CORRADO ALVARO, CRONISTA E
TESTIMONE DI UN'EPOPEA UMANA
Testimonianza letteraria delle vicende
legate alla nascita delle città pontine è Terra Nuova, opera di Corrado Alvaro,
pubblicata nel 1934 dall'Istituto nazionale di cultura fascista, come vera e
propria cronaca della battaglia che il regime attua nei confronti della
"mortifera palude".
Si tratta di un testo, a confine tra
saggistica e narrativa, spesso dimenticato ma che dimostra la validità del suo
autore, considerato tra i precursori del neorealismo, in grado di far vibrare
la pagina e di muovere a ironia una materia che forse doveva apparire
apologetica. L'attenzione dello scrittore, infatti, è tesa a mettere in
evidenza più che i fasti dell'opera del regime, l'aspetto più umano della
bonifica, ed il momento di passaggio da un mondo di natura, seppur malsano come
quello della palude, al mondo nuovo del progresso portato dai coloni, che sono
i protagonisti principali del saggio-racconto di Alvaro.
Terra Nuova è la storia dei destini
individuali dei coloni, nella quale Alvaro dà voce e corpo alla loro condizione
esistenziale: "guerra ed emigrazione le due fasi della vita italiana e della
lotta pel vivere, fanno qui un solo eloquente spettacolo" guardando dentro il
singolo, dentro la famiglia, dentro il focolare.
L'opera, divisa in 7 capitoli, ognuno
trattante un tema diverso dall'altro, segue il tempo di permanenza dell'autore
in tutta la fertile zona dell'agro pontino. Alvaro fornisce un'accurata cronaca
dei fatti cogliendo ogni particolare, come nel caso della visita ad una
famiglia appena arrivata dalla provincia di Ferrara, alla quale viene
consegnato un podere con abitazione nel giovane Borgo Pasubio. Ci viene
descritto uno scenario carico di sentimenti e speranze nel quale tutta la
famiglia si impegna per ripristinare nell'attuale casa l'ambiente passato e
tutto questo con un aria quasi di vergogna perché "c'è disordine", rincuorando
gli ospiti che tutto sarà a modo "come si fa dalle nostre parti";l'importanza
dei figli posizionati intorno al focolare, simbolo di ristoro e di accoglienza,
mostra la semplicità delle genti contadine anche in situazioni, come questa, di
estremo disagio.
Vengono descritti con minuzia i
particolari dei pochi, ma importanti
effetti personali posizionati velocemente all'interno dell'edificio;
l'accuratezza nei dettagli e il mondo di semplici sentimenti, nostalgie e
memorie descritto con estremo realismo riecheggia la lezione fondamentale di
Giovanni Verga.
L'aspetto lirico dell'ispirazione matura
in Alvaro narratore un insuperabile contrasto tra il mondo della memoria ed il
presente, puntualizzato nella storia della povera gente che vive drammi di
miseria e di disperato lavoro e l'ansia di un mondo nuovo in cui sempre più si
avverte l'urgenza di una migliore giustizia, concetto già espresso nella sua
opera maggiore, Gente in Aspromonte (1930), affresco della condizione di vita e di
lavoro dei contadini calabresi, che denuncia una realtà meridionale di secolare
miseria, seppure in una rievocazione filtrata dalla memoria. Significativa in
questo senso anche la più tarda Età breve
(1946), romanzo di formazione, che evidenzia la contrapposizione tra la
realtà della natura, che è innocente, e quella determinata dall'uomo, segnata
dal peccato, per cui Alvaro suggerisce come rimedio supremo la solidarietà
umana e la speranza.
Terra Nuovo è un punto importante di snodo
della maturazione politica di Alvaro, e forse momento culmine della sua crisi
di intellettuale: le vicende storiche in cui vive, tradiscono, infatti, gli
ideali della sua formazione morale e culturale.
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