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Storia del manga: dalle origini fino ad oggi - tesi




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INDICE


1. STORIA DEL MANGA: DALLE ORIGINI FINO AD OGGI

o      Caratteristiche dei manga

o      Categorie dei manga



2. "Saint Seiya" : tra cultura, religione, mito e filosofia.

  • L'inferno dantesco nell' inferno dei Saint Seiya: i richiami della Divina Commedia nel capitolo "Inferno" della Saga di Hades.

Ingresso dell'inferno

Antiferno o Vestibolo dell'inferno

Ordinamento delle pene dei dannati

Primo Cerchio, il Limbo

Secondo Cerchio, Prima Prigione

Valle della Bufera

Terzo Cerchio, Seconda Prigione

Campo dei Fiori

Quarto Cerchio, Terza Prigione

Quinto Cerchio, Quarta Prigione

Sesto Cerchio, Quinta Prigione

Settimo Cerchio, Sesta Prigione

Ottavo Cerchio, Settima Prigione

Nono Cerchio, Ottava Prigione


3. Il manga e l'inconscio: un modo per comprendere i valori e le emozioni attraverso il fumetto.


o      Principali tematiche nello Shojo Manga

~ Tema del Romanticismo

~ Tema dell'androgino

~ Tema delle Trasformazioni


o      Principali tematiche nello Shonen Manga, in particolare "Naruto".

~ Tema della solitudine














La storia del Manga: Dalle origini ad oggi.


Il termine "Manga" è stato coniato dal pittore Katsushika Hokusai, sommo maestro nella pittura delle stampe popolari Ukiyo-e, per dare il titolo ad una sua raccolta di disegni e schizzi: "Hokusai Manga" (divenuti popolari nell'era Meiji); ma successivamente il termine è stato utilizzato per indicare tutti i disegni satirici (dalle vignette alle strisce) e in seguito i fumetti.

Fino agli anni Quaranta del Novecento il manga si basava su vignette e strisce satiriche, pubblicate su quotidiani e riviste specializzate. Nel frattempo i mangaka (gli autori del manga) imparano dai comics americani l'uso del baloon, la nuvoletta "parlante" e della vignetta, il riquadro con la scena disegnata.


Ma é nel dopoguerra che i manga cominciano a divenire numerosi e diffusissimi presso la popolazione giovanile. Gran parte del merito spetta ad Osamu Tezuka, che con la sua prima opera da professionista, Shin Takarajima (La nuova isola del tesoro), crea le basi per il fumetto giapponese, imponendo un nuovo stile grafico ispirato ai cartoni animati della Disney (personaggi arrotondati, infantili e con grandi occhi) e un nuovo modo di raccontare le storie con delle tecniche narrative molto visuali, vicine al cinema.


Investito del titolo di Manga no Kamisama, 'L'Imperatore del Manga', Tezuka è stato un autore prolifero dall'instancabile creatività. Ha rivoluzionato il linguaggio del fumetto nipponico: con lui il manga è diventato una sceneggiatura cinematografica.

Negli anni Cinquanta Tezuka realizza numerose opere di successo.

Nel 1950 esce Jungle Taitei, in Italia 'Kimba il leone bianco': il valore della Vita e del rinnovarsi della Natura si ritrova nella lotta di tre generazioni di leoni bianchi per la pace nella giungla.


Tezuka crea per il pubblico femminile il primo shojo manga, Ribbon no Kishi, 'La principessa Zaffiro': il volto di Sapphire, principessa di Silverland, è disegnato su quello di una celebre attrice di teatro Takarazuka, recitato da sole donne.

Negli anni '50 emerge un genere di manga in contrapposizione a Tezuka, chiamato "gekiga", termine inventato dal mangaka Yoshihiro Tatsumi, che significa "immagine drammatica" (geki = dramma). Si tratta di manga riguardanti tematiche più realistiche, ma anche più violente, che segnano la comparsa delle prime riviste di manga destinate agli adulti e ai giovani adulti.


Nel 1968 si afferma il manga sportivo: l'esaltazione della tenacia e della forza appassionano ragazzi e ragazze. Ai lettori si rivolge Kyojin no Hoshi, 'Tommy, la stella dei Giants' (1968): dopo duri e pesanti sacrifici il giovane Tommy porta la sua squadra di baseball alla vittoria del campionato. Attack No. 1, 'Quella magnifica dozzina' (1969), protagonista la famosa Mimì Ayuhara e Ace o Nerae!, 'Jenny la Tennista' (1973) lanciano tra le giovani giapponesi la passione per la pallavolo ed il tennis.


Dalla fantasia di Monkey Punch nasce un manga che ha fatto scuola, Lupin III (1967): rivive il tema classico di 'guardie e ladri', il fumetto combina azione, gag ed erotismo, basando tutto sull'incontro tra la figura eroicomica del ladro-gentiluomo Lupin e quella goffa ed ironica del poliziotto Zenigata.


Negli anni Settanta esplode il boom della fantascienza robotica grazie ai contributi geniali del giovane mangaka Go Nagai, che, dopo gli esordi legati a manga scollacciati ed umoristici, all'inizio degli anni settanta con Mazinger Z (Mazinga Z) dà il via al filone dei robot giganti, che tanto successo avrà nelle versioni animate per la televisione. Le tre serie, Majinger Z - 'Mazinga Z' - Great Majinger - 'Il grande Mazinga' ed Ufo Robot Grendizer - 'Goldrake' sconvolgono, tra il 1972 ed il 1977, tutti i cliché del rapporto uomo-macchina. Sorgono le questioni dell'identità del cyborg e del ruolo dell'uomo di fronte al progresso tecno-scientifico.


Sono proprio gli anni settanta a rappresentare il nuovo boom dei manga.


Dopo gli autori classici arrivano le nuove leve: artisti che desiderano esplorare nuove vie, toccare nuove tematiche, sperimentare nuovi stili di disegno.
Rumiko Takahashi crea Urusei Yatsura (Lamù), Maison Ikkoku (Cara dolce Kyoko), Ranma 1/2. Tsukasa Hojo, dal morbido tratto, ama le serie investigative e realizza Cat's Eye (Occhi di gatto) e City Hunter. Akira Toriyama diventa celebre grazie al demenziale Dr. Slump e Aralechan (Dr. Slump), per poi bissare il successo e portarlo in scala internazionale con Dragon Ball.


Un ulteriore scossone arriva negli anni ottanta, quando le storie distruttive ed il disegno accuratissimo si fanno largo in manga di fantascienza e fantasy. Katsuhiro Otomo spopola in patria e all'estero col suo Akira. Nel 1985 Masamune Shirow segue la scia, e con Appleseed realizza un manga, ancora in svolgimento, in cui la fantascienza è ipertecnologica, i disegni elaboratissimi, la trama complicatissima.


Osamu Tezuka muore nel febbraio del 1989. Padre del fumetto del dopoguerra e geniale sperimentatore dell'animazione, è stato un 'romanziere grafico', dopo di lui il manga non è più stato un semplice diversivo di massa. Egli è riuscito a coniugare divertimento e rispetto per valori universali come la Vita, la Natura e l'Uomo, il fumetto come educazione civile.



- Le caratteristiche dei manga


Manga (man = strano, ga = disegno), benché nella lingua giapponese indichi il fumetto in generale, in Italia viene generalmente usato per indicare fumetti di sola provenienza nipponica.

Alla lettera significa 'immagini divertenti' o 'immagini in movimento'.

Nel paese del Sol Levante la regola è specificare l'origine dei fumetti, se stranieri/importati; quelli provenienti dall'Italia verrebbero ad esempio chiamati 'Itaria no manga' letteralmente 'manga italiani', e non ci si potrebbe riferire a loro usando solo la parola manga.

I manga hanno in Giappone un ruolo notevolmente importante e sono considerati un mezzo espressivo non meno degno di libri o film; in Italia il termine è per lo più utilizzato per indicare i soli fumetti di origine giapponese.

Il manga si legge al contrario rispetto al fumetto occidentale, ossia dall'ultima alla prima pagina (secondo le consuetudini occidentali); in questo modo la rilegatura sarà a destra e le pagine 'libere' alla sinistra. Anche le vignette si leggono da destra verso sinistra, dall'alto verso il basso.


Nel corso del tempo ci sono stati alcuni mutamenti nella disposizione delle vignette. Inizialmente prevaleva la disposizione verticale; successivamente, alla fine degli anni quaranta, è stata introdotta anche la disposizione orizzontale, ancora attuale. Nelle storie più accurate dal punto di vista stilistico, queste due disposizioni si sovrappongono e vengono entrambe usate, creando un percorso di lettura piuttosto complesso per le abitudini del lettore occidentale ma con un preciso intento stilistico.


Per creare effetti drammatici intensi e sottolineare i sentimenti che entrano in gioco nella storia il disegnatore (o la disegnatrice) fa spesso scomparire le linee divisorie delle singole vignette. La struttura della pagina diventa più importante di quella del riquadro isolato. Così una sola scena si può sviluppare su due intere pagine a fronte, i contorni dei pannelli si sovrappongono, e con essi i vari significati trasmessi dal disegno.

Anche il balloon contenente il testo non è più presentato su di un'unica linea di lettura: compaiono fumetti di testo pensato, di testo parlato, di testo fuori campo che si distinguono tra loro solo per lievi differenze grafiche e sono posizionati nella pagina in maniera apparentemente confusa.


Le caratteristiche principali che distinguono i manga dagli altri fumetti sono nella tecnica narrativa e nello stile grafico:


La tecnica narrativa è cinematografica

   Tra due vignette, il tempo che intercorre può essere di pochi secondi: c'è una dilatazione e una scomposizione del tempo e dell'azione. La loro caratteristica più saliente consiste nella dilatazione del ritmo narrativo, per cui una singola scena occupa normalmente numerosissime pagine.

   Ci sono cambiamenti improvvisi ed estremi del punto di osservazione, così come il sequenziamento delle vignette nella storia può essere molto vario.

   Il senso di narrazione è estremamente differente da quello dei fumetti francesi o italiani: le emozioni dei personaggi passano unicamente tramite l'immagine. Per un'immagine molto forte l'autore non esita ad utilizzare una pagina piena se non addirittura una doppia pagina.

   I manga sono una sorta di romanzi popolari (feuilletons), nei quali gli autori dispongono di molte pagine per raccontare le loro storie.



2) Lo stile grafico:
   I personaggi possono assumere moltissime espressioni facciali e possono passare da proporzioni realistiche a proporzioni umoristiche (super deformed, ingigantimento per far risaltare le doti del personaggio).

   C'è una sorta di frattura tra lo stile dei personaggi (il disegno è focalizzato sui personaggi) e lo stile degli scenari (con l'utilizzo a oltranza di linee cinetiche che rendono il paesaggio più sfumato).

   La grande quantità di onomatopee va a rinforzare l'impatto delle espressioni dei personaggi (questo rende la traduzione dei manga difficile). Vi è un uso molto più largo delle onomatopee che in occidente, e si arriva ad usarle per sottolineare il sorriso (niko niko), il silenzio (shiiiiin), il batticuore (doki doki) o lo scintillio (pika pika).

   Ampio uso dei retini per le decorazioni, per le ombre o per sottolineare l'azione.

(i retini sono nuvole di puntini neri che secondo la loro dimensione e il loro numero simulano diversi toni di grigio e diverse trame nella stampa in bianco e nero).


3) Il ritmo di lavoro degli autori di manga è molto sostenuto perchè devono produrre in media una dozzina di tavole a settimana per consentirne la pubblicazione nelle riviste.


4) I manga sono quasi tutti in bianco e nero (anche se spesso hanno delle pagine, generalmente le prime di ogni capitolo a colori). Questo perché sono pubblicati su riviste economiche di carta riciclata dove solo le prime pagine hanno la possibilità di essere a colori.


La pubblicazione dei manga in Giappone passa innanzitutto attraverso la pubblicazione in "riviste contenitore per manga" composte da centinaia di pagine di carta riciclata nelle quali vengono pubblicati i singoli episodi dei manga.

In Giappone ne esistono circa 200 di queste riviste, ognuna adatta ad un determinato tipo di pubblico (bambini, ragazzine, ragazzini, uomini, donne, ecc.). Alcuni esempi di riviste settimanali sono:

Shônen Jump (Shûeisha)



Shônen Magazine (Kôdansha),



Shônen Sunday (Shogakukan).



Dopo la pubblicazione di un certo numero di episodi, se il manga ha successo, avviene la pubblicazione in "libro" cioè di un "tankobon".


La caratteristica che più differenzia il fumetto giapponese da quello standard americano o italiano è la durata delle opere: alcune possono durare anni (11 per Dragonball), altre volte possono essere serie di pochi mesi.

In quelle più lunghe vediamo il protagonista, e chi gli sta accanto, crescere sia di aspetto fisico sia di carattere. Questo perché nelle storie narrate dai manga, specialmente quelli di carattere "shonen", la componente della "crescita" sia fisica sia interiore dei protagonisti è fondamentale.


- Categorie dei manga


Le riviste contenitore per manga sono generalmente destinate a categorie precise per genere ed età: è questo il principale fattore che stabilisce le caratteristiche di un manga. Se si vuole sapere a quale categoria appartiene un determinato manga, basta andare a vedere su quale rivista viene pubblicato.

Qui sotto elencate vi sono le principali categorie:


Kodomo = per i bambini

Shônen = per i ragazzi (6-18 anni)

Shôjo = per le ragazze (6-18 anni)

Seinen = per i giovani e gli uomini adulti

Redisu = per le giovani e le donne adulte

Shôjo-ai = storie sentimentali tra ragazze  

Shôjo-yuri = storie erotiche tra ragazze

Shônen-ai = storie sentimentali tra ragazzi

Shônen-yaoi = storie erotiche tra ragazzi

Seijin = per uomini maturi (+ di seinen)

Redikomi (Lady's manga) = per le donne mature (+ di redisu)


Le categorie principali sono quattro: shonen, shojo, shonen ai ed hentai, queste quattro radunano la maggior parte della produzione esistente di manga.


Quando un manga incontra un certo successo è pubblicato anche rilegato in volume, come quelli che si trovano da noi. Questi volumi sono chiamati tankoubon (formato standard, 11,3 x 17,2 cm), bunkoubon (formato più compatto, utilizzato per le riedizioni), wide-ban (formato "lusso", più grande del tankoubon).

 Le tematiche trattate nei manga sono le più disparate così come sono innumerevoli i generi nei quali possono essere suddivisi, non senza difficoltà oltretutto, a causa dell'estrema mescolanza di elementi cui gli autori ricorrono per cercare di essere innovativi.

L'appartenenza ad un determinato genere generalmente non viene influenzata dalla categoria di rivista a cui un dato manga appartiene tranne che nel modo in cui una determinata tematica è trattata e dagli elementi di contorno.

Così possiamo trovare manga sportivi sia shojo (Jenny la tennista, La leggenda di Hikary) così come shonen (Capitan Tsubasa), possiamo trovare shojo con tematiche cupe ed horror (Angel Sanctuary) così come shonen sentimentali (Video Girl Ai).






"Saint Seiya"

Tra cultura, religione, mito e filosofia.

"Saint Seiya", in italiano "i cavalieri dello Zodiaco" è un manga creato dalla geniale penna di Kurumada Masami. Il manga rappresenta un eccezionale mezzo di trasmissione culturale, mitologica, religiosa e filosofica: ha portato in Occidente diverse nozioni indo-buddhiste, e in Oriente rilevanti riferimenti alla mitologia greca, ai romanzi cavallereschi ed alla Divina Commedia.

Saint Seiya narra la storia di un gruppo di ragazzi - Seiya(Pegasus), Hyoga(Crystal), Shiryu(Sirio), Shun(Andromeda) e Ikki(Fenice) - che, in seguito ad uno faticoso allenamento ottengono l'investitura a santi (Saints, in Italia Cavalieri), ossia combattenti devoti alla dea Atena, chiamati a difendere in suo nome la pace sulla Terra.
I ragazzi ottengono anche un'armatura collegata ad una particolare costellazione (rispettivamente Pegaso, Cigno, Dragone, Andromeda, Fenice). I poteri conseguiti in seguito all'addestramento si basano infatti sulla raggiunta consapevolezza di come il proprio microcosmo interiore rifletta la struttura macrocosmica dell'universo e possa esprimere la stessa energia del big-bang, canalizzabile riconoscendo la costellazione affine alle proprie caratteristiche. L'armatura dei cavalieri permette di convogliare questa energia, per convertirla in colpi che vanno da calci e pugni alla velocità del suono (per i Saints meno esperti) all'apertura di varchi ultradimensionali (tecnica dei cavalieri più dotati) in cui scaraventare il malcapitato avversario.

I cinque protagonisti hanno raggiunto solo il gradino d'investitura più basso, ossia il titolo di Bronze Saints (Cavalieri di bronzo): sono cioè muniti di una forza e di un'armatura decisamente inferiori a quelle dei Silver e soprattutto dei Gold Saints (Cavalieri d'argento e d'oro), questi ultimi dotati della potenza trasmessa dalle dodici costellazioni zodiacali (Ariete, Toro, Gemelli, Cancro.) e in grado di muoversi alla velocità della luce. Nonostante la loro inferiorità, i cinque santi di bronzo dovranno combattere contro i Cavalieri d'argento e d'oro per far tornare alla ragione Saga, il Gold Saint dei Gemelli, ribellatosi ad Atena. Scongiurato l'ammutinamento, i Saints di bronzo, d'argento e d'oro finalmente riuniti dovranno vedersela prima col dio del mare Nettuno, intenzionato a sommergere la Terra sotto un nuovo diluvio poi col dio della morte Ade (Hades nel fumetto), determinato a oscurare il mondo con una perenne eclissi di sole.

Un esempio di come Saint Seiya sia specchio fedele di tradizioni buddhiste è dato dalla trama dell'opera: il primo avversario che i Cavalieri devono affrontare è un nemico interno; solo dopo averlo sconfitto e riassimilato in sé potranno combattere contro antagonisti esterni. L'addestramento che porta i cavalieri a controllare il chackra (ossia i sette centri energetici sottili del corpo umano, che governano secrezione, riproduzione, digestione, circolazione, respirazione, sistema nervoso riflesso e volontario; ognuno è collegato a una particolare ghiandola o organo fisico) è più di tipo meditativo che fisico.

I Cavalieri si esercitano a dominare 'il settimo senso", che nella corrente Buddista è la consapevolezza totale di sé come parte del flusso del divenire cosmico, emanazione dell'Unità indefinibile alla base di tutto l'esistente. Il settimo senso  consente ai Saints di espandere il proprio microcosmo interiore in sintonia con le energie macrocosmiche. Oltre al settimo senso, vi è l'ottavo senso, una capacità talmente elevata da essere posseduta da un solo Cavaliere d'oro, Shaka della Vergine, 'l'uomo più vicino a Dio'. L'ottavo senso, secondo la filosofia buddista, consente di trascendere i confini del proprio ego illusorio, e di comprendere di essere non solo appartenenti al Tutto, ma coincidenti con esso.

Il Gold saint Shaka è l'unico possessore dell'ottavo senso, chiamato anche "Arayashiki", in quanto l'ha raggiunto all'età di sei anni. Nei suoi discorsi con il Buddha, questi gli rivela l'essenza della vita: 'la morte non è la fine di tutto, ma al più un cambiamento. Solo se apprenderai ciò con la meditazione, nonostante la tua natura di essere umano, sarai l'uomo più vicino agli dei'. L'ottavo senso, infatti, consiste nell'essere padroni di questo cambiamento in modo da entrare all'inferno da vivi.

Shaka, nella sua ultima battaglia, s'immola in difesa di Atena. Prima di esalare l'ultimo respiro, ricorda la sua infanzia, quando, a soli sei anni, sedeva in meditazione giorni interi vicino ad una statua del Buddha, fino a dialogare con l'Illuminato, chiedendogli perché gli uomini nascessero per vivere una vita di sofferenze culminante nella morte. 'Shaka - gli risponde il Buddha - non esiste una vita in cui c'è solo sofferenza: dove c'è sofferenza c'è anche gioia e viceversa. La morte non è la conclusione di tutto: tutti quelli che sono stati chiamati santi hanno superato la morte. Se tu riuscissi a illuminarti di questo, pur se un comune mortale, diverresti l'uomo più vicino a Dio'.

Il senso profondo di questo discorso è l'ammaestramento secondo cui il 'prendere rifugio nel Buddha' (nella sua dottrina, nella via di comportamento e pensiero da lui indicata, nella meditazione) implica vincere la morte, uscire dal ciclo di rinascite del samsara (Anguttara Nikaya, vol. III, cap. IV, § ii; Majjhimonikaya, vol. III, XII parte, IX discorso). Shaka trova la morte fisica nel 'giardino del Sharasoju', fra due alberi di Sala, dove la leggenda vuole che sia trapassato anche Gautama.'I fiori sono belli - riecheggia la voce del Buddha - ma un giorno devono appassire. Qualunque cosa nel mondo è temporanea e non rimane mai nel medesimo stato. Tutto è mutevole, nulla è costante: è la legge dell'impermanenza; le stelle brillano, ma un giorno si spegneranno; anche per la Terra, il sole, l'intera galassia, persino per il grande universo arriverà il momento di morire. La vita umana, rispetto a loro, è come un lampo di luce. Nel breve attimo della sua vita, l'uomo nasce, ama, odia, ride, piange, combatte, gioisce e si rattrista, poi alla fine viene accolto dal sonno della morte'. (Saint Seiya Hades, episodio )

Si trovano in queste parole riassunti tre dei principali insegnamenti del buddhismo: i concetti di "sofferenza" (dukkha), "impermanenza o cambiamento" (anicca) e "illusorietà e non sostanzialità dell'ego e di tutto ciò che esiste" (anatta). Dukkha significa che la vita umana è pervasa dalla sofferenza: il Buddha non nega che ci sia la felicità ma ogni felicità è sofferenza dolorosa perché transitoria. La sofferenza consiste nella presa di coscienza che ogni cosa è impermanente (anicca), e destinata a perire. (Buddhadasa, 1991).
Libero dall'illusione dell'ego, Shaka si sacrifica, indicando ad Atena la via per la vittoria. Anche la dea dovrà infatti rinunciare volontariamente alle sue spoglie terrene, per combattere nell'aldilà lo scontro decisivo contro Hades.

Il tema del sacrificio divino è fondamentale nell'induismo, in cui la creazione del mondo avviene mediante il 'sacrificio' (nel senso originale di 'rendersi sacro') che Dio fa di se stesso per diventare il mondo, che alla fine ridiventa Dio (Capra, 1982).

L'inferno Dantesco nell'Inferno di Saint Seiya

I richiami della Divina Commedia nel capitolo 'Inferno' della saga di Hades.

Nella creazione del regno di Ade, Kurumada ha dimostrato di trarre a piene mani dall'Inferno dantesco.

Come sappiamo l'Inferno dantesco è costituito da 9 cerchi, di cui
- il settimo è diviso in tre gironi
- l'ottavo in dieci bolge
- il nono in quattro zone

La differenza di struttura sta semplicemente nel fatto che Kurumada ha volutamente eliminato il Limbo, che è il primo cerchio.

Infatti l'Inferno Kurumadiano si presenta in 8 prigioni di cui
- la sesta prigione è divisa in 3 valli;
- la settima  prigione in 10 fosse
- l' ottava prigione in quattro sfere.


v    Ingresso dell'Inferno

Dante e Virgilio per entrare nell'Inferno varcano una grande porta," la Porta dell'Inferno", su cui Dante legge le seguenti parole:

Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la divina podestate,
la somma sapïenza e 'l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate

Kurumada ricrea la porta dell'inferno che vediamo ergersi di fronte a Seiya e a Shun.

Su di essa campeggia la seguente scritta, ripresa direttamente dall'Inferno dantesco: 'Lasciate ogni speranza, o voi ch'entrate'.

Shun,alla lettura di queste parole, si chiede come può un uomo, che ha perso tutto, rinunciare anche all'unica cosa che gli resta: la speranza. Un dubbio, nel terzo canto, alla lettura di queste parole, viene espresso anche da Dante nei confronti di Virgilio (verso 12):
'Maestro, il senso lor m'è duro.'


v    Antinferno o vestibolo dell'Inferno

Dante presenta un Antinferno, ossia un vestibolo dell'Inferno, che è posizionata tra la Porta dell'Inferno e il fiume Acheronte, in cui si trovano le anime degli ignavi. Costoro sono infatti 'coloro che vissero senza infamia e senza lode', uomini non propriamente colpevoli di male, poiché non ebbero la viltà di farlo, la stessa viltà per cui non fecero neppure del bene. Dante disprezza coloro che sono stati neutrali per vigliaccheria, avendo invece egli vissuto sulla propria pelle le conseguenze delle proprie idee politiche (basta pensare al suo esilio). Giudicandoli 'sciagurati che mai non fûr vivi', egli li colloca nell'Antinferno, non ritenendoli degni nemmeno di stare tra i dannati. Di loro nel mondo non rimane traccia ('Fama di loro il mondo non lassa') e anche Dio li ignora ('misericordia e giustizia li sdegna'): non vale neanche la pena stare a parlare di loro, per questo Virgilio dice a Dante: 'Non ti curar di loro, ma guarda e passa'.

Kurumada rispetta la rappresentazione degli ignavi di Dante, infatti li colloca nei pressi dell'Acheronte. Qui, Shun e Seiya sentono le urla e le lamentele dei dannati che si trovano all'interno di esso. Shun dice:


'Che cos'è che sento? E che gente è questa, così vinta dal dolore?'


Dante, nei versi 31 e 32 del terzo canto, pone praticamente la stessa domanda a Virgilio:


'Maestro, che è quel ch'i' odo?
e che gent'è che par nel duol sì vinta?'.


A rispondere alla domanda di Seiya è Caron di Caronte.

Fisicamente, la sua figura viene elaborata in modo piuttosto fedele a quella dantesca. Infatti, il 'Caròn dimonio con gli occhi di bragia' oltre ad aver un aspetto orribile, indossa un'armatura spettrale con due lenti rosse in posizione degli occhi. Inoltre, utilizza il proprio remo come un'arma, oltre che per traghettare la barca da una sponda all'altra dell'Acheronte.
Nel terzo canto dell'Inferno dantesco, Caronte utilizza il remo per colpire i dannati nel lago (versi 109-111):


"Caron dimonio, con occhi di bragia
loro accennando, tutte le raccoglie;
batte col remo qualunque s'adagia".


Caratterialmente, oltre ed esser un po' ironizzato, riveste un ruolo di guida, facendo quasi le veci del Virgilio dantesco.
Difatti, mentre nel terzo canto è Virgilio a rispondere alla domanda posta poco prima da Dante (versi 34-36 e 40-42):

'Questo misero modo
tegnon l'anime triste di coloro
che visser sanza 'nfamia e sanza lodo.'
'Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli'


nel manga è Caronte a dar risposta al quesito di Seiya:


'Sono coloro che vissero senza infamia e senza lode! Li caccia il Cielo, come il profondo Inferno, e restano qui sulle rive dell'Acheronte a lagnarsi senza posa per la loro sortein eterno!'

Come nell'Inferno dantesco fa con Dante, anche nell'inferno kurumadiano Caronte inizialmente si rifiuta di traghettare Shun e Seiya, definendoli 'Anime vive'.
(Versi 88 e 89)


'E tu che se' costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti'.


Difatti, come nell'Inferno dantesco Caronte dice al poeta fiorentino (versi 91-93):

'Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti'.


Nell'inferno Kurumadiano Caròn dice una cosa molto simile a Shun:
'Forse conclusa l'esistenza terrena più lieve legno di condurrà fino all'Elisio.'

Ordinamento delle pene dei dannati-

Vale la pena ricordare brevemente che anche in Kurumada, seppure sia un argomento che esula dalla trama generale della saga dei Cavalieri ambientata in Ade, la dislocazione dei defunti nell'Inferno è dominata da un preciso ordinamento in base alle pene di cui saranno fatti oggetto, proprio come avveniva in Dante, e prima di lui in Virgilio.

Tale ordinamento delle pene prefigura una gerarchia del male basata sull'uso della ragione: peccatori più 'vicini' a Dio e alla luce, posti cioè nei primi più vasti gironi, sono gli incontinenti, quelli cioè che hanno fatto il minor uso della ragione nel peccare. Seguono i violenti, che a loro volta sono stati accecati dalla passione, sebbene a un livello di intelligenza maggiore dei primi. Gli ultimi sono i fraudolenti e i traditori, che hanno invece sapientemente voluto e realizzato il male.



v    Primo Cerchio, il Limbo

In Dante il Limbo è il luogo in cui si trovano i grandi dell'Antichità, che non avendo ricevuto il battesimo, ed essendo per tal ragione privi della fede in Dio, non possono gioire della visione di Dio, ma neanche essere puniti per qualche peccato.

In Kurumada questa è l'unica parte dell'Inferno totalmente assente.


v    Secondo Cerchio, Prima Prigione

Il secondo cerchio dantesco è custodito da Minosse, il giudice infernale che giudica i defunti che gli si presentano davanti, attorcigliando la sua coda al corpo tante volte quanti sono i cerchi che i dannati dovranno scendere per ricevere la loro punizione.
Minosse, nominato da Zeus nella mitologia greca come uno dei tre giudici infernali, assieme a Radamante e al fratello Eaco, viene presentato come un mostro, dai tratti grotteschi, ma dall'atteggiamento reale e solenne.

Kurumada attinge a piene mani dalla fonte dantesca e apre il suo Inferno con un vero e proprio Palazzo del Giudizio, dove i defunti si recano obbligatoriamente per essere giudicati dallo "spectre" guardiano della Prima Prigione, appunto Minosse del Grifone, incaricato di decidere la loro destinazione[1].

Momentaneamente assente, poiché impegnato altrove, Kurumada sostituisce Minosse con Lune di Barlog, uno "spectre" equipaggiato con una frusta dotata di un potere particolare, quello di giudicare i peccati di un individuo attorcigliandosi al suo corpo tante volte quanti sono i peccati commessi.

Shun davanti alla Palazzo del Giudizio si domanda in che cosa vengono giudicati gli individui che scendono negli Inferi, in quanto sono già morti.
Successivamente in uno scontro con Lune, davanti alle colpe emesse dal custode, di cui l'unica grave fu quella di combattere molte persone, Shun replica "l'odio per la bassezza stravolge il viso, l'ira per l'ingiustizia ha reso roca la nostra voce, noi che cercammo di spianare il terreno alla gentilezza non si potè essere gentili.. ma ditemi, voi pensate che ci sia qualcuno nel nostro mondo che possa scagliare la prima pietra? e allora vi sbagliate! .Per poter sopravvivere anche la persona più virtuosa prende la vita degli animali e delle piante.. anche il più dolce degli umani prova odio o invidia per qualcuno maquesta è la natura umana.. sentire non vuol dire acconsentire, se tutto questo fa di lui individuo malvagio, corrotto da una colpa imperdonabile, allora lo stesso atto di vivere è un crimine.."

Valle della Bufera -

Dante colloca i lussuriosi nel Secondo Cerchio: essi sono condannati ad essere vorticosamente travolti da una bufera di vento, in quanto in vita (legge del contrappasso) sottomisero la ragione all'impeto dei sensi (come Paolo e Francesca).

Kurumada crea una zona (in cui Kanon, uno dei cavalieri d'oro, affronta la prima volta Radamante), immediatamente successiva al Palazzo del Giudizio (ossia alla Prima Prigione), chiamata Valle della Bufera Nera, dove il vento soffia perennemente e in maniera impetuosa, travolgendo coloro che hanno peccato di concupiscenza, ossia di ardente brama di piaceri sensuali (lussuria).



v    Terzo Cerchio, Seconda Prigione

Il Terzo Cerchio dell'Inferno dantesco è ancora dedicato agli incontinenti, in particolare ai golosi, condannati a rotolarsi nel fango come bestie, travolti da una pioggia costante, (versi 7-9)


'la piova
etterna, maladetta, fredda e greve;
regola e qualità mai non l'è nova".


Il custode è Cerbero, uno dei mostri che già nella mitologia greca era a guardia dell'ingresso all'Ade. È un cane a tre teste, che simboleggiano la distruzione del passato, del presente e del futuro. Presente anche nell'Eneide virgiliana, il Cerbero dantesco è una bestia mostruosa, tra l'umano e l'animalesco, per il fatto che inghiotte il fango gettato da Virgilio. Viene descritto come una bestia crudele con gli occhi rossi, la barba unta e nera, la pancia gonfia e le mani con unghie con le quali graffia i dannati e li squarta (versi 13-18)


"Cerbero, fiera crudele e diversa,
con tre gole carinamente latra
sovra la gente che quivi è sommersa.
li occhi ha vermigli, la barba unta e atra,
e 'l ventre largo, e unghiate le mani;
graffia li spirti ed iscoia ed isquatra".


inoltre con le sue urla impazzire così che essi vorrebbero essere sordi (versi 32-33):


"..che n'trona
l'anime sì, ch' esser vorrebber sorde".


La seconda prigione dell'Inferno di Kurumada è molto simile al corrispettivo cerchio dantesco. Caratterizzata da una pioggia continua e monotona, che travolge Seiya e Shun, la prigione è costruita in stile egizio (un chiaro riferimento allo "spectre" custode, Faraone di Sfinge) ed è il luogo in cui sono puniti i golosi. L'atmosfera è raccapricciante, l'odore è nauseabondo e sembra di essere in un letamaio. Come nell'inferno di Dante e nella mitologia, Kurumada pone Cerbero a guardia di questa prigione, nelle sue forme più rozze e animalesche: un immenso cane con tre teste che divora i morti, squartandoli e cibandosene.


- Campo dei Fiori -

Dietro la seconda prigione, Kurumada colloca un campo di fiori, l'unico luogo di tutto l'Inferno in cui possano crescere fiori profumati e colorati. Qui è stata pietrificata Euridice, compagna di Orfeo, e qui il Cavaliere di Atena combatte contro lo "spectre" Faraone di Sfinge.



v    Quarto Cerchio, Terzo Prigione

Il Quarto Cerchio dantesco è destinato agli avari, colpevoli non soltanto di avarizia, ma anche di avidità, bramosia di denaro, ricchezza e potere in generale. Questo peccato, secondo Dante, è uno dei più grandi mali della sua epoca ed è tipico degli uomini di chiesa, per quanto a soffrirne siano in molti. Il contrappasso di questi dannati nasce dal fatto che essi si sono lasciati sormontare dai beni terreni ai quali in vita diedero la massima priorità: nell'Inferno perciò sono obbligati all'inutile sforzo di spostare in perpetuo cumuli di materia inerte, simbolo dell'inutilità vana delle loro azioni.

Kurumada riprende perfettamente questa rappresentazione degli avari per creare la Terza Prigione del suo Inferno, custodito da due "spectre": Rock di Golem e Ivan di Troll.

In questa valle, circondata da scoscese montagne, gli avari sono condannati per l'eternità a far rotolare enormi massi.


v    Quinto Cerchio, Quarta Prigione

Nel Quinto Cerchio Dante e Virgilio incontrano una fonte dalla quale sgorgano acque nere che ribollono e che alimentano la palude dello Stige, fiume infernale. Immerse nel pantano, genti ignude sono travolte dalla furia di picchiarsi tra di loro con tutto il corpo.
Si tratta delle 'anime di color cui vinse l'ira'. La palude è custodita da Flegias, nella mitologia un figlio di Ares, simbolo dell'ira violenta e del fuoco. Di lui Dante non si preoccupa di dare una descrizione fisica, ma lo indica intento a remare la sua piccola barca (probabilmente si tratta di colui che prende gli iracondi, scaraventati direttamente da Minosse, e li trascina nella palude) in evidente stato di sovreccitazione.

Kurumada riprende perfettamente il modello dantesco, presentando la Quarta Prigione come un'immensa palude nera, proprio come quella di Dante, dove si trovano gli arrabbiati e gli scontenti. Lo "spectre" guardiano di questa Prigione è chiamato, da Kurumada, Flegias. Violento e determinato, Flegias del Licaone (nella mitologia greca Licaone è un altro figlio di Ares) guida una zattera di legno con cui Kanon, Sirio e Cristal attraversano la tenebrosa palude nera.



v    Sesto Cerchio, Quinta Prigione

Il Sesto Cerchio è, per Dante, la città di Dite, ove sono puniti gli eretici, che giacciono in tombe infuocate. L'idea è probabilmente ripresa dalla pena a cui erano sottoposti gli eretici dai tribunali terreni, cioè il rogo, in quanto il fuoco era considerato simbolo di purificazione e corrispondeva forse alla falsa luce che essi pretendevano di spandere con le loro dottrine.

Kurumada riprende l'idea degli eretici che ardono in tombe di fuoco, per presentare la Quinta Prigione dell'Inferno, luogo dove avvengono gli scontri tra Kanon prima, e Phoenix poi, contro i tre Giudici Infernali. È interessante notare che, sebbene non vi sia alcun esplicito commento al riguardo, nella mappa dell'Inferno disegnata da Kurumada, la Quinta Prigione ha una pianta che potrebbe essere quella di un'ipotetica città, la cui struttura intricata ricorda quella di un labirinto o di un cimitero.




v    Settimo Cerchio, Sesta Prigione

Il Settimo Cerchio dell'Inferno dantesco è custodito dal Minotauro, rappresentazione della 'matta bestialità', ovvero la violenza che rende l'uomo pari alle bestie. Infatti questo cerchio è occupato dai violenti, suddivisi in tre gironi.

Il Primo Girone comprende i violenti contro il prossimo, cioè gli omicidi, i predoni, i tiranni e i briganti, che sono immersi nel Flegetonte, un fiume di sangue bollente, che ben simboleggia il sangue che hanno versato in vita, e sono tormentati dai Centauri, espressione della forza bestiale.

Nel Secondo Girone si trovano i violenti contro se stessi, ovvero i suicidi, trasformati in albero per aver volontariamente rinunciato alla vita umana, come Pier della Vigna, e gli scialacquatori, che in vita distrussero e dilaniarono le loro sostanze, e che sono qui lacerati da cagne fameliche con uguale ferocia.

Nel Terzo Girone vengono ospitati i bestemmiatori, i sodomiti e gli usurai: costoro giacciono in diverse maniere sotto una pioggia di fuoco su una spiaggia incendiata (sdraiati i bestemmiatori, seduti gli usurai, in perenne corsa i sodomiti).

Kurumada riprende la divisione del settimo cerchio in tre zone differenti, che egli chiama 'valli', per presentare la Sesta Prigione del suo Inferno, suddivisa in: lago di sangue, dove precipitano i colpevoli di essere stati violenti in vita (e dove Lune scaglia Pegasus e Andromeda), la foresta dove vanno i colpevoli di suicido, e infine la terza valle, definita 'un inferno incandescente dove vanno i disonesti'. Il termine 'disonesti' indica 'coloro che furono violenti verso Dio, ovvero i bestemmiatori'. Il custode di questa prigione è Gordon di Minotaurus, uno degli "spectre" che affronta Sirio al Muro del Pianto, dato il simbolo che lo rappresenta.


v    Ottavo Cerchio, Settima Prigione

L'ottavo cerchio dantesco punisce i peccatori che usarono malvagità in modo ingannevole contro chi non si fida. Ha la forma di un fosso molto profondo, al centro del quale vi è un pozzo (la parte più profonda dell'Inferno). Tra la ripa e il pozzo sono scavati dieci immensi fossati collegati tra loro da scogli rocciosi che fungono da ponti: questi dieci fossati sono le bolge dell'ottavo cerchio, detto complessivamente 'Malebolge', termine coniato da Dante stesso. Il custode dell'ottavo cerchio è Gerione, gigante con tre teste, simbolo, per Dante, di frode.


Nella prima bolgia sono puniti i ruffiani e i seduttori, cioè coloro che sedussero per conto di altri e per conto proprio: essi sono divisi in due schiere che percorrono la bolgia, sferzate da 'demoni cornuti'.

Nella seconda bolgia sono puniti gli adulatori, che giacciono nello sterco umano, degno contrappasso per la vergogna morale del loro peccato.

Nella terza bolgia sono puniti i simoniaci, che fecero mercimonio dei beni spirituali e in particolare delle cariche ecclesiastiche: essi sono capovolti in buche dalle quali fuoriescono solo con i piedi, toccati da fiamme, poiché in vita vollero riempirsi di denaro, capovolgendo i loro doveri in favore di beni terreni e non divini.

Nella quarta bolgia sono puniti gli indovini e i maghi, che camminano con il volto distorto all'indietro, in antitesi con la loro pretesa di vedere avanti nel futuro.

La quinta bolgia è composta da un lago di pece bollente nel quale sono immersi i barattieri, coloro che trassero profitti illeciti dalle loro cariche pubbliche.

Nella sesta bolgia sono puniti gli ipocriti, che procedono vestiti di pesanti cappe di piombo, dorate all'esterno, con evidente allusione al contrasto tra l'apparenza dorata e piacevole che gli ipocriti esibiscono nei confronti del mondo esterno e la loro interiorità falsa, gravata da cattivi pensieri.

Nella settima bolgia sono puniti i ladri, posti in mezzo a serpenti, con le mani legate da serpi, ed essi stessi trasformati in tali animali: questi rappresentano, infatti, il simbolo per eccellenza del demonio, dell'inganno, come si vede nella Genesi dove a ingannare Adamo ed Eva è appunto Satana sotto forma di serpente.

Nell'ottava bolgia sono puniti i consiglieri fraudolenti, come Ulisse, che vagano racchiusi in fiammelle: la lingua di fuoco è l'immagine della lingua con cui essi peccarono, dando consigli ingannatori, e infatti hanno anche difficoltà a parlare.

Nella nona bolgia sono puniti i seminatori di discordia, che possono essere seminatori di discordia religiosa, cioè responsabili di scismi, oppure politica, cioè responsabili di guerre civili, o più in generale tra gli uomini e nelle famiglie. Essi sono mutilati da un demone che riapre le loro ferite non appena esse si chiudono, per sottolineare con la spaccatura dei loro corpi le perenni divisioni che provocarono nell'umanità.

Nell'ultima bolgia dell'ottavo cerchio sono puniti i falsari, che in vita falsificarono cose, persone, denaro o parole; essi sono afflitti da orrende malattie che li sfigurano, che li rendono diversa e falsificano la loro natura, come essi in vita vollero contraffare la figura della verità.

Per rappresentare la Settima Prigione, Kurumada ha attinto a piene mani all'Inferno dantesco, suddividendola in dieci fosse:


Nella prima vengono frustati i ruffiani e i seduttori.

Nella seconda vengono tenuti nel liquame gli adulatori.

Nella terza sono bruciati i peccatori che hanno approfittato degli ordinamenti sacri per interesse personale (peccando quindi di simonia, e eventualmente di nepotismo).

Nella quarta fossa vagano con la testa girata all'indietro i maghi e gli indovini.

Nella quinta in un lago di catrame bollente i corrotti vengono continuamente pungolati dai diavoli.

Nella sesta fossa gli ipocriti sono costretti a camminare con un mantello di piombo addosso.

Nella settima i ladri sono condannati a stare in mezzo ai serpenti.

Nell'ottava coloro che in vita hanno ordito intrighi e complotti bruciano in un inferno di fuoco.

Nella nona fossa vengono fatti a pezzi coloro che in vita seminavano discordie e infine nella decima fossa si trovano gli imbroglioni, i cui corpi marciscono e sono condannati a graffiarsi da soli.


v    Nono Cerchio, Ottava Prigione

Il Nono Cerchio dantesco riguarda ancora i colpevoli di malizia e fraudolenza, stavolta contro chi si fida, ed è diviso dal precedente da un immenso pozzo, dove sono puniti i Giganti, dannati e custodi al tempo stesso della loro prigionia eterna.

L'ultimo cerchio è costituito da un immenso lago di ghiaccio, detto Cocito, reso tale dal vento causato dal movimento delle ali di Lucifero. È questo un luogo terrificante, dove l'aria risuona dei lamenti delle anime sofferenti continuamente torturate dal morso del gelo, con gli arti congelati ed i volti stravolti dal freddo. Dante immagina che i peccatori qui puniti, colpevoli di tradimento, siano sepolti nel ghiaccio a vari livelli di profondità, a seconda della gravità del loro crimine. Di conseguenza, divide il Cocito in quattro zone circolari, concentriche tra loro:


-la Caina (che deve il suo nome a Caino), dove vengono puniti coloro che tradirono i propri parenti, seppelliti nel ghiaccio fino al collo;

- l'Antenora (che deve il suo nome al personaggio dell'Iliade, Antenore), dove vengono puniti coloro che tradirono la propria patria, seppelliti fino al busto, con la parte superiore del corpo esposta ai gelidi venti infernali;

- la Tolomea (il cui nome è dovuto a Tolomeo di Gerico), dove vengono puniti coloro che tradirono i propri ospiti, distesi supini con la parte posteriore del corpo immersa nel ghiaccio,
- la Giudecca (che deve il suo nome a Giuda Iscariota), dove vengono puniti coloro che tradirono i propri maestri e benefattori, completamente immersi nel ghiaccio.

Al centro della Giudecca, l'ultima delle quattro zone concentriche, si trova Lucifero, immerso nel ghiaccio fino alla cintola.

Kurumada, nel finale dell'Inferno, riprende nuovamente Dante, seppur con una piccola ma significativa differenza. Presenta infatti il Cocito, il grande lago di ghiaccio dove vengono rinchiusi tutti coloro che hanno combattuto contro un Dio, qui troviamo, oltre a Pegasus e Phoenix, anche Ioria, Mur e Scorpio e i Cavalieri che hanno lottato per l'amore e la giustizia sulla Terra nelle epoche precedente. Ma, anziché rappresentare le quattro zone (Caina, Antinora, Tolomea e Giudecca) come cerchi concentrici del Cocito, le trasforma in quattro templi, di cui l'ultimo è il luogo in cui risiede Pandora, serva di Ade e residenza temporanea del Dio stesso.

È alla Giudecca, la cui forma esterna è quella di un tempietto circolare, sormontato da un angelo che regge in mano un tridente e un cerchio (chiaramente ispirato alla Siegessaule di Berlino), che si consuma il grande scontro tra Phoenix e Ade, e poi tra Atena e lo stesso Dio dell'Oltretomba. L'interno è formato prevalentemente da una grande stanza, dove, al di là di una lunga scalinata, circondata da statue di draghi, e di una tenda, si trova il trono di Ade. È possibile che vi siano anche stanze laterali, per le guardie e per Pandora.
















Il manga e l'inconscio

Un modo per comprendere i valori e le emozioni attraverso il fumetto.


Il manga è un prodotto letterario che nasce e si sviluppa all'interno della cultura giapponese, ed in quanto tale presenta delle caratteristiche peculiari che lo rendono differente dal fumetto occidentale.

In particolare, sono le storie raccontate nei manga che possono avere un importante ruolo educativo perché in grado di entrare in contatto con l'immaginario dei ragazzi, di canalizzare i loro bisogni e desideri più profondi che vengono molto frequentemente ignorati.

Nel manga, infatti, le storie hanno quasi sempre una situazione iniziale che si evolve verso una situazione finale; ed i personaggi non sono caratterizzati in modo immutabile per l'intera serie, ma durante il racconto possono avvenire delle mutazioni nel loro carattere, più spesso in senso positivo, ma a volte anche in senso negativo; per questo motivo il loro pubblico non è solo giovanile, ma anche adulto.

Il manga tende dunque a  raffigurare non un mondo perfetto, ma piuttosto si sofferma sugli aspetti più inquietanti e negativi dell'esistenza. Infatti spinge il ragazzo a cercare qualcuno che comprenda i suoi disagi e le sue difficoltà, ed esprimere il bisogno di condividere grandi emozioni, come l'amore, l'amicizia, valori che nella società sono soppressi dalla logica economica.


- Principali tematiche presenti nello Shojo Manga


Vi sono tematiche differenti per ogni genere manga.

Iniziamo dal Shojo Manga, ossia i manga per ragazze. Il contenuto principale di tutte le storie shojo è l'amore, in tutte le sue forme, benché il genere si combini con filoni di diverso tipo: quello sportivo, quello magico, quello storico o quello scolastico.

Il shojo manga viene scritto da autrici femminili, e quello che nelle sue storie viene raccontato rappresenta il mondo femminile giapponese, con le sue fantasie, i suoi sogni, le sue aspirazioni.

o      Tema del Romanticismo

In primo luogo è presente il tema del romanticismo, il tema della storia d'amore che vede protagonista una donna e che prevede le immancabili traversie, generate da avvenimenti circostanti e cambiamenti d'ambiente, che la protagonista deve affrontare; solo successivamente, con la riconquista dell'ordine, giunge l'atteso lieto fine.

La tematica del romanticismo nel shojo manga può trovare una forma d'espressione che nella realtà di tutti i giorni viene spesso negata soprattutto alle donne. La donna giapponese è stata intrappolata entro rigidi condizionamenti sociali, o moglie o madre, e comunque sempre soggetta a degli obblighi, come l'obbedienza al padre/marito e l'educazione dei figli, mentre raramente è stata beneficiaria di diritti, come il diritto di vivere un amore romantico.

Nella società giapponese di un tempo i matrimoni infatti si facevano in base agli interessi delle rispettive famiglie o comunque erano combinati, e questa tendenza è in parte sopravvissuta; nella relazione matrimoniale non c'era spazio per l'amore, solo l'uomo poteva permettersi l'esperienza del romanticismo, e non all'interno delle mura domestiche con la moglie, ma all'esterno, con una geisha.

In ogni caso l'amore romantico alla donna era negato, che fosse moglie o geisha, quest'ultima costretta dal suo status ad amare, ma comunque estranea all'esperienza dell'amore sincero e frutto di una libera scelta. (Lucianetti, Antonini: Manga. Immagini del Giappone contemporaneo).


  • Tema dell'androgino

Nel shojo manga il racconto romantico permette alla donna, vagheggiando meravigliose storie d'amore, un contatto con l'universo maschile, fortemente rimosso e censurato nella vita di tutti i giorni.

E' presente nello stesso tempo nel shojo manga un continuo rimando alla fantasia dell'androgino, tematica mitica frequentissima anche in altri ambiti della cultura giapponese, per esempio nel teatro. Infatti mentre le istituzioni giapponesi delineano immagini dell'uomo e della donna stereotipate ed immutabili nel tempo, da sempre le manifestazioni culturali si sono soffermate con curiosità sul mistero dell'ambiguità sessuale.

Nei manga l'ambiguità sessuale la fa da padrona; tante volte i personaggi, per lo più i giovanetti, vengono disegnati con dei tratti fisici che non permettono di definirne con certezza il sesso. La ricorrente presenza della mitica figura dell'androgino, all'interno della produzione manga, palesa l'inconscio desiderio che si realizzi la totalità ideale da esso rappresentata.

Una situazione assai frequente nei shojo manga, che richiama alla mente l'immagine dell'androgino, è quella di una donna che assume le fattezze maschili, nell'aspetto ma soprattutto nelle azioni che compie e nel carattere (anche se poi la sensibilità femminile non manca mai di emergere). Un manga significativo in tal senso è Lady Oscar, un shojo tra i più famosi, ambientato nella Francia di fine Settecento all'alba della rivoluzione. Già il titolo introduce il contrasto che è alla base del racconto: ci troviamo di fronte ad una donna, una "lady", che porta però un nome maschile, impostole dal padre che ha deciso di allevarla come se fosse un maschio. Oscar si adatta a vivere come un uomo, reprimendo la sua natura femminile, diventa un valente soldato fino a raggiungere il grado di capitano delle guardie del re. Accanto alle vicende storico-politiche che la vedono protagonista, si snoda la sua storia sentimentale: la ragazza cresce accanto ad un ragazzo, Andrè, al quale è legata da un forte sentimento d'amicizia, mentre il ragazzo la ricambia con vero e proprio amore, che viene però frustrato dalla mascolinità e dall'apparente disinteresse di Oscar per una storia d'amore. Pian piano le vicende politiche e le vicende personali della protagonista subiscono un'evoluzione: Oscar lascia l'esercito del re e rompe la sua amicizia con la regina Maria Antonietta per passare dalla parte del popolo, che nel frattempo è insorto, e lo guida alla presa della Bastiglia. Contemporaneamente si compie anche la sua evoluzione personale: la ragazza lentamente prende coscienza della sua dimensione femminile e scopre di essere anche lei innamorata di Andrè, che è diventato a sua volta un rivoluzionario.

Il senso di fondo della storia si rintraccia nella maturazione della protagonista, che passa da una situazione in cui il dover essere maschio condiziona totalmente la sua personalità ad una situazione in cui, riappropriatasi della sua femminilità, trova l'incontro con la controparte maschile all'esterno e nel modo più positivo e naturale, attraverso la storia d'amore col suo amico fraterno Andrè, che peraltro assomiglia in tutto e per tutto al suo lato maschile.






  • Tema delle Trasformazioni

Nella più recente saga di shojo manga Sailormoon viene mostrata l'integrazione della componente maschile all'interno di un personaggio femminile, attraverso la raffigurazione di donne combattenti.

La protagonista di questa serie di shojo di grande successo è la fanciulla guerriera Sailormoon: una ragazza che ha ricevuto dei poteri magici, grazie ai quali è in grado di diventare la reincarnazione di una guerriera lunare, Sailormoon appunto. Ben presto le si affiancheranno altre guerriere: Sailor Mercury, Sailor Mars, Sailor Jupiter , Sailor Venus, ed in serie successive Sailor Uranus e Sailor Neptuno. Il compito di queste ragazze è quello di salvare la Terra da una serie di nemici, ed ogni guerriera utilizzerà le sue peculiari capacità per raggiungere a questo obiettivo.

È significativo come la salvezza della Terra dipenda, in questo racconto, da delle donne, che hanno lasciato da parte la passività che l'ottica tradizionale attribuisce al sesso femminile, e anzi mettono a frutto tutte le abilità di cui sono in possesso per un fine di importanza universale. Sono figure femminili che adottano comportamenti maschili, senza per questo perdere la propria femminilità.

In questo shojo è presente un tema molto frequente nei manga, quello delle "trasformazioni": infatti le cinque ragazze per diventare guerriere Sailor si trasformano, assumendo in questo modo quei poteri che le rendono audaci combattenti. Nella realtà la "trasformazione" è il processo che avviene quando un soggetto muta se stesso, arricchendo la conoscenza della propria vera natura e delle proprie capacità. Nel caso delle nostre eroine è la trasformazione a permettere l'acquisizione di nuove capacità tipicamente maschili, anche se il loro cambiamento avviene in modo improvviso, mentre il processo di trasformazione e crescita personale è lungo e faticoso.


Sempre collegati al tema delle trasformazioni sono due manga: L'Incantevole Creamy e Magica Magica Emi. Le protagoniste di queste storie sono delle bambine che ricevono in dono da esseri magici degli strumenti fatati in grado di trasformarle in donne più grandi e dotate di particolari abilità. Ne L'Incantevole Creamy la piccola Yu Morisawa riceve da un folletto una bacchetta magica, che la trasforma nell'adolescente cantante di successo: Creamy. Per un anno Yu, che da questo momento in poi sarà accompagnata da due micini parlanti, Posi e Nega, disporrà della bacchetta e potrà oscillare tra la sua identità e quella di Creamy.

Molto simile è la trama di Magica Magica Emi; in questo cartone la piccola Mei, figlia di prestigiatori, riceve in dono da uno scoiattolo volante un braccialetto che la trasforma nell'abile prestigiatrice Emi. Anche Mei può disporre dei poteri per un solo anno, ma a differenza di Yu allo scadere dell'anno può decidere se mantenere i poteri o meno. Rinuncerà e deciderà di diventare una grande prestigiatrice facendo affidamento solo sulle sue forze.

L'aspirazione che si realizza nel caso delle protagoniste delle due storie, comune a tutti gli esseri umani, è quella di "diventare qualcuno", non una pedina della società, ma un individuo che emerge dalla massa grazie alla propria creatività; la creatività, in queste storie procurata da dei poteri magici, è il vero elemento distintivo umano. Ma Creamy ed Emi, in realtà, sono il frutto di una magia reversibile e di durata limitata nel tempo, non rappresentano cioè il risultato di un'effettiva maturazione da parte di Yu e Mei; e peraltro le identità delle bambine rimangono sempre nettamente separate da quelle delle loro alter ego più grandi, volendo in questo modo sottolineare la sostanziale differenza tra le due nature: quella di una normale bambina e quella di una figura ideale agli occhi della bambina stessa. Anche le due protagoniste capiranno questa distinzione quando, nel finale di queste storie, una volta persi i poteri magici, comprenderanno che l'importante nella vita è cercare di realizzarsi facendo affidamento solo sulle proprie caratteristiche individuali, e rinunceranno di buon grado alle loro alter ego idealizzate per riappropriarsi della propria natura di bambine "a tutti gli effetti".


- Principali tematiche presenti nello "Shonen" manga


Il genere di manga che è più diffuso e presenta la maggiore varietà di tematiche trattate è lo shonen manga, quello cioè destinato ad un pubblico giovanile, preferibilmente di sesso maschile, che tratta tematiche coerenti con i gusti "tipicamente maschili".

Gli argomenti trattati vanno dal fantasy, all'horror, allo sport, alla fantascienza, al manga d'azione. L'elemento che accomuna le storie appartenenti a questa categoria è la dinamicità dell'intreccio, elemento distintivo rispetto ad altri tipi di manga, come quelli destinati alle ragazze, che invece sono caratterizzati da meno azione a favore di maggiore riflessione.

Come sappiamo, le tematiche degli Shonen sono più profonde e significative, in quanto influenzate dagli avvenimenti della società in cui i mangaka vivono, e sono altrettanto varie e numerose. Analizzando lo shonen manga di nome Naruto, tra i temi più importanti vi è quello della solitudine. Nel manga sono presenti altri temi di minor rilevanza quali l'affetto, la crisi di identità, l'emarginazione, l'amicizia.

Naruto è uno Shonen manga nato alla fine del 1999 dalla penna e dalla fantasia di Masashi Kishimoto, autore che in breve tempo ha conosciuto un successo straordinario. Ora Naruto è un fenomeno mondiale, che ha raggiunto il quarantaduesimo numero ed è ancora in corso di pubblicazione. La storia narra di un bambino di dodici anni, Naruto Uzumaki, che sotto la guida del maestro Iruka studia per diventare Ninjia. Naruto, però, non è un bambino qualsiasi; egli è infatti la "forza portante" della Volpe a Nove Code, ossia, all'interno del suo corpo è stato rinchiuso un mostro, appunto, l'Ennacoda. Nonostante questo terribile segreto, Naruto ha un sogno: desidera che tutti riconoscano il suo valore, per questo motivo aspira a diventare Hokage, ossia il capo-villaggio.


Per certi versi il manga può rappresentare una sorta di autobiografia, almeno per quanto riguarda l'infanzia, del mangaka Kishimoto. Infatti egli, in un'intervista condotta da un giornalista statunitense, ha affermato che la sua infanzia è stata per certi versi simile a quella di Naruto, specie quanto frequentava l'accademia.


  • Tema della solitudine

Nella storia vi sono due personaggi che hanno patito la stessa sofferenza della solitudine, ma hanno reagito in modo diverso: Naruto Uzumaki del villaggio della Foglia e Gaara del Deserto del villaggio della Sabbia.

Il nostro protagonista, Naruto, vive in solitudine fino all'età di 12 anni senza sapere che possiede dentro di sé una forza mostruosa: all'interno del suo corpo vi dimora lo spirito del Demone Volpe a Nove Code, sigillato dal Quarto Hokage, che si scoprirà suo padre, per la salvezza del villaggio. Proprio per questo motivo Naruto cresce solo, senza genitori ed isolato da tutti, considerato una sorta di "Mostro". A causa di questo isolamento Naruto cerca in tutti i modi di farsi notare e mettersi al centro dell'attenzione anche a costo di rendersi ridicolo. Naruto compie tutti queste gesta perché ha compreso le vere sofferenze dell'animo umano. Per lui è meglio farsi sgridare, rendersi ridicolo piuttosto che essere ignorato, proprio perché "la solitudine è un dolore, che non ha nulla a che fare con l'essere sgridati dai genitori". (Naruto, volume 1)

Gaara e Naruto hanno in comune, come dicevamo prima, la solitudine.

Nel corpo di Gaara appena nato fu sigillato il demone Tasso della Sabbia 'Shukaku', per ordine del padre. Per questa operazione era necessario un sacrificio e fu sacrificata la madre di Gaara, Karura. Prima di morire Karura maledisse il villaggio della sabbia e suo figlio, sperando però che un giorno egli l'avrebbe vendicata. Il motivo di questo destino era dovuto al fatto che il 'damyo', ossia il signore feudale, non si fidava più del villaggio, perché gli abitanti erano deboli, e questo lo induceva ad affidare le missioni ad altri villaggi. Cosi il Quarto Kazekage si rese conto che i suoi ninja dovevano essere più forti, per questo motivo decise di 'creare' un ninja molto forte, Gaara. L'intero villaggio lo ignorava e lo temeva sia per la sua forza, sia per il demone rinchiuso nel suo corpo. Il padre, pentito e impaurito dall'operazione fatta a Gaara, decise di eliminarlo. Per questo motivo Gaara diventò un bambino chiuso in se stesso e silenzioso, provava odio verso tutti, tranne per se stesso, infatti il suo nome Gaara significa "Colui che ama solo se stesso". Provava gusto a uccidere chiunque lo ostacolasse, così uccise i sicari mandati da suo padre ed arrivò ad eliminare anche chi sconfitto gli chiedeva pietà. Uccidere divenne la sua ragione di vita.
Se Gaara dormisse, il demone Tasso della Sabbia potrebbe divorare la sua personalità, per questo egli non dorme mai e questa insonnia lo rende emotivamente instabile.

La differenza tra Gaara e Naruto è, semplicemente, che Gaara è rimasto solo a patire le sofferenze della solitudine. Infatti, in un incontro tra i due, sentendo la storia di Gaara, Naruto pensa ".anch' io soffrivo perché mi sentivo solo e non capivo la mia ragione di vivere. Però il maestro Iruka ha saputo trovare del buono in me e per la prima volta sono cosi riuscito a sentirmi vivo." (Naruto, volume 11). In pratica non ha imparato ad amare gli altri perchè non ha mai avuto amici. In mancanza dell'approvazione della gente, Gaara ha cercato di dare un senso alla sua vita diventando cattivo con chi non lo accettava. Infatti Naruto capisce subito che nonostante abbiano provato la stessa sofferenza, sono molti diversi, perché Gaara "è rimasto solo e ha assaporato la vita uccidendo gli altri." (Naruto, volume 11).

Gaara e Naruto hanno tentato di conquistare i loro coetanei mantenendo un atteggiamento positivo nei loro confronti. Però, nel caso di Gaara, quando egli ha utilizzato i suoi poteri per recuperare un pallone di un gruppo di bambini che stavano giocando vicino di lui, essi sono scappati non appena lo hanno visto. Non volendo restare solo, egli li ha supplicati di restare con lui, però il suo demone di sabbia, credendo fosse un ordine, li ha intrappolati. Arrabbiato per le grida dei bambini spaventati, ha cominciato ad ucciderne alcuni, e si è fermato solo per l'intervento dello zio e di suo unico amico, Yashamaru.
Dopo quel fatto e un'ulteriore spiegazione da parte di Yashamaru, Gaara decide di farsi perdonare portando la medicina alla bambina ferita più gravemente, ma costei, dopo aver aperto la porta e averlo visto, lo caccia chiamandolo mostro e lasciandolo con un espressione sofferente nel viso.

Gaara è stato addestrato dal padre e educato dallo zio. Avendo il demone Tasso della Sabbia dentro il corpo, Gaara ha un controllo della sabbia quasi istintivo. Inoltre la sabbia lo protegge automaticamente, rendendo quasi impossibile da toccarlo.
Per sei anni l'intero villaggio ha temuto il bambino, escluso lo zio, che raccontava che la sabbia lo proteggeva come l'amore di una madre. Per un po' di tempo lo zio sembrava l'unica persona che volesse bene a Gaara, (come il rapporto tra Naruto e Iruka, anche se il loro rapporto è più forte, e durerà). Gli sforzi di Gaara per essere accettato dalla gente portarono a risultati disastrosi, perciò il padre pensò di eliminarlo.
Per il padre Gaara era divenuto un esperimento fallito, e un pericolo troppo grande per gli abitanti del villaggio. Per questo motivo ordinò allo zio di uccidere Gaara. Quando lo zio lo attaccò, la sabbia lo protesse ferendo gravemente lo zio, a quel punto Gaara scoprì che dietro la maschera c'era lo zio. Rattristato dall'accaduto Gaara scoppiò il lacrime e corse dallo zio, chiedendogli perché avesse tentato di attaccarlo. Lo zio disse a Gaara che era un ordine del padre, Gaara si sforzò di sorridere e gli chiese se era solo questa la motivazione. Lo zio gli fece capire che non era solo questa la motivazione, infatti nonostante avesse cercato di volere bene a Gaara, lo aveva sempre odiato, perchè aveva causato la morte di sua sorella Karura, la madre di Gaara. Gli disse anche l'origine del suo nome proveniva da 'Un Arusa', demone della mitologia indiana che ama solo se stesso. Prima di morire lo zio aprì la giacca con gli esplosivi, li azionò facendo esplodere tutta la zona, compreso se stesso. Le sue ultime parole furono 'Ti prego muori'.

Gaara però sopravvisse protetto dalla sabbia. Da quel momento comprese il significato del suo nome e della sua esistenza. Infatti "lottare soltanto per me stesso e vivere amando solamente me stesso finche su questa terra esisteranno persone da uccidere.. la mia esistenza avrà un senso" (Naruto, volume 11).

In seguito, durante l'incontro del Torneo di selezione dei Chunin, tenutosi nel villaggio della Foglia, Gaara combatte contro Naruto. Questo combattimento segna completamente la filosofia di vita di Gaara. Sono proprio le parole di Nasuto che fanno cambiare Gaara: "la sofferenza della solitudine è immensa. Non so perché, ma riesco a capire fin troppo bene i tuoi sentimenti. Però io ho trovato delle persone a cui voler bene. Non ti permetterò di far loro del male. Pur di fermarti sono pronto a ucciderti. Loro sono coloro che mi hanno salvato dall'inferno della solitudine e che hanno dato un senso alla mia esistenza". Infatti Gaara capisce che solo chi prova affetto per qualcuno può diventare forte e, per la prima volta in vita sua, chiede scusa a sua sorella Temari e suo fratello kankuro.

Successivamente, dopo la morte del padre, Gaara diventa il Quinto Kazekage, ossia il capo del villaggio della Sabbia. Nonostante il villaggio della sabbia abbia ancora paura di lui, egli farà di tutto per proteggerlo; intanto nel suo piccolo anche Gaara ora può contare sull'appoggio dei suoi fratelli e della sua allieva, Maturi.






















Il Giappone Moderno - L'epoca Meiji    (1868 - 1912)


L'inizio dell'era Meiji fu sancito ufficialmente in seguito all'emanazione di un rescritto imperiale (aprile 1868) con il quale veniva abolito il feudalesimo e si apriva l'era della modernizzazione, con profonde modifiche nella struttura politica, sociale ed economica del Paese.
La capitale venne trasferita da Kyoto a Edo - ribattezzata in Tokyo - ove si stabilì l'imperatore Mutsuhito e la schiera degli ex funzionari shogunali che, posti in posizioni chiave nella nuova burocrazia, avrebbero avuto un ruolo centrale nell'esercizio del potere.
Vennero innanzitutto abolite le classi sociali ed i privilegi riservati ai Samurai. Per questo nel febbraio del 1877 scoppiò una rivolta, passata alla storia come 'Rivolta di Satsuma', guidata da Saigo Takamori, inizialmente tra i fautori della modernizzazione ma in seguito deluso per il crollo delle antiche istituzioni. La rivolta venne repressa dopo otto mesi di sanguinose lotte e Saigo Takamori si tolse la vita, con il rituale del seppuku, nel settembre dello stesso anno.

Nel 1889 venne promulgata una nuova costituzione che prevedeva l'elezione di una Dieta bicamerale. Nonostante l'adozione di un sistema parlamentare, la pesante burocratizzazione e la preservazione di tutti i poteri dell'Imperatore - in particolare la facoltà di legiferare e il potere di dichiarare guerra e proclamare la pace - fecero sì che, di fatto, il Giappone restasse una monarchia assoluta.

A tale situazione politica si contrappose una modernizzazione economica dai ritmi straordinariamente rapidi. Grazie alla costituzione delle cosiddette zaibatsu (associazioni di banchieri e commercianti, con l'appoggio delle gerarchie militari), vennero costruite grandi industrie metallurgiche, minerarie e tessili e venne realizzata un'imponente rete elettrica e ferroviaria.
Le riforme del governo Meiji avevano dato una significativa priorità anche alle costruzioni navali e alla creazione di un efficace esercito e di una moderna marina militare.
Il Giappone inviò un buon numero di ufficiali militari all'estero per addestrarsi e per valutare le strategie e le tattiche degli eserciti e delle marine militari europee.
Inoltre, l'apparato burocratico imperiale si servì di consiglieri militari francesi e tedeschi per la creazione dell'Esercito Imperiale Giapponese e di consiglieri britannici e statunitensi per la creazione della Marina Imperiale Giapponese. Molte delle nuovissime navi da guerra furono costruite in cantieri britannici, francesi e tedeschi.

Il Giappone, grazie all'abolizione dei trattati firmati dai Tokugawa nel 1853, riconquistò un rapporto diplomatico paritario con le potenze occidentali e, forte della consapevolezza delle enormi potenzialità nella fornitura di mezzi di difesa da parte delle nuove industrie, iniziò un piano di espansione territoriale ai danni dei Paesi dell'Estremo Oriente continentale.
Nel 1894 scoppiò la guerra con la Cina. L'Esercito Imperiale Giapponese, sbarcato in Corea, sconfisse il male equipaggiato Esercito Beiyang nella battaglia di Pyongyang e si spinse rapidamente a nord nella Manciuria. Nel settembre dello stesso anno, la Marina Imperiale Giapponese distrusse 8 delle 12 navi da guerra della Marina Beiyang, costringendo la flotta cinese a ritirarsi dietro le fortificazioni di Weihaiwei, dove fu assalita di sorpresa dalle truppe di terra giapponesi, che nel frattempo avevano superato le difese del porto. Nel successivo mese di novembre l'esercito giapponese massacrò migliaia di civili cinesi in quello che passò alla storia come Massacro di Porth Arthur (nuovo nome della località precedentemente nota come Lüshunkou o Lushun). Nel febbraio del 1895 le truppe giapponesi si spinsero fino alla Cina settentrionale, arrivando a controllare, nel mese di marzo, tutte le posizioni fortificate che sorvegliavano l'accesso al mare dalla capitale cinese.

La Cina sconfitta firmò il trattato di Shimonoseki il 17 aprile 1895.
Il Trattato concedeva l'indipendenza totale alla Corea e cedeva la penisola di Liaodong nella provincia meridionale di Fengtian, la Manciuria, Taiwan e le isole Pescadores al Giappone.
Fu solo grazie all'intervento di alcune potenze europee che il Giappone non poté annettersi la penisola di Liao-tung, che venne data in concessione alla Russia.
In seguito la Russia (nel 1898) si accordò con la Cina per lo sfruttamento della base navale di Port Arthur, per un periodo di venticinque anni.
Nel frattempo, l'esercito russo occupò gran parte della Manciuria, e la Russia iniziò a competere con il Giappone per le sue mire espansionistiche in Corea. Nel 1900 il Giappone si schierò con gli occidentali in Cina, nella cosiddetta guerra dei boxers, ottenendo di fatto libertà d'azione in Manciuria. In seguito alle tensioni provocate dalle mire espansionistiche della Russia in Corea, il governo giapponese provocò nel 1904 lo scoppio della guerra contro la Russia.

Il conflitto, estremamente sanguinoso venne combattuto principalmente per il possesso della città di Port Arthur sulla penisola di Liadong, nella Manciuria meridionale, grande base navale russa ben fortificata. Poiché i giapponesi avevano la necessità di controllare il mare, in modo da poter portare il proprio esercito sul continente asiatico, il loro primo obiettivo militare fu quello di neutralizzare la flotta russa di stanza a Port Arthur con attacchi dal mare. Truppe giapponesi, nel frattempo, erano sbarcate in vari punti della costa della Manciuria e cominciarono a sospingere l'esercito russo verso Port Arthur.
In questi scontri i giapponesi soffrirono perdite rilevanti, ma l'esercito russo tenne un atteggiamento passivo e rinunciò quasi sempre ad operazioni di contrattacco.
Il Giappone cominciò un lungo assedio a Port Arthur, che era però stata efficacemente fortificata dai russi. Nel mese di agosto del 1904 la flotta russa tentò di rompere l'assedio e proseguire verso Vladivostok, ma fu intercettata e sconfitta nella battaglia del Mar Giallo. Il resto della flotta russa rimase a Port Arthur sotto il fuoco delle forze d'assedio.
Ogni tentativo di soccorso da parte delle forze di terra russe fallì e, dopo la battaglia di Liaoyang verso la fine di agosto, i russi si ritirarono a Mukden (l'odierna Shenyang).
Port Arthur cadde il 2 gennaio 1905, dopo una serie di combattimenti molto sanguinosi.
Nonostante la Russia avesse un esercito più numeroso di quello giapponese, le numerose sconfitte avevano lasciato il segno.

Nel corso del 1905 la Russia fu scossa dalla rivoluzione interna, che mise a dura prova la stabilità del governo. In Russia si preferì quindi negoziare con il Giappone una pace che permettesse di concentrarsi sulle questioni interne. L'offerta di mediazione del presidente americano Theodore Roosevelt condusse al Trattato di Portsmouth (New Hampshire), nel settembre 1905. La Russia cedette al Giappone la metà meridionale dell'isola di Sakhalin, che era stata sino ad allora sotto il dominio russo (l'isola tornerà ai russi nel 1952 con il Trattato di San Francisco dopo la Seconda Guerra Mondiale). I Russi dovettero inoltre rinunciare al controllo della base navale di Port Arthur e della penisola circostante, dovettero ritirarsi dalla Manciuria e riconoscere la Corea come una zona di influenza giapponese. Il Giappone in seguito si annesse la Corea (1910), scatenando le proteste internazionali.
La morte di Mutsuhito, nel 1912, pose fine all'era Meiji, ma non all'epoca dell'espansionismo nipponico.



Bibliografia


P. Cataldi- R. Luperini," Antologia della Divina Commedia", Ed. Le Monnier

Enciclopedia Universale - storia del Giappone

Masashi Kishimoto, Manga "Naruto"


Sitografia


www.icavalieridellozodiaco.net/informazioni/articoli/metis.htm

www.icavalieridellozodiaco.net/informazioni/articoli/Inferno.htm

www.ladyoscar.com

www.magicalgirls.com/Sailormoonmembers.xoom.it

www.wikipedia.org/wiki/Naruto.it




I tre personaggi della mitologia greca, indicati da Zeus come Giudici dell'Inferno (Minosse, Eaco e Radamante), sono i tre Spectre più potenti, nominati da Ade come Comandanti del suo esercito.

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