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Wittgenstein
Il nome di Wittgenstein è legato in primo luogo all'ambizioso progetto del suo Tractatus logico-philosophicus, che era quello di costruire una completa dottrina logica della lingua, che servisse a delimitare l'ambito della conoscenza scientifica da quello dell'ineffabile, il Mistico, ovvero delle ricerche filosofiche incapace di una rigorosa trattazione logica. Ben presto però emersero le difficoltà implicite in tale programma: in primo luogo quella di misurare le proposizioni generali che costituiscono le varie scienze con un criterio di verità e di significato che ne esigeva la diretta conferma sperimentale. Karl Popper intravide fra i primi filosofi la natura di tale difficoltà, tracciando le linee della dottrina falsificazionista.
Forma e contenuto del tractatus
Il tractatus si compone di 526 aforismi disposti secondo un disegno architettonico, la cui struttura portante è costituita da sette proposizioni, indicate con numeri interi, ognuno delle quali (tranne l'ultima) trova sviluppo secondo una struttura ad albero in proposizioni secondarie numerate con una notazione decimale. Quest'ordine sistematico conferisce una forte unità logica alla trattazione, anche se numerose osservazioni non sono inserite in un reale contesto deduttivo.
IL MONDO E` TUTTO CIO` CHE ACCADE
CIO` CHE ACCADE, IL FATTO, E` IL SUSSISTERE DI STATI DI COSE
L'IMMAGINE LOGICA DEI FATTI E` IL PENSIERO
IL PENSIERO E` LA PROPOSIZIONE MUNITA DI SENSO
LA PROPOSIZIONE E` UNA FUNZIONE DI VERITA` DELLE PROPOSIZIONI ELEMENTARI
LA FORMA GENERALE DELLA FUNZIONE DI VERITA` E`: [ ]
SU CIO`, DI CUI NON SI PUO` PARLARE, SI DEVE TACERE
Il punto di avvio dell'indagine è quello per cui le proposizioni del linguaggio sono raffigurazioni dei fatti del mondo. Il mondo è tutto ciò che accade, ossia è la totalità dei fatti. Un fatto può costatare d'altri fatti, può cioè essere un fatto complesso. Un fatto atomico, cioè un fatto che non consta d'altri fatti è chiamato da Wittgenstein uno stato di cose. A sua volta uno stato di cose si presenta come una combinazione d'oggetti, di cose, termini con i quali il filosofo austriaco designa le realtà più semplici e non ulteriormente scomponibili che costituiscono i fatti. Nello stato di cose gli oggetti ineriscono l'altro "come le maglie di una catena". Il mondo in cui sono connessi è, in definitiva, la struttura dello stato di cose.
Il linguaggio viene inteso come un sistema raffigurativo complesso; esso "rappresenta" la realtà, nel senso che ne costituisce l'immagine, ossia ne rispecchia le proprietà formali. Il rapporto d'immagine è concepita da Wittgenstein come un particolare rapporto fra fatti: da un lato vi è il fatto raffigurante, dall'altro quello raffigurato. Il fatto raffigurante consta d'oggetti non meno del fatto che esso raffigura. Chiamiamo struttura dell'immagine la connessione degli elementi dell'immagine che a sua volta raffigura la connessione degli oggetti di cui si compone il fatto. La verità o la falsità di un'immagine dipende dalla sua corrispondenza o non corrispondenza con lo stato di cose che essa rappresenta. Diremo che un'immagine è provvista di senso se può essere vera o falsa. Considerando ora le proposizioni del linguaggio, esse sono un complesso di segni, formato secondo regole grammaticali e sintattiche ben determinate. Il filosofo intende la proposizione come un tipo particolare d'immagine: essa è dunque l'espressione simbolica di un fatto. Chiamando poi nomi gli elementi semplici della proposizione, il nome è, nella proposizione, il rappresentante dell'oggetto.Il senso di una proposizione è il suo essere una rappresentazione possibile di uno stato di cose, ossia il suo poter essere vera o falsa. A differenza di Frege, egli concepisce il nome solo se si conosce quale oggetto nella realtà gli corrisponde.
La teoria della proposizione ripete il movimento analitico compiuto sul piano ontologico fondato sulla scomposizione delle strutture complesse in unità semplici.
Wittgenstein si ricollega "all'atomismo logico" di Bertrand Russell, concezione per cui << è possibile, se non in pratica, in teoria, arrivare fino a degli elementi semplici ultimi, dai quali è costituito il mondo>>. Risulta chiaro che gli oggetti vengono postulati sul piano logico piuttosto che determinati sul piano empirico. La loro resistenza risulta "dedotta" a partire dalle proprietà logiche del linguaggio.
IL MONDO E` LA TOTALITA` DEI FATTI, I QUALI CONSTANO DI STATI DI COSE
IL LINGUAGGIO E` L'IMMAGINE DEL MONDO
IL LINGUAGGIO SI ESPRIME ATTRAVERSO PROPOSIZIONI CHE HANNO SENSO IN QUANTO SONO POSSIBILI RAFFIGURAZIONI DEI FATTI
LA PROPOSIZIONE ELEMENTARE ESPRIME STATI DI COSE: SE ESSA E' VERA, LO STATO DI COSE ESISTE; SE ESSA E' FALSA LO STATO DI COSE NON ESISTE
Il mondo è completamente descritto da tutte le proposizioni elementari, più l'indicazione di quali siano vere e quali false. Wittgenstein traccia una linea di demarcazione netta tra ciò di cui si può parlare e ciò di cui, invece, si deve tacere; ovvero tra il ristretto ambito (le scienze) di ciò che è esprimibile in modo chiaro ed esaustivo e la vastità di quanto invece (l'ineffabile) si sottrae alla possibilità di un linguaggio vigoroso. Ne deriva che gran parte dei problemi tradizionali della filosofia si fondano solo su di un cattivo uso del linguaggio. L'autentico compito della filosofia deve piuttosto essere quello di smascherare l'insensatezza della metafisica, i cui enunciati, apparentemente corretti, non hanno in realtà alcuna funzione descrittiva.In una lettera che segue il Tractatus, Wittgenstein scrive: " Il mio lavoro consiste di due parti: di quello che ho scritto, e inoltre di tutto quello che non ho scritto. E proprio questa seconda parte è quella importante". E avverte: "il senso del libro è un senso etico".
La filosofia della scienza e il circolo di Vienna
Dal confronto tra la tradizione dell'empirismo logico, che con Carnap si propone di fondare rigorosamente, attraverso l'induzione, le leggi scientifiche e il falsificazionismo di Popper, nel corso del '900 viene in luce un nuovo aspetto della riflessione sulla scienza. Constatata l'impossibilita' di procedere alla verifica oggettiva di una teoria generale, l'attenzione si volge verso i criteri con cui, nella sua evoluzione, la scienza valuta teorie alternative, e seleziona quelle che garantiscono un processo conoscitivo. Da quest'orientamento trae profitto la storia della scienza, che indaga l'evoluzione passata dei modelli d'interpretazione della realtà cercando di ricavarne indicazioni metodologiche; ma anche la riflessione epistemologica si concentra sul compito di elaborare e discutere ampie strategie di ricerca, rinunciando all'ambizione di offrirne una fondazione unitaria.
Carnap e la logica induttiva
Secondo Carnap va lasciata cadere la speranza di poter individuare una metodologia che consenta di trovare la verità di una legge scientifica a partire da evidenze empiriche, e bisogna accontentarsi di parlare di probabilità o di grado di conferma di una certa ipotesi da parte di una evidenza empirica. Compito prioritario della filosofia, per questo, è quello di costruire una logica induttiva, ossia una teoria formalizzata, rigorosa che consenta di stabilire quali rapporti logici legano tra loro una certa ipotesi, quale evidenze empiriche sono in suo favore e quale grado di probabilità l'ipotesi ha d'essere vera, sulla base delle evidenze date.Un grave problema incontrato da Carnap in questo lavoro consiste nella circostanza che, in tutte le formule escogitate, all'aumentare del numero d'evidenze empiriche favorevoli, le ipotesi che rappresentano leggi di natura hanno un grado di conferma che non cresce, anzi rimane invariabilmente nullo.
Schlick: il principio di verificazione
Schlick accettò, ben presto, il punto di vista di Wittgenstein e di Carnap difendendolo e sviluppandolo in numerosi articoli e riviste. Il suo punto di partenza è che la filosofia non è una scienza, ma un'attività intrinseca all'esercizio stesso della ricerca scientifica (Wittgenstein). Questa è, infatti, condizionata dal rigoroso accertamento dei termini di cui fa uso e quest'accertamento è proprio il compito della filosofia. L'importanza del suo pensiero sta nella messa a punto del principio di verificazione o di verificabilità: <<Una questione è in principio risolvibile se possiamo immaginare l'esperienze che dovremmo avere per darle una risposta>>. Lo "slogan" della prima fase del Circolo di Vienna è coerentemente con il suo principio, così, enunciata da lui: <<Il significato di una proposizione è il metodo della sua verifica>>. Con essa Schlick vuole affermare che una proposizione risulta sensata, soltanto quando esistono procedure empiriche atte a verificarne o a falsificarne la validità. In caso contrario, ci troviamo nel regno della metafisica, la quale, non offrendo un metodo, per la verifica empirica dei proprio asserti, risulta senza senso.
L'epistemologia falsificazionista di Popper
Opponendosi al verificazionismo all'induttivismo dei neopositivisti, Popper prima della guerra aveva proposto una visione della scienza che si caratterizzava per un forte atteggiamento critico. Lo scienziato rigoroso, è quello che mette alla prova le proprie congetture nella maniera più severa possibile e tenta di falsificarle, colpendole nei punti più deboli. La storia della scienza è dunque storia di congetture e di falsificazioni; è esclusa la possibilità di dimostrare la verità di una teoria; quel che si può imparare dall'esperienza è la falsità di un'ipotesi. La falsificazione di una teoria avviene solamente per opera di un'altra teoria migliore della precedente, questo è quello che si può rilevare dall'esperienza.
L'epistemologia dei paradigmi di Kuhn
Thomas Kuhn critica l'impostazione popperiana distinguendo due tipi differenti di scienza: la scienza normale e la scienza rivoluzionaria. Nei periodi di scienza normale, le ricerche avvengono sotto la guida di una teoria particolarmente forte (il paradigma) che individua problemi e metodi di soluzione. Solo quando si presentano delle anomalie, dei problemi irrisolti, che si accumulano e si aggravano, il paradigma entra in crisi. Se compare sulla scena una teoria rivale può avvenire una rivoluzione scientifica: il vecchio paradigma viene abbandonato e al suo posto si afferma e si impone un nuovo paradigma.Tra le due teorie differenti non si possono stabilire termini di confronto, per cui risulta impossibile decidere i modi chiari e definitivi quale delle due sia la migliore (incommensurabilità delle teorie).
L'anarchismo epistemologico di Feyerabend
Paul Karl Feyerabend ha sottoposto a critica serrata i vari modelli di razionalità scientifica che la filosofia delle scienze del '900 ha proposto. Secondo costui tutte le epistemologie normative, che hanno cercato di individuare norme di comportamento che gli scienziati sono tenuti a rispettare sono falsificate sul piano teorico e storico. Non esiste regola che non sia stata violata dagli scienziati più importanti, non esiste norma di comportamento che abbia validità universale, non esiste un metodo scientifico buono per tutte le occasioni. Ogni strategia può essere utile all'affermazione di una teoria, anche strategie che implicano il ricorso alla propaganda, alla retorica, alla mistificazione intellettuale, l'unica regola che rimane in piedi per l'anarchico epistemologico è "tutto può andar bene".
L'epistemologia dei "programmi di ricerca" di Lakatos
Per salvare il popperismo di fronte agli attacchi degli studiosi ispirati da Kuhn e Feyerabend, l'ungherese Imre Lakatos ha proposto una rielaborazione del pensiero di Popper incentrata sulla nozione di "programma di ricerca". Ogni scienziato lavora non su una teoria ma su un programma di ricerca, che è costituito da una strategia di ricerca. Esso, dunque, è caratterizzato da un insieme d'ipotesi scientifiche di grande importanza che non è possibile abbandonare senza sconvolgere da capo a fondo l'intero programma (il nucleo). Esso inoltre conferisce continuità e razionalità alla storia della scienza, anche se essa non è mai puramente razionale.
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