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RUOLO DEI VIRUS NELLA ONCOGENESI
Neoplasia : risultato finale di un processo multifattoriale e multifasico che si traduce in una grave alterazione dell'omeostasi cellulare e tissutale. La trasformazione neoplastica è causata da + eventi genetici (mutazioni, delezioni o trasposizioni cromosomiche) che si accumulano nel DNA cellulare, causando la perdita del controllo fisiologico della replicazione cellulare.
Si ha l'acquisizione da parte della cellula della capacità:
proliferare indipendentemente dalla presenza di fattori di crescita (attivazione di oncogeni)
insensibilità ai segnali anti-proliferativi (inattivazione oncosoppressori)
capacità di sfuggire ai segnali di apoptosi
capacità di un numero illimitato di divisioni cellulari (attivazione della telomerasi)
capacità angiogenetiche e metastatiche
I virus che possiedono la caratteristica di indurre la comparsa di alterazioni dei normali processi omeostatici del ritmo proliferativo cellulare in vitro; o la comparsa di neoplasie in vivo. Si possono distinguere : . deossiribovirus oncogeni → virus oncogeni con genoma a DNA;
. ribovirus oncogeni → virus oncogeni con genoma a RNA.
TRASFORMAZIONE CELLULARE
Si manifesta con la comparsa di tutta una serie di alterazioni fenotipiche e genotipiche che vengono conservate nel corso della moltiplicazione cellulare.
▪ Desossiribovirus → la trasformazione cellulare si accompagna ad un'infezione abortiva con la
espressione solo di alcuni geni precoci del genoma virale che si integra nel
genoma cellulare o si mantiene in forma episomiale, replicandosi in
entrambe i casi con la replicazione della cellula.
▪ Ribovirus oncogeni → l'azione trasformante può essere compatibile con un ciclo replicativo
produttivo.
La cellula trasformata possiede 2 caratteristiche:
1°) capacità di moltiplicarsi illimitatamente in coltura (immortalizzazione)
2° ) causare la formazione di una massa neoplastica, se inoculata in un animale da esperimento
immunodepresso;
Meccanismi con cui i virus oncogeni inducono la trasformazione
a) una particella virale è sufficiente x la trasformazione;
b) tutto o parte del genoma virale persiste nella cellula trasformata;
c) almeno parte del genoma virale viene espresso nella cellula tumorale
d) la trasformazione è il risultato di gravi alterazioni dei segnali di normale crescita cellulare;
e) la reversione parziale o totale del fenotipo cellulare trasformato può essere ottenuta mediante interferenza specifica con la funzione delle molecole effettrici virali
La proliferazione cellulare nelle cellule normali è regolata da tutta una serie di fattori inducenti o inibenti:► oncogeni → elementi chiave dei processi di proliferazione, di sopravvivenza, di
crescita, di differenziamento cellulare, attivare l'ingresso della cellula
nella fase di replicazione inibendo l'avvio del processo di morte e
ostacolando il programma di senescenza cellulare attivando la
telomerasi. Tra i loro prodotti: fattori di crescita, fattori di trascrizione.
► geni oncosoppressori → sono molecole che controllano negativamente la proliferazione
cellulare promovendo il processo di apoptosi. I 2 geni
oncosoppressori + noti sono :
. p53 -> fattore cellulare che inibisce la progressione verso la fase
S del ciclo cellulare mantenendo la cellula in fase G1. La
p53 può perdere la propria funzione quando subisce
mutazioni puntiformi, le quali avvengono in regioni
instabili del gene che codifica la proteina "hot-spots",
causando così nella proteina cambiamenti
conformazionale che rendono p53 inattiva x la
dimerizzazione.
. Rb -> o protena Rb, è un fattore oncosoppressore,la quale
viene regolata attraverso la fosforilazione. Rb regola
negativamente l'entrata nel ciclo replicativo della
cellula. Nelle cell quiescenti si trova nella forma
ipofosforilata che rappresenta la forma attiva che lega
inattivandolo il fattore di trascrizione E2F-1; mentre
nelle cellule che si trovano in fase G1, Rb viene
fosforilato inibendo così il legame con E2F-1.
I virus nei quali si riscontrano proprietà oncogene sono:
deossiribovirus -> Poxvirus
Herpesvirus
Papovavirus
Adenovirus
Hepadnavirus
- ribovirus -> virus della epatite C (Flavivirus)
Oncovirus (famiglia dei Retroviridae)
Nell'uomo l'unico poxvirus collegato alla formazione di lesioni da iperproliferazione cellulare è il virus del mollusco contagioso il quale determina una neoformazione nodulare di natura benigna a carico dell'epidermide che tende a risolversi spontaneamente dopo 2-12 mesi dall'esordio clinico. Le neoformazioni hanno tutte le caratteristiche di un tumore benigno: localizzate, senza capacità invasiva, regrediscono spontaneamente, e nn recidivano dopo asportazione.
►Virus di Epstein-Barr (EBV) agente eziologico della mononucleosi infettiva, infetta i linfociti B e le cellule epiteliali localizzate in regioni ricche in tessuto linfoide (ex la regione farigea). Dopo l'infezione dei linfociti B, EBV entra in uno stato di latenza, il DNA è in uno stato episodico. L' effetto è in assenza di una pronta risposta immune cellulo-mediata, che rimuova i linfociti infetti, l'immortalizzazione dei linfociti B, i quali vengono stimolati indefinitivamente alla proliferazione, perdendo la capacità di raggiungere la differenziazione terminale ( i linfociti B infetti nn producono plasmacellule). Nello stato di latenza il genoma di EBV esprime solo alcune proteine a localizzazione nucleare EBNA e 3 proteine che si trovano sulla membrana cellulare (LMP1, LMP2,LMP2B). Gli antigeni EBNA e le proteine di membrana sono correlate alla immortalizzazione dei linfociti. I linfociti infetti da EBV formano una popolazione cellulare in attiva proliferazione e soggetta alla comparsa di un secondo evento che possa provocare la progressione della cellula verso la definitiva trasformazione neoplastica. L'infezione da EBV è associata al linfoma di Burkitt, ai linfomi immunoblastici frequenti in pazienti immunocompromessi. In tutti i casi è necessaria la presenza concomitante di co-fattori esogeni (infezioni in grado di indurre immunosoppressione) o endogeni (immunodeficienze congenite) che deprimano l'immunità cellulo-mediata.
Nel 90% dei casi di linfoma associati a EBV esiste una traslocazione reciproca 8;14. Sul cromosoma 8 si trova l'oncogene c-myc mentre sul cromosoma 14 è presente il complesso di geni codificanti le catene pesanti delle Ig . Nella traslocazione i geni x la porzione variabile delle catene pesanti delle Ig si trasferiscono sul cromosoma 8.; mentre l'oncogene c-myc trasloca sul cromosoma 14, venendo così a porsi sotto il controllo del promotore dei geni x la porzione costante delle catene pesanti delle Ig. Ciò provoca una alterata regolazione e un aumento della trascrizione e dell'espressione di c-myc.
►Herpesvirus umano 8 (HHV-8) → messo in relazione con il sarcoma di Kaposi, con una rara forma di linfoma diffuso a cellule B e con la malattia di Castleman. La relazione è basata sulla costante presenza di sequenze di HHV-8 nelle cellule caratterizzate da queste patologie.
PAPILLOMAVIRUS (HPV) → sono + di 70 tipi genomici diversi, tutti assolutamente specifici e con un tropismo x le cellule degli epiteli squamosi pluristratificati della cute e delle mucose. L'infezione naturale da HPV si accompagna alla comparsa di lesioni proliferative circoscritte con diversi aspetti clinici (verruche, papillomi, condilomi). Il genoma dei vari papillomavirus contiene da 6 a 8 ORF che codificano proteine nn-strutturali definite precodi E, e sono quasi tutte espresse nella fase iniziale del ciclo replicativo. Le proteine E1 e E2 sono essenziali x l'inizio della replicazione del DNA virale. Le oncoproteine codificate dagli ORF E5,E6,E7 sono le protagoniste degli eventi che portano alla stimolazione della proliferazione e all'aumento delle probabilità di trasformazione neoplastica delle cellule infette.
I papillomavirus sono associati alla comparsa di carcinomi nella specie umana, e l'innesco iniziale di gran parte dei carcinomi della sfera genitale femminile si trasmette x via sessuale. Solo alcuni genotipi hanno potenziale oncogeno; solo 4 tipi (HPV-16, HPV-18, HPV-31) sono riscontrati con elevata frequenza nel carcinoma della cervice. L'intervallo di tempo fra l'infezione iniziale e la comparsa del carcinoma può essere lungo, nel caso del tratto genitale della donna anche decenni. La progressione maligna di una lesione da HPV richide la presenza di co-fattori, infatti l'infezione da HPV agirebbe aumentando la vita media e il numero delle cellule capaci di proliferare ampliando sia la popolazione cellulare attivamente proliferante, sia la probabilità che essa subisca un secondo evento (mutazione cellulare) in grado di indurne la trasformazione maligna in carcinoma invasivo.
HEPADNAVIRUS (VIRUS DELL'EPATITE B)
Esiste una forte correlazione fra la presenza di infezione cronica da virus dell'epatite B (HBV) e il carcinoma epatocellulare primitivo. Contribuiscono all'insorgenza del tumore anche co-fattori diversi: alterazioni immunologiche, alcolismo, cirrosi epatica.
2 sono i meccanismi:
ruolo diretto di HBV nella patogenesi del tumore. Il DNA virale, durante l'infezione cronica si integra nel DNA cellulare. Questo genoma virale integrato presenta una serie di mutazioni, delezioni, fenomeni di ricombinazione con regioni del DNA cellulare adiacenti, inducendo una serie di instabilità nel genoma cellulare. Inoltre la proteina codificata dal gene X di HBV, agirebbe attivando la trascrizione di numerosi oncogeni cellulari fra cui c-myc, c-fos, c-jun favorendo l'attivazione della proliferazione cellulare.
ruolo indiretto di HBV nella patogenesi dell'epatocarcinoma. Si tratterebbe di una deviazione in senso neoplastico del processo di rigenerazione epatocitica che si sviluppa come meccanismo compensatorio della distruzione cellulare conseguente all'infezione virale e soprattutto alla rispota immune citotossica specifica contro gli epatociti infettati da HBV. Le citochine e i fattori di crescita sono gli effettori in grado di stimolare ulteriore proliferazione degli epatociti.
FLAVIVIRUS (VIRUS DELL'EPATITE C)
Il virus dell'epatite C (HCV) è un ribovirus appartenente al genere Flavivirus, viene considerato un virus oncogeno, in quanto l'infezione cronica da HCV è associata sotto il profilo epidemiologico all'insorgenza di epatocarcinoma primario. Si ritiene che il virus abbia un ruolo indiretto e che l'indorgenza del tumore sia una conseguenza dei fatto rigenerativo-riparativi cronici imposti dalla distruzione del parenchima epatico, a cui si aggiunge la iperstimolazione da citochine prodotte dai linfociti e macrofagi epatici. Ciò determinerebbe la possibilità di insorgenza di anomalie cromosomiche che possono portare al tumore.
I Retrovirus sono ribovirus con genoma diploide che si replicano attraverso un intermedio a DNA (provirus) che si integra nel DNA della cellula infetta. Gli Oncovirus sono in grado di produrre diversi tipi di tumori (sarcomi, leucemie) in varie specie animali, almeno un caso, rappresentato dal virus della leucemia umana a cellule T (HTLV) sono correlati alla comparsa di una patologia tumorale umana. A seconda del meccanismo d'azione gli oncovirus sono divisi in 3 gruppi:
oncovirus che possiedono nel proprio genoma almeno una copia di un oncogene (v-onc) omologo di un oncogene cellulare (protooncogene o c-onc) che nella cellula infetta, viene a trovarsi sotto il controllo trascrizionale esclusivo del promotore virale
oncogeni che nn possiedono nel genoma un gene v-onc ma che integrandosi nel genoma cellulare in prossimità di un protooncogene cellulare (c-onc) ne promuovono la trascrizione mediante un fenomeno di cis-attivazione.
Rappresentato da HTLV non possiede v-onc nel genoma e non provoca cis-attivazione di oncogeni cellulari. Il meccanismo dell'azione oncogena sembra dipendente dalla produzione di un fattore trans-attivante della trascrizione che oltre a stimolare la trascrizione del provirus, è in grado di trans-attivare la trascrizione di oncogeni cellulari.
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