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Tocqueville
L'aspetto politico del pensiero di Tocqueville è costituito da una teoria che indica gli eventuali rimedi liberali alla possibile evoluzione dispotica della democrazia.
Egli sostiene che esistono tre diverse versioni di democrazia: del governo del popolo, come è accaduto in America; di un'attitudine culturale generalmente considerata connessa alla democrazia, quindi causa del dominio della mediocrità; di una forma di alienazione politica e di conseguenza della tirannia.
La democrazia statunitense è considerata la massima espressione di democrazia liberale: è caratterizzata dalla totale assenza di frattura tra interesse e dovere. Pur essendo una democrazia rappresentativa, tutto il popolo detiene il potere politico, perché l'elettore controlla il rappresentante grazie alla brevità del mandato di quest'ultimo. Sono tuttavia presenti degli organi costituzionali che impediscono il prevalere delle assemblee; inoltre, il presidente ha la facoltà di porre il veto sospensivo sulle leggi. I giudici costituiscono un corpo omogeneo, una sorta di aristocrazia. Particolarmente importante nello stato democratico è il criterio del precedente come fattore di ordine e stabilità: ogni provvedimento deve essere coerente con la costituzione del paese.
Secondo Tocqueville la stessa società democratica presenta però dei punti d'ombra. Rileviamo questo pensando alla mediocrità e all'appiattimento dell'individuo, prodotti da un governo democratico, che portano all'instaurarsi di un 'larvato dispotismo'. Questa non è solo un'ipotesi: Toqueville riscontra un vero e proprio andamento dialettico per cui la realtà democratica si rovescia nel suo contrario.
Quanto al pericolo del dispotismo, è dovuto allo sviluppo del fenomeno della massificazione, ossia della formazione di individui uniformi e istupiditi, prede inconsapevoli di un immenso potere che li sovrasta; si presenta quindi sotto i nostri occhi la figura di un governo benefico e pastore di una mite mandria.
Tocqueville dunque vede questo dispotismo democratico innanzitutto come tirannia di una maggioranza su una minoranza. Ci si chiede allora chi sia a detenere l'effettivo potere.
La spiegazione è di ordine economico: lo sviluppo dell'industria, dice Tocqueville, soprattutto in Europa rafforza lo Stato e questo stesso tende a farsi industriale attraverso la costruzione di opere pubbliche e a divenire il primo tra questi assumendo così la vera fonte del potere politico ed economico. Sovranità popolare e pubbliche libertà restano in vigore ma, di fatto, svuotate del loro potere.
Tale società industriale compromette l'egualitarismo: attraverso la divisione del lavoro genera il progressivo abbassamento della classe operaia e l'elevazione di quella padronale.
Nel testo "Democrazia in America" Tocqueville inserisce anche un giudizio sulla democrazia francese, e più in generale sulla situazione europea, uscita dalla rivoluzione. Sostiene che un paese dove è presente una figura monarchica che abitua gli uomini ad un potere accentrato, in particolare in campo amministrativo, ha buone possibilità di cadere nel dispotismo. L'accentramento amministrativo è quindi individuato da Tocqueville come uno degli errori che hanno portato la rivoluzione francese al periodo giacobino ed a quello napoleonico.
Da qui l'origine di teorie socialiste frutto del mal governo democratico europeo. Il socialismo ha un duplice volto, quello egualitario e quello centralistico: si tratta in sostanza della democrazia che giunge alle estreme conseguenze.
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