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La liquidazione dell’imposta, i controlli e l’accertamento




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La liquidazione dell’imposta, i controlli e l’accertamento


Il rapporto giuridico d’imposta è un rapporto obbligatorio che si instaura tra privato e amministrazione finanziaria al verificarsi del presupposto di fatto. Tale rapporto non comporta in capo al contribuente il semplice obbligo del pagamento del tributo, bensì tutta una serie di “adempimenti” collaterali quali ad esempio il dovere di dichiarazione.

I regimi contabili ai fini delle imposte dirette

Il regime di contabilità ordinaria

Il regime di contabilità ordinaria può riguardare sia le imprese che gli esercenti arti e professioni.

Imprese

Il regime di contabilità ordinaria si applica obbligatoriamente alle imprese che nell’anno solare precedente abbiano realizzato un volume d’affari superiore ad € 309.874,14 o ad € 516.456,90 a seconda che abbiano per oggetto prestazioni di servizi o altre attività, nonché alle società di capitali o enti pubblici o privati che esercitano esclusivamente o principalmente attività commerciale, indipendentemente dal volume d’affari realizzato. Il regime di contabilità ordinaria può, inoltre, essere tenuto da tutte le altre società di persone e imprese individuali che, pur non avendo superato i suddetti limiti (cd. imprese minori), abbiano optato per tale regime. L’opzione, da esercitare in sede di dichiarazione IVA, ovvero di dichiarazione unificata da presentare successivamente alla scelta operata, è valida fino a revoca e comunque è vincolante per un triennio, nel caso di regimi di determinazione dell’imposta e un anno nel caso di regimi contabili. Le scritture contabili da tenere sono le seguenti:

libro giornale : il libro giornale è un supporto contabile sul quale devono essere rilevate cronologicamente tutte le operazioni relative all’esercizio dell’impresa. E’ consentito l’uso anche di giornali sezionali per assecondare le esigenze di decentramento e scomposizione della gestione dell’impresa, a condizione però che i dati contenuti in ciascun sezionale siano riepilogati nel libro giornale destinato ad accogliere le scritture generali di rettifica e di assestamento dell’impresa. Il libro giornale può essere composto sia da pagine rilegate sia da fogli mobili.

libro inventari: l’inventario deve redigersi all’inizio dell’esercizio dell’impresa e successivamente ogni anno, entro 3 mesi dalla presentazione della dichiarazione dei redditi. L’inventario deve contenere l’indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all’impresa; ai fini civilistici, per il solo imprenditore individuale, l’inventario deve contenere l’indicazione delle attività e delle passività dell’imprenditore estranee all’impresa. Le voci che compongono la consistenza patrimoniale devono essere raggruppate per categorie omogenee per natura e valore. Il raggruppamento in categorie omogenee per natura implica che i beni devono appartenere allo stesso genere ancorché di diverso tipo; il riferimento al valore è invece rivolto ai beni aventi identico contenuto economico in base al valore normale riferito al momento in cui si procede al raggruppamento.

libro mastro: tra le altre scritture contabili richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa rientra il libro mastro, formato dall’insieme delle schede contabili accese ai diversi conti che compongono il piano dei conti, e che assolve alla funzione di riclassificare sistematicamente nei diversi conti i valori delle operazioni rilevate cronologicamente nel libro giornale. Le scritture ausiliarie non sono sottoposte ad alcuna formalità, non essendo richiesta nè la numerazione, nè la vidimazione iniziale.

Esercenti arti e professioni

Come detto, per quanto attiene agli artisti e professionisti il regime semplificato è divenuto il loro regime naturale dal 1997. È comunque data loro facoltà di optare per il regime ordinario: l’opzione è valida per almeno un triennio nel caso di regimi di determinazione dell’imposta e un anno nel caso di regimi contabili e, salvo revoca, si rinnova automaticamente di anno in anno. Qualora si opti per la contabilità ordinaria le scritture contabili da tenere sono le seguenti:

registro cronologico delle operazioni attive e passive e delle movimentazioni finanziarie (giornalmastro in partita semplice);

registro dei cespiti ammortizzabili (a meno che le relative annotazioni non siano effettuate nel registro IVA acquisti);

registri ai fini IVA

Il regime di contabilità semplificata

Imprese

Il regime di contabilità semplificata si applica alle imprese cosiddette “minori”. Sono considerate imprese minori le imprese individuali e le società di persone i cui ricavi, conseguiti nel periodo d’imposta precedente, non eccedono 360 milioni di lire per le attività di prestazione di servizi e 1 miliardo per le altre attività. Nel caso vengano esercitare più attività, si fa riferimento a quella prevalente in termini di ricavi. In mancanza della distinta annotazione dei ricavi, si considerano prevalenti le attività diverse dalla prestazione di servizi.

Con il regime semplificato è possibile tenere solo i registri ai fini IVA (oltre ovviamente quelli dei dipendenti, se esistenti) integrati con le informazioni estranee all’IVA, ma necessarie per il calcolo del risultato fiscale d’esercizio

Esercenti arti o professioni

Il regime di contabilità semplificate costituisce il regime contabile naturale per gli esercenti arti o professioni, purché non abbiamo optato per la tenuta della contabilità ordinaria. L’eventuale opzione, da esercitarsi in sede di dichiarazione IVA o di dichiarazione unificata, vincola sino a revoca e comunque per almeno un anno.

Nell’ipotesi in cui l’opzione riguardi, invece, il regime di determinazione dell’imposta è vincolante per un triennio. Tali soggetti sono obbligati (e con loro le società o associazioni tra artisti e professionisti che svolgono in forma associata arte o professione) alla tenuta dei registri IVA (registro delle parcelle emesse e registro degli acquisti) e del registro degli incassi e dei pagamenti sul quale devono annotare in ordine cronologico le somme percepite sotto qualsiasi forma e denominazione nell’esercizio della propria attività e le spese inerenti l’esercizio della professione o dell’arte delle quali chiede la deduzione analitica nonché il valore dei beni per i quali si deducono le quote d’ammortamento.

Tuttavia il registro degli incassi e dei pagamenti può essere eliminato avendo cura di annotare nei registri IVA le operazioni non soggette all’imposta sul valore aggiunto e, a fine anno, l’ammontare globale delle somme non pagate e non incassate nell’anno.

Il regime supersemplificato

Il regime supersemplificato è stato introdotto con il provvedimento collegato alla finanziaria 1997 per i cosiddetti “contribuenti minori” e sancisce delle agevolazioni esclusivamente di tipo contabile comportando contestualmente una riduzione degli adempimenti amministrativi.

Le semplificazioni contabili previste per questo regime consistono nell’annotazione cumulativa nei registri IVA o in un apposito prospetto conforme a modello ministeriale delle operazioni fatturate in ogni mese, entro il giorno 15 del mese successivo, e degli acquisti, entro il termine previsto per le liquidazioni IVA. Inoltre, i contribuenti che si avvalgono di tale regime possono semplicemente conservare anziché registrare i documenti relativi a costi non rilevanti ai fini IVA di cui vogliono effettuare la deduzione dal reddito.

Il regime forfetario per imprenditori individuali e lavoratori autonomi

E’ il regime naturale (non c’è bisogno di opzione) per le imprese individuali quando sussistono i seguenti requisiti, riferiti all’anno precedente oppure, mediante previsione, a quello in corso, per le nuove imprese:

  • ricavi non superiori a € 10.329,14 ragguagliati ad anno
  • utilizzo di beni strumentali (anche in leasing) di costo complessivo, al netto degli ammortamenti, non superiore a € 10.329,14 ragguagliato ad anno
  • mancanza di esportazioni
  • corresponsione a dipendenti e altri collaboratori stabili di compensi (comprensivi dei contributi previdenziali e assistenziali) non superiori al 70% del volume d’affari realizzato, sempre nel rispetto del massimale di cui sopra di € 10.845,59

Essendo un regime naturale, salvo opzione per il regime ordinario o semplificato, esso è obbligatorio per i contribuenti aventi i suddetti requisiti. Pertanto, in mancanza di opzione di revoca, occorre calcolare il reddito d’impresa in modo forfetario e non in modo ordinario.

Il reddito imponibile è calcolato applicando al volume d’affari, aumentato dei componenti positivi fuori campo IVA, le seguenti percentuali:

  • 75% per le imprese con attività di prestazione di servizi
  • 61% per le imprese esercenti altre attività
  • 78% per i professionisti

Il regime forfetario per gli enti non commerciali

Possono optare per tale regime solo quegli enti non commerciali ammessi al regime di contabilità semplificata. Il regime è valido sino a revoca e comunque almeno per un triennio.

Per questi soggetti il reddito d'impresa verrà determinato applicando all'ammontare dei ricavi conseguiti nell'esercizio di attività commerciali il coefficiente di redditività corrispondente alla classe di appartenenza, con questi criteri:

a)     attività di prestazione di servizi:

a.      fino a lire 30 milioni, coefficiente del 15%;

b.     da lire 30.000.001 a lire 360.000.000, coefficiente del 25%.

b)     altre attività:

a.      fino a lire 50 milioni, coefficiente del 10%;

b.     da lire 50.000.001 a lire 1.000.000.000, coefficiente del 15%.

All'importo così determinato dovranno essere aggiunti determinati componenti positivi di reddito.

Il regime per le attività marginali

Il regime sostitutivo per attività marginali è applicabile a ditte individuali (persone fisiche) e lavoratori autonomi (professionisti). La sua applicazione necessita di una domanda d’ammissione, da redigere su apposito modello e da presentare all’Amministrazione finanziaria entro il 31 gennaio dell’anno dal quale s’intende adottare il regime. E’ utilizzabile dalle imprese individuali (comprese quelle familiari) quando sussistono i seguenti requisiti, riferiti all’anno precedente:

l’attività esercitata deve rientrare tra quelle assoggettate agli studi di settore

ricavi non superiori ai limiti fissati annualmente dall’Agenzia delle Entrate per i vari settori economici e calcolati sempre in base alla metodologia degli studi di settore.

Tale regime contabile esonera il contribuente dagli adempimenti contabili: non si devono registrare i fatti di gestione e non si deve tenere nessun libro o registro (tranne quelli dei dipendenti, se esistenti). Inoltre, si possono omettere le liquidazioni ed i versamenti periodici dell’IVA, nonché l’acconto annuale della stessa imposta ed il pagamento delle addizionali IRPEF. L’ordinaria tassazione IRPEF del reddito d’impresa (o di lavoro autonomo) è sostituita da una tassazione sostitutiva più favorevole.

Il reddito imponibile da assoggettare a tassazione agevolata è calcolato come differenza tra i ricavi, determinati con l’applicazione degli studi di settore, e le spese fiscalmente deducibili. La tassazione, sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali, avviene con un’imposta agevolata del 15% applicata sul reddito imponibile

Il regime agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo

Il regime sostitutivo per le nuove iniziative è applicabile a ditte individuali (persone fisiche) e lavoratori autonomi (professionisti). La sua applicazione necessita di un’opzione da effettuarsi in sede di presentazione della dichiarazione d’inizio attività. E’ possibile utilizzare questo regime per un massimo di tre anni, ma anche prima di tale termine il contribuente può comunicare la rinunzia al regime agevolato. E’ utilizzabile dalle imprese individuali (comprese quelle familiari) quando sussistono i seguenti requisiti:

il contribuente non deve aver esercitato negli ultimi tre anni (cioè prima dell’inizio della nuova iniziativa) attività d’impresa o professionale, neanche in forma associata;

la nuova attività non deve essere la prosecuzione di un’attività precedente, anche se svolta in qualità di lavoratore dipendente o autonomo;

la nuova impresa deve essere in regola con gli obblighi previdenziali, assicurativi e amministrativi.

I ricavi annuali non devono essere superiori a € 30.987,41 (per le prestazione di servizi) o a € 61.974,83 (per le altre attività). Gli stessi limiti posti ai ricavi di cui al punto sopra, riferiti all’anno precedente, valgono per il caso di subentro in un’impresa già esercitata da altro soggetto.

Tale regime esonera il contribuente dagli adempimenti contabili: non si devono registrare i fatti di gestione e non si deve tenere nessun libro o registro (tranne quelli dei dipendenti, se esistenti). Inoltre, si possono omettere le liquidazioni ed i versamenti periodici dell’IVA, nonché l’acconto annuale della stessa imposta ed il pagamento delle addizionali IRPEF.

Il reddito imponibile è calcolato, in applicazione dei criteri fiscali, partendo dal reddito d’esercizio: reddito d’esercizio + costi fiscalmente indeducibili – ricavi non imponibili – costi non dedotti (nei limiti fiscalmente ammessi). La tassazione, sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali, avviene con un’imposta agevolata del 10% applicata sul reddito imponibile.

La dichiarazione

Nel nostro ordinamento le imposte sui redditi vengono pagate con il sistema della denuncia verificata. L’art. 1 del DPR 600/73 dispone infatti che ogni soggetto passivo deve dichiarare annualmente i redditi posseduti anche se da essi non ne consegue un debito d’imposta. I soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili, poi, debbono presentare la dichiarazione anche in mancanza di reddito.

La dichiarazione si configura come una dichiarazione di scienza (in passato era considerata come una confessione stragiudiziale, con tutte le conseguenze immaginabili), con la quale il contribuente rende edotta l’Amministrazione finanziaria circa la determinazione della base imponibile, il suo ammontare nonché la relativa imposta da versare.

La Dichiarazione deve essere presentata da tutte le persone che l‘anno precedente hanno avuto redditi (dagli imprenditori e dagli esercenti arti e professioni deve essere presentata, come detto, anche se non hanno percepito alcun reddito) su modelli predisposti annualmente dall’Agenzia delle Entrate. I modelli variano a seconda che si tratti della dichiarazione di persone fisiche, società di persone o di capitali.

La dichiarazione delle persone fisiche

Per le persone fisiche il modello da utilizzare può essere UNICO Persone Fisiche (il modello ordinario di dichiarazione che comprende, oltre alla dichiarazione dei redditi, la dichiarazione annuale dei contribuenti Iva, la dichiarazione Irap e, facoltativamente, anche il modello 770 ordinario dei sostituti d’imposta) oppure – se il dichiarante è un lavoratore dipendente o un pensionato – il modello 730.

Quest’ultimo è un modello semplificato di dichiarazione che i lavoratori dipendenti, i collaboratori coordinati e continuativi e i pensionati possono consegnare al proprio datore di lavoro o ente pensionistico oppure ad uno degli appositi Centri di assistenza fiscale (Caf) costituiti dalle associazioni sindacali o dai datori di lavoro. Ai Caf – che possono anche, dietro compenso, compilare la dichiarazione - deve essere presentata tutta la documentazione necessaria. Quest’obbligo sussiste anche se al Caf viene presentata la dichiarazione già compilata. Utilizzare il modello 730 presenta notevoli vantaggi:

è più facile da compilare e non richiede di eseguire calcoli; il contribuente non deve neanche preoccuparsi di far pervenire la dichiarazione all’amministrazione finanziaria. A tutto questo pensano il datore di lavoro o l’ente pensionistico oppure il Caf a cui il contribuente si è rivolto;

il contribuente ottiene il rimborso dell’imposta eventualmente trattenuta in più, direttamente nella busta paga o nella rata di pensione del mese di luglio (per i pensionati che percepiscono la pensione in rate bimestrali il rimborso è effettuato a partire dal mese di agosto o di settembre). In caso debba invece pagare delle somme, queste verranno trattenute direttamente dallo stipendio o dalla pensione. Se lo stipendio o la pensione sono insufficienti per il pagamento, la parte residua, maggiorata degli interessi mensili, verrà trattenuta dalle competenze dei mesi successivi. Il contribuente può anche chiedere (riempiendo una apposita casella della dichiarazione) di rateizzare le trattenute in più mesi, pagando l’interesse dello 0,5% mensile.

Non possono utilizzare il 730 (e devono presentare la dichiarazione col modello UNICO) coloro che possiedono redditi di impresa e redditi derivanti dall’esercizio di arti o professioni, i dipendenti da datori di lavoro che non sono obbligati ad effettuare le ritenute (ad es. lavoratori domestici) e coloro che presentano la dichiarazione per conto di contribuenti deceduti.

Quanto ai tempi per la presentazione della dichiarazione, il DPR 322/98 fissa nel 1° maggio e nel 31 luglio di ogni anno rispettivamente il termine iniziale e quello finale. Il versamento dell’imposta deve invece avvenire (DPR 435/2001 e successive modifiche):

  • entro il 20 giugno (o il 20 luglio ma con una maggiorazione dello 0,40%) dell’anno di presentazione della dichiarazione, il versamento a saldo;
  • entro il termine di versamento del saldo dovuto in base alla dichiarazione relativa all’anno di imposta precedente, il versamento della prima rata di acconto;
  • entro il mese di novembre, il versamento della seconda rata di acconto.

La dichiarazione delle società di persone

Le società di persone devono presentare la dichiarazione, agli effetti dell’IRAP da esse dovuta e agli effetti dell’IRPEF o dell’IRES dovuta dai soci, nei termini fissati per la dichiarazione delle persone fisiche. La dichiarazione è unica e deve contenere l’indicazione degli elementi attivi e passivi necessari alla determinazione degli imponibili.

La dichiarazione delle persone giuridiche

Anche i soggetti IRES, dal 1999, debbono presentare la dichiarazione unica. Solo i contribuenti il cui periodo di imposta non corrisponde con l’anno solare o che devono presentare solo una delle dichiarazioni che confluiscono nella dichiarazione unica, devono continuare a presentare il modello 760.

La dichiarazione dei soggetti IRES, oltre a tutti gli elementi necessari alla determinazione degli imponibili, devono fornire i dati per l’individuazione del contribuente e di almeno un rappresentante.

La dichiarazione dei sostituti d’imposta

La dichiarazione dei sostituti d’imposta persone fisiche, confluisce nella cd. dichiarazione unificata, che consente di assolvere contemporaneamente anche gli obblighi dichiarativi relativi alle imposte sui redditi, all’IVA e all’IRAP. La dichiarazione dei sostituti d’imposta è valevole anche ai fini dei contributi dovuti all’INPS e dei premi dovuti all’INAIL.

I soggetti tenuti ad operare le ritenute alla fonte devono rilasciare un certificato attestante l’ammontare complessivo delle somme e dei valore corrisposti con l’indicazione dell’ammontare delle ritenute operate e delle detrazioni di imposta effettuate.

L’assistenza fiscale

I soggetti possessori di reddito di lavoro dipendente e assimilati che vogliano adempiere l’obbligo dichiarativo, possono avvalersi dei centri di assistenza fiscale (CAF) o dello stesso sostituto d’imposta che abbia scelto di offrire assistenza fiscale. In tal caso il contribuente potrà presentare una apposita dichiarazione (il modello 730) al CAF o al sostituto d’imposta il quale provvederà alla ricezione della dichiarazione, alla verifica della conformità della stessa, al calcolo dell’imposta dovuta e alla comunicazione di quanto risultato al sostituto d’imposta che provvederà al conguaglio.

Correzione ed integrazione delle dichiarazioni

I contribuenti che si accorgono di avere omesso di dichiarare dei redditi o di riportare delle spese detraibili o deducibili possono trasmettere (purché entro il termine di presentazione della dichiarazione) una dichiarazione dei redditi rettificativa del modello Unico già presentato. Sul modello deve essere barrata l’apposita casella “Correttiva nei termini”. Se i nuovi calcoli della dichiarazione rettificativa evidenziano una maggiore imposta o un minor credito, il contribuente deve versare le somme dovute entro i termini previsti. Se scaturisce un maggior credito o una minore imposta, può optare per la richiesta di rimborso o per il riporto a credito per l’anno successivo, ovvero può utilizzarlo in compensazione.

Se invece l’esigenza del contribuente è quella di rettificare o integrare i dati esposti in una precedente dichiarazione, questi può ricorrere alla dichiarazione integrativa. Presupposto per usufruire di tale possibilità è la valida presentazione della dichiarazione originaria (è valida anche la dichiarazione originaria presentata entro novanta giorni dal termine di scadenza).

A seconda del tipo di integrazione o rettifica e dei tempi entro cui viene effettuata, si distinguono vari tipi di dichiarazioni integrative:

da ravvedimento: è quella che consente la regolarizzazione di errori ed omissioni mediante il versamento delle maggiori imposte dovute, degli interessi moratori calcolati al tasso legale e della sanzione pecuniaria ridotta. Deve essere presentata, purché non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche, entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale l’errore o l’omissione si è verificato;

a favore del contribuente: può essere presentata per correggere errori od omissioni che hanno determinato un maggior debito o un minor credito d’imposta. Anche in questo caso la dichiarazione integrativa va prodotta entro il termine di presentazione di quella relativa al periodo d’imposta successivo. Le correzioni operate, se effettuate nei termini, non sono soggette a sanzioni e il maggior credito d’imposta risultante dalla dichiarazione integrativa può essere utilizzato in compensazione.

in aumento: al di là dei termini previsti per il ravvedimento, è sempre possibile correggere gli errori ed integrare le omissioni nelle dichiarazioni che comportino un maggior reddito, mediante la presentazione di una successiva dichiarazione entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione originaria. Sul maggior reddito è applicabile la sanzione per infedele dichiarazione, senza alcuna riduzione. Questa dichiarazione può essere presentata anche quando siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento.

di errori formali: si tratta di una dichiarazione facoltativa, priva di particolari formalità – al limite, nella forma di una semplice comunicazione - con la quale il contribuente che si avvede di aver commesso errori ed omissioni che non incidono sul debito di imposta e non influiscono sull’azione di controllo (errori “meramente formali”) regolarizza la propria posizione.

La riscossione ed i rimborsi

Le imposte sui redditi possono essere pagate in tre modi:

  • ritenuta diretta, è il caso delle imposte dovute sui redditi provenienti dallo Stato;
  • versamenti diretti del contribuente alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato;
  • iscrizione nei ruoli.

I versamenti diretti

L’estinzione del debito d’imposta avviene generalmente attraverso il versamento spontaneo da parte del contribuente. A decorrere dal 1998 è stato attivato il sistema della riscossione unificata che prevede un unico versamento da parte del contribuente delle imposte sui redditi, dell’IVA, dell’IRAP, delle imposte sostitutive sui redditi nonché dei contributi dovuti all’INPS a mezzo di un nuovo tipo di delega di pagamento, il modello F24. Per quanto riguarda certe imposte indirette (come ad esempio l’imposta di registro e le imposte ipotecarie e catastali) e per tutti i versamenti in favore di enti esterni all’amministrazione finanziaria (Comuni, uffici giudiziari, ecc.), si deve ricorrere ancora al modello F23.

Il conto fiscale

Il conto fiscale è uno strumento messo a disposizione di tutti i possessori di partita IVA al fine di regolare i rapporti creditori e debitori con l’amministrazione finanziaria. Su tale conto, che in linea di massima deve essere unico per ciascun soggetto, i concessionari registrano tutti i versamenti e i rimborsi relativi all’IRPEF, all’IRPEG, all’IRAP e all’IVA, alle imposte sostitutive, alle imposte versate in base a dichiarazioni integrative e alle ritenute alla fonte. L’agevolazione di maggior rilievo riconosciuta agli intestatari del conto fiscale consiste nella possibilità di chiedere, tramite un apposito modello, il rimborso delle imposte risultanti dalla dichiarazione. Il rimborso viene effettuato esclusivamente mediante bonifico bancario con accredito sul conto corrente indicato dal contribuente. Il ricorso alla procedura di rimborso tramite conto fiscale è, comunque, destinato a scemare in conseguenza della possibilità di compensare crediti e debiti d’imposta ai sensi del D.Lgs. 241/97.   

L’iscrizione nei ruoli

Mediante tale sistema si riscuotono:

  1. le imposte per le quali non è prevista alcuna ritenuta diretta;
  2. le somme per le quali non è previsto o non è già stato effettuato in tutto o in parte il versamento diretto;
  3. le somme dovute per interessi o sanzioni.

La riscossione delle imposte è affidata ai concessionari della riscossione, società per azioni con determinati requisiti tecnici e organizzativi che possano garantire un servizio di riscossione efficiente ed affidabile (es. le Banche).

Questi ricevono dall’Amministrazione finanziaria i ruoli, ovvero l’elenco dei debitori e delle somme da loro dovute.  L’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo è contenuta nella cartella di pagamento. Il concessionario deve provvedere alla notifica della cartella esattoriale entro l’ultimo giorno del quarto mese successivo a quello di consegna del ruolo. Il debitore deve adempiere entro sessanta giorni dalla notificazione, pena l’esecuzione forzata. Il ruolo, è bene ricordare, costituisce titolo esecutivo sia per le imposte dirette che per quelle indirette.

Il credito d’imposta

Il sistema fiscale italiano prevede la possibilità che il contribuente versi all’erario più del dovuto anticipando somme per le quali poi viene a vantare dei crediti d’imposta. Oltre a tali casi il legislatore tributario può agevolare dei contribuenti, riconoscendo a loro favore dei crediti d’imposta: in questo caso si parla di credito virtuale che la stessa legge attribuisce al contribuente che abbia in precedenza assolto determinati obblighi tributari o si trovi in una determinata situazione soggettiva. Esso è utilizzabile ai fini del pagamento di una o più imposte.

Un esempio in tal senso è costituito dal credito d’imposta previsto a favore degli azionisti al fine di eliminare la doppia imposizione sui dividendi.

Tale credito è riconosciuto al socio in misura pari al 58,73% dell’ammontare dei dividendi e si va ad aggiungere all’utile percepito aumentando il reddito imponibile in capo al singolo socio. Successivamente il credito si detrae dall’I.R.PE.F. dovuta dal socio stesso.

La detrazione del credito d’imposta deve essere richiesta, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui gli utili sono stati percepiti e non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione degli utili nella dichiarazione presentata.

Altra forma di credito d’imposta è quella di cui all’art. 15 del D.P.R. 917/86 relativo ai redditi prodotti all’estero. Cioè se alla formazione del reddito complessivo del soggetto concorrono uno o più redditi prodotti all’estero, le imposte pagate su tali redditi a titolo definitivo sono ammesse in detrazione dall’imposta netta fino a concorrenza della quota di imposta italiana corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero e il reddito complessivo al lordo delle perdite di precedenti periodi di imposta ammesse in diminuzione.

Le compensazioni d’imposta

Quando la dichiarazione dei redditi evidenzia debiti e crediti relativi alla stessa imposta (ad esempio debito IRPEF relativo all’anno d’imposta per cui si compila la dichiarazione e credito IRPEF rappresentato da acconti effettuati l’anno precedente) o ad imposte diverse (ad esempio debito IRAP e credito IRPEF), il contribuente ha il diritto di procedere a compensazione.

Il credito d’imposta che eventualmente residua dalla compensazione può essere richiesto a rimborso o riportato a nuovo per l’anno successivo.

Con l’emanazione del D.Lgs. 9-7-1997, n. 241, in vigore dall’anno 1998 per le persone fisiche titolari di partita IVA, dall’anno 1999 per le società di persone ed enti equiparati e per i soggetti IRPEG, è ammessa la compensazione delle posizioni debitorie e creditorie relative alle imposte sui redditi, alle ritenute alla fonte, all’IVA, alle imposte sostitutive relative alle suddette e anche dei contributi previdenziali ed assistenziali, al credito d’imposta spettante agli esercenti sale cinematografiche e alle altre imposte individuate con decreto del Ministro delle finanze.

I rimborsi

Il contribuente che, per errore materiale, duplicazione o inesistenza parziale o totale dell’obbligazione tributaria o dell’obbligo di versamento, abbia effettuato un versamento diretto o abbia subito ritenuta alla fonte non dovuti o dovuti in misura inferiore, può presentare istanza per richiedere il rimborso delle maggiori somme versate.

Il rimborso può essere chiesto in sede di dichiarazione dei redditi, disposto automaticamente dagli Uffici delle Entrate in sede di liquidazione dell’imposta oppure chiesto successivamente dal contribuente. Insieme alla somma da rimborsare l’ufficio calcola anche gli interessi nella misura fissata dalle leggi tributarie.

Sono eseguiti d’ufficio i rimborsi:

per i crediti risultanti dalla dichiarazione dei redditi, quando il dichiarante non ha optato per la compensazione o per il riporto del credito all’anno successivo oppure quando, avendo scelto per il riporto, si è poi dimenticato di effettuarlo (in questo caso può essere consigliabile presentare comunque una domanda);

per i crediti derivanti da errori materiali imputabili allo stesso Ufficio (ad esempio, iscrizione a ruolo di una somma superiore a quella accertata). In questi casi, se l’amministrazione si accorge dell’errore ha il dovere di provvedere alla restituzione dell’indebito senza necessità di istanza dell’interessato;

per i crediti derivanti da una decisione delle Commissioni tributarie: se l’imposta da iscrivere a ruolo in base alla decisione è inferiore a quella già iscritta e riscossa, l’Ufficio deve disporre lo “sgravio” parziale per effetto del quale il Concessionario della riscossione restituirà le somme riscosse.

I rimborsi sono eseguiti a richiesta dell’interessato in tutte le altre ipotesi di versamenti indebiti o comunque in eccedenza rispetto a quanto dovuto.

Nel caso di rigetto della domanda, il contribuente può proporre ricorso alla competente Commissione tributaria provinciale entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento.

I controlli fiscali

Una volta che il soggetto passivo ha adempiuto la propria obbligazione tributaria inizia la fase di accertamento, inteso come controllo da parte del fisco dell’adempimento o inadempimento del contribuente.

Un primo controllo, c.d. di liquidazione, viene effettuato automaticamente dall’Anagrafe tributaria su tutte le dichiarazioni; un secondo controllo (controllo formale) viene eseguito su campioni delle dichiarazioni dagli uffici dell’Agenzia. Una terza fase (controllo sostanziale) è diretta alla rettifica dei singoli redditi dichiarati e alla individuazione dei soggetti che, pur essendo tenuti alla presentazione della dichiarazione, non vi hanno provveduto

Il controllo formale

Il controllo formale viene svolto su talune dichiarazioni selezionate in base a criteri fissati dal Direttore dell’Agenzia. Tramite il controllo formale, che deve concludersi entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, viene verificata la conformità dei dati esposti in dichiarazione alla documentazione conservata dal contribuente e ai dati desunti dalle dichiarazioni presentate da altri soggetti o trasmessi per legge da enti previdenziali ed assistenziali, banche e imprese assicuratrici.

A questo fine il contribuente la cui dichiarazione è sottoposta a controllo formale è invitato dall'ufficio ad esibire o trasmettere la documentazione attestante la correttezza dei dati dichiarati e a fornire chiarimenti nel caso siano riscontrate difformità tra questi ultimi ed i dati in possesso dell'Agenzia.

Il controllo formale consente di:

escludere in tutto o in parte lo scomputo delle ritenute d'acconto;

escludere in tutto o in parte le detrazioni d'imposta e le deduzioni dal reddito non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti;

determinare i crediti d'imposta spettanti in base ai dati risultanti dalle dichiarazioni e ai documenti richiesti ai contribuenti;

correggere gli errori materiali e di calcolo commessi nelle dichiarazioni dei sostituti d'imposta.

L'esito del C.F. è comunicato al contribuente. Il contribuente che entro trenta giorni, provvede al versamento delle somme richieste beneficia della riduzione di un terzo della sanzione.

L’accertamento nei confronti delle persone fisiche

Oltre al controllo formale, l’Amministrazione finanziaria può procedere ad un controllo di carattere sostanziale o di merito diretto alla rettifica del reddito complessivo del contribuente (accertamento generale) o solo di alcune tipologie di reddito (accertamento parziale).

L’accertamento generale può essere di tre tipi:

analitico: quando l’Ufficio, sebbene la dichiarazione sia incompleta o infedele, è in grado di determinare analiticamente il maggior reddito conseguito o le indebite detrazioni effettuate dal contribuente;

sintetico: cui si ricorre qualora il reddito accertabile determinato in base agli elementi indicatori di capacità contributiva si discosti da quello dichiarato per almeno un quarto e tali scostamenti si verifichino per oltre due periodi d’imposta.

D’ufficio: qualora la dichiarazione del contribuente manchi del tutto.

Il redditometro

Il redditometro costituisce un meccanismo di calcolo presuntivo del reddito sulla base di parametri certi ed uniformi fissati dal Ministero delle Finanze con appositi decreti. Per ciascun anno di imposta sono stati fissati distinti indici e coefficienti presuntivi di reddito (o di maggior reddito), calcolati in relazione alla disponibilità, da parte dei contribuenti, di particolari beni di lusso indicatori di un’elevata capacità contributiva quali: aerei, imbarcazioni, autoveicoli etc.

L’obbligo di elencare nella dichiarazione dei redditi i dati e le notizie relative alle disponibilità di beni e servizi indicativi della capacità contributiva del dichiarante è venuto meno, a partire dal periodo d’imposta 1993. Di conseguenza i beni e servizi che costituiscono i parametri del redditometro dovranno essere acquisiti direttamente dall’amministrazione finanziaria per mezzo di nuovi strumenti quali ad esempio gli studi di settore.

L’accertamento nei confronti di possessori di reddito d’impresa e di lavoro autonomo

Anche per tali contribuenti, l’accertamento può essere generale e parziale. In particolare potremo dunque avere:

accertamento analitico: quando la dichiarazione del contribuente non è conforme alle risultanze delle scritture contabili.

accertamento induttivo: ammesso solo in via eccezionale:

o      quando il reddito d’impresa non è stato indicato in dichiarazione;

o      quando dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha tenuto o ha sottratto all’ispezione stessa una o più scritture contabili;

o      quando le omissioni, le falsità e le inesattezze sono così numerose e gravi da far ritenere inattendibili le scritture contabili;

o      quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti degli Uffici previsti dalla normativa IVA.

A causa della gravità delle infrazioni commesse dal contribuente la legge autorizza l’Ufficio ad avvalersi di presunzioni non qualificate, prive cioè dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

accertamento d’ufficio: vale quanto già detto a proposito delle persone fisiche.

L’accertamento con adesione

L’accertamento con adesione è un istituto conciliativo che consente la rapida definizione dei provvedimenti di rettifica o accertamento redatti dagli Uffici finanziari in materia di imposte dirette, IVA, imposte sulle successioni e donazioni, di registro, ipotecarie e catastali, INVIM e tributi locali.

È una forma di accertamento in un unico atto in contraddittorio con l’interessato e, in quanto definitivo, non alimenta il contenzioso tributario. Introdotto dagli artt. 2bis e 2ter del D.L. 564/ 94, ha subito molteplici modifiche sino all’emanazione del D.Lgs. 19-6-1997, n. 218 che ne ha innovato sensibilmente la disciplina rendendola conforme a quella della conciliazione giudiziale. La nuova normativa, entrata in vigore dal 1° agosto 1997, è accessibile a tutti i contribuenti e si estende a tutte le tipologie di reddito.

L’accertamento con adesione comporta l’applicazione delle sanzioni nella misura di un quarto del minimo per le violazioni concernenti i tributi oggetto di definizione ed il contenuto delle dichiarazioni. Nelle altre ipotesi le sanzioni vengono invece applicate nella misura intera. Con apposita delibera, Province e Comuni possono introdurre, relativamente ai tributi di propria spettanza, l’istituto dell’accertamento con adesione (art. 501, L. 449/97).

Il concordato preventivo e gli studi di settore

Per superare l’inefficacia delle procedure accertative, il legislatore ha previsto il concordato triennale preventivo come prototipo sperimentale di un nuovo metodo di accertamento nel settore dell’imposizione sui redditi. L’inserimento di tale istituto tra gli strumenti che, nell’ambito della riforma dell’imposta sul reddito, consentiranno la realizzazione dell’obiettivo della semplificazione indica che esso non costituirà, al pari dei condoni, un espediente temporaneo di definizione, ma si integrerà a pieno titolo, attraverso anche il potenziamento degli studi di settore, tra gli ordinari metodi accertativi del sistema riformato.

Il concordato dovrebbe caratterizzarsi per la maggiore partecipazione del contribuente nel procedimento amministrativo di accertamento tributario, in modo da individuare una “giusta” imposta che, seppur non condivisa, quanto meno sia accettata dal contribuente, tramite la manifestazione del consenso. Si tratta quindi di un istituto di accertamento tributario, con il fondamentale apporto del contribuente, che dovrebbe concretarsi in un accordo tra quest’ultimo e l’Amministrazione finanziaria.

Con la riforma quindi non è stato istituito un sistema di accertamento rigido, ma partendo dalle risultanze degli studi di settore, si è inteso determinare il quantum dovuto dal contribuente per il futuro, anche se l’obbligazione tributaria non è ancora venuta a giuridica esistenza. In sostanza il concordato preventivo è un’ opportunità fiscale che viene offerta al contribuente, che dovrà decidere fra due possibilità:

il pagamento di un ammontare di imposta prefissato dal fisco, essendo in contropartita esentato da accertamenti fiscali, oppure

il pagamento soltanto di ciò che il contribuente ritiene sia dovuto, restando però soggetto alla possibilità di accertamento.

I contribuenti ammessi al concordato sono le imprese, i professionisti, le società di persone, gli studi associati e le società di capitali che rientrano nei limiti dimensionali degli studi di settore. Pagando un premio, il contribuente elimina la sua esposizione al rischio di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, poiché il concordato preventivo consente di limitare il rischio di accertamento e/o di distorsione fiscale cui i contribuenti sono sottoposti nell’ambito del normale sistema tributario. Inoltre, il concordato determina:

la previsione di una tassazione agevolata delle imposte sul reddito e, in talune ipotesi, dei contributi;

la sospensione degli obblighi tributari di emissione dello scontrino fiscale, della ricevuta fiscale, nonché della fattura emessa nei confronti di soggetti non esercenti attività d’impresa o di lavoro autonomo.

Quali sono i difetti del concordato? Il contribuente onesto, particolarmente avverso al rischio, può essere incentivato a corrispondere al fisco tramite il concordato una somma superiore a quella che sarebbe effettivamente dovuta. Inoltre, poiché il concordato riguarda un periodo triennale, il contribuente potrebbe incontrare difficoltà nello stimare correttamente i suoi redditi futuri. D’altra parte l’Amministrazione finanziaria potrebbe rendere particolarmente gravosi gli accertamenti per incentivare l’accettazione del concordato, anche qui con danno dei contribuenti onesti.

Per il successo del concordato preventivo il fisco deve avere una conoscenza sufficientemente approssimata della distribuzione del reddito fra i contribuenti. Strumento elettivo a far fronte a questa esigenza sono gli “studi di settore” elaborati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze ed applicati alle attività economiche con ricavi o compensi inferiori a 5 milioni di euro.

Lo studio di settore è un “metodo informatizzato a base statistica per il calcolo dei ricavi o dei compensi presunti dell’attività di ogni singola impresa o professionista”. Uno strumento dunque che con eventuali opportune modifiche rispetto alla sua attuale configurazione, appare, almeno in via di principio, particolarmente adatto quale base per il concordato preventivo. Nel 1998 è stato licenziato il primo blocco di studi di settore. Nel 2004 sono stati elaborati tutti i 236 studi programmati, che riguardano circa quattro milioni di contribuenti. Essi forniscono un censimento descrittivo della piccola e media impresa e del lavoro professionale. Ovviamente anche questo strumento non è esente da critiche. Limitandoci a quelle di carattere generale, due sembrano essere le principali osservazioni negative. Anzitutto, il fatto che “se i contribuenti mentono, anche gli studi di settore mentono”. Infatti gli studi di settore sono fondati su dati forniti dai contribuenti stessi. La seconda critica osserva che l’utilizzo degli studi di settore porterebbe ad una “catastizzazione”, nel senso che verrebbe accertato il reddito normale in luogo del reddito effettivo. Peraltro il riferimento al reddito normale può essere ritenuto del tutto accettabile con riferimento al concordato preventivo.

Il condono

Nel 2003 è stato introdotto l’istituto del condono (cosiddetto “tombale”). Tale istituto ha fatto sorgere - a carico del soggetto che decida di avvalersene - l’onere di pagamento di una somma prefissata a seconda del tipo di imposta e per tutti i periodi d’imposta ancora accertabili dall’Amministrazione. I benefici per i contribuenti sono:

la preclusione dagli accertamenti tributari riferiti alle imposte condonate;

l’esclusione dalla punibilità per i reati tributari di dichiarazione fraudolenta, infedele, omessa e occultamento/distruzione di documenti contabili nonché per quelli comuni connessi strumentalmente e riferiti alla medesima situazione tributaria.

L’ampio utilizzo del “perdono” fiscale è criticabile sul piano etico. I condoni suscitano comprensibili reazioni negative soprattutto da parte di chi abitualmente paga imposte e tasse, con conseguente effetto premiante in favore della distorta cultura della evasione e dell’elusione fiscale.

Le agevolazioni tributarie e le esenzioni fiscali

Con il termine generico di agevolazioni tributarie vengono indicati i diversi istituti, previsti nella normativa fiscale, diretti ad accordare un trattamento preferenziale a determinati soggetti d’imposta.

Le agevolazioni tributarie sono introdotte sia in considerazione di particolari situazioni personali sia in base a situazioni oggettive che necessitano di adeguata tutela (agevolazioni per settori produttivi in crisi o per far fronte ad eventi e calamità naturali). Le agevolazioni tributarie sembrano ad un primo esame una sorta di privilegio accordato ai beneficiari in dispregio del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione; a ben vedere, al contrario, esse rappresentano una diretta applicazione di tale principio. Lo Stato ha, infatti, il compito di garantire l’uguaglianza di fatto dei cittadini, rimuovendo tutti gli ostacoli di carattere economico e sociale che ne impediscono la realizzazione.

Ed ancora, le agevolazioni tributarie non appaiono in contrasto con il principio di capacità contributiva fissato nell’art. 53 della Costituzione: è lo stesso costituente, infatti, che, nel richiamare la capacità contributiva, consente un particolare trattamento di favore nei confronti di quanti sono sforniti o limitati in tale capacità.

Dunque, per motivi di politica sociale o di sviluppo economico possono essere sottratti all’imposizione (totalmente o parzialmente) determinati atti aventi rilevanza tributaria.

Per esenzione fiscale si intende invece quel meccanismo agevolativo adottato dal legislatore per motivi di politica sociale o di sviluppo economico al fine di sottrarre (totalmente o parzialmente) all’imposizione fiscale determinati atti di rilevanza tributaria. Le esenzioni si distinguono in soggettive ed oggettive, a seconda che siano dovute in relazione a particolari condizioni del soggetto del tributo oppure riguardino il presupposto di fatto dell’imposta.

Sono esenti da IRPEF e IRES: il reddito dei fabbricati di proprietà della Santa Sede, i redditi degli ambasciatori e agenti diplomatici accreditati in Italia, i redditi di fabbricati e terreni di proprietà dello Stato e degli enti pubblici territoriali etc.


Scarica gratis La liquidazione dell’imposta, i controlli e l’accertamento
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