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GLI ITTERI - BAMBINO
L'iperbilirubinemia può essere fisiologica o legata a uno specifico disordine sottostante. Deve sempre essere ricercata una causa specifica di iperbilirubinemia neonatale, p. es., sepsi o atresia biliare extraepatica, perché queste richiederanno uno specifico trattamento.
Ittero fisiologico: compare nel 60% dei neonati tra 2° e 4° giorno di vita, ed è più frequente nell'allattato al seno. Il livello massimo di bilirubina, comunque inferiore a 13-14 mg/dl, si raggiunge in 3°-4° giornata, e l'ittero tende a scomparire intorno all'8°-9° giorno. L'accumulo di bilirubina segue un ordine cranio-caudale, perciò quando arrivano a colorarsi gli arti inferiori i livelli sono intorno a 20 mg/dl. L'esatta eziologia dell'iperbilirubinemia fisiologica non è conosciuta: da un lato c'è un aumento di produzione dovuto alla massiccia emolisi data dall'elevato numero di eritrociti e dalla loro breve vita, dall'aumento dell'attività dell'emeossigenasi per il ridotto apporto alimentare e l'alto circolo entero-epatico per l'assenza di batteri nell'intestino; dall'altro la captazione della bilirubina da parte dell'epatocita è ridotta a causa della scarsità della ligandina, così come la capacità di coniugazione con l'acido glicuronico per la ridotta attività dell'UDP-glucuroniltrasferasi.
Ittero da latte materno: è una forma di iperbilirubinemia non coniugata neonatale che compare tra la prima e la seconda settimana di vita, e che raggiunge livelli più elevati della precedente. Il declino è più lento, potendo richiedere anche settimane o mesi. Tende a ripresentarsi nelle gravidanze successive.
Il ritardo nell'iniziare l'alimentazione e le condizioni che impediscono l'alimentazione enterale (p. es., atresia intestinale) sono spesso accompagnati da una iperbilirubinemia non coniugata, perché la β-glucuronidasi presente nel apparato GI del neonato attua una deconiugazione della bilirubina-diglicuronide, determinando il circolo enteroepatico della bilirubina quando il tempo di transito GI è prolungato. D'altra parte, poiché l'iperbilirubinemia neonatale può risultare da un'aumentata produzione di bilirubina (p. es., per aumentata concentrazione di Hb da ipertrasfusione, malattia emolitica da incompatibilità Rh o AB0, ematomi), una ridotta escrezione (p. es., ridotta attività di glicuronil-transferasi nel neonato prematuro, epatite, atresia biliare) o da entrambe, la comparsa di ittero può essere la spia di vari disturbi.
L'iperbilirubinemia neonatale è generalmente di tipo non coniugato e l'eccessivo accumulo di bilirubina non coniugata può portare al kernittero o ittero nucleare.
Diagnosi e complicanze: in ogni neonato un ittero che compare in prima giornata e un livello di bilirubinemia > 10 mg/dl (> 170 mmol/l) nel neonato prematuro o > 15 mg/ dl (>256 mmol/l) nel neonato a termine giustificano esami più approfonditi. L'ittero diventa visibile quando la bilirubinemia è circa 4-5 mg/dl (68-86 mmol/l). Con l'aumentare della bilirubinemia l'ittero cutaneo progredisce in senso cranio-caudale.
Oltre a un'accurata anamnesi e un esame obiettivo, la valutazione include il test di Coombs diretto, la determinazione dell'Htc, lo striscio di sangue, la conta dei reticolociti, la determinazione della bilirubinemia totale e diretta e la determinazione del gruppo sanguigno del bambino e della madre.
L'ittero da latte materno è diagnosticato per esclusione. Perciò, è importante per il medico valutare nel neonato altre possibili cause di iperbilirubinemia che possono necessitare di terapie specifiche.
Profilassi: l''alimentazione precoce e frequente riduce l'incidenza e la gravità dell'iperbilirubinemia, aumentando la motilità del tratto GI e la frequenza delle evacuazioni, riducendo quindi il circolo enteroepatico della bilirubina. Il tipo di alimentazione non sembra importante nell'aumentare l'escrezione della bilirubina.
Terapia: l'ittero fisiologico solitamente non è clinicamente significativo e si risolve entro 1 sett. Nell'ittero da latte materno, se la bilirubina continua ad aumentare fino a 17-18 mg/dl, può essere corretto sostituire temporaneamente il latte materno con un latte artificiale; può essere indicata la fototerapia. Sospendere il latte materno è necessario solamente per 1 o 2 giorni e la madre deve essere incoraggiata a usare regolarmente il 'tiralatte' in modo da rioffrire il suo latte al bambino, appena la bilirubinemia inizia a ridursi. Essa deve inoltre essere rassicurata dal fatto che l'iperbilirubinemia non ha causato alcun danno e che potrà tornare, senza correre rischi, all'allattamento materno.
Fototerapia: l'effetto maggiore viene ottenuto esponendo il neonato a una luce visibile nell'intervallo del blu. Tuttavia, la luce blu non permette di evidenziare la cianosi e così spesso si preferisce in fototerapia l'uso di luce bianca ad ampio spettro. La fototerapia induce, a livello della cute e del sottocutaneo, la formazione di fotoisomeri dalla bilirubina maggiormente idrosolubili che possono essere escreti dal fegato senza glicuronoconiugazione. La fototerapia è controindicata in caso di ostruzione delle vie biliari o ostruzione intestinale, poiché non possono essere escreti i fotoisomeri.
La fototerapia può aver inizio quando la bilirubina sierica raggiunge valori vicini di 3 o 4 mg/dl; il neonato deve essere bendato per prevenire il danno oculare.
Exsanguinotrasfusione: quando si hanno livelli pericolosi di bilirubina, si esegue l'EXT mediante catetere posto in vena ombelicale. La mortalità totale è < 1% quando eseguita da personale esperto. Per identificare i neonati a rischio di kernittero da sottoporre a EXT si usa il diagramma mostrato.
Le principali complicanze dell'EXT sono:
cardiache: aritmia, sovraccarico di volume, scompenso congestizio, arresto cardiaco;
Ematologiche: neutropenia, trombocitopenia, graft vs host;
metaboliche: acidosi, ipocalcemia, ipoglicemia, ipercaliemia, ipernatriemia;
vascolari: embolizzazione, trombosi, perforazione dei vasi ombelicali, NEC;
sistemiche: ipotermia;
infettive: batteriche, virali (CMV, HIV, epatiti).
Kernittero
Danno cerebrale dovuto alla deposizione di bilirubina nei gangli basali e nei nuclei del tronco.
La bilirubina legata all'albumina sierica non può attraversare la barriera ematoencefalica; il rischio di ittero nucleare è perciò maggiore nei neonati che hanno una concentrazione alta di bilirubina, una bassa di albumina o sostanze nel siero che entrano in competizione con i siti dell'albumina, inclusi acidi grassi liberi, ioni idrogeno e alcuni farmaci come sulfisossazolo, ceftriaxone e aspirina. Le concentrazioni di albumina sierica sono più basse nei neonati prematuri e li espongono a rischi maggiori. Le molecole che entrano in competizione possono facilmente essere elevate nel siero di neonati a digiuno o settici o che hanno acidosi respiratoria o metabolica.
Clinica: i segni precoci nel neonato a termine sono letargia, scarsa alimentazione e vomito. Possono seguire (dopo 3-7 gg) opistotono, deviazione degli occhi verso l'alto, convulsione e morte. Nei neonati prematuri, l'ittero nucleare può non dare segni clinici riconoscibili. L'ittero nucleare può determinare, più tardivamente nell'infanzia, ritardo mentale, paralisi cerebrale coreoatetosica, ipoacusia neurosensoriale e paralisi dello sguardo fisso verso l'alto.
Figura : Score per la valutazione della severità del kernittero.
Profilassi e terapia: la prevenzione comprende il non raggiungimento di livelli di bilirubina pericolosamente elevati, come descritto sopra nel trattamento dell'iperbilirubinemia.
L'exsanguinotrasfusione è eseguita ai livelli sierici di bilirubina stabiliti clinicamente (v. sopra) o più precocemente se appare un qualunque segno clinico suggestivo di kernittero precoce. Non esiste un trattamento risolutivo per il kernittero; il trattamento è sintomatico.
L'iperbilirubinemia coniugata (iperbilirubinemia diretta) può occasionalmente verificarsi a causa della colestasi che complica l'alimentazione parenterale.
Le patologie ostruttive si presentano con una iperbilirubinemia coniugata, ma la sepsi neonatale e l'eritroblastosi fetale grave possono presentarsi anch'esse con una iperbilirubinemia coniugata.
Malattia emolitica neonatale
Patologia acquisita che interessa specialmente il neonato prematuro o il neonato patologico, caratterizzata da una necrosi della mucosa o anche degli strati più profondi della parete intestinale, più comunemente è interessato l'ileo terminale, meno frequentemente il colon e il piccolo intestino prossimale.
L'esecuzione sistematica dell' immunoprofilassi anti-Rh ha notevolmente diminuito l'incidenza della malattia emolitica del neonato, tuttavia questa si verifica ancora a causa di casi di immunizzazione non riconosciuta quali aborti misconosciuti, emorragie transplacentari o funicolocentesi, nonché per errori trasfusionali.
Patogenesi: l'emolisi avviene per la presenza nel circolo materno di anticorpi IgG dirette contro antigeni del sangue fetale che passano attraverso la placenta raggiungendo il feto, e avviene nei casi di incompatibilità tra madre e figlio:
Rh (anti D, perlopiù);
AB0 (anti-A e anti-B in madre 0);
Anticorpi rari (anti-Kell, anti-Duffy, anti-Kidd).
La maggior parte delle malattie emolitiche su base alloimmune è preceduta da una adeguata documentazione prenatale.
Clinica: il neonato presenta i segni dell'anemia (pallore, tachipnea, tachicardia), quelli del distress respiratorio (RDS, versamento pleurico, ipoplasia polmonare), scompenso cardiaco (ipoperfusione, edema, idrope), epatosplenomegalia da eritropoiesi extramidollare (con conseguente riduzione della funzione epatica di sintesi dell'albumina e del catabolismo della bilirubina), c'è porpora a causa della trombocitopenia, ittero fino a segni di kernittero.
Terapia: la terapia dell'ittero è quella indicata in precedenza; il primo presidio è la fototerapia, si passa all'exsanguinotrasfusione se questa è inefficace o se l'anemia è severa (Hb<10 g/dl).
In questi neonati l'EXT ha anche lo scopo di rimuovere gli anticorpi materni (74%), rimpiazzare le emazie opsonizzate (88,5%) e ripristinare valori di Hb sufficienti a prevenire i danni d'organo e l'idrope.
Viste le complicanze dell'EXT, attualmente si cerca di ridurne l'utilizzo associando alla fototerapia intensiva l'uso di Ig umane (0,5 gr/Kg in 4 ore circa).
Enterocolite necrotizzante
Patologia acquisita che interessa specialmente il neonato prematuro o il neonato patologico, caratterizzata da una necrosi della mucosa o anche degli strati più profondi della parete intestinale, più comunemente è interessato l'ileo terminale, meno frequentemente il colon e il piccolo intestino prossimale.
Alcuni neonati sono particolarmente a rischio di NEC: il 75% dei casi di NEC si ha nei prematuri, soprattutto se c'è stata una rottura prolungata delle membrane, con amnionite o asfissia alla nascita.
L'incidenza nei bambini alimentati con formule ipertoniche o che hanno subito un'exsanguinotrasfusione può anche essere più alta. Si pensa che ritardare l'alimentazione orale per parecchi giorni o settimane, nei bambini prematuri di basso peso o malati, sostituendo nel frattempo con una nutrizione parenterale totale, e in seguito un lento reinserimento di un'alimentazione enterale per qualche settimana, possa diminuire il rischio di sviluppo della enterocolite necrotizzante. NEC nelle unità di terapia intensiva neonatale si può verificare in forma epidemica o sporadica; studi epidemiologici hanno evidenziato alcuni casi sporadici, associati a specifici germi (p. es., Klebsiella, Escherichia coli, stafilococchi coagulasi-negativi), ma spesso non è possibile identificare alcun patogeno specifico.
Patogenesi: nei bambini che sviluppano una NEC, tre fattori sono solitamente presenti nell'intestino: insulto ischemico; la colonizzazione batterica dell'intestino e un substrato intraluminare (come alimenti per via enterale).
Si ipotizza che una situazione ischemica (data da vasospasmo mesenterico, anossia, basso flusso dovuto ad exsanguinotrasfusione, sepsi, cardiopatica congenita) interessi l'intestino per cui la mucosa non produce il normale muco protettivo, lasciando l'intestino esposto alle invasioni batteriche. Una volta che si inizia l'alimentazione orale si fornisce un ampio substrato per la proliferazione intraluminale dei batteri che può penetrare la parete intestinale; ivi si determina la produzione di gas idrogeno la cui presenza conferisce la caratteristica immagine rx di pneumatosi intestinale. Il gas può penetrare anche nella vena porta e i gas intraportali possono essere evidenziati sul fegato da una rx diretta dell'addome o da un'ecografia epatica. La progressione può comportare necrosi di tutta la parete intestinale, perforazione, peritonite, sepsi e morte.
La necrosi inizia nella mucosa e può progredire fino a coinvolgere l'intero spessore della parete intestinale, determinando una perforazione. In 1/ 3 di bambini si verifica una sepsi.
Clinica: ileo evidenziato dalla distensione addominale, ristagno gastrico biliare (dopo i pasti) che può arrivare fino all'emesi biliare o con sangue microscopico o macroscopico nelle feci. La sepsi si può manifestare con letargia, instabilità termica e/o aumentate crisi di apnea e acidosi metabolica.
Soltanto una rx precoce può rivelare l'ileo. D'altra parte la presenza di un'ansa intestinale fissa, dilatata, che non si modifica nelle successive rx, è indice di NEC. Segni di rx diagnostici di NEC sono pneumatosi intestinale e la presenza di aria nella vena porta. L'evidenza di pneumoperitoneo indica perforazione intestinale e richiede un intervento chirurgico urgente.
Prognosi e terapia: 2/3 dei bambini che hanno presentato la NEC sopravvivono; la prognosi è migliorata grazie a un'aggressiva terapia di supporto e a un tempestivo intervento chirurgico, quando indicato. Un supporto non chirurgico è necessario nel 70% circa dei casi. L'alimentazione deve essere immediatamente sospesa se si sospetta una NEC e si può decomprimere l'intestino con una sonda naso-gastrica a due vie, collegata a un aspiratore. Si devono somministrare per via parenterale soluzioni colloidi o cristalloidi per sostenere il circolo, poiché un processo infiammatorio e una peritonite possono determinare una perdita considerevole di liquidi dal terzo spazio. L'alimentazione parenterale totale si impone per 14- 21 giorni, mentre migliorano le condizioni intestinali. Bisogna iniziare subito una terapia antibiotica per via sistemica con un antibiotico β-lattamico (ampicillina, ticarcillina) e aminoglicoside. Può anche essere presa in considerazione una copertura addizionale per gli anaerobi (p. es., clindamicina, metronidazolo) e il trattamento deve essere continuato per 10 giorni. La cosa più importante è che il bambino richiede frequenti rivalutazioni (p. es., almeno ogni 6 h) e deve eseguire dirette dell'addome sequenziali, EECC (esame emocromo citometrico completo), conta delle piastrine ed emogasanalisi.
È necessario l'intervento chirurgico in un 1/3 dei neonati. Indicazioni assolute sono la perforazione intestinale (pneumoperitoneo), i segni di peritonite (assenza della peristalsi, difesa addominale, dolorabilità o eritema ed edema della parete addominale) o l'aspirazione di materiale purulento dal cavo peritoneale. L'intervento chirurgico deve essere preso in considerazione nel caso di peggioramento nonostante la terapia medica.
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