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Alla base della
democrazia liberale era l'idea sociale e morale che la politica è l'arte della
pacifica transazione tra interessi divergenti, e che il suo metodo consiste
nella decisione democratica della maggioranza e nella protezione della
minoranza, ossia nel diritto all'opposizione.
I problemi erano di una adeguata modernizzazione del pensiero democratico: se
ne avvertiva il bisogno là dove aveva i giorni contati. Tuttavia gli studi per
questi problemi si fecero sentire solo dopo il 1945, perché un settore
importante di questa "ricerca sulla democrazia" si era trasferito negli USA.
Era un'autentica ricerca critica sul problema e sulla discussione dei valori.
In primo luogo bisognava iscutere il nazionalismo come forza intatta della
politica interna ed estera. In secondo occorreva un'analisi delle forme attuali
e future della democrazia. Terzo: affrontare il significato delle
trasformazioni strutturali della democrazia.
Le diagnosi della democrazia sembravano confermare la diagnosi pessimistica,
individuavano una contraddizione tra tendenze democratiche e oligarchiche
(Michels), la tensione tra democrazia, autorità e dittatura (Weber), la
dissoluzione dello stato democratico in forme pluralistiche (Laski) o in zone
di conflitto policratiche (Schmitt).
Una serie di problemi ulteriori che solo dopo il 1945 furono accolti nel
concetto di "modernizzazione politica". Possiamo raggrupparli in tre sfere
principali.
Prima sfera: la razionalizzazione dell'autorità politica tende a sostituire la
somma di autorità tradizionali, religiose, familiari e etiche, con un'unica
autorità cosmopolitico-nazionale. L?idea di Stato con concetti di sovranità
indivisibile (all'esterno) e di integrazione nazionale (all'interno). Il
problema della democrazia consiste nell'essere un frutto di questo processo di
razionalizzazione statale e al tempo stesso la sua contraddizione. Essa infatti
rivendica l'unità interna e l'uguaglianza e dall'altro è pluralistica
nell'essenza.
Seconda sfera: l' idea di moernizzazione politica comporta una profonda moifica delle strutture. L'immagine ideale del cittadino competente di tutto è contraddetta dal peso dei tecnici che cresce in modo inarrestabile sottraendosi al controllo degli elettori. Il contrasto tra competenza e politica viene quindi in luce in modo netto nella democrazia più che mai.
Terza sfera: la modernizzazione politica ha come effetto l'inasprimento dell'esigenza di partecipazione e di cogestione politica dei cittadini. I movimenti radicali scagliano quel principio contro la stessa democrazia, che svalutano come puro establishment o dominio d'interessi. Anche le comunicazioni di massa e la formazione politica più larga finirono col dare vantaggio ai critici della democrazia.
Ci si accorse che la partecipazione in sé non ha ancora un valore. La partecipazione può prendere un verso non liberale, dove la dittatura con una mobilitazione pseudodemocratica può ottenere plebisciti al 99%.
Mai la democrazia fu pià contestata e combattuta dopo il suo apparente trionfo del 1918. Questo trionfò le addossò l'onta della sconfitta nei paesi vinti, e deluse le aspettative dei vincitori. Quindi la democrazia era stretta tra due lati.
I liberali stessi erano scettici nei confronti ell'estensione del voto.
I teorici dello Stato
di matrice cristiana consideravano la validità assoluta della sovranità
popolare, cercavano di modificare il principio della democrazia introducendovi
l'idea di un ordine gerarchico-corporativo. Dopo il 1945 si ebbe un netto
mutamento: con l'enciclica Mater et Magistra Giovanni XXIII, del 1961,l'idea
dello Stato corporativo fu lasciata cadere. Non meno forte la diffidenza del
protestantesimo nei confronti della democrazia. I socialdemocratici mantennero
un atteggiamento di ambivalenza.
Al lato oppsto vi erano nemici molto più decisi e risoluti. Gli stessi statisti
democratici, oscillando, non furono in grado di dare un segno incisivo che
sapesse accendere la fantasia del pubblico europeo, mancando anche delle figure
significative. Il pensiero europeistico era scomparso alla morte di Stresemann.
Roosevelt era lontano dall'Europa, il tardo momento di Churchill, spalancarono
un vuoto politico.
Alla democrazia parlamentare sembrava che mancassero la necessaria stabilità e continuità e anche autorità e solidità interna. Essa non disponeva di quei valori transrazionali, senza i quali nessuna comunità può sopravvivere.
La riserva di valori umani sostanziali rimase quasi inutilizzata. Solo quando ci si trovò di fronte alla distorsione totalitaria dei valori quella riserva fu riscoperta e messa a frutto per la rinascita della democrazia.
Questo senso del "troppo tardi", di rimprovero per aver perso l'occasione per radicare l'idea e i valori della democrazia in Europa, pesa negli anni '20 e '30.
Una "terza via" tra
democrazia e dittatura fu rivendicata da conservatori: un sistema statale
autoritario corporativo dai cattolici; uno Stato autoritario monarchico da
luterani; un nuovo nazionalismo e soluzioni naziste dall'estrema destra; una
rivoluzione sociale definitiva dall'estrema sinistra.
La fine imminente del capitalismo fu la formula della crisi sulla quale trovano
accordo le varie correnti ideologiche.
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