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La sinistra al potere alla fine del XIX secolo




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La sinistra al potere alla fine del XIX secolo


Caratteristica della destra fu il senso dello stato, della sinistra l'impegno democratico.

La destra aveva svolto ormai i suoi compiti storici con l'unificazione d'Italia e non era in grado di risolvere i nuovi problemi.

Nelle elezioni del 1874 la sinistra ebbe più voti; il suo programma era: diminuzione delle imposte, perequazione fondiaria, decentramento.


In Italia c'erano due sinistre:

- Meridionale, formata da piccola e media borghesia artigianale e commerciale, proprietari terrieri, ceti professionali che si vedevano svantaggiati dall'unità;

- Settentrionale, formata da media borghesia.


Depretis (1875) propone il programma Stradella che vede tra l'altro: elettività dei sindaci, istruzione elementare obbligatoria, allargamento del suffragio.

Col ministero Depretis sembrava si stesse formando un sistema di governo all'inglese, bipartitico, che alternava i partiti al governo. Nel 1876 però si sciolse la destra per i seguenti motivi:

1) fragilità della borghesia, dovuta alla mancanza di contrapposizione tra interessi diversi in una società industriale in espansione;

2) mancanza di partecipazione alla vita politica dei cattolici. Al posto del bipartitismo, quindi, si formò il trasformismo, cioè l'aggregarsi al centro di larghissima parte della classe politica.

Agli estremi dei trasformisti si delineò una nuova destra (Di Rudinì)  e un'estrema sinistra, che aveva tra le sue richieste il suffragio universale, la tutela dei diritti dei lavoratori, la libertà di associazione e la repubblica.


Riforme della sinistra


- Scuola elementare obbligatoria (rif. Coppino);

- Soppressione tassa sul macinato;

- Abolizione corso forzoso;

- Riforma elettorale: votavano gli uomini con più di 21 anni con il biennio elementare o paganti almeno un'imposta annua di 19.80 lire;

- Prime riforme sul lavoro: infortuni, sciopero, lavoro minorile e orari.

Nel frattempo gli industriali italiani pressavano il governo ad attuare provvedimenti protezionistici al fine di proteggere il già debole mercato interno dalle importazioni straniere.

Se da un lato nascevano sempre più nuove industrie(siderurgiche) e industrie elettriche e cantieri navali(Edison e Navigazione Generale Italiana) dall'altro le strutture di credito restavano arretrate.

Lo stato così doveva sostenere lo sviluppo industriale, tassando i cittadini. Le maggiori entrate venivano dall'agricoltura e quindi dal sud, ma finivano al nord.


Erano contro il protezionismo:

- proprietari terrieri che esportavano merci (agrumi, olio, vino);

- industria tessile e meccanica (che importava materiali meno costosi e migliori).


Ma la crisi agraria dovuta al ribasso dei prezzi a causa dei prodotti importati, rese necessario il protezionismo, iniziando una guerra di dazi con la Francia.




Politica estera della sinistra


I rapporti con la Francia erano incrinati. La politica estera doveva essere estranea alla colonizzazione per il principio di nazionalità risorgimentale.

La Francia invase la Tunisia, che subiva da sempre l'influenza italiana, e ciò ruppe definitivamente i rapporti tra le due potenze.

L'Italia, ancora giovane non poteva rimanere isolate diplomaticamente, così il governo firmò la Triplice Alleanza con Austria e Germania, che impegnava le potenze a difendersi solo in territorio europeo.

Fattori positivi del patto: rottura isolamento diplomatico italiano; impegno dell'Austria a compensi territoriali in caso di sua espansione balcanica.

Fattori negativi del patto: l'alleanza con l'Austria sembrava sancisse una definitiva rinuncia a Trento, Trieste e all'Istria; si temeva il rafforzarsi di tendenze anti-parlamentari.

Sotto la pressione inglese, nel 1882 l'Italia acquista la baia di Assab e comincia la sua avventura coloniale (in contrapposizione ai principi risorgimentali).

Aspetti negativi del colonialismo italiano: impreparazione dell'Italia, con mancanza di capitale e industrie.

Aspetti positivi: per i latifondisti meridionali che vedevano risolto il problema delle terre ai contadini.

Nel 1887 l'Italia tenta di conquistare l'Eritrea, ma a Dogali furono trucidati 500 soldati italiani. 

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