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Il titolo del secondo libro del codice contempla i delitti contro la pubblica Amministrazione. Il concetto di pubblica Amministrazione comprende tutta l'attività dello stato. Viene, quindi, tutelata l'attività legislativa e giudiziaria. Sono delitti contro la pubblica Amministrazione tutti quelli che colpiscono l'attività funzionale dello Stato. I delitti che ci accingiamo ad analizzare sono distinti dal codice in due classi:
Delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica Amministrazione;
Delitti dei privati contro la pubblica Amministrazione.
Nei reati della prima classe l'offesa implica sempre una violazione dei doveri funzionali delle persone che esercitano mansioni pubbliche; nei delitti della seconda classe, invece, il turbamento è recato da individui che sono estranei all'attività funzionale colpita dall'azione criminosa. Il capo primo e il capo terzo, ove compaiono le nozioni di pubbliche e incaricato di pubblico servizio, hanno subito notevoli modificazioni per effetto della legge 26 aprile 1990 n. 86. La riforma ha impegnato il parlamento per molto tempo. Sono state definite le nozioni di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio (art. 357 e 358); sono state estese agli incaricati di pubblico servizio le incriminazioni per concussione (art. 317) e per abuso di ufficio (art. 323) prevedendosi per quest'ultimo reato una nuova formula che si assume capace di ricomprendere elementi di disvalore delle ipotesi del peculato per distrazione ed interesse privato in atti d'ufficio. I primi commenti della dottrina hanno evidenziato più dissensi che consensi.
Il codice Zanardelli delineava unicamente la figura del pubblico ufficiale, stabilendo all'art. 207 che per gli effetti della legge penale sono considerati pubblici ufficiali:
Coloro che sono rivestiti di pubbliche funzioni, anche temporanee, stipendiate o gratuite, a servizio dello Stato, delle provincie o dei comuni, o di un istituto sottoposto per la legge alla tutela dello stato, di una provincia o di un comune;
I notai;
Gli agenti della forza pubblica e gli uscieri addetti all'ordine giudiziario.
Ai pubblici ufficiali erano equiparati per espressa previsione di legge, i giurati, gli arbitri, i periti, gli interpreti e i testimoni, durante il tempo in cui sono chiamati ad esercitare le loro funzioni.
Il codice Rocco ha distinto tre figure giuridiche; quella del pubblico ufficiale, quella dell'incaricato di un pubblico servizio e quella dell'esercente un servizio pubblica necessità. L'art. 357 prima della citata riforma, recava: "Agli effetti della legge penale sono pubblici ufficiali:
Gli impiegati dello stato o di un altro ente pubblico che esercitano, permanentemente o temporaneamente, una pubblica funzione, legislativa, amministrativa o giudiziaria;
Ogni altra persona che esercita, permanentemente o temporaneamente, gratuitamente o con retribuzione, volontariamente o per obbligo, una pubblica funzione, legislativa, amministrativa o giudiziaria".
L'art. 358 stabiliva: "Agli effetti della legge penale, sono persone incaricate di un pubblico servizio:
Gli impiegati dello Stato o di un altro ente pubblico, i quali prestano, permanentemente o temporaneamente, un pubblico servizio;
Ogni altra persona che presta, permanentemente o temporaneamente, gratuitamente o con retribuzione, volontariamente o per obbligo, un pubblico servizio".
Infine, l'art. 359 tuttora dispone: "Agli effetti della legge penale, sono persone che esercitano un servizio di pubblica necessità:
I privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni il cui esercizio sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando dell'opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a valersi;
I privati che, non esercitando una pubblica funzione, né prestando un pubblico servizio, adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della pubblica Amministrazione".
Così stando le cose la legge 26 aprile 1990 n. 86 si diede espressamente carico di mettere ordine nella materia con gli art. 17 e 18 con i quali si fornivano nuove definizioni legislative, mantenendosi le qualifiche soggettive di pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio. All'art. 17, che sostituisce l'art. 357, si stabilisce che: "Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, amministrativa o giudiziaria. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi, e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica Amministrazione e dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi". L'art. 18, costituente il nuovo art. 358 del codice, precisa: "Agli effetti della legge penale, sono incaricati di pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale".
Le due categorie non esigono quel rapporto che sorge quando una persona mette volontariamente la propria attività a servizio di altri a fine professionale, e cioè in modo continuativo, contro una determinata retribuzione. In ogni caso è indifferente che l'esercizio della funzione o del servizio sia permanente o temporaneo, e per i privati è pure indifferente che l'esercizio stesso sia già gratuito o retribuito, volontario od obbligatorio. La distinzione tra le due categorie nel sistema del codice dipende dalla distinzione tra pubblica funzione e pubblico servizio. Le originarie formule del codice Rocco non rispondevano all'interrogativo sul modo in cui si distinguevano tale mansioni e nella Relazione Ministeriale sul progetto si afferma che ciò era stato fatto mediatamente, perché si riteneva che i concetti di pubblica funzione e di pubblico servizio non potessero essere diversi da quelli forniti dalla dottrina, e, quindi, la risoluzione dei problemi relativi esulasse dal compito della legiferazione penale, dovendo ritenersi riservata alla scienza del diritto penale. Senza dire che questa distinzione, di particolare importanza per il penalista risulta esserlo assai meno per i cultori del diritto amministrativo.
A nostro modo di vedere, le difficoltà che si presentano per tracciare una linea netta di demarcazione tra la pubblica funzione e il servizio pubblico e, quindi, tra la categoria del pubblico ufficiale e quella dell'incaricato di pubblico servizio, non sono superabili. La ragione di ciò deve ravvisarsi nel fatto che si tratta sempre di mansioni pubbliche, le quali assumo le forme più diverse con gradazioni innumerevoli. Le difficoltà sono accresciute dal fatto che la distinzione delle mansioni, specie ai fini penali, è stata adottata in vista di due finalità diverse: da un lato per stabilire a carico dei pubblici ufficiali una maggiore responsabilità nel caso di violazione dei rispettivi doveri; dall'altro per assicurare ad essi una maggiore protezione di fronte alle possibili offese degli estranei. Accanto alla larga classe delle persone che formano o concorrono a formare la volontà dell'ente pubblico o in qualsiasi modo lo impersonano di fronte agli estranei, la qualifica di pubblico ufficiale, come già da noi sostenuto in passato, va riconosciuta a due altre categorie di individui:
Coloro che sono muniti di poteri autoritari, e particolarmente delle facoltà di procedere all'arresto o di contestare contravvenzioni (capitani di nave);
Coloro che sono muniti di poteri di certificazione, vale a dire le persone che hanno la facoltà di rilasciare documenti che nel nostro ordinamento giuridico hanno efficacia probatoria (notai).
Il nuovo testo dell'art. 357 ha ciò riconosciuto quando ha accennato a quella caratteristica della funzione amministrativa che è il suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi. Tutte le altre persone investite di mansioni di interesse pubblico che non appartengano alla categoria degli esercenti un servizio di pubblica necessità, a nostro parere vanno considerate come incaricati di un pubblico servizio.
Come risulta dal testo dell'art. 359 che sopra abbiamo riferito, questa categoria comprende due gruppi di persone. Il primo è costituito dai privati che esercitano professioni il cui esercizio non è consentito senza una speciale abilitazione da parte dello Stato, sempre che dell'opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a valersi. Le principali professioni per le quali la legge prescrive una speciale abilitazione sono quelle di avvocato e procuratore, notaio, medico, chirurgo, veterinario, chimico, farmacista, levatrice, ingegnere, architetto, agronomo, perito industriale o agrario. Il secondo gruppo di esercenti un servizio di pubblica necessità è costituito dai privati che, senza esercitare una pubblica funzione né prestare un pubblico servizio, adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della Pubblica Amministrazione.
La speciale qualifica di regola non è sufficiente; occorre anche un particolare rapporto tra il fatto criminoso e le attività che giustificano la qualifica stessa. Talora si richiede la contestualità del fatto con l'esercizio delle funzioni o dei servizi, e cioè che il fatto sia commesso durante questo servizio. In altri casi l'esercizio delle mansioni figura come elemento determinate. Sono le ipotesi nelle quali il fatto deve verificarsi a causa delle funzioni o dei servizi. In altri si postula un nesso finalistico tra il fatto e le mansioni. Così nel reato di cui all'art. 318 si esige che il pubblico ufficiale si lasci corrompere per compiere un atto del suo ufficio. Importanti sono gli effetti della cessazione della speciale qualifica. Il codice nell'art. 360 stabilisce a proposito: "Quando la legge considera la qualità di pubblico ufficiale, o di incaricato di pubblico servizio, o di esercente un servizio di pubblica necessità, come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un reato, la cessazione di tale qualità, nel momento in cui il reato è commesso, non esclude l'esistenza di questo né la circostanze aggravante, se il fatto si riferisce all'ufficio o al servizio esercitato".
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