|
Appunti universita |
|
Visite: 596 | Gradito: | [ Medio appunti ] |
Leggi anche appunti:Lo sciopero (e la serrata)LO SCIOPERO (E LA SERRATA) 1. Profili storici - Sciopero e serrata L'ugualianza dei dirittiL'UGUALIANZA DEI DIRITTI Favorire l'uguaglianza dei diritti non è un Democrazia e federalismoDemocrazia e federalismo Democrazia Il termine deriva dal linguaggio |
Finita l'euforia per la costituzione di una società consumistica dal dopoguerra ad oggi, "Il miracolo italiano" e svilitisi i miti importati dal modello americano, i vantaggi raggiunti si sono sedimentati e per contro si rendono evidenti le sofferenze strutturali a scapito delle quali si è costituita la società odierna.
Come afferma Nils Christie nel suo libro " Abolire le pene? Il paradosso del sistema penale", del 1985, p. 116: "Possiamo vedere come in tutti questi paesi occidentali, il fenomeno si sviluppi secondo quattro fasi principali. All'origine c'è la meccanizzazione del settore primario - agricoltura e pesca- con conseguente drammatico calo di impiego di manodopera. Se ne avvantaggia il settore secondario, l'industria, la cui competitività cresce in maniera incontrollata, fino a raggiungere un livello di meccanizzazione incredibilmente alto, e una drastica diminuzione della forza - lavoro necessaria al funzionamento degli impianti. Il fenomeno è positivo per il settore terziario - servizi, amministrazione, ospedali, università, che assorbono facilmente parte dell'eccedenza - fino a che non si raggiunge il livello di messa in crisi del sistema economico stesso, come sta accadendo proprio ora.
Lo sviluppo industriale nei paesi occidentali ha lasciato il campo alla decadenza post - industriale, allo smantellamento progressivo dell'apparato produttivo che non garantisce più i medesimi profitti raggiunti nell'era dello sviluppo e che viene esportato, esternalizzato come dicono gli addetti ai lavori, nei paesi dove il capitale svolge ancora un ruolo rampante a scapito dei lavoratori privi delle coperture sindacali sviluppatesi qui in occidente.11
Le circostanze economiche e sociali prodotte dalla crisi dell'economia capitalista hanno portato alla diffusione di un generale senso di insicurezza vissuto dalla maggioranza dei cittadini delle società occidentali e ciò è strettamente connesso con l'affermarsi di nuove pratiche repressive in campo penale. Questo senso d'insicurezza è sicuramente di carattere economico, da un lato infatti, il mercato del lavoro si è riorganizzato in prospettiva di una concorrenza estera sempre più incalzante: questo ha portato alla chiusura di molti stabilimenti industriali con conseguente impoverimento delle famiglie che vi lavoravano, i lavoratori non hanno più la forza sindacale degli anni sessanta, ma devono subordinarsi necessariamente alle regole del mercato flessibile, dove il posto a tempo indeterminato è diventato una chimera, e la regola generale è il lavoro a tempo determinato senza protezioni contrattuali (Garland, 2001, p. 167); dall'altro lato è innegabile l'incidenza dei cambiamenti sociali dal dopoguerra ad oggi, infatti la società si è trasformata sotto le spinte modernizzanti dell'economia, nei costumi, abitudini, possibilità e aspettative. La famiglia e la comunità hanno visto svilirsi nell'essere le principali istanze di controllo formale, uomini e donne immessi nel mercato del lavoro lasciano a loro stessi i figli che in un ambiente spesso isolato, periferico e senza spirito comunitario trovano più occasioni e stimoli che in passato nel commettere atti sovversivi dal punto di vista adolescenziale e criminali dal punto di vista della dogmatica sociale.
La criminalità è un fenomeno razionale insito nella struttura sociale di questa società, il benessere ha raggiunto dimensioni di massa, non si consuma più per sopravvivere, ma per dimostrare il proprio status nel ranking sociale, è avvenuta una mutazione nel nostro rapporto con il consumo, il consumo inteso come mezzo di sostentamento e soddisfazione delle esigenze primarie si è evoluto verso un livello simbolico, la possibilità di gratificare o meno il proprio istinto al consumo si erge come spartiacque dell'inclusione ed esclusione sociale (Garland, 2001, p. 164). Spesso il crimine è dunque una risposta di adattamento alle logiche imperanti del consumo, fin da bambini siamo immersi in un continuo flusso promozionale di beni superflui, chi li può avere raggiunge una momentanea soddisfazione quasi fuori dal tempo, chi invece a causa della mancanza di appropriate risorse economiche non ne ha la possibilità vive nella frustrazione di vivere in un mondo in cui tutte le apparenze sembrano di benessere e si scontra con la sua realtà della quale nessuno parla, la realtà dove le aspettative non coincidono con i mezzi. Le nostre società avanzano dunque verso un'angoscia paralizzante, le istituzioni che devono proteggere i cittadini dal crimine svelano la propria inadeguatezza a far fronte ad esigenze di protezione e sicurezza, il monopolio statale della repressione e della violenza claudica di fronte alle cifre e alle analisi che dimostrano come i metodi utilizzati per controllare il crimine siano effettivamente inadeguati ( Garland, 2001, p. 203), le carceri neutralizzano per un periodo ma agiscono sugli effetti e non sulle cause della criminalità, cause che risiedono per la maggior parte nelle disuguaglianze sociali. Per contro le istituzioni poliziesche non sono la cura al male della criminalità diffusa e, anziché risolvere il problema della trasgressione della legge, aumentano il carico di problemi che lo Stato deve affrontare affiancando i limiti del sistema penale moderno al diffuso senso di panico che pervade le nostre società dove il benessere diffuso ha anche creato le basi per una criminalità più ramificata rispetto a quando in passato i beni proprietari non erano così diffusi e stratificati nella società.
( Garland, 2001, p. 179).
Da un punto di vista normativo, il potere e in questo caso il potere di punire cade nelle maglie del proprio insuccesso e si deve dimostrare come autorità la cui legittimazione sia indiscutibile e inattaccabile. Per fare questo parallelamente a come il potere dispotico del sovrano puniva con spettacolarità i propri sudditi che avevano osato sfidarlo anche il potere statuale moderno inasprisce la propria legislazione penale, facendo dei pochi casi in cui riesce a raggiungere una condotta criminale un momento emblematico di riaffermazione del potere .
L'autorità è anche perseguita incolpando manifestamente un certo tipo di condotta criminale che in realtà non avrebbe che una residua pregnanza penale, si utilizza una categoria di persone o di reati come valvola di sfogo e come momento di riaffermazione catartica del proprio diritto a esistere; un esempio di questa condotta ipocrita e paternalista sta nella criminalizzazione dell'uso della canapa e dei suoi derivati, puntando il dito della repressione su questa scelta di massa lo Stato ottiene due vantaggi, persegue una categoria facilmente identificabile di persone14 e si mobilita di fronte agli occhi dell'opinione pubblica più conservatrice che domanda risultati tangibili qualunque essi siano in cambio del proprio voto. Le reazioni politiche e gli sviluppi in materia di ordinamento penale dimostrano come l'inasprimento delle pratiche punitive siano uno sviluppo delle circostanze sopra descritte
( Garland, 2001, pp. 193,194), ad un livello specifico e pratico, la punizione del reo è una faccenda esaurita per la maggior parte in privato fra lo Stato e il criminale all'interno delle apposite istituzioni, relegata nei retroscena dell'espiazione penitenziaria muta e aproblematica non scuote le coscienze della società civile proprio perché la sua esecuzione è in tutto e per tutto ignota.
Ai fini del mio lavoro vorrei sottolineare con energia come sia di drammatica importanza una rivalutazione sostanziale della comunicazione morale che sottende ogni forma di punizione. La punizione oltre a trasmettere infatti un messaggio di minaccia, di deterrenza verso il corpo sociale, mira a condizionare i comportamenti dei cittadini definendo certi atti come immorali per la società, mira inoltre a condizionare il comportamento del condannato al fine di reintegrare chi ha sbagliato nel proprio tessuto una volta scontata la pena.
La nostra società di pari passo con il processo di civilizzazione descritto da Elias in " Uber den Prozeß der Zivilisation. Soziogenetische und psychogenetische Untersuchungenn nel 1939 ha relegato la violenza in luoghi non accessibili al comune cittadino, in luoghi specializzati nell'esecuzione della violenza, violenza che ha acquisito un carattere istituzionale, formalmente circoscritto e indipendente, libero dalle intromissioni di chi non è direttamente coinvolto nella sua somministrazione tecnica, "la tendenza delle istituzioni penale moderne è quella di esercitare uno stretto controllo di tutte le possibili notizie e rappresentazioni [] facendo sì che le dichiarazioni ufficiali diventino le uniche fonti di informazione autorizzate." ( Garland, 1990, p. 306)
Questo circuito indipendente, il sistema carcerario, regola la vita degli individui di cui si occupa attraverso pratiche afflittive che vanno ben aldilà della semplice reclusione che rimane come l'unica interfaccia con la quale i cittadini liberi si confrontano e che conoscono come essere l'unico elemento effettivo della punizione che la loro società infligge. Se la punizione deve instillare un ravvedimento che porti alla riabilitazione nella persona che ha commesso il reato, deve alla stessa maniera rendersi trasparente e visibile agli occhi della cittadinanza che tale punizione sottoscrive, la pena inflitta deve continuare a confrontarsi e con la sentenza irrogata e con il reato commesso, deve mantenere con entrambi un contatto di realtà, e questo contatto deve legare la situazione del condannato alla comunità dei punitori, deve inoltre essere soppesata e proporzionata al tipo di offesa commessa verso il corpo sociale; se l'esecuzione della pena rimane scissa dalla comunità alla quale si unisce solo durante il momento della condanna, se percorre binari privati dopo la sentenza pubblica, è inevitabile che la sua esecuzione tenda ad innescare meccanismi autonomi e circuiti di significato alternativi, come la logica penitenziaria diventa il risultato di uno scollamento netto fra ciò che la comunità percepisce essere la prigione e ciò che la prigione è in realtà .
Affronterò in seguito i termini aggiuntivi di degrado che la reclusione comporta, mi preme adesso come detto poc'anzi accertare che un meccanismo nuovo di reciproca conoscenza fra chi subisce la reclusione e chi non conoscendola la avvalla tacitamente come unica possibilità di punire venga ad essere instaurato come contraltare all'eccessivo potere arbitrario del campo penitenziario. Diventa necessaria una nuova ed esaustiva comunicazione che colleghi la società civile (che delega il diritto di punire ad un apparato tecnico specializzato) ai propri condannati, in modo che la distanza che separa queste due facce della stessa medaglia si affievolisca ed i primi conoscano le sofferenze commissionate ai secondi. La distanza implica a livello morale un abbassamento delle soglie di responsabilità nei confronti del prossimo, colmare questa distanza significa condividere le esperienze altrui e questa è la base minima sulla quale potranno essere messe in discussione le attuali pratiche punitive.
"Quelle società attualmente nel secondo e terzo stadio sono entrate in un mercato ormai quasi completamente aperto, ci hanno sostituito nei ruoli produttivi essenziali, lasciandoci ad affrontare il problema di come coprire lo sterminato settore dei servizi con i redditi calanti del sistema industriale nazionale." Nils Christie " Abolire le pene? Il paradosso del sistema penale", 1985, p. 131.
" Occorre rammentare che in questo periodo si è verificato un'allentamento dei controlli sociali informali - nelle famiglie, nei quartieri, nelle scuole e nelle strade- quale conseguenza della nuova ecologia sociale e del cambiamento culturale. Lo spazio sociale ha esteso i suoi confini, è divenuto più anonimo e incontrollato nel momento in cui offriva più opportunità e tentazioni di violare le norme". D.Garland "La cultura del controllo", 2001, p. 180.
" Mostrare pubblicamente la forza punitiva serve a eludere la consapevolezza che lo Stato non è in grado di contenere la delinquenza a un livello accettabile. Infliggere pene crudeli ai condannati dovrebbe compensare l'incapacità di garantire la sicurezza dell'intera popolazione" -David Garland" la cultura del controllo" 2001, p.207.
" In tutte le società industrializzate, la guerra contro la droga si è sviluppata in una guerra che rafforza concretamente il controllo da parte dello Stato sulle classi potenzialmente pericolose. Queste non sono aggressive,[ ]), ma è il loro modo di vita a essere offensivo. In questa guerra [.] un largo segmento della popolazione non produttiva viene assicurato dietro le sbarre." Nils Christie. "Il business penitenziario, la via occidentale al Gulag", 1993, p. 62.
Appunti su: |
|
Appunti Amministratori | |
Tesine Ricerche | |