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Il futuro dell'ONU




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Il futuro dell'ONU

IL SAGGIO PUÒ ARTICOLARSI NEI SE­GUENTI PUNTI:


1) Il necessario rinnovamento del

Consiglio di Sicurezza

2) L'attuale funzione marginale

dell'ONU

3) La necessità di una forza militare

autonoma dell'ONU

4) Le responsabilità degli USA

5) Le missioni di pace dell'ONU

6) 1 documenti ufficiali dell'ONU













1) Quale sarà il futuro dell'ONU alla lu­ce della crisi che si è aperta tra i membri per­manenti del Consiglio di Sicurezza, con di­ritto di veto, sulla guerra al Paese medio­rientale? È necessario che la massima isti­tuzione internazionale ritorni a svolgere un ruolo di protagonismo e che riprenda una politica autonoma nell' interesse di tutti i Paesi del mondo, Stati Uniti compresi. Funzionale a questa esigenza è il rinnova­mento dei suoi organismi, a cominciare dal Consiglio di Sicurezza che, figlio degli equilibri usciti nell'immediato secondo dopoguerra, attualmente vede godere del diritto di veto cinque Stati (Stati Uniti, Rus­sia, Cina, Gran Bretagna, Francia) che non sono più i rappresentanti esclusivi di una si­tuazione di eccellenza, perché nuove real­tà, come ad esempio il Brasile, l'India, la Germania, il Giappone, la stessa Italia, s'impongono nello scenario politico-eco­nomico mondiale e rivendicano un mag­giore prestigio nell'ambito delle Nazioni Unite. Ma è lo stesso concetto di diritto di veto, riservato come un privilegio alle grandi potenze, ad essere fuori tempo, poi­ché contraddice il principio fondamentale della parità dei membri dell'ONU, come viene stabilito nella Carta istitutiva dell' or­ganismo stesso.

2) I recenti avvenimenti in Afghanistan e in Irak hanno dimostrato il ruolo margi­nale svolto dall'ONU, l'Organizzazione delle Nazioni Unite, nella grande politica mondiale, a causa soprattutto delle inizia­tive degli Stati Uniti che, dopo gli attentati terroristici dell' Il settembre 2001, nel se­gno della guerra al terrorismo su scala mon­diale sono intervenuti militarmente nei già ricordati Afghanistan e Irak per rovesciare regimi sospettati di collusione con il terro­rismo internazionale. Basti pensare che gli Stati Uniti, l'unica superpotenza rimasta, dopo la dissoluzione dell'Unione Sovieti­ca, hanno posto il veto sul voto del Consi­glio di Sicurezza, che sarebbe stato senz' al­tro contrario all'intervento armato anglo­americano in Irak.

3) È inoltre necessario che I 'ONU si doti di una forza militare autonoma, formata da contingenti offerti essenzialmente da Paesi neutrali, affinché possa farsi promotore di un nuovo ordine mondiale in cui ci sia un'effettiva parità tra gli Stati e non una si­tuazione di squilibrio che vede un 'unica su­perpotenza schiacciare tutti gli altri Paesi.

4) Dopo 1'11 settembre sono rientrati prepotentemente in gioco sulla scena poli­tica gli interessi nazionali. Da quel giorno Gli Stati Uniti hanno accantonato ogni orientamento comune per riprendere una politica aggressiva in difesa dei propri in­teressi: l'attacco all'Afghanistan ha avuto l'intento di colpire Bin Laden e gli uomini della sua organizzazione terroristica AI Qaeda, responsabili degli attentati alle Tor­ri Gemelle e a parte del Pentagono; quello in Irak ha assunto la natura di una guerra preventiva per abbattere il regime di Sad­dam Hussein, sospettato di possedere armi di distruzione di massa, chimiche e batte­riologiche, che però non sono mai state tro­vate. Ma come non vedere, nell'intervento militare in Irak, anche l'interesse america­no per un' area strategicamente importante in conseguenza della presenza d'ingenti ri­sorse petrolifere? Motivi economici, uniti all'intenzione, condivisa questa sì da tutti gli altri Paesi democratici, di sconfiggere il terrorismo internazionale, hanno spinto l'amministrazione Bush a scatenare una guerra che la maggior parte dell' opinione pubblica mondiale non voleva, come am­piamente espresso nelle manifestazioni per la pace che, prima dell'offensiva militare contro I 'Irak, si sono tenute in tante città del mondo. Molti cittadini contrari all'attacco si aspettavano una decisa presa di posizio­ne da parte dell'ONU, che non è arrivata. Da qui perplessità e polemiche sull'orga­nizzazione che, fin dalla sua nascita (24 ot­tobre 1945) ha tra i principi fondamentali la pacifica risoluzione di tutte le controver­sie internazionali attraverso il negoziato.

Eppure l'ONU in un passato anche re­cente ha svolto in pieno i suoi compiti isti­tuzionali: ricordiamo infatti i non pochi tentativi di promuovere un processo di pace tra lo Stato d'Israele e i Palestinesi; la ne­goziazione del cessate il fuoco per la guerra civile in Angola; gli interventi in favore della pace in Bosnia, nel Kosovo, in Cece­nia. Da ricordare anche che l'ONU è pre­sente in tante missioni di pace in Paesi col­piti dalle guerre, al [me di preservare la sta­bilità dopo devastanti conflitti interetnici: in Ruanda, in Burundi, nel Congo, a Timor Est, in alcuni Paesi dell'ex Jugoslavia. In alcune di queste missioni sono operanti an­che contingenti italiani.

6) Ricordiamo pure, come tappe di un ideale processo di sviluppo della civiltà giuridica nelle relazioni internazionali e nella difesa della dignità umana, i docu­menti ufficiali approvati dalle Nazioni Unite: la Dichiarazione dei Diritti dell'Uo­mo, adottata dall'Assemblea Generale il 10 dicembre 1948, il Trattato di non prolife­razione delle armi nucleari, approvato il12 giugno 1968; e, ancora, l'entrata in vigore della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione, la Dichia­razione sull'eliminazione di tutte le forme d'intolleranza fondate sulla religione, la Convenzione su diritti del fanciullo.

L'impegno di tutti, governanti in primo luogo e poi cittadini comuni, ma di ogni Paese del mondo, deve essere quello di tradurre in atto queste dichiarazioni in principio e far sì che non restino solo sulla carta.



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