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L'ETICA E LA MORALITA' DELLA FECONDAZIONE ASSISTITA
Possiamo individuare due modelli fondamentali per una legge sulla fecondazione assistita, uno orientato sul "diritto al figlio" e l'altro orientato sul "diritto del figlio".
Il primo modello può essere definito "liberale" o "permissivo". Questo approccio vede le nuove tecnologie riproduttive come un'estensione della libertà procreativa, in grado di soddisfare il legittimo e intenso desiderio o bisogno di diventare genitore da parte di chi è stato privato di questa possibilità di procreare per mezzo di normali rapporti sessuali o da parte di chi sceglie di non procreare per mezzo di normali rapporti sessuali. Questo approccio tende, quindi, a ridurre al minimo indispensabile i vincoli al ricorso alle nuove tecnologie ed ha al suo centro il principio che la società ha il diritto di mettere vincoli preventivi alle scelte procreative delle persone solo se vi sono gravi ragioni per farlo. Una legge in questa materia dovrebbe quindi mirare a garantire la sfera delle libertà e dell'autonomia. In Italia è stata fatta la scelta di limitare l'accesso alla procreazione assistita alle coppie eterosessuali sposate o stabilmente conviventi. Sarebbe stato almeno augurabile che, una volta fatta questa scelta, si fosse posto al centro della legge il principio di responsabilità genitoriale, limitandosi quindi a regolare le conseguenze delle scelte procreative per gli altri soggetti coinvolti.
Il secondo modello esprime le inquietudini e i timori generati dalla diffusione delle nuove tecnologie riproduttive, soprattutto a partire dal 1978, quando è stata resa disponibile la fecondazione in vitro, ed è quindi piuttosto "conservatore" o "restrittivo", nel senso che tende a ricondurre il ricorso alla fecondazione assistita quanto più possibile dentro il modo tradizionale di concepire le relazioni familiari. Uno dei punti sui quali questo modello insiste è che le nuove tecnologie riproduttive devono essere intese come un rimedio all'infertilità di coppia e non come una "nuova forma di riproduzione umana", alternativa a quella naturale, ponendo al centro gli interessi e i diritti del nascituro a una doppia figura genitoriale, alla salute, al benessere materiale e morale, e ancora a conoscere le modalità della propria nascita e la propria origine genetica. Le tecniche di procreazione assistita non devono essere utilizzate se non quando esistano le condizioni per assicurare al bambino benessere e salute, dandogli la possibilità di crescere in un ambiente che gli deve permettere il pieno sviluppo delle sue capacità fisiche, mentali e morali: non si può parlare di un diritto al figlio, se non subordinando questo diritto alla tutela effettiva degli interessi fisici, psicologici e sociali del figlio stesso.
A questo scopo, la Dichiarazione dei diritti del fanciullo all'art.2 chiede che nell'intraprendere qualunque azione riguardante i bambini la considerazione determinante debba essere il superiore interesse del fanciullo.
La procreazione assistita, in quanto espressione del desiderio e della volontà dell'individuo, contribuisce a mettere in risalto, ancor più della procreazione naturale, la responsabilità del singolo nella riproduzione. Si può avere l'impressione che il contesto in cui avviene la riproduzione umana sia rimasto immutato per lunghissimi periodi della storia. L'avvento di società democratiche e libere che garantiscono la molteplicità dei modi di pensare e di concepire la felicità e la qualità di vita, ha introdotto uno stimolo alla trasformazione anche di questo settore della vita privata e pubblica, mettendo in luce che la riproduzione e il modo della riproduzione sono l'espressione di una cultura, e possono variare con l'evoluzione storica della società. A questo punto si è aggiunto il fatto che ricerche maturate solo negli ultimi cinquant'anni hanno ampliato le conoscenze biologiche dei meccanismi della fecondazione. Le possibili tecniche che sono derivate vanno però viste come un atto volontario, allo stesso titolo dell'unione sessuale, con la differenza che la fecondazione assistita richiede in chi ne fa uso educazione ed informazione, che evidenziano meccanismi biologici e conseguenze per l'individuo e la società. Le conseguenze sociali dell'atto riproduttivo sono chiare, e quindi la società ha il diritto e il dovere di intervenire e, nel pieno rispetto della libertà dell'individuo, di garantire e regolamentare tale processo a beneficio dell'individuo stesso e della comunità.
La Consulta di Bioetica ritiene che, non essendo la fecondazione assistita in sé moralmente illecita, nel ricorso a questa pratica la donna debba godere degli stessi diritti dei quali gode nella procreazione naturale e che siano protetti i diritti di eventuali altri soggetti coinvolti, in primo luogo dei figli.
In base a queste premesse dovrebbero prima di tutto essere emanate norme volte a garantire la sicurezza sanitaria della fecondazione assistita, per ottenere che i luoghi nel quale la si pratica offrano garanzie proprie della seria professionalità e della buona pratica medica. In particolare si dovrebbe assicurare che anche in materia di fecondazione assistita venga praticato il consenso informato, cioè che le donne interessate al procedimento possano decidere dopo che siano state informate sulle possibilità di successo, sulle conseguenze delle pratiche alle quali si sottopongono e sui rischi che corrono.
Un secondo tipo di norma dovrebbe assicurare la protezione giuridica dei bambini nati da fecondazione assistita. Essi devono avere diritti certi, anche se sono frutto di una fecondazione eterologa; un uomo che abbia dato il consenso alla fecondazione eterologa della propria compagna, non deve poter disconoscere il figlio nato in quel modo.
La Consulta di Bioetica ritiene però che gli ordinamenti giuridici positivi e le regole morali tradizionali possano essere rivisti e corretti via via che la tecnica ampi la gamma di scelte e che esse siano accettate nella cultura di un gruppo, ribadendo così l'intento di difendere anche in materia di procreazione il principio fondamentale del rispetto della persona e dell'autonomia delle sue scelte. In nome di questo principio la Consulta sostiene che anche nel caso della fecondazione assistita eventuali provvedimenti legislativi devono, in primo luogo, sancire la libertà di coscienza della donna, della coppia e degli operatori sanitari, e che la libertà di far ricorso alle tecniche di procreazione assistita e di gravidanza assistita vada vista come un modo di proteggere le scelte procreative.
Le nuove tecniche di Procreazione Medico Assistita (PMA) possono essere oggi considerate una possibile soluzione alla condizione di infertilità di una coppia. Fino a pochi anni fa l'unico modo di avere un bambino per le coppie non fertili era quello di adottarlo. Oggi le tecniche di riproduzione assistita creano nuove situazioni emotive da affrontare, creano nuove problematiche di coppia o amplificano quelle già esistenti. Inoltre, si costituiscono nuovi tipi di famiglia in cui i figli possono non essere in relazione genetica con il padre o con la madre o con entrambi. Si viene a creare uno schema nuovo di famiglia.
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