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RELAZIONE RIASSUNTIVA SUL NUCLEO PLURIDISCIPLINARE ANIMA E CORPO
Attraverso l'analisi dei poemi epici Iliade e Odissea, è possibile capire come la lingua omerica, diffusa sulla costa ionica, interpreti la realtà da un punto di vista analitico. Ogni sfumatura di significato, infatti, viene espressa con un suo termine preciso.
A proposito dei termini corpo e anima, il greco antico utilizza diversi vocaboli, con lo stesso significato letterale ma da utilizzare in diversi contesti.
La parola Corpo in greco si traduce con:
Swma = quando ci si riferisce al corpo dei morti, cadavere;
Dema = in riferimento al corpo dei vivi;
Cro = per indicare il corpo in quanto involucro, ciò che in realtà si vede.
Altro elemento che ci manifesta un particolare aspetto della mentalità greca è l'uso di parole come guìa e melh rispettivamente con il significato di Membra in quanto mosse da articolazioni e Membra in quanto ricevono forza dai muscoli. Questa differenziazione ci fa capire come mancasse il concetto di corpo come unità, un'idea di tutt'uno armonico, nata nel Periodo Classico (V sec a.C.) e ancora esistente nell'Occidente moderno. Il corpo era dunque rappresentato come un insieme di parti (muscoli, articolazioni etc.).
Sempre in riferimento al corpo, è molto importante sottolineare la concezione del corpo dell'eroe nella mentalità greca al tempo di Omero.
Dalla lettura dell'Iliade emerge il concetto di aikia, lo sfregio del corpo dell'eroe ucciso in battaglia.
Per i Greci era motivo di onore e gloria per un giovane morire in combattimento, purché il cadavere potesse ottenere il gera qanontwn, gli onori della sepoltura. Era infatti abitudine dell'avversario spogliare il corpo del nemico delle armi di bronzo (simbolo della forza vitale) e fare scempio del suo cadavere, per eliminare dal suo aspetto i segni positivi della gloria: bellezza e giovinezza. Il nemico che sfregia il cadavere gli toglie la gloria dopo la vita.
La morte, infatti, fissa l'eroe nell'età della giovinezza, che rimane inalterabile.
La figura dell'eroe, diventa, dunque, la risposta greca al problema della vecchiaia e della morte.
La parola anima, ha in greco le seguenti traduzioni:
Yuch termine non adatto agli animali. Ciò che tiene in vita l'uomo, l'alito vitale che l'abbandona nel momento della morte e scende nell'Ade sotto forma di eidwlon.
Jum la parte che prova emozioni. Dà il movimento.
Noo organo che percepisce le immagini, sede dell'intelletto.
Dopo Omero nasce l'idea di immortalità dell'anima, il termine yuch prende il significato di ciò che del vivente resta sia in vita che dopo la morte. Anche il termine swma cambia significato e, da cadavere, diventa corpo che vive in simbiosi con l'anima.
Con Socrate e Platone avviene una vera e propria rivoluzione spirituale. Essi sono i primi filosofi a introdurre l'idea di anima come sede della coscienza e come io pensante; di conseguenza l'anima viene a coincidere con la personalità di ogni uomo.
Queste considerazioni presuppongono un cambiamento radicale dei valori; i due filosofi affermano che la virtù non dipende dal potere, la ricchezza, l'accumulo di beni e denaro ma dalla cura della propria anima.
A questo proposito riporto una parte dal Carmide di Platone nel quale si afferma come sia vana la cura del corpo senza la cura dell'anima.
"Ma il nostro re Zalmoxis disse che come non bisogna tentare di curare gli occhi senza curare la testa, né la testa senza curare il corpo, così nemmeno il corpo senza l'anima."
Secondo Platone, la realtà si divide in due parti. Una parte è rappresentata dal mondo sensibile, in cui tutto scorre e di cui possiamo ottenere una conoscenza approssimativa attraverso i sensi.
L'altra costituita dal mondo delle idee, eterne e immutabili, che possiamo conoscere usando la ragione.
Allo stesso modo anche l'uomo è formato da due parti. Abbiamo un corpo legato al mondo sensibile che scorre come ogni cosa di questo mondo; ma abbiamo anche un'anima immortale che può contemplare il mondo delle idee.
Per Platone l'anima esisteva prima di unirsi al corpo. Un tempo l'anima si trovava nel mondo delle idee ma, una volta nel corpo, essa dimentica le idee perfette di cui era a conoscenza. Man mano che l'uomo, per mezzo dei sensi, scopre la forma delle cose che lo circondano, nell'anima ricompare il ricordo della forma perfetta di queste stesse cose, vista nel mondo delle idee.
A questo punto, nasce nell'anima il desiderio di ritornare alla sua origine e questo la spinge a ricercare "l'eterno vero", "l'eterno buono" e "l'eterno bello".
Platone chiama questo desiderio di raggiungere la vera felicità "Eros" ed esprime molto chiaramente questa sua teoria nel "Simposio" riportando un discorso di Socrate.
Per essere veramente "libera" l'anima deve svincolarsi dalla prigionia del corpo che viene sentito come incompleto e insignificante. A questo proposito riporto alcuni frammenti riportati nel "Fedro":
"Finché noi abbiamo il corpo e la nostra anima sia mescolata con tale male, non otterremo mai adeguatamente ciò che desideriamo.Il corpo ci riempie di amori, di desideri di paure, di immagini di ogni genere, di molte sciocchezze, cosicché in realtà a noi non è possibile neppure pensare sotto la sua schiavitù"
Platone aggiunge, inoltre, che non tutti gli uomini permettono che la propria anima raggiunga la realtà del mondo delle idee. Questi uomini si aggrappano alle immagini delle idee riflesse nel mondo sensibile e immaginano che quelle ombre siano tutto quello che esiste; in questo modo non si rendono conto dell'esistenza del mondo delle idee eterne e immortali e dimenticano che, anche la propria anima è immortale.
Per illustrare questa sua teoria Platone si serve del "Mito della Caverna" riportato nel VII Libro della Repubblica.
Platone sostiene la sua tesi sull'immortalità dell'anima fornendo tre dimostrazioni:
L'anima, non solo sopravvive al corpo, ma dopo la morte conserva un'intelligenza. Inoltre, se l'anima, in vita, ricorda un sapere che possiede da sempre, dopo la morte non perderà questa sapienza;
L'anima è incorporea e, a differenza del corpo, non si dissolverà dopo la morte;
L'anima è ciò che dà vita al corpo e fa parte, quindi, dell'idea di vita. Poiché la vita è l'opposto della morte e l'anima rappresenta la vita, non è dunque possibile che questa possa morire.
Aristotele giunge ad Atene dalla Macedonia a vent'anni e frequenta l'Accademia, diventando discepolo di Platone. Tuttavia, Aristotele sviluppò una filosofia opposta a quella del maestro.
Egli criticava la dottrina delle idee. Secondo Aristotele, Platone raddoppiava il numero delle cose, questo dovuto al fatto che, seguendo la sua teoria, ad esempio, all'elemento "cavallo" bisognerebbe anteporre "l'idea cavallo" e a questa un "terzo cavallo" di cui "l'idea cavallo" è soltanto un riflesso.
Non riusciva, inoltre a concepire che le idee, pur trovandosi fuori dalle cose o separate da esse, possano essere causa delle cose stesse.
Per Aristotele, infatti, il principio delle cose non può che risiedere in esse. Ogni cosa, animata o inanimata, ha una "forma" che ci dice qualcosa sulla sua possibile attività.
Aristotele afferma che non esistono idee innate, quello che si trova nell'anima dell'uomo è un semplice riflesso degli oggetti in natura. Non è possibile nessuna conoscenza se prima tutto non è passato attraverso i sensi per questo motivo il più alto grado di realtà è quello che percepiamo attraverso quest'ultimi.
Secondo Aristotele esistono un'anima vegetativa, una sensitiva e una razionale. Ognuna di queste svolge rispettivamente alcune funzioni: nutrizione e riproduzione, percezione dei dati sensibili, funzione intellettiva.
L'uomo per vivere felice deve servirsi di tutte le sue capacità e possibilità, dedicarsi alla vita edonistica, a quella politica e a quella teoretica.
Come per Platone, anche secondo Aristotele, l'anima è il principio vitale di ogni organismo ma a differenza del maestro, egli pensa che questa non possa esistere separata dal corpo.
Anima e corpo costituiscono l'unità indivisibile dell'organismo vivente.
Per gli Stoici la materia è priva di qualsiasi qualità e riceve forma tramite un principio, anch'esso corporeo: il pneuma, identificato nel fuoco che anima ogni cosa.
Il pneuma è la ragione che regola il mondo e coincide con la divinità; conferisce unità a tutte le cose esistenti ed è presente in ognuna di esse.
L'anima è affine al pneuma e si può dire che ne fa parte; anch'essa è dunque corporea.
Per la filosofia stoica, l'uomo è composto di anima e corpo, che interagiscono tra loro. Con la morte l'anima abbandona l'organismo e si congiunge con l'anima universale.
Gli Stoici negarono l'ipotesi che esista un'opposizione tra spirito e materia; esiste solo una natura.
L'anima è un tutto unitario nel quale gli Stoici distinguono otto funzioni: egemonico (razionalità), cinque sensi, funzione generativa, voce.
Una volta dissolto il corpo scompaiono sette funzioni, l'egemonico può, per alcuni scomparire, per altri sopravvivere per tutti, per altri ancora sopravvive solo per il saggio stoico, in ogni caso dopo un certo periodo scompare.
Gli Stoici sottolinearono anche che tutti i processi naturali, comprese la malattia e la morte, seguono le leggi immutabili della natura e quindi l'uomo deve assecondare il proprio destino. A loro parere, niente avviene per caso, perché tutto accade secondo necessità..
"La morte non è niente per noi; ed infatti quel che si è dissolto è insensibile e quel che è insensibile non è niente per noi" (Lettera a Meneceo)
Con questa affermazione, Epicuro, vuole dimostrare che non bisogna aver timore della morte, poiché dal momento che sopraggiunge, la nostra anima non è più in grado di provare alcuna sensazione; "Il corpo si distrugge, l'anima si disperde e perde la facoltà di sentire" (Lettera ad Erodoto).
L'intera dottrina della morte poggia su due affermazioni:
Tesi della corporeità dell'anima;
Tesi conseguente della sua mortalità.
Per Epicuro è insostenibile che l'anima possa essere incorporea, in quanto di incorporeo non c'è che il vuoto, quest'ultimo, però, non può né agire né patire, mentre l'anima agisce e patisce.
L'anima secondo Epicuro è una struttura atomica la quale per funzionare e per esistere deve essere unita al corpo per formare quel composto organico che è l'uomo.
L'anima segue la fine del corpo, ed è possibile affermare che la morte sia la fine totale dell'uomo. Nonostante questo, Epicuro sostiene che la morte non deve essere temuta, infatti, il passaggio dalla condizione di morente a quella di morto non può essere mai avvertito; non incontreremo mai la morte poiché "quando ci siamo noi, non è presente la morte, e, quando sia presente la morte, allora noi non siamo" (Lettera a Meneceo).
Dopo le concezioni sofistiche ed epicuree di un'anima corporea, con Plotino ritorna l'idea che l'anima sia incorporea. Plotino accentua il parere che questa sia indipendente dal corpo e abbia caratteri divini.
D'ora in poi, inoltre, per poter cogliere il significato dell'anima in sé, sarà necessario prendere in considerazione la coscienza, la nostra vita interiore. La materia viene vista più vicina al non essere mentre la spiritualità inizia a prendere il sopravvento.
Con i padri della Chiesa ma soprattutto con Sant'Agostino questa affermazione diventerà fondamentale per il cristianesimo che ha dato vita ad un'idea di anima-sostanza in grado di vivere separata dal corpo.
Agostino, in tutte le sue opere affronta principalmente due questioni, quella di Dio e quella dell'anima. Secondo lui questi due concetti sono fortemente legati; solo a partire da se stesso l'uomo può giungere alla Verità, a Dio. L'anima è il luogo in cui si trova la verità e l'uomo per raggiungere la felicità deve ricercarla dentro se stesso e non nel mondo che lo circonda.
Dal punto di vista delle sue funzioni, l'anima ha come compito principale quello di far si che l'uomo conosca e provi delle sensazioni; l'anima, infatti, si serve del corpo e dei suoi organi di senso per raggiungere un grado di sapienza sempre maggiore.
Tuttavia l'anima per apprendere ha bisogno di conoscere alcune verità fondamentali che non provengono né dall'esterno né dal pensiero umano, che è spesso mutevole e soggetto all'errore.
Queste verità, l'anima le trova già dentro di sé. Dio è la luce che illumina l'anima e le permette di comprendere la verità.
Agostino fonda in Dio il processo della conoscenza intellettuale, infatti, secondo lui, neppure le scienze possono essere comprese se non ricevono un'illuminazione divina.
E' possibile dunque concludere che lo scopo della vita di un uomo sia raggiungere la verità e in questo modo salvare la propria anima, imprigionata nel corpo che ci porta alla morte, il quale è visto come simbolo della schiavitù del peccato.
BIBLIOGRAFIA
B. Snell - La cultura greca e le origini del pensiero europeo - Einaudi.
Omero - Iliade: libro XXII
F. Cioffi ed altri autori - Il testo filosofico 1 - Ed. Scolastiche B. Mondadori.
Jostein Gaarder - Il Mondo di Sofia - Longanesi & C.
John L. Ackrill - Aristotele - Universale Paperbacks.
Domenico Pesce - Introduzione a EPICURO - Editori Laterza.
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