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La Carta dei doveri del giornalista
La Carta dei doveri del giornalista é stata elaborata da una commissione composta da membri del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei giornalisti e della Federazione della stampa e approvata l'8 luglio 1993 dal Consiglio Nazionale. Nonostante sia oggi superata dal nuovo codice deontologico previsto dalla legge sulla privacy é degna di nota in quanto emblematica dell'esigenza, fortemente sentita anche in ambito giornalistico, di un recupero dell'etica professionale.
L'iniziativa é maturata e si é realizzata in un momento storico particolare, in una fase in cui la stampa si è trovata di fronte al difficile compito di dar conto dei fatti eccezionali che hanno abbattuto il vecchio sistema politico e quindi di gestire il ruolo di informatrice di avvenimenti intorno ai quali si è manifestato, da parte dell'opinione pubblica, un interesse senza precedenti. L'attenzione del grande pubblico si è concentrata intorno a fatti oggetto di procedimenti penali; sono venuti così in evidenza i rischi di una interpretazione affrettata e approssimativa dei provvedimenti giudiziari, dell'abbandono dei necessari controlli sulle fonti notiziali, della sistematica violazione delle norme sul segreto istruttorio, di una gestione della professione giornalistica spesso indifferente agli aspetti umani delle vicende di cronaca e ai diritti costituzionali che li proteggono.
La "Carta dei doveri" nasce da esigenze che avevano già avuto concrete manifestazioni in precedenti iniziative di singole testate giornalistiche e in accordi di categoria. Essa ha il merito di definire in termini concreti i doveri dei quali la categoria si riconosce investita . Il lavoro si apre con una breve "Premessa", che, dopo aver riportato testualmente l'art. 2 della l. 3 febbraio 1963, ne individua il fine nella promozione del rapporto di fiducia tra gli organi di informazione e i cittadini . La parte dedicata alla enunciazione dei "Doveri", che costituisce la vera e propria regolamentazione dell'esercizio della professione, si apre con il capitolo dedicato alla "Responsabilità del giornalista"; quest'ultimo tocca un punto essenziale per una corretta informazione: sancisce che "i giornalisti si impegnano a creare gli strumenti idonei (garanti dei lettori, pagine per i lettori, spazi per repliche, ecc.) a favorire il dialogo dei cittadini con gli organi di informazione". Non vi è dubbio che la effettiva istituzione di un "garante dei lettori" che vigili sul rispetto del Codice deontologico contribuirebbe molto ad assicurare a quest'ultimo una certa concretezza e a trasformare i precetti in esso enunciati da mere affermazioni di principio a vere norme poste a garanzia di una informazione più rispettosa dei diritti umani. Affinché, tuttavia, questa iniziativa di raccordo tra i distributori dell'informazione e i fruitori incida concretamente sul costume professionale dei giornalisti è necessario che sia accompagnata da interventi effettivi degli organi disciplinari che puniscano le violazioni e ciò potrà accadere solo se vi saranno seri meccanismi repressivi.
Con i precetti successivi la Carta stabilisce i doveri essenziali del giornalista nei confronti del cittadino, considerato non tanto nel ruolo di semplice destinatario dell'informazione, quanto quale possibile oggetto della notizia diffusa, recependo espressamente i principi elaborati dalla giurisprudenza per regolare il rapporto tra il diritto di cronaca e i diritti inviolabili della persona. A tutela del diritto alla riservatezza, al giornalista è, infatti, consentito pubblicare notizie che attengono alla vita privata delle persone, o i nomi dei congiunti di persone coinvolte in fatti di cronaca solo quando le une e gli altri "siano di chiaro e rilevante interesse pubblico". E' invece imposto un divieto assoluto di pubblicazione dei nomi o di quant'altro possa contribuire alla identificazione delle vittime di violenze sessuali.
Il giornalista é, inoltre, tenuto al rispetto del diritto, enfaticamente definito "inviolabile", del cittadino alla rettifica delle notizie inesatte. L'obbligo deontologico prescinde dalla richiesta del soggetto leso, così che la rettifica deve essere fatta in ogni caso in cui il giornalista si accorga di avere pubblicato una notizia inesatta che possa ledere o danneggiare singole persone, enti, categorie o associazioni. Tale previsione, apparentemente ripetitiva, in quanto già sancita dalla legge sulla stampa e dalla legge istitutiva dell'ordine, consente al cittadino, il cui diritto di rettifica sia stato frustrato dall'organo di stampa, ma che non intenda assoggettarsi alle spese del ricorso al giudice ordinario, di percorrere una via alternativa denunziando il fatto all'ordine di appartenenza del direttore e del giornalista autore dell'articolo, per ottenere almeno che il comportamento degli inadempienti sia sanzionato in via disciplinare.
La Carta richiama, poi, i giornalisti all'osservanza del principio costituzionale della presunzione di innocenza, la deontologia impone al giornalista di "ricordare" che ogni persona accusata di un reato é innocente fino alla condanna definitiva; uniformarsi a questo principio significa non presentare come colpevoli persone che non siano state giudicate tali in un processo, preoccupandosi di non suggerirne l'impressione né con parole, né con la suggestione delle immagini. Infine in caso di assoluzione o proscioglimento dell'imputato la notizia deve essere data "con appropriato rilievo giornalistico".
Quanto alla norma sulle fonti della notizia, questa prevede il dovere del giornalista di controllare l'origine della notizia, di ricercare elementi di raffronto che gli consentano di verificarla, di non ritenersi esonerato dalla verifica neppure in presenza delle fonti "privilegiate". e quindi servirsi di una pluralità di fonti. La norma recepisce quindi il principio elaborato dalla giurisprudenza secondo il quale il giornalista é vincolato al dovere di rispettare la verità usando diligenza e cura nella scelta delle fonti e nella verifica delle informazioni .
Il delicato problema di contemperare il diritto-dovere di informazione con le esigenze di tutela dei minori era stato già affrontato dal Consiglio dell'Ordine nazionale dei giornalisti e dalla Federazione italiana della stampa con la Carta di Treviso, non stupisce quindi che la Carta dei doveri del giornalista si limiti ad un richiamo alle norme espresse dalla prima . Dopo aver affermato il dovere del giornalista a conformarsi ai principi sanciti dalla convenzione ONU del 1989 sui diritti del bambino, ribadisce l'impegno della categoria professionale a non pubblicare il nome o qualsiasi elemento che possa condurre all'identificazione dei minori coinvolti in casi di cronaca e a valutare, prima della pubblicazione, se la diffusione relativa al minore giovi effettivamente all'interesse dello stesso.
Quanto ad una valutazione critica, il Codice dei Doveri se da un lato, non é stato minimamente in grado di prendere in considerazione la questione dei rapporti tra informazione e segreto istruttorio (eppure il lavoro vede la luce proprio in un periodo, denso di avvenimenti giudiziari, in cui gli organi di informazione sistematicamente diffondono notizie, relative a fatti di cronaca senza assoggettarle a seria verifica, con l'unico obbiettivo di arrivare primi alla pubblicazione), dall'altro, nel complesso ha comunque avuto il merito di costituire un corpus di precetti che se rispettati sono in grado di garantire una corretta informazione, e di fornire pertanto agli organi disciplinari parametri certi alla stregua dei quali svolgere la loro azione. Sebbene l'intento da cui è partita l'iniziativa è non tanto il desiderio di garantire che l'esercizio della professione giornalistica sia svolta nel rispetto dei diritti della persona, quanto la difesa della stessa categoria dei giornalisti, attraverso la repressione dei comportamenti che ne compromettono la dignità.
La predisposizione di uno strumento che oltre alle regole vere e proprie enuncia i "Principi" che le ispirano, non consentendo, pertanto, delle stesse interpretazioni elusive, pone la funzione disciplinare dei Consigli su un piano diverso rispetto al passato. Gli atti dei procedimenti disciplinari celebrati dai Consigli degli ordini prima dell'entrata in vigore del Codice deontologico mettono in evidenza, infatti, il frequente ricorso da parte degli incolpati, nelle loro difese, alla denuncia della inesistenza di regole corrispondenti agli addebiti formulati e lo sforzo dei collegi giudicanti di ricavare di volta in volta dai principi generali insiti nell'art. 2 della Legge istitutiva dell'ordine il precetto da applicare alla fattispecie posta al loro esame.
Il recupero di una maggiore concretezza nella enunciazione dei principi a base della professione giornalistica é potenzialmente foriera di una maggiore correttezza dell'informazione e di un reale rispetto delle posizioni dei cittadini nel momento in cui ne divengono oggetto. In verità sia perché gli interventi degli organi disciplinari si sono risolti il più delle volte in mera censura interna, sia perché le sanzioni disciplinari irrogate, si sono rivelate poco incisive, neppure l'entrata in vigore del nuovo Codice deontologico é riuscita a garantire un equo contemperamento tra il diritto di informazione e i diritti della persona.
La legge n.675 del 1996 sulla protezione dei dati personali ha previsto la emanazione di un nuovo codice deontologico da parte di apposita commissione e affidato il compito di assicurarne il rispetto alla neo istituita autorità del Garante. Il codice é stato approvato, ed è entrato in vigore nel dicembre 1997. Sull'argomento vd. anche il par. 6 cap. I.del presente lavoro.
Vd. Dell'Anna Misurale F.,Commento alla Carta dei doveri del giornalista, in Contratto e impresa 1994.
La Premessa di cui alla Carta dei doveri del giornalista sancisce appunto che "E' diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed é loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte e riparati gli eventuali errori. Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori".
Trattasi in particolare della sentenza della Cassazione civile 1984 n. 5259, che ha individuato nella verità della notizia, nella correttezza della forma espositiva e nella rilevanza pubblica dei fatti esposti, i requisiti scriminanti l'esercizio del diritto di cronaca rispetto ai diritti della personalità.
La Carta di Treviso, sottoscritta nell'ottobre del 1990, prevede una serie di regole dirette a proteggere la riservatezza dei minori dalla invadenza dei media. Essa ribadisce il dovere deontologico di tacere qualsiasi particolare possa consentire la identificazione del minore comunque coinvolto in un fatto di reato. L'esigenza a che il minore sia preservato dalla curiosità del pubblico rimanendo nell'anonimato é pertanto considerata esigenza assoluta e prevalente su ogni altro interesse.
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