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LO SCIOPERO (E
1. Profili storici
- Sciopero e serrata sono entrambi strumenti di autotutela, ma solo lo sciopero assolve alla funzione di tutela di interessi collettivi; la serrata è la "risposta" allo sciopero e normalmente è legata ad interessi individuali
- La sequenza sciopero-delitto/ sciopero-libertà/ sciopero-diritto: corrisponde al diverso atteggiamento dello Stato nei confronti dei mezzi di lotta sindacale; è una sequenza di tipo logico, non cronologico
-
- L'art. 40 e il rinvio alle leggi regolatrici; il nesso fra l'art. 40 e l'art. 39: lo sciopero per il contratto, effettività della libertà sindacale, diritto al conflitto
- il problema delle norme penali rimaste in vigore (rinvio): art. 330 e 333; art. 502 ss.
2. La definizione e i limiti
a) Lo sciopero come fenomeno sociale (astensione dal lavoro) e come diritto; distinzione con altre condotte di autotutela analoghe (ostruzionismo, sabotaggio, occupazione di azienda, blocco stradale ecc.)
- sciopero come diritto: verso lo Stato (no alla repressione penale) e verso il datore di lavoro (a non essere discriminato, a non essere considerato inadempiente); cioè: diritto di libertà e/o potere di sospendere il rapporto; la tutela dell'interesse collettivo, rilievo collettivo nella decisione, non nell'attuazione
b) Le definizioni (in assenza di una normativa di attuazione) e la creazione dei limiti
b1. In origine, la (pre)definizione privatistica: sciopero come diritto potestativo del singolo; da ciò giurisprudenza e dottrina (funzione creatrice) hanno individuato:
- limiti soggettivi di titolarità: solo lavoratori subordinati, no autonomi
- limiti oggettivi: la c.d.disponibilità della pretesa da parte del datore (che deve poter esser in grado di soddisfarla); da ciò conseguenze circa il fine, che deve essere necessariamente economico, di rivendicazione circa le condizioni di lavoro
- limiti quanto alle modalità: la necessaria proclamazione (a garanzia dell'interesse collettivo); il carattere di astensione totale e continuativa (altrimenti violazione delle regole contrattuali di correttezza e buona fede)
b2. Poi si allarga la definizione:
- su un piano di fatto: lo sciopero si definisce in base al comportamento in sé (ma quando si parla di diritto si parla di dover essere, non di essere)
- su un piano giuridico: lo sciopero come diritto della personalità, o diritto assoluto della persona (ma questo non dice molto sul piano del rapporto di lavoro e sugli effetti)
b3. La giurisprudenza costituzionale sullo sciopero:
- si occupa delle norme del codice penale su sciopero e serrata, che non si sono considerate implicitamente abrogate per effetto della caduta del regime corporativo e poi per l'avvento della Costituzione, ma sono state valutate, via via, dalla Corte, in considerazione degli scopi dello sciopero (contrattuale, politico, di coazione dell'autorità, di solidarietà o protesta: l'unica norma dichiarata incostituzionale è quella che perseguiva lo sciopero per fini contrattuali)
b3. Variazioni sui limiti
- limiti soggettivi: restano i limiti per militari (divieto), Pubblica sicurezza, controllori di volo; ma c'è ampliamento verso il lavoro autonomo (art. 506 c.p. e piccoli esercenti), parasubordinati e liberi professionisti (ma è semplice astensione dal lavoro, non sciopero)
- limiti circa lo scopo: dallo sciopero economico a quello economico-politico (collegamento con art. 3, 2°c. Cost), a quello di solidarietà (ma occorre un collegamento fra primi scioperanti e scioperanti per solidarietà), a quello politico puro purché non eversivo (Corte cost. n. 290/74, configurazione dello sciopero come diritto di libertà, non come diritto potestativo), a quello di protesta (no alla serrata di protesta
- limiti esterni, derivanti dalla necessità di tutelare diritti o beni protetti dall'ordinamento in misura superiore o pari allo sciopero (si anticipa la legge n. 146/90)
- limiti sulle modalità di esecuzione: dalla teoria del danno ingiusto e della corrispettività dei sacrifici (sciopero illegittimo sul piano del contratto), alla rilevanza dei soli limiti esterni (ivi compresi quelli ricavabili dall'art. 41 Cost., che tutela non la produzione in sé, ma l'attitudine e la capacità di produrre) ; dalla responsabilità contrattuale a quella extra contrattuale
- dalla liceità dello sciopero al rifiuto della prestazione offerta negli intervalli, in quanto prestazione parziale, che il creditore può non avere interesse a ricevere; problema della definizione della unità utile minima
3. Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali
a) La terziarizzazione del conflitto: dal settore industriale manifatturiero a quello dei servizi:
- cambiano gli attori (la pubblica amministrazione; organizzazioni sindacali solitamente "corporative", che rifiutano il contratto degli altri)
- compare l'utente, come ostaggio e come danneggiato dallo sciopero
- l'autoregolamentazione: una forma di supplenza da parte delle organizzazioni sindacali, che si offrono di farsi carico del problema, assumendosi la responsabilità; ma l'efficacia dell'autoregolamentazione è solo interna al sindacato e le sanzioni per la violazione delle regole sostanzialmente non esistono
- l'intervento legislativo: il modello della legge "secca" che pone condizioni e limiti; il modello più complesso nel quale lo Stato predispone la cornice per un intervento di normazione sociale (c'è la ricerca del consenso): al sindacato si conferiscono poteri di decisione su materie di interesse pubblico, anche se non si interviene sui soggetti collettivi ponendo condizioni di legittimazione
b) La legge n. 146/1990
b1. Scopo: il contemperamento fra i diritti della persona costituzionalmente garantiti e il diritto di sciopero (art. 1, 2°c.)
- individuazione dei beni e dei diritti della persona: elenco tassativo (più ampio però di quello ricavabile dalle sentenze della Corte costituzionale, che si riferiva solo alla vita e alla salute)
- individuazione dei servizi idonei a garantire quei beni: l'elenco è solo esemplificativo
- l'equilibrio sta nella individuazione delle prestazioni indispensabili, che sono oggetto di accordo fra organizzazioni sindacali e pubbliche amministrazioni (o imprese private esercenti i pubblici servizi); due ipotesi interpretative:
- - esistenza oggettiva delle prestazioni indispensabili, con controllo del giudice (poca certezza, svalutazione del ruolo della Commissione di garanzia, possibilità che accordi valutati idonei siano disapplicati dal giudice)
- - assenza di precetto legale: tutto è demandato all'accordo, con il controllo della Commissione e la garanzia finele della precettazione
b2. Le regole
- il preavviso e la durata predeterminata (niente sciopero ad oltranza): art. 2, 5°c.
- l'obbligo di comunicazione scritta (anche con indicazione degli scopi dello sciopero; è propedeutico ai poteri della Commissione in vista di una conciliazione): art. 2, 1°c.
- la pubblicità (il problema dell'effetto annuncio) art. 2, 6°c.
- il principio di rarefazione degli scioperi (per evitare una sequenza di scioperi proclamati da sindacati diversi ma con riferimento allo stesso servizio e allo stesso bacino di utenza
- le procedure di raffreddamento (art. 2, 2°c.)
- le "comandate": la percentuale del servizio oltre la quale non si può andare (è fra i poteri della Commissione)
- la valutazione della Commissione circa l'idoneità degli accordi: in
caso negativo,
b3. Estensione delle regole all'astensione dal lavoro dei lavoratori autonomi e liberi professionisti: art. 2-bis, si punta all'autoregolamentazione
b4. Le sanzioni (art. 4)
- per i lavoratori: sanzioni solo conservative
- per i sindacati dei lavoratori: sospensione dei permessi e delle trattenute per le quote associative, esclusione dalle trattative, sanzioni pecuniarie
per le pubbliche amministrazioni e le imprese: sanzioni economiche per i dirigenti (in più c'è la sanzione per non aver applicato le sanzioni
- il ruolo della Commissione di garanzia (art. 13, lettera i): delibera le sanzioni; per i lavoratori subordinati prescrive al datore di lavoro di applicarle
b5. La precettazione (art. 8): presupposti, soggetti legittimati, contenuto
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