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Il Fumetto




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Il Fumetto


Dalle origini ad oggi

La parola fumetto sta ad indicare quella scritta racchiusa dentro una "nuvoletta" che, in certi racconti per immagini, esce dalla bocca dei personaggi e ne rappresenta, con felice soluzione grafica, il dialogo. Gli americani la chiamano baloon, letteralmente "pallone", perché il più delle volte ha forma sferica, mentre i francesi, più sofisticati, la indicano talvolta con la parola ectoplasme, come se i personaggi raffigurati fossero nient'altro che fantasmi.

Più genericamente, però con "fumetto" si intende anche il racconto stesso, formato da una serie di vignette disposte orizzontalmente una di fianco all'altra e da leggersi da sinistra a destra. Il racconto di questo tipo nei paesi di lingua inglese si chiama comic o funny story, perché agli inizi era una storiella comica con personaggi caricaturali, e in Francia bande dessinée, ossia "striscia disegnata".

Oggi comunque sotto la comune denominazione di fumetto vengono raggruppate indistintamente non solo le storie umoristiche, ma anche quelle western, di spionaggio, di fantascienza, ecc. Tuttavia il metodo di racconto di storie con l'utilizzo di immagini e parole insieme in cui l'una dipenda dall'altra è stato molto utilizzato anche in più forme, sostituendo per esempio al disegno, sequenze fotografiche, come nel fotoromanzo.


Il fotoromanzo

In Italia il fumetto, inteso nella sua accezione più ampia, comprende sia il comic che il fotoromanzo. Nondimeno il nome fumetto spetta, se non altro per diritto di primogenitura, al racconto disegnato, nato molto tempo prima del racconto fotografato. Quest'ultimo, destinato senza equivoci ad un pubblico adulto, prevalentemente di estrazione popolare, sostituisce oggi l'ottocentesco feuilleton, o romanzo d'appendice, con il quale ha in comune la storia banalmente lacrimevole ed a forti tinte, l'intreccio ricco di colpi di scena che, benché prevedibili, tengono il lettore con il fiato sospeso sino alla conclusione della vicenda.

Il fotoromanzo, che subito dopo la seconda guerra mondiale ha avuto uno sviluppo considerevole presso i ceti popolari (particolarmente in Italia, in Francia e in tutti gli altri paesi dell'area latina) non ha creato gli eroi e le eroine che al contrario hanno avuto i fumetti tradizionali, nonostante attori e cantanti noti abbiano spesso ceduto il loro volto per queste produzioni. Questo perché il fotoromanzo è un prodotto di consumo che il lettore fruisce in fretta e in maniera superficiale per appagare la propria curiosità, per sapere come la storia va a finire. I personaggi dei fumetti, al contrario, anche se in genere sono destinati al mondo dell'infanzia, possiedono un maggiore spessore psicologico e risultano così più duraturi ed universali.

Se si sfogliano con la dovuta attenzione alcuni esempi di fotoromanzo è possibile collezionare una serie di luoghi comuni sull'amore, il peccato, la fatalità della vita, il "cuore di mamma". Si tratta di racconti basati su amori disperati , contrastati, talvolta senza speranza (soprattutto quando i due innamorati sono di estrazione sociale differente), imbottiti di frasi banali e di tipo patetico- passionale, che mostrano come sull'incultura dei lettori vengano imbastite tristi speculazioni.

Il fotoromanzo ha una trama abbastanza rigida e, con tutta una gamma di presupposti immutabili che si susseguono fino all'immancabile  happy end, propone un modello di società repressiva, usa un dialogo irreale e falsamente lirico. La morale che diffonde è ipocrita, estremamente arcaica, databile alla fine dell'Ottocento quando la meta agognata dalla donna era il matrimonio, con conseguente dedizione assoluta nei confronti del marito che arriva quasi all'annullamento della propria personalità. Di norma il fotoromanzo trasferisce il lettore in mondo di favola creando un'atmosfera irreale e falsa mentre il fumetto disegnato non crea, almeno direttamente, un rapporto di tipo carismatico con il lettore forse quindi questo è il motivo principale per cui "eroi" come Krazy Kat, Bibì e Bibò, Topolino, Paperino, Flash Gordon, Arcibaldo e Petronilla, Braccio di Ferro e Dick Tracy, non sono ancora tramontati.


Il fumetto arte "popolare"

Fin dall'inizio fumetto ha avuto una massiccia diffusione negli Stati Uniti d'America e, sebbene in minor misura, in Inghilterra. In questi paesi, da oltre ottanta anni, i lettori non sono solo i ragazzi, ma anche e soprattutto gli adulti di ogni età ed estrazione sociale.

In Italia, invece, dove fu introdotto nel 1932, la scoperta del fumetto da parte degli adulti è piuttosto recente: risale infatti alla metà degli anni sessanta. Da molti è però guardato ancora in maniera del tutto scettica, dal momento che è ritenuto un prodotto che non favorisce lo sviluppo dell'immaginazione in quanto mostra, proprio come la televisione, immagini e storie già fatte, "prefabbricate". Superati però tutti i pregiudizi che circondano questo tipo di comunicazione, non si può più contestare al fumetto il diritto di appartenere alla cultura contemporanea, in quanto arte "popolare" del nostro secolo che ha sostituito le storie degli eroi e dei paladini del passato, creati a suo tempo dalla tradizione folcloristica, per gioco, per divertimento, per necessità di consolazione e di evasione. Il fumetto oggi, come ieri il racconto cavalleresco medievale e il romanzo di appendice ottocentesco, favorisce il fantasticare del lettore, fantasticare che diventa una necessità quanto più è inferiore la sua condizione sociale.

Al fumetto, la cui accettazione nella società moderna, anche la più culturalmente evoluta, è ormai un fatto compiuto, va riconosciuta finalmente la qualifica di mezzo di espressione originale, capace quanto qualsiasi altro mezzo di manifestazioni del talento artistico, perché possiede una forza di rappresentazione ed una libertà di invenzione pari alla letteratura, alle arti figurative, al cinema.

C'è da chiedersi se lo straordinario interesse che da qualche anno in qua circonda il fumetto fa parte di una moda imposta da uno snobismo passeggero, oppure se è il segno premonitore di un radicale mutamento nelle tecniche letterarie. Il fumetto, che, agli occhi di alcuni, appare come una facezia fatua e senza avvenire e, agli occhi di altri, prefigura la letteratura di domani, non è altro che uno dei tanti tentativi che sono stati fatti nell'ultimo mezzo secolo, per sbarazzarsi delle superate tecniche ereditate dal romanzo balzachiano e per tentare un rinnovamento dell'ormai logoro linguaggio narrativo.


Il linguaggio

Il fumetto è un'opera di fantasia e di invenzione e la sua lettura mette in moto un complesso meccanismo visivo- verbale. A differenza del romanzo e del film, destinati l'uno ad essere letto e l'altro guardato, il fumetto deve essere letto e guardato alternativamente. E' necessario chiedersi quale funzione viene ad assumere nell'economia del fumetto la parte scritta in rapporto alla parte disegnata. Perché il fumetto acquisti una sua validità ed una sua autonomia espressiva, il testo scritto deve svolgere un ruolo subordinato, deve avere cioè un'importanza integrativa dell'immagine. Altrimenti tutta l'attenzione del lettore viene catturata dalla parte scritta. Il dialogo ed il discorso indiretto contribuiscono a meglio definire le azioni ed i personaggi della vicenda, senza prevaricare sulla parte disegnata. Nell'uso della parte scritta si riscontrano, ovviamente, differenze sostanziali tra autore ed autore. Ad esempio Jacovitti è noto per la sua "paura" degli spazi vuoti e riempie le sue tavole di dialoghi e didascalie, che rallentano la lettura e spesso la rendono difficoltosa e stancante, oltre ad ammassare caoticamente personaggi ed oggetti. In Steve Canyon di Militon Caniff, anche se non mancano le sequenze mute, la cui dinamica è affidata solamente al disegno, il dialogo ricco di notazioni psicologiche e di valori ideologici, si articola in un rapporto di dipendenza della parola dall'immagine, dove la parola esprime quegli atteggiamenti e stati d'animo che il disegno non riesce a rendere in tutte le sue implicazioni logiche. In Charles M. Schulz e in Guido Crepax, per fare solo due esempi, invece, l'uso delle parole, limitato per lo più ai dialoghi, è ridotto al minimo essenziale. Così il racconto risulta privo di fastidiosa verbosità. Nei fumetti il testo scritto che ha carattere integrante non sempre indispensabile, è ridotto all'essenziale ed è, in genere, addirittura elementare. E' il disegno che "parla" e con i fumetti il lettore assimila senza eccessivo sforzo mentale una vicenda di fantasia che in ogni caso è frutto di un lavoro creativo.

Uno degli elementi fondamentali della semantica del comic è il segno convenzionale della nuvoletta, la quale se esce con un tratto continuo dalla bocca del personaggio, significa "discorso espresso a voce"; se, invece, è unita da una serie di bollicine, significa "discorso pensato"; quando poi i suoi contorni sono seghettati, il discorso è urlato, rappresenta cioè un'improvvisa esplosione d'ira o paura.

Altro elemento è il segno grafico usato in funzione di colonna sonore. La rappresentazione del suono inarticolato di un rumore o di una sensazione nel fumetto viene graficamente visualizzata e immediatamente compresa dal lettore. Esiste una tabella dei rumori abbastanza meticolosa che va dal "bang, bang" di una pistola al "bzz. bzz." del ronzio di una mosca o di un ape in volo, al "mumble. mumble." del rimugino mentale di un personaggio prima di prendere una decisione, allo "sniff sniff" dell'annusare del cane, allo "smack!" del bacio dato con vigore, al "sob!" o "sigh!" del singhiozzo ecc. In genere si tratta di autentiche parole onomatopee con mera funzione evocativa, che nel linguaggio comune sono diventate ormai l'equivalente visivo dei rumori.


Storia e generi del fumetto

La paternità del fumetto viene comunemente attribuita al disegnatore americano Richard Felton Outcault che il 7 luglio 1895 pubblicò, nell'edizione domenicale del "New York World" dell'editore di origine olandese Joseph Pulitzer, la prima delle sue movimentate tavole intitolate Down Hogan's Alley (giù nel cortile di Hogan). Si trattava di un'unica grande vignetta, formicolante di numerose e pittoresche figure, di straccioni newyorchesi, di rissosi ragazzi, di ringhiosi cani randagi che ruotavano attorno ad un monello fisso di bassa statura che venne battezzato con il nome di Yellow Kid. Con questo impertinente monello dall'aria furba e sbarazzina e dal sorriso beffardo ed ambiguo nasceva il primo eroe della storia dei fumetti. Quella di Yellow Kid, tuttavia, non era ancora una striscia vera e propria, ma il precedente immediato del genere. In questi affollati cartoons infatti erano presenti i segni caratteristici che preannunciavano una formula narrativa nuova. Prima di Outcault, il quale dopo Yellow Kid illustrò le avventure di Buster Brown, un lindo fanciullo di buona famiglia che con le sue marachelle si accattivò subito le simpatie dei lettori, James Guilford Swinnerton dette vita nel 1892 sul "San Francisco Examiner", primo giornale di Hearst, a un gruppo di simpatici orsacchiotti che si comportavano come esseri umani.

Il fumetto vero e proprio, cioè una breve storia raccontata per mezzo di immagini, apparve il 12 dicembre 1897 nell'ottava pagina del "American Humorist" che ospitò per la prima volta i Katzenjammer Kids, una serie di vignette dovute ad un disegnatore ancora sconosciuto, Rudolf Dirks, dove si raccontavano i tiri birboni di due turbolenti monelli chiamati Hans e Fritz (Bibì e Bobò), per i quali l'autore evidentemente si era ispirato ai celebri Max e Moritz dell'illustratore tedesco Wilhelm Busch.

Altro personaggio di successo fu Fortunello che il disegnatore Frederick Burr Opper creò nel 1899. Questo omino triste e sfortunato, che reagisce sempre con candido ottimismo alle sue continue sventure, resta una vittima predestinata di tutte le cattiverie e ingiustizie del mondo.

I fumetti pubblicati sui quotidiani cominciarono, dopo la seconda guerra mondiale, ad avere una forte influenza sui lettori ed i personaggi (con i loro autori) iniziarono a subire la determinante influenza dei lettori. Gli editori inoltre vista la grande richiesta di queste brevi storie decisero di cominciare a pubblicarle sei giorni alla settimana e non solo su appositi fascicoli allegati ma anche sulle pagine dei quotidiani veri e propri. Inoltre mutò a poco a poco anche il contenuto delle storie che non si basavano più solo sulle marachelle di buffi personaggi, ma che cominciarono anche ad affrontare tematiche attuali come quella del dopoguerra. Dopo il 1910 alcune di queste strisce giornaliere, visto il sempre crescente interesse per le vicende narrate, cominciarono ad essere suddivise in varie puntate, mentre altre, autoconclusive, offrivano una gag al giorno.

La vita familiare, vista nei suoi molteplici aspetti, non tardò a fare il suo ingresso nel mondo dei fumetti, divenendone uno dei temi prediletti. Spesso e volentieri si è ironizzato sul sistema matriarcale soprattutto della società americana, sull'eterno conflitto che oppone l'uomo, vittima di soprusi memorabili, alla donna, dispotica detentrice dello scettro domestico.

Un autore, George McManus, ha dedicato tutta la sua produzione di cartoonist alle vicende che caratterizzano i rapporti tra marito e moglie, vicende che egli ha ritratto, giorno per giorno, in un modo umoristico e patetico. McManus diede vita ai notissimi Arcibaldo e Petronilla, una coppia di anziani coniugi arricchita in fretta, ormai dimentica degli ardori e delle tenerezze amorose, eternamente impegnata in scontri frontali. L'arcigna ed indisponente Petronilla non si lascia mai sopraffare dal pacioso Arcibaldo, il quale per guadagnarsi il suo quarto d'ora di libertà, deve ricorrere ai più impensati sotterfugi con il latente rischio di essere scoperto e bastonato dall'energica moglie. Nemmeno la grave crisi americana del 1929, il "giovedì nero", riuscì a turbare Arcibaldo e Petronilla che continuarono a discutere allegramente; nonostante questo però l'America dopo la grave crisi era profondamente cambiata e così Petronilla lasciò lentamente il posto a Blondie e negli anni quaranta circa a Deasy Mae la bellissima, casta, creatura di Al Capp.

Dai maestri Esopo, Fedro, La Fontaine e altri favolisti come Orwell e Trilussa che attraverso l'uso di animali come protagonisti dei propri racconti mettono a nudo difetti dell'uomo o controversie politiche i fumetti trassero grande spunto, e Walt Disney, forse il più popolare dei favolisti moderni creò un divertente mondo di animali in tutto e per tutto simili agli uomini destinato ai ragazzi, ma dal quale fruiscono anche gli adulti, ognuno dei quali porta dentro di sé un residuo di infanzia assopito.

Nel mondo disneyano, ogni personaggio occupa un posto preciso e possiede una fisionomia psicologica definita. Topolini, Paperino e C. sono modellati sugli uomini comuni che tutti i giorni incontriamo agli angoli delle strade, in ogni paese. Nelle loro vicende i personaggi hanno la possibilità di affrontare infinite situazioni, tutte però tipiche e ricorrenti, nelle quali si riscontrano sempre: la sagacia di Topolino contrapposta all'ingenuità di Pippo, la perenne sfortuna di Paperino contro la sfacciata sfortuna di Gastone, l'interminabile lotta tra Paperone e la Banda Bassotti, insistente insidia tesa da Ezechiele Lupo ai Tre Porcellini. Purtroppo, però, con l'andare del tempo le storie della "banda" Disney stanno lentamente peggiorando specialmente quelle prodotte in Italia, dove sono la maggior parte delle volte frettolose e poco curate nel disegno. Se il mondo Disney sta piano, piano svanendo, il mondo creato da George Herriman ha cessato di esistere con la morte del suo autore. Uno spoglio paesaggio lunare, eternamente immerso nell'oscurità, fa da sfondo alla storia di Krazy Kat, un gatto mite, sognatore, innamorato del perfido topo Ignatz, il quale lo disprezza e lo perseguita colpendolo sistematicamente in testa con un mattone. Il "folle" gatto tuttavia vede nel mattone un ancestrale simbolo d'amore e quindi disapprova gli sforzi compiuti da Offissa Pubb, il pigro cane in veste di sceriffo a sua volta perdutamente innamorato di Krazy, che tenta di bloccare la cattiveria del topo.

Altro importante "eroe- animale" fu Mio Mao, di Pat Sullivan che esordì nelle strisce di fumetti nel 1923. Mio Mao è un gatto nero con i propri sogni negli occhi ed il sorriso sempre accattivante. E' un gatto desideroso di essere amico di tutti e che possiede una fiducia illimitata che gli fa superare ogni difficoltà fino al lieto fine.

Dopo il 1930 inoltre, a causa della grande riforma politica, accanto a Topolino, Arcibaldo e Petronilla, Blondie e suo marito, apparvero in America (sempre all'avanguardia rispetto agli altri in questo tipo di innovazioni), Dick Tracy di Chester Gould, l'Agente Segreto X-9 di Alex Raymond e Bob Star di Will Gould che misero un accento sulla piaga del crimine e sulla collusione dei gangster con i pubblici poteri.

Il fumetto di fantascienza rispetto alla narrativa di science- fiction è indietro di alcuni decenni e vive ancora un'esistenza primitiva ed avventurosa. Non ha saputo rinunciare ai deteriori di luoghi comuni e non è riuscito a liberarsi da mostri, creature astrali, scienziati pazzi, presentando un'accentuata sottolineatura dei motivi orripilanti e catastrofici. Quasi sempre il comic di fantascienza si identifica con l'avventura spaziale. Grosso modo le avventure dei primi eroi americani, Buck Rogers, Flash Gordon, Brick Bradford, somigliano a quelle dei recenti eroi europei Jeff Hawke, Dan Dare Lone Sloane. In ognuna di queste storie troviamo il protagonista, un pilota spaziale terrestre che vive in un'imprecisa epoca futura tecnologicamente avanzata, prevalere, alla fine di innumerevoli peripezie, nella lotta contro i criminali del cosmo.

Il fumetto western, come il film western, non è sfuggito all'evoluzione del gusto e ad una evoluzione storica. I pellerossa, che un tempo erano visti da un angolazione razzista (non erano forse i cattivi per natura?), da qualche anno appaiono come esseri più umani, semmai esasperati dalla disonestà dei pionieri bianche, che non rispettano i trattati ed invadono con violenta prepotenza, i loro territori. Protagonista per eccellenza del fumetto western è il cow-boy solitario ed avventuroso, buono e deciso, il fisico atletico, forte bevitore di whisky, abilissimo nel maneggiare la pistola e capace di mandare al creatore un intera banda di rissosi e loschi figuri, di malvagi dai pochi scrupoli. Blueberry, Cisco Kid, Kid Carson, Mat Dillon, Pecos Bill, Randall, Red Ryder, il Sgt. Kirk, Tex Willer e cento altri "eroi di carta" idealisti, rudi e leali, temprati dalla dura vita di frontiera sono i difensori della povera gente, dei deboli e degli oppressi, spietati contro le tribù indiane ribelli e le bande dei fuori legge e dei disonesti profittatori bianchi.

Verso il 1947 presero strada anche i fumetti di guerra, ad opera soprattutto di Militon Caniff e Frank Robbins, nei quali i personaggi, paladini di un esasperato nazionalismo, combattono per proteggere la patria da forze note ed ignote, che minacciano le istituzioni democratiche.


Nato come intrattenimento comico, quindi, il fumetto, con il passare del tempo si è trasformato, concedendo uno spazio sempre maggiore alle serie di tipo realistico, che trattano argomenti romantici-avventurosi. Oggi, negli Stati Uniti, quasi cento milioni di americani appagano il loro immenso bisogno dell'avventura leggendo le incredibili storie di Mandrake, dell'Uomo Mascherato, di Flash Gordon, di Superman, di Batman e di altri magnifici eroi; si immedesimano nei drammi a sfondo sentimentale, nei quali di frequente sono coinvolte donne piene di buon senso, oppure donne ambiziose e pronte a sacrificare affetti di famiglia alla carriera, drammi questi che confermano l'immaturità emozionale dei lettori. Meno numerosi sono coloro che, scorrendo le strisce di Charlie Brown o di B. C., sorridono di se stessi, della nevrosi collettiva e del senso di insicurezza riscontrabili nella società in cui vivono; <<Cosa c'è di sbagliato in me?>> si chiede Charlie Brown, forse col passare del tempo i fumetti con la loro freschezza e sottigliezza riusciranno a imporsi come mezzo di comunicazione anche sulle persone più scettiche e titubanti.






AUTORI


Al Capp, (Alfred Gerald Caplin) Nato a New Haven (Connecticut) il 28 settembre 1909, da genitori di origine lituana; morto il 5 novembre 1979 in un ospedale del Massachusetts. Cresciuto in un ambiente molto povero non ebbe la possibilità di seguire studi regolari. A nove anni perse una gamba in un incidente. Durante la forzata immobilità, durata due anni, scoprì la sua passione per il disegno e decise di diventare un cartoonist. Disegnò le prime strisce di Li'l Abner nel 1934, l'eroe che affronta il mondo armato solo della sua stupefacente credulità. E' considerato uno dei più stupefacenti cartoonist del mondo. Di lui John Steinbeck nel 1953, ha scritto: "Penso che oggi Capp sia il migliore scrittore al mondo. Se il comitato per il nobel è davvero vivo ed attento lo prenda seriamente in considerazione". Nel 1947 gli è stato affidato il "Reuben", premio annuale della National Cartoonists Society.

BIBLIOGRAFIA. Ranieri Carano: Un Nobel per Al Capp, il "Linus", a. I, n. 2, Milano, maggio 1965.

Walt Disney, (Walter Elias Disney) Nato a Chicago nel 1901; morto a Hollywood nel 1966. Figlio di un modesto falegname di origine normanna, studiò a Kansas City e pio a Chicago dove frequentò la Academy of Art, prendendo contemporaneamente lezioni per corrispondenza di disegno pubblicitario. Nel 1925 creò Alice una ragazzina tutta presa dai suoi sogni, quindi creò Oswald, un simpatico coniglietto che con la sua ingenuità riusciva ad affrontare il mondo intorno a lui. Nel 1928 nacque il primo grande personaggio disneyano, Topolino che venne contornato da una serie di personaggi, Minni, Pippo, Pluto, Orazio, Clarabella, Pietro Gambadilegno, Eta Beta ecc. Nel 1934 dagli studi Disney, dopo il grande successo ottenuto col fantastico topo, prese il volo un altro simpatico personaggio, il collerico e scontroso Paperino che, dopo una lunga gestazione e ripetute trasformazioni fisiche e psicologiche supererà in popolarità lo stesso Topolino. Quindi arrivarono, con l'aiuto anche di Clarl Barks, Paperina la vanesia fidanzata di Paperino, Qui Quo Qua i giudiziosi nipotini, l'avaro zio arcimiliardiario Paperone, il fortunatissimo cugino Gastone, il lunatico inventore Archimede. Disney integra il suo zoo parlante anche con Il Lupo Ezechiele ed i Tre Porcellini, e tanti altri. In seguito con i suoi numerosi collaboratori realizzò anche cartoni animati quali Snow White and the seven Dwarfs (Biancaneve ed i Sette Nani, 1937), Pinocchio (1940) e Fantasia (1940). Negli anni cinquanta Disney realizzò la favolosa Disneyland, il parco dei divertimenti più grande del mondo, Fu la sua ultima, colossale e fantastica creazione.

BIBLIOGRAFIA. Piero Zanotto: L'impero di Walt Disney, RADAR, Padova, 1966; Gianni Rondolino: Arte e spettacolo nell'opera di Walt Disney, e Ernesto G. Laura: Il Disney stampato, in "Bianco e Nero", a. XXVIII, nn. 7-8-9, Roma, luglio-settembre 1967; Giampaolo Frascati: Il più vecchio bambino del mondo: Walt Disney; Alfredo Castelli: Walt Disney cartoonists, in "Eureka", a. II, n. 4. Milano, febbraio 1968; Christopher Finch: L'arte di Walt Disney, Mondadori, Milano.

Schulz, Charles Monroe Nato a Minneapolis (Minnesota) il 26 novembre 1922, da un barbiere di origine tedesca e da una casalinga. Dopo aver eseguito un corso di disegno per corrispondenza fu richiamato alle armi ed inviato in Europa. Fu congedato in seguito nel 1946. Nel 1950 realizzò alcune strisce intitolate Li'l Folks, che furono dopo accettate e ribattezzate Peanuts; nacquero così Charlie Brown ed in seguito Snoopy, che con le loro avventure, resero Schulz famoso. Vive e lavora a Sebastopol (California). Nel 1955 ha ricevuto il "Reuben" premio annuale della National Cartoonists Society.

BIBLIOGRAFIA. G.G. (Giovanni Gandini): Our Hero, in "Linus", a. V, n. 49, Milano, aprile 1969; Lietta Tornabuoni: Schulz rivistato, in "Linus", a. IX, n. 3 (96), Milano, marzo, 1973; Charles M. Schulz: La mia vita e la mia arte con Charlie Brown e gli altri, Rizzoli, Milano, 1976.






Bibliografia

Gaetano Strazzulla: I Fumetti, vol. I-II "La storia e gli autori" "I Personaggi", pagg. 5-60, 114, 115, 129-131, 186, 187, (volume I), pag. 269 (volume II), Sansoni Enciclopedie Pratiche, Firenze, 1980.

Grande Dizionario Enciclopedico Utet, volume VIII, Pagg. 930- 933, Torino, 1989.

Diabolik, il Re del terrore


Creato nel 1962 dalle sorelle Angela e Luciana Giussani, è il capostipite della serie dei cosiddetti "fumetti neri" italiani. E' un personaggio singolare e paradossale, quasi del tutto improbabile, un criminale senza scrupoli che architetta nei minimi particolari colpi che lo rendono sempre più ricco. Ha inventato delle maschere di plastica che gli permettono di assumere l'identità di chiunque. Vestito con un attillato costume nero pugnala o narcotizza i sui nemici, senza mai ricorrere all'utilizzo di armi da fuoco. Possiede una caratteristica tipicamente italiana: è infatti monogamico e nei rapporti amorosi rimane sempre fedele alla bellissima Eva Kant, sua complice ed amante. Suo diretto antagonista è l'ispettore Ginko, poliziotto integerrimo, nei confronti del quale Diabolik nutre grande stima dal momento che è l'unico in grado di potergli tenere testa. Ginko, ricco anche di umane debolezze, è innamorato della bella contessa Altea ed esce regolarmente sconfitto da ogni scontro con l'astuto criminale.

Le storie di Diabolik vengono illustrate da un équipe di disegnatori professionisti (tra cui spiccano tra l'altro nomi del calibro di Gino Marchesi ed Enzo Facciolo) che si attendono all'impostazione grafica originale creata dalle stesse Giussani fin dall'inizio della serie. Nel 1967, dalle sue avventure, il regista Mario Bova ha tratto un film interpretato da John Philip Law (Diabolik) e Marisa Mell (Eva Kant).

Col suo sguardo glaciale ammalia e cattura l'amore di tutte le donne che incontra e, a causa dei suoi occhi grigi a volte, ha rischiato più volte di venire scoperto. Agli inizi Diabolik era stato creato solo per un pubblico adulto a causa dei suoi contenuti, dove il male trionfa sul bene, inoltre nei primi numeri il bel criminale si rivelava in molti casi cinico. Col passare del tempo Diabolik, che comunque in tutti i suoi colpi ha sempre mantenuto la fama di galantuomo, smette di uccidere i suoi nemici e ricorre invece soltanto all'uso del narcotico per addormentare le sue vittime ed agire indisturbato; mantiene sempre la parola data ed è pronto a sacrificare la propria vita per Eva.

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