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Il lavoro subordinato




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Il LAVORO SUBORDINATO

La dottrina tradizionale considerava il rapporto di lavoro subordinato nel settore privato l'oggetto esclusivo del diritto del lavoro in senso stretto. Di tale branca del diritto si registra, invece, oggi una tendenza espansiva; la tendenza cioè a regolamentare anche altri rapporti di lavoro, diversi da quello dipendente, ma ritenuti parimenti meritevoli di tutela giuridica.

Ciò detto, si pone innanzitutto il problema dell'individuazione dei caratteri costitutivi del rapporto di lavoro subordinato (c.d. 'locatio operarum'), di quello autonomo (c.d. 'locatio operis' o contratto d'opera) e di quello parasubordinato.

La distinzione tra questi diversi tipi di rapporto non è questione di poco momento: basti pensare, a titolo esemplificativo, che la disciplina particolarmente favorevole dettata in tema di recesso del datore di lavoro ovvero di previdenza ed assistenza si applica, in linea di principio, al solo rapporto di lavoro subordinato.

Il rapporto di lavoro subordinato

L'art. 2094, c.c., riferendosi al rapporto di lavoro alle dipendenze di un'impresa, definisce il prestatore di lavoro subordinato come colui che 'si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore'. Per i rapporti di lavoro con datori non imprenditori provvede l'art. 2239, c.c., che dispone l'applicabilità anche a questi ultimi della normativa del lavoro nell'impresa, in quanto compatibile con la specialità del rapporto.

Sulla base del dettato dell'art. 2094, c.c., gli elementi di qualificazione del lavoro subordinato vengono individuati nella subordinazione e nella collaborazione del prestatore.

La subordinazione

La subordinazione rappresenta l'elemento qualificante del rapporto di lavoro in oggetto, indipendentemente dal luogo in cui questo si svolge, e ciò in quanto esso implica per definizione una prestazione non autonoma, ma svolta alle dipendenze e sotto la direzione del datore o di chi per lui.

Il grado di subordinazione effettiva varia, riducendosi via via che si passa dal lavoro meno qualificato alle prestazioni di alta specializzazione: questa, però, è solo un'implicazione di fatto, non conferente sul piano giuridico-formale.

La subordinazione del lavoratore presenta i seguenti caratteri:

è tecnica e funzionale, cioè determinata dalla prestazione ed a questa collegata;

è personale, in quanto investe la personalità stessa del prestatore, assoggettato perciò al potere direttivo e disciplinare del datore e dei collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende;

è patrimoniale, avendo origine contrattuale e ricollegandosi alla retribuzione;

è costante, poiché variano solo, in relazione alle mansioni a ciascuno attribuite, i limiti della subordinazione.

Come osserva la dottrina prevalente (SANTORO, PASSARELLI, PERA), la subordinazione è una notazione non meramente economica - da intendere cioè in termini di inferiorità socio-economica e, dunque, di condizione sociale - ma propriamente giuridica - imposta cioè dalla normativa del codice. Essa comporta, infatti, che l'osservanza delle disposizioni a cui è tenuto il prestatore sia garantita dalle sanzioni che colpiscono le infrazioni del lavoratore, così come anche gli abusi del datore.

Proprio perché nel rapporto di lavoro di cui trattasi il prestatore si mette a disposizione del datore per svolgere l'attività dedotta nel contratto, i rischi connessi allo svolgimento dell'attività lavorativa gravano sul datore. Più precisamente, su quest'ultimo gravano il rischio economico e la responsabilità verso i terzi per i danni causati dai dipendenti, mentre è coperto per legge da assicurazioni sociali obbligatorie il rischio dell'inabilità al lavoro e ricadono sugli istituti di assistenza e previdenza obbligatori - e solo indirettamente sul datore - i rischi per gli incidenti sul lavoro e le malattie professionali.

La collaborazione

Venendo all'altro carattere costitutivo del rapporto di lavoro subordinato, e cioè la collaborazione, va rilevato che autorevole dottrina ritiene che il riferimento ad essa, contenuto nell'art. 2094, c.c., sia da considerare quale 'omaggio ideologico' alle tesi dominanti all'epoca dell'emanazione del codice. Secondo tali tesi, l'ordinamento del rapporto di lavoro doveva essere proiettato al superamento del conflitto tra le classi sociali; conflitto inconciliabile con il sistema corporativo di disciplina dei rapporti di produzione (GHERA).

Tuttavia, l'elemento della collaborazione può ritenersi ancora oggi attuale se inteso come descrittivo, per così dire, del fenomeno della partecipazione di un soggetto all'attività lavorativa di un altro soggetto.

Più in dettaglio, si ritiene che la collaborazione si specifichi:

nella continuità ideale della disponibilità delle energie lavorative, intellettuali o manuali, poste al servizio del datore;

nell'inserimento del lavoratore all'interno dell'organizzazione produttiva.

Anche il grado di collaborazione effettiva, come quello di subordinazione, varia col variare dell'intensità del vincolo che lega il prestatore al datore.

Gli indici della sussistenza della subordinazione

Se è vero che quelli di cui si è appena detto sono i caratteri costitutivi del rapporto di lavoro subordinato, è anche vero che non sempre nel caso concreto è facile stabilire se un determinato rapporto di lavoro partecipi oppure no di tali caratteri.

L'elemento della subordinazione, in particolare, non sempre può agevolmente apprezzarsi. Tale difficoltà ha dato vita ad un nutrito contenzioso che ha portato la giurisprudenza ad individuare determinate circostanze di fatto, ricavate per massima d'esperienza dalla realtà sociale, da considerarsi come indici o spie della sussistenza dell'elemento della subordinazione. Se ne menzionano alcune, e cioè:

il luogo della prestazione, sempre che il lavoratore si rechi a lavorare nei locali apprestati dal datore;

la predeterminazione dell'orario di lavoro;

l'inserimento del prestatore nell'organizzazione produttiva;

l'incidenza del rischio sul datore di lavoro.

Si sottolinea, però, che nessuno di tali criteri - e degli altri che pure sono stati individuati dalla giurisprudenza - è decisivo ai fini dell'esatta qualificazione del rapporto di lavoro, essendo la stessa sempre rimessa alla prudente valutazione del giudice.

Il rapporto di lavoro autonomo

Ai sensi dell'art. 2222, c.c., si ha lavoro autonomo o 'locatio operis' o contratto d'opera 'quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente'.

Come si evince dalla lettura di tale norma, nel rapporto di lavoro autonomo, l'oggetto della prestazione è rappresentato dall''opus perfectum', ossia dal risultato finale dell'attività organizzata dallo stesso prestatore; risultato che potrà essere ovviamente assai diverso a seconda della specifica natura dell'opera o del servizio il cui compimento è dedotto in obbligazione.

Dunque, il lavoratore autonomo si trova in una posizione di autonomia, essendo rimessa alla sua piena discrezionalità la scelta circa le modalità, il luogo ed il tempo di organizzazione della propria attività e ricadendo completamente su di lui il rischio inerente all'esercizio dell'attività lavorativa (salva l'ipotesi di cui all'art. 2228, c.c.).

Tale posizione di autonomia rappresenta l'elemento che differenzia il lavoratore autonomo dal lavoratore dipendente, che si trova, al contrario, in una posizione di subordinazione, dovendo prestare il proprio lavoro secondo le direttive, la vigilanza ed il controllo del datore sul quale incide il rischio connesso allo svolgimento dell'attività lavorativa. Ancora, nel rapporto di lavoro dipendente oggetto della prestazione non è il risultato, ma le 'operae' (pertanto si parla di 'locatio operarum'), ossia le energie lavorative che il datore impiega per conseguire un risultato utile a proprio rischio.

La giurisprudenza ha anche chiarito che nel caso di contemporanea sussistenza di rapporto di lavoro subordinato e rapporto di lavoro autonomo va applicata la disciplina del rapporto i cui caratteri assumono prevalente rilevanza qualitativa e quantitativa.

Il rapporto di lavoro parasubordinato

Il rapporto di lavoro parasubordinato può essere definito come quel rapporto che, a prescindere dalla sua formale ed incontestata autonomia, si caratterizza, oltre che per la continuità, per il carattere strettamente personale della prestazione, integrata dall'impresa e da questa coordinata (PERA).

Quindi, tale rapporto di lavoro è caratterizzato dalla:

  • continuatività, nel senso che esso - se pure eventualmente fondato su più contratti - deve avere stabilità e durata nel tempo (restano escluse le prestazioni uniche ed occasionali);
  • coordinazione, che comporta l'inserimento del lavoratore nell'organizzazione predisposta dal datore, il collegamento con i fini da questo perseguiti e - compatibilmente con l'autonomia professionale del lavoratore - la sottoposizione all'ingerenza ed alle direttive del datore stesso;
  • personalità della prestazione, che deve prevalere sull'aspetto imprenditoriale, tenuto conto del numero dei collaboratori, dell'entità dei capitali impiegati e del giro d'affari del lavoratore parasubordinato.

Del rapporto di lavoro in oggetto manca, allo stato attuale, una regolamentazione sostanziale diretta e protettiva. Tuttavia, la considerazione della posizione di inferiorità socio-economica in cui versa il lavoratore rispetto al committente, ha indotto il legislatore ad estendere, con la L. 11-88-73, n. 533, la disciplina delle controversie individuali di lavoro anche ai 'rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione d'opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato'.

Le forme tipiche di rapporto parasubordinato sono dunque:

  • l'agenzia, che, ai sensi dell'art. 1742, c.c., è il contratto con il quale 'una parte assume stabilmente l'incarico di promuovere, per conto dell'altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti di una zona determinata';
  • la rappresentanza, che, in conformità con l'art. 1752, c.c., ricorre quando all'agente è conferita dal preponente la rappresentanza per la conclusione dei contratti.

La giurisprudenza ha, poi, ritenuto che rientrino, tra gli altri, nello schema del rapporto di lavoro parasubordinato:

  • il contratto di scrittura artistica, purché avente ad oggetto l'effettuazione periodica di prestazioni;
  • l'attività del procacciatore di affari, svolta mediante prestazioni a carattere personale ripetute per un apprezzabile lasso di tempo e coordinate con l'organizzazione ed i fini perseguiti dal preponente;
  • l'attività di consulenza, purché le parti ne concordino lo svolgimento per un periodo apprezzabilmente lungo ed in relazione ad una serie di incarichi.

I soggetti del rapporto di lavoro subordinato: il datore di lavoro

Nozione e classificazione dei datori di lavoro

E' datore di lavoro chi dà ad altri un lavoro alle proprie dipendenze in cambio di una retribuzione. Per lo status giuridico di datore di lavoro non sono previsti requisiti particolari, applicandosi senza eccezioni le norme generali dettate per la capacità giuridica e di agire.

I datori di lavoro possono essere distinti in vari modi. La più usuale classificazione è tra datori di lavoro non professionali e professionali

[1] Questi ultimi sono a loro volta suddivisi in industriali, commerciali, agricoli, artigiani.

La Pubblica amministrazione come datore di lavoro

Prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 29/'93, la natura giuridica pubblica o privata del datore di lavoro rivestiva un'importanza fondamentale. Infatti, qualora il datore di lavoro fosse lo Stato od un Ente Pubblico non economico, non si applicava la disciplina del lavoro subordinato bensì la normativa relativa al pubblico impiego. In seguito al citato D.Lgs. e ad una serie di successivi provvedimenti, si è giunti ad una quasi totale equiparazione del rapporto di impiego alle dipendenze della P.A. al rapporto privato di lavoro subordinato.

Il prestatore di lavoro subordinato

Ai sensi dell'art. 2094 c.c. è prestatore di lavoro subordinato colui che "si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore". Tale definizione, tuttavia, risulta incompleta in quanto esclude le forme di lavoro subordinato che non vengono prestate nell'ambito dell'impresa come il lavoro domestico o il lavoro a domicilio. La dottrina è pertanto pervenuta a definire il lavoratore subordinato come "colui che si obbliga, dietro retribuzione, a prestare il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione di un altro soggetto".

Il volontariato

L'art. 2 della L. 266/91 (legge quadro sul volontariato) definisce come attività di volontariato quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organiz-zazione cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà. Tale attività non può essere retribuita ed è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro, autonomo o subordinato, con l'organiz-zazione di appartenenza. Al lavoro di volontariato non si applica la disciplina del lavoro, eccetto l'obbligo di assicurazione dei volontari contro gli infortuni e le malattie connessi all'attività prestata e per la responsabilità civile verso i terzi.


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