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IL CONCETTO DI VALORE NELL'EVOLUZIONE DELLE TEORIE D'IMPRESA
Il mondo economico dei nostri giorni è pieno di sfide che hanno un impatto molto importante sul valore di tante imprese. Oggi più che mai è necessario non solo focalizzare l'attenzione sulla qualità dei prodotti, ma anche sulla conoscenza del valore e la capacità di gestirlo.
L'impresa è un istituto economico destinato a perdurare nel tempo e come tale è soggetto ad evoluzioni e a cambiamenti (più o meno consistenti) nel corso degli anni per adattarsi alle nuove esigenze che il mercato impone. In modo particolare nell'ultimo secolo, si sono delineati diversi orientamenti :
Un orientamento alla produzione (fino ai primi anni del Novecento);
Un orientamento alla vendite (con la crisi del '29).
Un orientamento al mercato (sviluppatosi dopo la crisi).
Un orientamento al consumatore
Un orientamento sociale di mercato (quello attuale).
Questo tipo di orientamento dell'impresa si sviluppa in un particolare contesto in cui l'offerta è inferiore alla domanda di mercato. L'obiettivo dell'impresa è l'efficienza e l'obiettivo dei processi è la produttività-economicità. L'attenzione è tutta rivolta al prodotto: se c'è il prodotto si ha la vendita e di conseguenza il profitto. Basta produrre per vendere. Il profitto è visto come l'indicatore del valore dell'azienda che soddisfa gli shareholders intendendo come tali gli azionisti e i proprietari dell'impresa.
Si assiste ad una progressiva specializzazione produttiva da parte delle imprese, ad una standardizzazione dei processi e ad una scarsa attenzione alle risorse umane.
Si è soliti risalire alla grande crisi del '29 per segnalare l'ingresso in questa nuova fase, quando emersero in maniera drammatica i rischi della sovrapproduzione e l'esigenza di dedicare alla stimolazione delle vendite non meno energie rispetto a quelle rivolte alla produzione. La domanda si riduce e l'offerta aumenta: si tende ad avere un'uguaglianza tra domanda ed offerta. Le imprese corrono il rischio di trovarsi in una situazione di eccesso di capacità produttiva e cominciano ad utilizzare tutta una serie di attività di marketing (prezzo, punti vendita, promozione) al fine di spingere i prodotti.
Restano però i caratteri dell'organizzazione produttiva, tra i quali in particolare una scarsa valorizzazione delle risorse umane, una specializzazione produttiva e un'attenzione rivolta solo ad indicatori economico-finanziari quali il profitto.
Le evidenze della miopia insita nell'assoluto primato delle vendite, il pericolo di pregiudicare successivi riacquisti forzando la mano al consumatore, la prospettiva tutta "aziendocentrica" dell'orientamento alle vendite introducono il passaggio ad una nuova fase detta "orientamento al mercato o al marketing".
La vendita rappresenta naturalmente ancora un fine, ma non può essere che la risultante di un lungo processo. Non è più l'arte del vendere, ma l'applicazione di una nuova scienza - il marketing- a sollecitare la domanda mediante complessi interventi che vanno dalla ricerca sul consumatore alle strategie distributive, dalle problematiche del prezzo alla gestione delle moderne tecniche per stimolare le vendite.
In uno sviluppo economico post crisi, si ha un ampliamento ulteriore dell'offerta, una crescita culturale e, di conseguenza, la competizione diventa sempre più importante.
Il consumatore è più esigente, più maturo, più competente e con più potere nei confronti del produttore. Le imprese, di conseguenza, devono puntare alla realizzazione di prodotti in grado di soddisfare i bisogni delle persone, anche se si tratta di bisogni riferiti ad una massa di persone, a gruppi omogenei. L'attenzione non è più concentrata sul prodotto, ma sul bisogno che quel determinato prodotto può soddisfare.
L'orientamento al mercato è però ancora tutto ispirato da una visione endogena all'impresa. E' vero che esistono i consumatori a cui rapportarsi, ma questi sono più percepiti come terra di conquista che come polo dialettico, come reali interlocutori dell'impresa. Ecco quindi che assistiamo ad un'ulteriore evoluzione caratterizzata dall'orientamento al consumatore.
Si tratta di una leggera evoluzione dell'orientamento al mercato dove viene postulato il primato della soddisfazione dei bisogni del consumatore. Il bisogno che il prodotto deve soddisfare è questa volta personalizzato dal singolo cliente. Si ha in questa fase una attenzione particolare alle esigenze del singolo, con una centralità delle relazioni con il consumatore finale e delle risorse umane.
Si passa da una organizzazione scientifica del lavoro ad organizzazioni guidate dall'attenzione al cliente interno ed esterno; da una struttura gerarchica top-down (di tipo piramidale) ad una struttura partecipativa di "bottom-up" (dal basso verso l'alto); da un'organizzazione efficientistica dove uno pensa e tanti seguono, ad un'organizzazione creativa dove tutti pensano, indipendentemente dal ruolo.
L'orientamento al consumatore implica la consapevolezza di quanto profonde siano le trasformazioni in atto nei comportamenti e negli atteggiamenti del consumatore e la capacità di adeguarvisi con una incisività e una prontezza sconosciute in passato.
Il consumatore moderno è un consumatore maturo, esigente, competente e selettivo. Un consumatore che può scegliere fra una gamma sempre più vasta di merci, che dimostra una maggiore discrezionalità nelle scelte, che percepisce di avere un maggior potere contrattuale nei confronti delle imprese, cui intende avvalersi sino in fondo.
Orientamento al consumatore significa capacità di soddisfare i bisogni di questo nuovo protagonista dei mercati adeguando alle sue richieste, manifesti o latenti, le caratteristiche tangibili e intangibili dei prodotti. Sta emergendo un nuovo consumatore che esprime istanze crescenti di personalizzazione dei prodotti, sempre meno incline a guardare con interesse proposte che sono pensate per un pubblico anonimo e indifferenziato.[2]
Continuando in questo processo evolutivo e facendo un lieve passo in avanti, si assiste oggi ad una crescente complessità ambientale che porta ogni singola impresa ad entrare in relazione con i suoi stakeholders (portatori di interesse), intesi come tutti quei soggetti che influenzano o sono influenzati dall'attività dell'impresa stessa. Non si hanno più solo interlocutori interni, ma anche esterni quali i fornitori, lo Stato, la comunità. Con lo sviluppo delle nuove teorie manageriali, l'attenzione si sposta da una concezione del profitto quale unico indicatore di creazione del valore che deve soddisfare le esigenze degli shareholders (azionisti e proprietari dell'impresa), ad altri valori e performance ritenuti altrettanto importanti dai soggetti che ruotano attorno all'impresa e che arricchiscono le relazioni stesse .
L'impresa orientata in questa direzione si pone come obiettivi un contenuto qualitativo dei beni, un risparmio energetico e una tutela ambientale, nonché di gestire gli effetti sociali della propria attività, bene espressa ad esempio dalla redazione di un bilancio "sociale" dell'impresa.
Questo nasce anche dalla consapevolezza crescente dell'importanza di avere e gestire un "capitale sociale" all'interno della propria impresa, intendendo con tale termine la rete di relazioni interpersonali e comunitarie che ciascuno ha al di là dei rapporti di scambio. "Capitale sociale" è un modo nuovo per esprimere un antico concetto: il ruolo della fiducia nel mercato. La fiducia, elemento costitutivo fondamentale del social capital, è una risorsa essenziale per lo sviluppo dell'impresa. Ed in questo senso va vista non solo come input, ma anche come output prodotto dall'azienda, come sottolineato dalla recente letteratura aziendalistica. Negli ultimi anni è stato rilanciato il dibattito sulla centralità e strategicità delle risorse umane. Autori quali Jefrey Pfeffer, Charles O'Reilly, Don Cohen, Laurence Prusak, Brian Becker, Mark Huselid, Dave Ulrich e Jac Fitz-enz hanno da tempo dedicato la loro attenzione sull'importanza della direzione del personale nella knowledge economy.
L'impresa è anche un fenomeno economico mediante il quale , in simbiosi con il mercato, si compie il processo di acquisizione, accrescimento e distribuzione della ricchezza, vale a dire la "genesi del valore".[6]
Il compito dell'impresa è produrre per creare ricchezza, e quindi generare valore. E' un valore certamente economico poiché il binomio impresa-mercato è inscindibile, ma non sempre determinabile facilmente visto che il valore dell'impresa può riferirsi sia a beni materiali (strumentali, di consumo,..) che a beni (assets) immateriali (o intangibili), questi ultimi sempre più presenti.
Secondo Costabile[7], partendo dalla natura delle risorse immateriali, esse si possono suddividere in:
risorse di conoscenza;
risorse di fiducia.
Le risorse di conoscenza sono un unicum definibile capitale cognitivo dell'impresa che identifica le diverse forme di conoscenza applicate nell'impresa stessa. Sono all'origine di competenze e capacità aziendali. Drucker sostiene che la sfida più grande che le organizzazioni si trovano a dover affrontare è di rispondere al passaggio da una economia di tipo industriale ad una economia di conoscenza[8]. Lo scopo e la funzione di ogni organizzazione è l'integrazione di conoscenza specializzata in un compito comune. Questo spostamento verso la conoscenza come elemento differenziale coinvolge tutti gli aspetti di gestione organizzativa, comprese l'efficienza operativa, il marketing, la struttura organizzativa e gli investimenti in capitale umano.
L'impresa è un contenitore di interessi. Oltre ai beni e ai servizi prodotti e scambiati, ci sono altri aggregati di valore (es. la cultura d'impresa) che ruotano nell'ambiente d'impresa e che non sempre sono immediatamente riscontrabili o quantificabili (valori di marchio, di conoscenza, di immagine,.).
Il concetto di valore può essere riassunto assumendo una duplice ottica[9]: da un lato rappresenta un obiettivo fondamentale dell'impresa, raggiungibile attraverso la definizione congiunta di una serie di obiettivi funzionali di gestione e misurabile sotto l'aspetto economico con una ragionevole approssimazione.
Dall'altro è una grandezza capace di esprimere la performance aziendale complessiva come sintesi dei risultati raggiunti rispetto alle diverse aree di attività: economica, patrimoniale e finanziaria, competitiva e sociale. Per questo motivo l'orientamento al valore riunisce in un solo principio le finalità gestionali di qualsiasi modello di impresa esaltandone le capacità e/o evidenziandone i punti deboli.
Riconoscere e condividere le grandezze che esprimono il valore è un problema, e questo per due motivi:
la natura evolutiva del concetto di valore e l'eterogeneità delle sue componenti e determinanti;
la diversità di prospettive e di organizzazioni e istituzioni (stakeholders) che insistono sui processi di generazione, misurazione del valore e diffusione.[10]
Il valore dell'impresa è contemporaneamente formato da valore economico, da valore competitivo (differenziale rispetto ai concorrenti), e da valore sociale, cioè dal contributo dell'impresa al benessere e allo sviluppo della collettività che si raggiunge espletando correttamente la funzione di istituto economico-sociale che gli è propria[11].
Tale funzione si individua da un lato nella capacità di rispondere adeguatamente ai bisogni dell'uomo attraverso la produzione di beni e servizi, dall'altro nella piena soddisfazione delle aspettative di tutti i soggetti coinvolti interessati alla vita d'impresa.
In altre parole, la prosperità economica dell'impresa non può prescindere dalla soddisfazione personale degli interlocutori dell'impresa.
Tipicamente, le aspettative degli interlocutori sociali non sono soltanto di tipo economico (ricevere una remunerazione adeguata al soddisfacimento dei primari bisogni), ma anche e soprattutto di tipo personale (essere soddisfatti, avere la possibilità di crescere, essere motivati).
La crescente attenzione riposta oggi alla dimensione sociale, cioè al necessario consenso che l'impresa deve ottenere dai suoi differenti pubblici, che una condizione necessaria alla base di tutte le attività dell'impresa stessa, è un segnale di come l'attenzione si sia progressivamente estesa anche a quelle categorie di soggetti più deboli non necessari all'adempimento della semplice combinazione economica (produzione e distribuzione). Questi soggetti (amministrazioni pubbliche, governi, società, ambiente, generazioni future, ecc.) non sono meno importanti nel processo di creazione del valore del management, dei lavoratori, degli azionisti e di tutti colori che partecipano strettamente al ciclo di produzione, vendita e distribuzione dell'impresa.
Creare valore significa avere una performance finanziaria positiva, cioè produrre un reddito soddisfacente, possedere un vantaggio competitivo differenziale rispetto ai concorrenti, costruire una rete di relazioni e di consenso con gli stakeholders dell'impresa. Trascurare una delle tre dimensioni citate nel lungo periodo condurrà alla progressiva distruzione di valore.
Entrando nello specifico, la finalità di creazione di valore assume valenze diverse rispetto alle tre dimensioni comunemente ritenute gli ambiti fondamentali dell'attività d'impresa:
q La dimensione economica, patrimoniale e finanziaria.
q La dimensione competitiva.
q La dimensione sociale.
La dimensione economica, patrimoniale e finanziaria riguarda, da un lato, la capacità dell'impresa di mantenere un grado di redditività in linea con le sue prospettive di crescita, all'interno di ben definiti parametri di solidità patrimoniale e di liquidità; dall'altro, la capacità di remunerare in maniera adeguata i mezzi finanziari propri e di terzi.
La dimensione competitiva riguarda il conseguimento, il mantenimento e il consolidamento del successo competitivo sui mercati in cui l'impresa opera o intende operare. A questo scopo tutte le risorse aziendali sono mobilitate in uno sforzo comune di creazione di duraturi vantaggi concorrenziali, mediante scelte strategiche circa:
Le politiche di mercato.
La posizione tecnologica.
L'attività di produzione.
L'orientamento alla qualità.
Infine, con riferimento alla dimensione sociale, l'impresa ricerca un consenso duraturo da parte degli stakeholders coinvolti o interessati alla gestione aziendale.
L'impresa, infatti, è inserita in una rete di interazioni e rapporti di scambio con molteplici interlocutori sociali in grado di condizionarne in senso positivo o negativo le sorti. Solo un'attenta gestione di questo sistema di relazioni consente all'azienda di ottenere le risorse e i contributi essenziali per la continuazione nel tempo dell'attività e la realizzazione della sua missione o finalità.
E' evidente che il giudizio che si forma all'esterno e all'interno dell'impresa è frutto della percezione dei vari pubblici su come l'impresa si comporta e i risultati che raggiunge. Tale percezione dipende in parte dalle politiche di comunicazione dell'azienda, cioè dalle modalità con cui essa gestisce o prova a gestire i flussi informativi che raggiungono suddetti pubblici.
L'impresa deve quindi verificare e valutare in via sistematica e continuativa la propria gestione in tutte e tre le aree individuate.
Un punto di arrivo, utilizzando la terminologia anglosassone, dovrebbe essere il perseguimento della cosiddetta "Triple Bottom line" dell'informativa aziendale, cioè nel ricondurre ad una logica unitaria tre tipologie di bilancio: bilancio d'esercizio, bilancio sociale e bilancio ambientale. In secondo luogo, nell'integrazione della gestione ambientale e sociale tra gli obiettivi dell'impresa. Infine, nel poter disporre di una vasta gamma di strumenti e di tecniche attraverso le quali accertare e migliorare la qualità sociale delle performance d'impresa: modelli di riferimento, conoscenza dei casi di best practice, metodologie di valutazione e classificazione (rating etico). Su un punto non vi sono dubbi: la sola contabilità di natura economica, patrimoniale e finanziaria, per quanto fondamentale, non è più sufficiente ad assicurare un forte controllo di gestione aziendale, ma deve essere integrata da altre misure e da altri indici, al fine di ottenere un quadro valutativo aziendale completo e articolato, in grado di rispondere alle esigenze conoscitive interne ed esterne .
Su un altro punto non vi sono dubbi: i fatti oggettivi (livelli di redditività, posizioni di mercato, capacità competitiva, legittimazione sociale) non possono passare in secondo piano.
Tab. 1 - La misurazione del successo dell'impresa
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Obiettivo generale |
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Obiettivo specifico |
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Oggetto di misura-zione |
Valore del capitale economico |
Dimensione economica, patrimoniale e finanziaria |
Dimensione competitiva |
Dimensione sociale |
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Polit.e di merc. |
Attività Di prod. |
Politiche tecnolog. |
Filoso-fia della qualità |
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Metodi di misura-zione |
- Reddituali - Patrimoniali - Finanziari -Misti reddituali/patrimoniali -Comparables |
Bilancio di esercizio ROI ROE Rapporto di indebitam. (D/C) Quoziente di liquidità |
-Quota di Mercato -Indice di penetraz. -Copertura ponderata del mercato -Valore di mercato |
Costo pieno industr. Efficienza Flessibilità Elasticità |
Posizione tecnolog. R&D |
Customer satisfaction |
-Bilancio sociale -Bilancio ambient. -Casi di best practice -Rating etico |
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Fonte: LANZA S., CALCATERRA M., PERRINI F., Etica, finanza e valore d'impresa, EGEA, Milano, 1997
Se andiamo ad analizzare gli ultimi sviluppi che si sono avuti nello studio del valore d'impresa, è emersa in maniera crescente la natura immateriale delle determinanti del valore d'impresa (intangible assets).
Generazione di Flussi di cassa Attuali e prospettici
Fig. 1 - Le dimensioni del valore d'impresa
Fonte: COSTABILE M., Il capitale relazionale, Mc Graw- Hill, Milano, 2001
I motivi si possono riassumere in due tendenze del mercato:[13]
Il vantaggio competitivo che dipende sempre più dalla dotazione di risorse quali il Know-how, le marche, i brevetti, la qualità, ecc. (che rappresentano il cosiddetto "intangibile") e sempre meno da caratteri "strutturali",
Una maggior attenzione alle opportunità di autoriproduzione di tale intangibile, che si traduce in una capacità generativa di flussi di cassa.
Nello studio del valore d'impresa, gli esperti hanno seguito diversi filoni, tra i quali i principali (e probabilmente i più importanti) sono:
teoria delle "resource based view", che si focalizza all'interno dell'impresa andando a vedere quelli che sono i punti di forza e di debolezza dell'azienda (Wenerfelt, 1984) e lo stock di fattori che essa possiede o che controlla (Amit e Shoemaker, 1993);
teoria del "behavioral finance", la quale sostiene che il valore di opzione di sviluppo si basa sulla probabilità di accadimento di alcuni eventi, tecnologici o commerciali, e sull'orizzonte temporale di tali accadimenti .
Quando si parla di risorse all'interno di un'azienda, si possono distinguere tra fisiche, umane e di organizzazione (Barney, 1991). Secondo la resource based view, le risorse che creano un differenziale competitivo all'azienda che le possiede sono quelle rare, non perfettamente imitabili, che hanno valore, caratteristiche che si possono riscontrare nelle intangible assets. Il valore d'impresa, e di conseguenza le sue performance economiche e competitive, dipendono in larga misura dall'unicità nella dotazione di risorse immateriali e dalla capacità di accumulare e riprodurre tali risorse nel tempo. Ciò che distingue l'intangibile dai beni materiali è il fatto che il suo valore cresce con il tempo e con l'uso (es. brand equity e customer loyalty) e non è rappresentato in bilancio.
L'asimmetrica dotazione di risorse è fonte di specificità dell'impresa e genera un vantaggio competitivo. Tale vantaggio, a sua volta, aumenta il valore dell'impresa stessa (Wernerfelt, 1984, Rummelt 1984 e 1987; Nelson e Winter, 1992; Feece 1994).
La sequenza:
"asimmetria/specificità vantaggio/performance valore"
genera esiti positivi solo se produce un differenziale di valore per i clienti rispetto ai concorrenti e se l'impresa è in grado di mantenere nel tempo tali differenziali e specificità rispetto ai competitori.
In sintesi, gli elementi che determinano il valore delle risorse e dell'impresa che le detiene sono[14]:
q Rarità e specificità: il differenziale di valore offerto è inversamente proporzionale a riproducibilità, imitabilità e sostituibilità;
q Tempi di Sedimentazione delle risorse e particolarità del processo che ha condotto a tale sedimentazione (path dependence) e che lo rendono difficilmente riproducibile o imitabile,
q Ostacoli incontrati dai concorrenti nel replicare i comportamenti attraverso i quali un'impresa è riuscita a sviluppare il suo particolare patrimonio di risorse;
q carattere idiosincratico delle risorse che le rende difficilmente sostituibili con altre risorse e difficilmente separabili dall'organizzazione.
Si possono classificare le risorse immateriali prendendo in considerazione due criteri diversi:
la loro natura, che le vede divise in risorse di conoscenza e risorse di fiducia;
distinguendo tra risorse immateriali e attività immateriali.
Le risorse di conoscenza sono all'origine di competenze e capacità aziendali, configurandosi in attività e processi organizzativi dell'impresa, mentre le risorse di fiducia (o relazionali) sono forme di conoscenza che hanno origine dai processi di interazione dell'impresa con diverse categorie di stakeholder e determinano lo stato di relazioni dell'impresa.[15]
Risorse immateriali e intangible assets concorrono in misura diversa alla determinazione del valore, in funzione del loro radicamento nel sistema aziendale. Le prime hanno una natura fortemente contestuale e non sono trasferibili senza l'azienda, i beni immateriali, invece, sono più facilmente alienabili (es. brevetti) a prescindere dal contesto che li ha prodotti.
Un [PGI1] asset spesso sottovalutato nella gestione delle aziende è il "capitale sociale", cioè "l'insieme delle connessioni attive tra le persone: fiducia, comprensione reciproca, valori e comportamenti condivisi che legano i membri di network e comunità e rendono possibile un'azione cooperativa".
La fiducia è la componente base del capitale sociale, di cui l'impresa necessita non solo come input, ma anche come output, essendo l'impresa stessa un produttore di capitale sociale.
Il principio di creazione del valore, congiuntamente al principio della qualità totale e di customer satisfaction, è uno dei principi cardine su cui si va concentrando l'impresa moderna.
Mentre il principio di qualità totale è nato negli Stati Uniti ma ha trovato la sua applicazione in Giappone e solo negli ultimi anni in Europa, la creazione di valore è un prodotto tipico della cultura manageriale anglosassone e negli Stati Uniti ha incontrato il successo. Pur non avendo all'apparenza alcun nesso comune (il primo espressione della produzione e di concetti come prodotto, servizio, ricerca, coinvolgimento e qualificazione del personale, partnership coi fornitori; il secondo di derivazione finanziaria e più legato ad aspetti astratti come il valore del capitale economico, la diffusione del valore creato nel mercato, la considerazione dell'interesse dell'azionista, le politiche di bilancio, ecc.) i due concetti sono correlati da almeno due elementi. Da un lato la filosofia gestionale della qualità totale pervade l'attività dell'impresa non solo a livello di prodotto, ma in ogni manifestazione che possa avvicinare l'impresa al raggiungimento della customer satisfaction, unico obiettivo espressamente dichiarato. Il principio di customer satisfaction implica miglioramenti operativi di prodotto e di processo efficaci anche per produrre reddito e controllare i rischi aziendali, quindi, nel lungo periodo, è una strategia creatrice di valore economico.
Dall'altro, qualità totale e orientamento al valore sono anche all'origine di circoli virtuosi e conseguenze qualificanti dell'ambiente economico e competitivo che consentono all'impresa di operare con successo nel lungo periodo.
Più in dettaglio, il valore comprende non solo le risorse economiche, ma anche la capacità di competizione e innovazione, l'integrità del management, la partecipazione e responsabilità dei dipendenti, la dignità e il rispetto di tutti i soggetti interessati. Il concetto implica quindi elementi quantitativi e qualitativi.
Nei suoi elementi quantitativi, il valore è una misura razionale del capitale economico di un'impresa. Tale misura sintetizza quindi parzialmente una realtà produttiva complessa per mezzo di un dato monetario che si presta a essere calcolato attraverso una pluralità di metodi. In altre parole la teoria del valore presenta una portata generale perché, da un lato, consente di superare le differenziate teorie su finalità aziendali e modelli d'impresa (di solito basate sulla massimizzazione del profitto o di altre quantità aziendali), dall'altro, assume una valenza valida per la quasi totalità delle imprese e dei suoi stakeholders.
Una definizione frequente del concetto di valore sostiene che creare valore e diffonderlo significa accrescere la dimensione del capitale economico, cioè il valore dell'impresa intesa come investimento. E accrescere il valore dell'impresa come investimento è la condizione necessaria, ma non sufficiente, per raggiungere la missione dell'impresa, missione che consiste nel servire i bisogni umani e sociali.
Il valore è legato non solo ai flussi di reddito e di cassa che l'impresa produce nell'immediato, ma alle potenzialità accumulate di riuscire a produrre anche in futuro e per lungo tempo tali flussi positivi.
Ai tradizionali obiettivi di impresa si sostituisce, in quanto più proficuo per l'impresa e per la società tutta, quello della crescita duratura del valore di capitale dell'impresa, nei suoi aspetti qualitativi e quantitativi. Ciascuna impresa può operare, e assicurarsi possibilità di successo e di lunga vita, solo creando valore economico.
Di conseguenza, gli obiettivi, funzionali alla sua finalità sociale, che perseguirà l'impresa sono:
q La continua ricerca di una soddisfacente capacità reddituale;
q Il costante controllo dei rischi;
q L'attenzione verso la continuità gestionale.[17]
Secondo la teoria di creazione e diffusione del valore, condizione necessaria per la missione dell'impresa, che consiste nel servire i bisogni umani e sociali, è la ricerca di una soddisfacente capacità reddituale e non di un crescente profitto (o utile di esercizio), come sostenuto invece dalle teorie utilitariste e tipico della visione capitalistica del mercato. Il profitto infatti è una grandezza che misura il valore creato e distribuito dall'impresa all'azionista, cioè al proprietario giuridico dell'azienda. Il reddito invece è una quantità che può essere approssimativamente stimata come differenza tra ricavi e costi. Tale quantità misura quindi la capacità dell'impresa di remunerare tutti i fattori produttivi di cui sono portatori i suoi stakeholders: dipendenti, nella forma di salari e stipendi, lo Stato, nella forma di tasse e imposte, i fornitori, la società, nella forma di benessere sociale e sviluppo economico, ecc.
Il controllo dei rischi (di mercato e specifici dell'impresa) è l'altro grande obiettivo funzionale alla creazione di valore.
Attenzione alla continuità gestionale significa condurre l'impresa avendo come orizzonte temporale il lungo periodo, cioè un arco temporale almeno uguale o superiore ai cinque anni. Il management deve possedere:
una robusta professionalità per capire la complessità del sistema aziendale e dell'ambiente circostante;
Una continua e diffusa creatività imprenditoriale, cioè la capacità di operare sintesi economicamente valide tra bisogni del mercato e competenze attivabili per soddisfarle;
Un comportamento basato sui principi di rispetto delle persone, esercizio del potere come servizio, distacco dalla ricchezza, amore della verità, ricerca disinteressata di ciò che è bene per l'azienda e per la collettività.
Questi valori sono essenziali perché professionalità manageriale e vitalità imprenditoriale si esplichino, con continuità, al servizio dell'impresa e dell'economia.
Le finalità dell'imprenditore non sono esclusivamente di tipo economico, ma sono arricchite da una pluralità di dimensioni.
La vita e il successo dell'impresa dipendono quindi sia dalle azioni di coloro che in essa operano, sia da eventi esterni, in buona parte incontrollabili. Compito dell'economia di impresa, come disciplina scientifica, è di analizzare, interpretare, sistemare logicamente tali azioni ed eventi per coglierne regole ed uniformità di manifestazione, collegamenti, e relazioni . Ciò al fine ultimo di concorrere a rendere consapevoli e razionali le decisioni e le scelte ultime degli uomini che si applicano alla direzione delle imprese, in modo che essi sappiano dominare azioni ed eventi e trarne i massimi possibili risultati. In tale concetto risulta implicito "un'ideale di eccellenza imprenditoriale"[18], il che significa che le imprese debbono incorporare nella cultura valori cardine quali sono la produttività, la qualità, la creatività, il rispetto delle persone e dell'ambiente, lo sviluppo sociale nei suoi diversi aspetti. Valori che devono estendersi a tutti i settori e a tutti coloro che sono impegnati nell'impresa. Eccellenza imprenditoriale significa infatti il successo dell'impresa nel suo complesso e non esclusivamente dell'imprenditore.
Il processo di creazione di valore appare come l'obiettivo di sopravvivenza e di sviluppo nel lungo periodo, ossia con la capacità dell'impresa di accrescere la propria dimensione, di innovare e di produrre ricchezza. Si tratta di un principio in linea non solo con le attese degli azionisti, che sopportano integralmente il rischio di gestione, ma anche con gli interessi espressi dagli stakeholders. In questo caso il valore creato assume connotati differenti e viene trasferito anche ai lavoratori e ai managers, nella forma di soddisfazione personale oltre che economica, agli enti di governo nella forma di contributo finanziario, alla società in generale, nella forma di un rapido sviluppo economico, di un aumento della qualità della vita e del benessere sociale.
Al successo e alla sopravvivenza a lungo termine dell'impresa sono interessati anche i clienti e i fornitori dell'impresa stessa, che basano il proprio successo e la propria sopravvivenza su una rete di relazioni che intrattengono con altre imprese, e il management e i lavoratori, che, nella maggior parte dei casi, non beneficiano direttamente del maggior profitto generato dall'impresa.
Si può notare quindi che gli interessi in gioco sono molteplici e profondamente differenti, ma condividono l'obiettivo di creazione del valore (se accompagnato da equa distribuzione).
Il raggiungimento di dati livelli di redditività, l'espansione di particolari aree d'affari, il miglioramento del servizio offerto ai clienti, la cura dell'ambiente di lavoro, la diffusione di un'immagine positiva e affidabile, la protezione delle risorse naturali si riflettono sulla posizione dell'impresa e contribuiscono a generare valore. Sempre più frequentemente, poi, la prestazione dell'impresa è condizionata da fattori che danno frutti in tempi medio-lunghi. Si pensi, ad esempio, agli investimenti nell'area della ricerca e sviluppo, del marketing, della protezione delle risorse immateriali, dell'aumento del senso di responsabilità e partecipazione dei dipendenti, del miglioramento delle relazioni sociali: si tratta di attività i cui benefici sono difficilmente valutabili nel breve andare, attraverso l'esame dei risultati di bilancio di esercizio, ma contribuiscono in modo determinante al miglioramento delle capacità reddituali prospettiche dell'impresa.
L'insieme di beni immateriali (intangibles) di cui l'impresa dispone (marchi, brevetti, immagine, know-how, ecc.) e gli aspetti qualitativi del valore appaiono difficilmente misurabili attraverso le normali tecniche di rilevazione contabile. Anche in questo caso, l'analisi del valore dell'impresa, condotta a intervalli di tempo determinati, consente di evidenziare il contributo di tali risorse alla generazione di flussi di reddito futuri.
La risorsa umana è la principale ricchezza dell'impresa, e l'impresa, per essere eccellente, dovrà creare le condizioni migliori per la motivazione e lo sviluppo delle persone che al suo interno vivono ed operano[19].
In questa concezione di valore il profitto immediato è posto in secondo piano rispetto al successo di lungo periodo dell'impresa e all'interesse della collettività. Una soddisfacente capacità reddituale è un obiettivo funzionale che l'impresa si da e che testimonia come essa abbia adeguatamente impiegato le risorse, tecniche ed umane, a sua disposizione, ma non è il fine ultimo della gestione.
La persona è il nuovo centro dell'attività d'impresa. Questo significa da un lato che le risorse umane devono essere valorizzate perché sono il vero punto di forza dell'impresa. Dall'altro lato che il concetto di valore richiama l'esigenza per le imprese di creare una relazione e non un semplice contratto con tutti coloro che con essa hanno un rapporto (gli stakeholders) e nel contempo richiama questi ultimi, e tutta la collettività in generale, all'esigenza di avvicinare con attenzione i problemi dell'impresa collaborando in questo modo alla creazione di nuovo valore. La creazione di un sistema di relazioni tra individui, o gruppi di individui, posti in posizioni e livelli di potere differenti ma concordi nell'obiettivo di creazione di valore implica un aspetto umano del rapporto. Tale aspetto si realizza normalmente nel lungo periodo attraverso la generazione di rapporti stabili tra soggetti differenti ed è gestito dall'impresa sulla base di principi che si codificano nella cultura aziendale e si esplicano nei processi organizzativi.
La creazione di valore implica la costruzione di solidi rapporti di fiducia e rende l'impresa competitiva ed aperta allo sviluppo proprio perché punta ad ottenere profitti grazie ad una superiore capacità di servire il cliente, di motivare il personale a collaborare e di ottenere ogni altro consenso e collaborazione di cui necessita. Implica il superamento di logiche imprenditoriali di tipo opportunistico a vantaggio di un'imprenditorialità autenticamente innovativa e si concilia con le giuste esigenze di accumulazione di capitale tangibile e intangibile (patrimonio di fiducia, credibilità, dedizione del personale, conoscenza e saper fare tecnologico, commerciale, manageriale e imprenditoriale) alle quali nessuna impresa che voglia conservarsi vitale può sottrarsi.
Il modello della catena del valore, che rappresenta l'impresa come un'insieme di fasi e di attività che contribuiscono alla formazione del valore finale del prodotto concorrendo ai vantaggi competitivi ed ai costi, presuppone ed indica l'elemento centrale della ragione d'essere di qualsiasi impresa: il servizio economico ai bisogni del cliente.
E' una concezione del valore d'impresa in cui prosperità dell'impresa e soddisfazione degli interlocutori sociali vengono a saldarsi inscindibilmente, al punto di diventare un tutt'uno. Ma perché ciò possa verificarsi è di cruciale importanza che la dimensione umana e la dimensione economica dell'impresa vengano a compenetrarsi[20].
BACCARANI C., Corso di Tecnica industriale e commerciale, Università degli studi di Verona, Anno accademico 1998-1999
GOLIN E., PAROLIN G., Rainbow score . Strategie e bilancio per un'impresa a più dimensioni, Padova, 2001 (in via di pubblicazione)
BRUNI L., "Per un'economia internazionale a dimensione umana: cimenti e prospettive", in Ferrucci A., (ed.), Per una globalizzazione solidale, Città Nuova editrice, Roma, 2001
CAPPELLARI R., "Investire in risorse umane. La direzione del personale nella Knowledge economy", Sviluppo e Organizzazione, n. 186, Luglio/Agosto 2001
[PGI1]io farei un paragrafo a parte su valore e social capital da espandere poi nel II capitolo oppure metterei questa parte un po' ampliata e spiegata laddove parli degli INTANGIBILI
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