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Il lavoro a tempo parziale (part-time) si caratterizza per un orario, stabilito dal contratto individuale di lavoro, inferiore all'orario di lavoro normale (full-time). L'istituto è stato completamente ridisegnato dal Dlgs n. 61 del 2000 il quale ha abrogato la previdente normativa ed ha introdotto una nuova disciplina conforme agli indirizzi comunitari e rispondente all'esigenza di promuovere una maggiore diffusione a tale tipologia contrattuale. Su tale testo normativo è intervenuto dapprima il Dlgs 100/01 e, da ultimo, il Dlgs 276 del 2003 (art. 46), mediante il quale il legislatore ne ha drasticamente modificato il contenuto nei suoi profili più significativi.
Il rapporto a tempo parziale può essere:
orizzontale quando la riduzione d'orario è riferita al normale orario giornaliero (si lavora tutti i giorni della settimana lavorativa, ma in ciascun giorno per un minor numero di ore);
verticale quando la prestazione è svolta a tempo pieno ma per periodi predeterminati nella settimana, nel mese e nell'anno (si lavora a tempo pieno ma solo in alcuni giorni della settimana, o mese o dell'anno);
misto quando il rapporto di lavoro a tempo parziale è articolato combinando le modalità orizzontale e verticale (ad es. si lavora tutti i giorni della settimana lavorativa, ma il lunedì, martedì e mercoledì ad orario pieno, mentre il giovedì e il venerdì a part time).
Il rapporto di lavoro a tempo parziale si è rivelato un valido strumento per incrementare l'occupazione di particolari categorie di lavoratori, come giovani, donne, anziani e lavoratori usciti dal mercato del lavoro. Si configura come un rapporto di lavoro stabile, non precario, che permette di soddisfare le esigenze di flessibilità delle imprese da una parte e di adattarsi a particolari esigenze dei lavoratori quali la conciliazione tra lavoro e famiglia.
Il rapporto a tempo parziale può essere stipulato dalla generalità dei lavoratori e dei datori di lavoro. La disciplina del lavoro a tempo parziale si applica interamente anche al settore agricolo. Nel settore pubblico è possibile ricorrere al lavoro part-time, ma non si applicano le modifiche introdotte dalla riforma.
Il contratto di lavoro part-time è un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato. Deve essere stipulato in forma scritta ai fini della prova e deve contenere puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e dell'orario di lavoro, con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno. La mancanza della forma scritta non determina la nullità del contratto di lavoro, ma solo una limitazione dei mezzi probatori. Anche nel caso della mancanza della durata della prestazione non comporta nullità del contratto a tempo parziale. qualora l'omissione riguardi la durata della prestazione lavorativa, infatti, su richiesta del lavoratore può essere dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data del relativo accertamento giudiziale, Se invece l'omissione riguarda la sola collocazione temporale dell'orario, il giudice provvede a determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale con riferimento alle previsioni dei contratti collettivi o, in mancanza, con valutazione equitativa.
Il lavoratore part-time non deve essere discriminato rispetto al lavoratore a tempo pieno per quanto riguarda il trattamento economico e normativo:
ha diritto alla stessa retribuzione oraria del lavoratore a tempo pieno, anche se la retribuzione, l'importo dei trattamenti economici per malattia, infortunio e maternità vengono calcolati in maniera proporzionale al numero di ore lavorate, salvo che i contratti collettivi non stabiliscano che il calcolo avvenga in maniera più che proporzionale;
ha diritto allo stesso trattamento normativo dei lavoratori assunti a tempo pieno sotto tutti gli aspetti quali la durata del periodo di ferie annuali, la durata del congedo di maternità e del congedo parentale, il trattamento della malattia e infortunio ecc.
Rispetto alla precedente disciplina, il Dlgs 276/2003 prevede maggiore flessibilità nella gestione dell'orario di lavoro e minori vincoli per la richiesta di prestazione di lavoro supplementare, lavoro straordinario e per la stipulazione di clausole flessibili o elastiche. I contratti collettivi devono stabilire i limiti, le causali (per il lavoro supplementare), le condizioni e modalità (per il lavoro elastico e flessibile) e le sanzioni legati al ricorso al lavoro supplementare, elastico e flessibile. In ogni caso:
Lavoro supplementare: è prestato oltre l'orario di lavoro stabilito nel contratto di lavoro part-time orizzontale (anche a tempo determinato), ma entro il limite del tempo pieno; quando il tempo pieno non sia stato raggiunto è ammissibile anche nel part-time verticale o misto. Non è più necessario rispettare il limite massimo del 10% delle ore lavorate e in caso di superamento dei limiti è stata abolita la sanzione legale della maggiorazione del 50%. In attesa che i contratti collettivi stabiliscano altri limiti massimi, è necessario il consenso del lavoratore. La mancanza del consenso non costituisce mai un giustificato motivo di licenziamento. I contratti collettivi stabiliscono anche il trattamento economico per le ore di lavoro supplementare.
Lavoro straordinario: è il lavoro prestato oltre il normale orario di lavoro full time. È ammissibile solo nel rapporto di lavoro part-time di tipo verticale o misto anche a tempo determinato.
Lavoro elastico: è prestato per periodi di tempo maggiori rispetto a quelli definiti nel contratto di lavoro part-time verticale o misto a seguito della stipulazione di clausole elastiche.
Lavoro flessibile: è prestato in periodi di tempo diversi rispetto a quelli fissati nel contatto di lavoro part-time di tutte e tre le tipologie a seguito della stipulazione di clausole flessibili. Il lavoro a turni non integra una clausola flessibile
Le clausole elastiche e flessibili possono essere stipulate anche per i contratti a tempo determinato. La disponibilità del lavoratore allo svolgimento di lavoro flessibile ed elastico deve risultare da un patto scritto e, salve diverse intese fra le parti, è richiesto un periodo di preavviso di almeno due giorni lavorativi da parte del datore di lavoro. In assenza delle disposizioni dei contratti collettivi il datore di lavoro e i lavoratori possono concordare direttamente clausole flessibili ed elastiche.
Il lavoratore a tempo parziale ha gli stessi diritti e doveri nei riguardi del datore di lavoro di tutti i lavoratori subordinati. Ha inoltre il diritto, se previsto dal contratto individuale, di precedenza nel passaggio dal part-time a full-time rispetto alle nuove assunzioni a tempo pieno, avvenute nelle unità produttive site nello stesso ambito comunale e per le stesse mansioni o mansioni equivalenti.
Il lavoratore a tempo pieno ha invece il diritto a essere informato, anche con comunicazione scritta in luogo accessibile a tutti, dell'intenzione di procedere ad assunzioni a tempo parziale per poter presentare domanda di trasformazione.
Il lavoratore affetto da patologie oncologiche ha il diritto di trasformazione del rapporto di lavoro da full-time a part-time. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno quando il lavoratore lo richieda. Il datore di lavoro, oltre ai diritti e doveri tipici del rapporto di lavoro subordinato, ha:
il diritto a richiedere lavoro supplementare, straordinario e stipulare clausole flessibili ed elastiche secondo le modalità e nei limiti indicati dalla legge;
il dovere di informare le rappresentanze sindacali aziendali dell'andamento del ricorso al lavoro part-time;
il dovere di informare i lavoratori dell'intenzione di procedere a nuove assunzioni part-time e full-time e di trasformare il contratto ai lavoratori affetti da malattie oncologiche
Il lavoro ripartito (anche chiamato job sharing) è un rapporto di lavoro speciale, disciplinato dagli artt. 41 - 45 del Dlgs 276/03, mediante il quale due lavoratori assumono in solido l'adempimento di un'unica e identica obbligazione lavorativa. La solidarietà riguarda le modalità temporali di esecuzione della prestazione nel senso che i lavoratori possono gestire autonomamente e discrezionalmente la ripartizione dell'attività lavorativa ed effettuare sostituzioni fra loro. Entrambi sono direttamente e personalmente responsabili dell'adempimento dell'obbligazione. Questa forma contrattuale ha l'obiettivo di conciliare i tempi di lavoro e di vita, attraverso nuove opportunità di bilanciamento tra le esigenze di flessibilità delle imprese e le esigenze dei lavoratori.
Il contratto di lavoro ripartito può essere stipulato da tutti i lavoratori e da tutti i datori di lavoro, ad eccezione della pubblica amministrazione. Rispetto a quanto previsto dalla precedente normativa (circolare Ministero del lavoro e della previdenza sociale n. 43/1998), la vera novità del contratto di lavoro ripartito previsto dalla legge Biagi sta nell'aver limitato la possibilità di gestire il lavoro in solido a due lavoratori.
Il contratto di lavoro ripartito, a fini probatori, deve avere forma scritta e contenere le seguenti indicazioni:
la misura percentuale e la collocazione temporale del lavoro giornaliero, settimanale, mensile o annuale che si prevede venga svolto da ciascuno dei due lavoratori, secondo gli accordi intercorsi e ferma restando la possibilità per gli stessi lavoratori di determinare, in qualsiasi momento, la sostituzione tra di loro o la modifica consensuale della distribuzione dell'orario di lavoro (che deve essere comunicato al datore con cadenza almeno settimanale, al fine di certificare le assenze)
il luogo di lavoro, nonché il trattamento economico e normativo spettante a ciascun lavoratore
le eventuali misure di sicurezza specifiche per l'attività lavorativa svolta
Il rapporto di lavoro può essere stipulato a termine o a tempo indeterminato. Per quanto riguarda il trattamento economico, vige il principio di parità di trattamento rispetto ai lavoratori di pari livello e mansione. Il trattamento è comunque riproporzionato in base alla prestazione lavorativa effettivamente eseguita.
Il datore non può opporsi alla ripartizione dell'attività lavorativa stabilita dai due lavoratori. Ai fini previdenziali i lavoratori ripartiti sono assimilati ai lavoratori a tempo parziale, ma il calcolo delle prestazioni e dei contributi dovrà essere effettuato mese per mese, salvo conguaglio in relazione all'effettivo svolgimento della prestazione lavorativa.
In caso di dimissioni o licenziamento di uno dei due lavoratori, il rapporto si estingue anche nei confronti dell'altra parte, ma il datore di lavoro può chiedere all'altro di trasformare il rapporto in un contratto di lavoro subordinato a tempo pieno o parziale. Il datore può anche rifiutare l'adempimento di un terzo soggetto.
La disciplina del rapporto di lavoro ripartito è demandata sostanzialmente alla contrattazione collettiva in quanto il Dlgs 276/03 (art. 43) stabilisce che solo in mancanza di contratti collettivi, e salve le specifiche disposizioni contenute nello stesso provvedimento, si applicherà la normativa generale sul lavoro subordinato in quanto compatibile con la particolare natura del rapporto di lavoro ripartito. Gli elementi caratterizzanti della fattispecie sono certamente l'elasticità della prestazione ed il vincolo di solidarietà tra i due lavoratori.
Essi comportano che:
i lavoratori hanno facoltà di determinare discrezionalmente e in qualsiasi momento in sostituzioni tra di loro, nonché di modificare consensualmente la collocazione temporale dell'orario di lavoro;
ogni lavoratore è personalmente e direttamente responsabile dell'adempimento della intera obbligazione lavorativa e il datore di lavoro può esigere l'esatto adempimento della prestazione da ciascun lavoratore.
Il contratto di lavoro intermittente (o a chiamata) è un contratto di lavoro mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione del datore di lavoro per svolgere determinate prestazioni di carattere discontinuo o intermittente (individuate dalla contrattazione collettiva nazionale o territoriale) o per svolgere prestazioni in determinati periodi nell'arco della settimana, del mese o dell'anno (individuati dal Dlgs 276/2003, artt. 33-40). Questo contratto costituisce una novità per l'ordinamento italiano ed è previsto in due forme: con o senza obbligo di corrispondere una indennità di disponibilità, a seconda che il lavoratore scelga di essere o meno vincolato alla chiamata. L'obiettivo del contratto intermittente è la regolarizzazione della prassi del cosiddetto lavoro a fattura, usato finora per le richieste di attività lavorativa non occasionale ma con carattere intermittente. Rappresenta anche un'ulteriore possibilità di inserimento o reinserimento dei lavoratori nel mercato del lavoro.
Può essere stipulato da qualunque lavoratore:
non appena saranno individuate le esigenze che consentono il ricorso a tale contratto attraverso la contrattazione collettiva;
immediatamente per il lavoro nel week-end o in periodi predeterminati dai contratti collettivi (ferie estive, vacanze pasquali o natalizie), come chiarito dalla nota ministeriale del 12 luglio 2004.
Può essere stipulato immediatamente, in via sperimentale, da:
lavoratori disoccupati con meno di 25 anni;
lavoratori con più di 45 anni che siano stati espulsi dal ciclo produttivo o che siano iscritti nelle liste di mobilità e di collocamento.
Può essere stipulato da qualunque impresa ad eccezione di quelle che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi prevista dalla legge sulla sicurezza nei posti di lavoro (Dlgs 626/1994). Non può essere stipulato dalla pubblica amministrazione.
Il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato a tempo determinato o indeterminato. Deve avere la forma scritta e deve contenere l'indicazione di una serie di elementi (che devono conformarsi a quanto sarà contenuto nei contratti collettivi) quali: durata, ipotesi che ne consentono la stipulazione, luogo, modalità della disponibilità, relativo preavviso, trattamento economico e normativo per la prestazione eseguita, ammontare dell'eventuale indennità di disponibilità, tempi e modalità di pagamento, forma e modalità della richiesta del datore, modalità di rilevazione della prestazione, eventuali misure di sicurezza specifiche.
Non è possibile ricorrere al lavoro intermittente nei seguenti casi:
sostituzione di lavoratori in sciopero;
se si è fatto ricorso nei sei mesi precedenti a una procedura di licenziamento collettivo, ovvero se è in corso una sospensione o riduzione d'orario con cassa integrazione (questo divieto è derogabile da un accordo sindacale) per le stesse unità produttive e/o mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
da parte
di imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi
dell'art. 4 del Dlgs 626 del
Al lavoratore intermittente deve essere garantito un trattamento economico pari a quello spettante ai lavoratori di pari livello e mansione, seppur riproporzionato in base all'attività realmente svolta. Per i periodi di inattività, e solo nel caso in cui il lavoratore si sia obbligato a rispondere immediatamente alla chiamata, spetta un'indennità mensile, divisibile per quote orarie. È stabilita dai contratti collettivi, nel rispetto dei limiti minimi fissati con decreto ministeriale, e non spetta nel periodo di malattia oppure di altra causa che renda impossibile la risposta alla chiamata. Il rifiuto di rispondere alla chiamata senza giustificato motivo può comportare la risoluzione del rapporto, la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo all'ingiustificato rifiuto, e il risarcimento del danno la cui misura è predeterminata nei contratti collettivi o, in mancanza, nel contratto di lavoro. I contributi relativi all'indennità di disponibilità devono essere versati per il loro effettivo ammontare in deroga alla normativa in materia di minimale contributivo. Nel caso di lavoro intermittente per predeterminati periodi della settimana, del mese o dell'anno l'indennità è corrisposta solo in caso di effettiva chiamata.
Appunti su: orario ridotto modulato flessibile, rapporti di lavoro a orario flrssibile, contratti lavoro a tempo ridotto2C modulato o flessibile, |
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