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Storia cinese dal 1930 ad oggi - le riforme strutturali alla base della crescita




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Storia cinese dal 1930 ad oggi - le riforme strutturali alla base della crescita


STORIA CINESE DAL 1930 AD OGGI - LE RIFORME STRUTTURALI ALLA BASE DELLA CRESCITA

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STORIA CINESE DAL 1930 AD OGGI - LE RIFORME STRUTTURALI ALLA BASE DELLA CRESCITA


Breve preambolo


- Cade la dinastia mancese e viene proclamata la repubblica. In Cina si apre però una fase tumultuosa e complessa: dopo le prime vittorie, il movimento rivoluzionario sembra destinato a fallire. Il Paese è formalmente retto dal debole governo di Pechino, ma è diviso di fatto in due fazioni: a sud domina il Kuo Ming Tang partito nazionalista, progressista e democratico fondato nel 1912 da Sun Yat-sen; mentre a nord spadroneggiano i signori della guerra, i governatori militari delle province che guerreggiavano fra loro.

Nel 1921 ha luogo la I Internazionale, nel cui ambito dodici persone (un ristretto numero di intellettuali tra cui Mao Tse-tung, uno studente dei "giovani nuovi") fondano il Partito Comunista Cinese.


Mao Tse-Tung


Poeta, Intellettuale, Politico, ebbe una personalità contraddittoria nella quale convissero sempre l'ansia di ribellione e l'esigenza di assicurare alla Cina un potere forte, operante a vantaggio della maggioranza povera. Nato in una famiglia di contadini ricchi del Hunan, rifiutò fin dalla scuola il formalismo autoritario confuciano, preferendo la cultura eterodossa dei romanzi e dei testi di strategia; volontario nell'esercito repubblicano nel 1911, acquisì una raffinata cultura cinese e una buona conoscenza della storia e della filosofia occidentale. Lettore e collaboratore di Gio­ventù nuova, nel 1918 si recò a Pechino dove, bibliotecario all'università, divenne marxista. Fondò la 'Società di studio degli uomini nuovi' e nel 1921 partecipò alla fondazione del Partito comunista cinese.

Scoprì la forza del movimento dei contadini poveri, nel quale identificò subito la spinta decisiva per la rivoluzione. Per Mao i contadini poveri costituivano la principale forza di classe della rivolu­zione cinese; la loro lotta armata, condotta con strategia di guerriglia da un esercito di partito capace di assicurare la copertura dalla repressione, doveva costituire 'basi rosse', nelle quali un potere socialmente contrapposto a quello tradizionale era impegnato a mobilitare e edu­care i contadini, a togliere ai proprietari inattivi la terra e a distribuirla ai poveri. La strategia di Mao ebbe successo e già nel 1930 le 'basi rosse' costituivano una realtà che il partito comunista e l'Internazionale non potevano più trascurare.


Partito comunista e Kuo Ming Tang


Nel 1923 il partito comunista, che contava 195 membri, si allea con il Kuo Ming Tang (il partito nazionalista di Sun Yat-sen), al quale riconosce la direzione della rivoluzione.

Ma nel 1925 muore Sun Yat-sen e all'interno del direttivo del Kuo Ming Tang si apre da lotta per la successione. Tra le varie fazioni, Chiang Kai-shek ac­quista forza e prestigio sempre maggiore e assume la direzione del partito nazionalista.


Viene infatti eletto presidente del comi­tato permanente dell'esecutivo centrale del Kuo Ming Tang nel 1926, e subito promuove una spedizione set­tentrionale contro il governo di Pechino. La spedizione avanza accolta trionfalmente ovunque, soprattutto dai contadini, cui Chiang promette la riforma fondiaria.

A partire dal 1927 il Kuo Ming Tang instaurò un regime autoritario ed iniziò una battaglia contro i comunisti. Chiang Kai-shek la notte del 12 aprile 1927 fece soppri­mere a Sciangai un gran numero di dirigenti comunisti, disorganizzando il loro movimento, e in seguito ruppe con la missione sovietica. L'eliminazione fisica degli esponenti dell'estrema sinistra proseguì sistematica­mente anche in altre regioni, e a Nanchino, già occupata nel marzo 1927, venne stabilito il governo nazionalista cinese. Chiang Kai-shek marciò quindi verso il Nord ed entrò nel giugno 1928, a Pechino.

La feroce repressione aveva costretto i comunisti a rifugiarsi nella regione montuosa del Jianxi, dove nel 1927 costituirono, sotto la guida di Mao Tse-tung, Chou En-lai e Chu-teh, una Repub­blica Sovietica Cinese, che poteva contare su un forte esercito a base popolare, intensificando con successo la loro propaganda tra i contadini, attratti dalla prospettiva di una riforma agraria.                                                     Chiang Kai-shek.

I comunisti erano ormai ben radicati nelle campagne, dove avevano costituito diverse basi rosse in cui detenevano il potere. Aumenta la tensione esistente tra Chiang Kai-shek e la sinistra del Kuo Ming Tang, e nello stesso tempo aumentano le perplessità del Partito Comunista Cinese, in­certo se continuare ad appoggiare la lotta del Kuo Ming Tang di Chiang Kai-shek. Chiang Kai-shek conquista Shangai e rompe i suoi rapporti con il PCC.

Nel 1928 Le forze del Kuo Ming Tang conquistano Pechino: Chiang Kai-shek è la persona più potente della Cina. Sotto la guida di Mao Tse-tung, intanto i comunisti cinesi si riorganizzano nel Chingkanshan.

Mao Tse-tung continua a organizzare il movimento di resistenza nelle campagne aprendo il pe­riodo piú epico della rivoluzione cinese: la Lunga Marcia.

Nel 1931 Chiang Kai-shek iniziò ad una nuova campagna contro i comunisti, ma pochi mesi dopo iniziarono le ostilità dei giapponesi in Cina. Chiang Kai-shek continua a tentare ad annientare le forze comuniste ora unite in una 'resistenza nazionale'.


Soltanto all'inizio de 1935, nel pieno della Lunga marcia, Mao conquistò un primato nel partito che in seguito consolidò allontanando alcuni avversari e acquisendone altri alle sue posizioni. Fu comunque la scelta di impegnare totalmente il partito nella resistenza al Giappone, scatenando contro l'invasore una lotta totale attraverso la guerriglia contadina e la costituzione di 'zone li­berate' controllate dal partito, a porre Mao Tse-Tung al centro del movimento comunista cinese e a identificare i comunisti con la 'resistenza nazionale'.


Nel 1937 si giunge ad una tregua tra il Kuo Ming Tang ed il Partito Comunista Cinese, giustificata da Mao con la necessità di una alleanza contro il nemico comune giapponese.

Ma ancora una volta, terminata la tregua, determinata dalla necessità di lottare contro l'aggressione giapponese, il conflitto fra nazionalisti e comunisti riprese con violenza. I nazionali­sti potevano contare sull'appoggio delle potenze occidentali, che non volevano la nascita di un altro grande stato comunista; il partito di Mao aveva però riscosso sempre più successo nelle campagne, attraverso la distribuzione di terre e la richiesta di una riforma agraria.



Il 14 agosto 1945 le truppe sovietiche entrano in Manciuria per combattere i giapponesi, proprio quando il Giappone, dopo Hiroshima e Nagasaki è costretto alla resa.


Intanto in un clima di grande confusione divampa la lotta tra comunisti e nazionali­sti: i primi avanzano rapidamente grazie alla guerriglia.

Dopo due anni di sanguinosa guerra civile, il 1s ottobre 1949, Mao Tse-tung annunciò a Pechino, ridivenuta capitale, la presa del potere da parte del partito comunista e la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese. Egli ne fu eletto presidente da un'Assemblea nazionale. I nazionalisti, sotto la protezione statunitense, si rifugiarono a Formosa, dove fondarono la Cina nazionalista, che fino al 1971 fu

Chiang Kai-shek ed il Kuo Ming Tang in un di­scorso alla folla        riconosciuta come unica rappresentante


della Cina all'Onu. Il 14 febbraio 1950 fu firmato a Mosca un trattato di amicizia, alleanza e assistenza reciproca tra URSS e Cina.

Dopo la liberazione dai giapponesi, la vittoria sul Kuo Ming Tang nel 1949 e l'eliminazione dei pro­prietari terrieri, Mao accettò il modello sovietico per l'industrializzazione e per la gestione dei settori moderni della Repubblica popolare, di cui assunse la presidenza.

Riprese però l'elaborazione di un'autonoma strategia sociale con la collettivizzazione agraria del 1955 e soprattutto con la creazione delle comuni popolari nel 1958.


Il periodo Maonista


Appena salito al potere Mao Tse-tung dà inizio alla riforma agraria su vasta scala.

All'indomani della rivoluzione del 1949 la Cina era un Paese fortemente arretrato. La popolazione era elevatissima, l'agricoltura scarsamente produttiva e l'industria marginale.

La ricostruzione del paese fu avviata da Mao e dal gruppo dirigente del partito comunista con una serie di riforme economiche e civili finalizzate a spezzare le strutture e i rapporti di tipo feu­dale ancora largamente dominanti in Cina. Fu introdotta una riforma agraria: molti beni furono confiscati con la forza ai grandi proprietari ed in seguito anche ai contadini ricchi e distribuiti ai contadini poveri e medi. Lo Stato acquisì un forte controllo dell'economia.

Vennero anche lanciate grandi e violente campagne di mobilitazione di massa con obbiettivi di propaganda, di controllo sociale e di repressione.

Solo a partire dal 1953 fu avviata una pianificazione dell'economia su modello sovietico, con la nazionalizzazione dell'industria, il controllo delle variabili economiche e della forza-lavoro, e una collettivizzazione dell'agricoltura.

I risultati furono notevoli, con una forte crescita della produzione industriale e del prodotto na­zionale lordo anche se restò debole lo sviluppo dell'industria leggera, e la crescita della produ­zione agricola fu inferiore alle attese. Si ebbe quindi un inasprimento della divisione all'interno del partito fra i pianificatori, favorevoli a uno sviluppo graduale, e i seguaci di Mao, che volevano un'accelerazione del processo di sviluppo.

Prevalse Mao, che nel 1958 lanciò il "grande balzo in avanti", un utopistico programma che prevedeva la crescita della produzione agricola e di quella industriale contemporaneamente. Per realizzare l'obbiettivo posto, il partito lavorò sulla mobilitazione ideologica delle masse (vedremo poi come questo fenomeno sarà descritto da Goffredo Parise nel suo libro): fu iniziata un'intensa


opera di educazione socialista e furono istituite le comuni popolari. Ma la mancanza di reali inve­stimenti in campo tecnologico e lo sfruttamento troppo intenso di terra e lavoro, portarono al fal­limento di questa politica, fino a causare nel 1959-1960 una spaventosa carestia. L'ala moderata del partito prevalse e s'impegnò per ottenere lo sviluppo eco­nomico in modo più graduale.


Questo cambiamento non fece però altro che aumentare gli scontri fra Mao e l'opposizione: nel 1965 Mao e l'ala radicale del partito, lanciarono una nuova grande mobilitazione di massa, la rivoluzione culturale, che intendeva sradicare l'egemonia del partito. Lo scritto politico unitario della Rivolu­zione Culturale è il 'libretto di Mao', tradotto nel mondo in 70 lingue e diffuso in Cina in centinaia di milioni di copie. Que­sto scritto, che riafferma il primato della politica, è servito an­che, essendo scritto in cinese moderno, a superare i dialetti e a imporre a tutti i cinesi un'unica lingua.

Protagonisti di questa fase rivoluzionaria furono le guardie rosse, formate soprattutto da studenti, che avviarono una per­secuzione delle élite intellettuali e tecniche del paese. Le 'Guardie rosse' non erano un'organiz­zazione, ma una generazione di cinesi dai 14 ai 25 anni fatta intervenire da Mao direttamente nel tessuto politico del paese « perché la Cina non cambiasse colore, perché la rivoluzione non fosse un sentimento del passato e neppure semplice stabilizzazione di una vittoria ».

Gli effetti disastrosi della rivoluzione culturale indussero lo stesso Mao a porvi un freno; ripresero forza le componenti moderate che avviarono una politica di stabilizzazione del paese.

I rapporti fra Cina e Russia andarono nel frattempo incontro ad una rottura: l'aiuto economico e tecnologico sovietico si rivelò decisivo per la ricostruzione della Cina, ma dopo la morte di Stalin, i rapporti si deteriorarono e Mao criticò con asprezza il processo di destalinizzazione avviato dall'Unione Sovietica, accusando il paese di tradimento degli ideali socialisti e antimperialisti.                                            Mao Tse-tung.


Chiusa la rivoluzione culturale, la Cina cercò una nuova collocazione internazionale, incomin­ciando ad aprirsi all'Occidente e avviando rapporti diplomatici con gli Stati Uniti.

In risposta a questa innegabile apertura che ha precipitato il ritmo delle trattative che già si sta­vano avendo tra Pechino e Washington, il presidente degli USA Nixon, lo stesso 14 aprile annunciava una serie di  misure per migliorare le relazioni con la Cina: la revisione delle liste dei mate­riali strategici esclusi dalle esportazioni in Cina; l'attenuazione dei controlli valutari; la concessione di visti a turisti provenienti dalla Cina; l'abolizione delle restrizioni alle forniture di carburante alle navi e agli

aerei da e per la Cina; l'autorizzazione al trasporto di carichi cinesi su navi e aerei americani fra porti di paesi terzi. Nel 1971 fu ammessa all'ONU al posto della Cina nazionale del Taiwan.

Si poneva così fine ad una situazione assurda: dal 1949 una nazione di oltre un miliardo di abitanti su una superficie di 9 milioni e mezzo di kmq, la Repubblica Popolare Cinese, era ufficialmente ignorata, men­tre il popolo cinese era rappresentato in seno all'ONU dal governo di Taiwan, o Formosa, o Cina nazionalista, che esercitava la sovranità su venti milioni di abitanti, su un territorio di 36.000 kmq.


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