza nasconde il pericolo di uno schiacciamento della minoranza, se non vi fossero connesse delle regole atte a proteggere la partecipazione di questa minoranza.

La maggioranza, sebbene isponga del potere, si attiene volontariamente a delle regole che esigono che essa rinunci ad opprimere e ad emarginare la minoranza. L'inclinazione a scatenare gli istinti primordiali di potere e ad esercitare una politica di potere illimitato, è una costante della vita politica.

Anche quando funziona normalmente, la democrazia è esposta alla perenne minaccia endogena dell'autoritarismo arbitrario della maggioranza o alla "tirannia della maggioranza".

L'interesse reciproco vieta anche che la maggioranza del momento modifichi costantemente la legge elettorale; la democrazia moderna ha il dovere di mantenere una capacità di governare e di formare una maggioranza.

I sistemi elettorali maggioritari assolvono due funzioni proprie: la rappresentanza dei cittadini e la necessità di formare una maggioranza.

Una validità limitata del principio maggioritario diventa rilevante allo scopo di proteggere le minoranze che non hanno la possibilità di diventare mai maggioranza.

2. La definizione del principio di libertà e dei suoi limiti, nel riconoscimento del pluralismo delle convinzioni e delle aspirazioni che la "democrazia liberale" cerca di garantire. La difesa delle minoranze e dei diritti di libertà individuale di fronte allo Stato e alla maggioranza, corrisponde una limitazione della libertà.

Limitazione di libertà che non da ai nemici della democrazia il diritto di sopprimere in forme pseudolegali la democrazia.

La democrazia come patto col quale ci si impegna a tollerare e limitare al tempo stesso le diverse opinioni e aspirazioni.

Nell'idea fondamentale dello Stato come pluralità di cittadini, si cela l'antica intuizione di Aristotele, il suo rifiuto di qualsiasi teoria monomorfa dello Stato. L'unico principio da salvaguardare è quello della discussione e del compromesso nel processo politico.

Il criterio secondo il quale soltanto dal libero confronto delle diverse opinioni sono emersi quei punti di accordo che la rendono capace; di tale criterio essa rende partecipi i cittadini non attraverso l'indottrinamento ma attraverso l'educazione politica.

3. Un presupposto fondamentale è sempre stato la progressiva estensione dell'uguaglianza giuridica a tutti gli strati della società: uguaglianza ed emancipazione.

Fino alla nascita della democrazia moderna dominava la concezione aristotelica secondo la quale ogni uomo deve essere trattato secondo le sue capacità e i suoi meriti. Questa uguaglianza "proporzionale" significa limitazione dei diritti politici: nell'età moderna si qualificava per origine, formazione culturale e possesso. Alla metà del XIX secolo si cominciò a tradurre in pratica l'idea di uguaglianza come principio. L'idea dell'uguaglianza universale dell'uomo era già patrimonio delle dottrine giusnaturalistiche, soprattutto stoiche e cristiane.

E' in fondo una secolarizzazione della concezione secondo la quale tutti gli uomini sono uguali inanzi a Dio; ora lo erano dinanzi all'idea di umanità e di democrazia.

Con ciò tutti passi decivisi sono stati fatti per mutare le basi sociali della democrazia, facendo avanzare lo Stato del benessere, previdenziale e assistenziale.

Tensioni permanenti comunque nel modo di intendere la democrazia, che sono la conseguenza e il prezzo che si paga per la funzione canalizzatrice e ricompositiva di una moderna democrazia di tutti i cittadini. Essa cerca attraverso il rafforzamento e la generalizzazione globale della domanda di libertà e di uguaglianza, di ricondurre la dinamica del mutamento sociale ad una forma politica pacifica che è l'antidoto della crisi, del caos, della dittatura.

La formula dello "Stato di diritto sociale" implica la tensione e il compromesso cui si affida la democrazia moderna.

4. I profondi spostamenti dalla democrazia liberale alla democrazia sociale; la crescente complessità della società porta a un fitto intreccio di dipendenze, interventi statali.

Il modello della democrazia racchiude l'unico valoreumano della democrazia fondata sullo Stato di diritto, pluralistica e sociale, capace di superare tutti gli attacchi teorici e ideologici e il fascino perverso della semplificazione monolitica.

Essa contrappone alla Natur, barbarica natura che si estrinseca nella forza politica, una Kultur politica.

L'idea di una ripartizione del potere, tra una pluralità di soggetti politici che si controllano reciprocamente, resta il perno della discussione sulla democrazia.

Il peso crescente della burocrazia porta a una contrapposizione tra Stato-amministrazione e Stato dei partiti. L'efficacia del controllo politico resta tuttora il termometro del grado di sviluppo. Il livello morale-civile della democrazia è attestato dal fatto che il cambiamento di governo avviene in maniera non traumatica.

5. La rappresentanza parlamentare così come si è sviluppata in Inghilterra e a partire dalla Rivoluzione francese, è diventata il pilastro istituzionale determinante della democrazia moderna. Ma essa è possibile se assolve a due condizioni. Essa si distingue da quella democrazia diretta, plebiscitaria, totale. Importante anche la delimitazione del principio rappresentativo-parlamentare; i parlamenti non rappresentano determinati gruppi privilegiati e legittimati, bensì il popolo nel suo insieme.
La distruzione del sistema rappresentativo attuata conservando allo stesso tempo una facciata parlamentare, è il punto d'incontro della maggior parte delle cosiddette dittature di destra e di sinistra.

Un risultato essenziale, è stata la formazione, nelle società di un largo consenso sui requisiti minimi di un sistema democratic: una costituzione vincolante, partiti di reciproca concorrenza, ricambio nella gestione del potere attraverso suffragio universale, libero, uguale e segreto, e diritti di libertà intangibili. Tutte le correnti politiche classiche si riconobbero nella democrazia.

Ruolo importante lo ebbero le proposte di riforme della componente liberale e sociale. Da una parte il neo liberalismo con la teoria dell' "economia sociale di mercato". I teorici di questa erano Eucken, Rustow, Ropke, i suoi esponenti politici ministro Erhard e il suo segretario di Stato Muller-Armack. Il punto di questa concezione era il principio della libera concorrenza, ma il suo adattamento alle esigenze della pianificazione e della giustizia sociale. Popper era favorevole a un riformismo graduale.

L'elaborazione ulteriore di un "socialismo democratico" caratterizzato in senso non marxista: il programma di Godesberg (1959): è stato l'allargamento e modificazione del concetto di socialismo in senso più democratico e liberale.

Tre sono stati e sono i grandi movimenti che agiscono contro la democrazia: il nazionalismo e il socialismo totalitario; la dittatura autoritaria; il romanticismo terzomondista antioccidentale. Anche se oggi con più insistenza che mai esse si presentano in nome della democrazia



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