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PrincÌpi generali sulle impugnazioni penali




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PRINCÌPI GENERALI SULLE IMPUGNAZIONI PENALI


Impugnazione è quel rimedio esperibile da una parte al fine di rimuovere un provvedimento giurisdizionale svantaggioso, mediante il controllo operato da un giudice differente da quello che ha emesso il provvedimento medesimo.

Le impugnazioni ordinarie possono essere esperite entro un termine stabilito a pena di decadenza: decorso tale termine senza che sia stata proposta impugnazione, la sentenza diventa irrevocabile.

Sono impugnazioni ordinarie l'appello ed il ricorso per cassazione.

Le impugnazioni straordinarie sono quelle che hanno ad oggetto provvedimenti divenuti irrevocabili.

Sono impugnazioni straordinarie la revisione ed il ricorso per cassazione per errore materiale o di fatto.

L'appello è un'impugnazione regolare nel senso che esso è ampiamente concesso dal legislatore.

L'appello non ha garanzia costituzionale: il 111.7 Cost. menziona solo il ricorso per cassazione.

In sintesi, il giudice di appello è giudice del merito e della legittimità in funzione della riforma o della conferma della sentenza di primo grado.

Viceversa, la Corte di cassazione è giudice della sola legalità processuale e sostanziale.

La Corte di cassazione di regola non può riformare la sentenza, ma solo pronunciarne l'annullamento.

I princìpi generali che regolano le impugnazioni ordinarie sono il principio di tassatività, l'effetto sospensivo dell'impugnazione, l'effetto estensivo, l'effetto devolutivo.

Il principio di tassatività emerge dal 568.1, secondo cui La legge stabilisce i casi nei quali i provvedimenti del giudice sono soggetti a impugnazione e determina il mezzo con cui possono essere impugnati.

Sono sempre soggetti a ricorso per cassazione, quando non sono altrimenti impugnabili, i provvedimenti coi quali il giudice decide sulla libertà personale e le sentenze.

Per le ordinanze che non decidono sulla libertà vale la regola della tassatività: non sono impugnabili se non quando ciò è previsto per legge.

Le ordinanze emesse negli atti preliminari al dibattimento e nel dibattimento sono impugnabili solo unitamente alla sentenza.

Per quanto riguarda l'effetto sospensivo, l'esecuzione della sentenza, di regola, è sospesa durante il corso dei termini per impugnare e fino all'esito dell'ultimo giudizio di impugnazione concretamente esperito.

Ciò è coerente con la disposizione del 650.1, secondo il quale Salvo che sia diversamente disposto, le sentenze e i decreti penali hanno forza esecutiva quando sono divenuti irrevocabili.

L'effetto sospensivo dell'impugnazione deriva dal 27.2 Cost.

La regola dell'effetto sospensivo trova la sua eccezione per le impugnazioni contro i provvedimenti in materia di libertà personale: tali impugnazioni non hanno in alcun caso effetto sospensivo (588.2).

L'effetto estensivo consiste nel consentire ad una parte, che non ha proposto impugnazione, di partecipare al giudizio e di giovarsi degli effetti favorevoli derivanti da una impugnazione proposta da altra parte, con la quale la prima abbia un interesse identico o collegato (587).

Si distingue tra effetto estensivo dell'impugnazione ed effetto estensivo della sentenza.

L'effetto estensivo dell'impugnazione permette alla parte non impugnante di partecipare al giudizio di impugnazione promosso da altra parte con la quale abbia un interesse identico o collegato, sollecitando l'estensione a suo favore dei motivi non esclusivamente personali da altra parte proposti.

L'effetto estensivo della sentenza comporta che il giudice dell'impugnazione, nell'accogliere un motivo di carattere non personale, dispone la modifica o l'annullamento della sentenza impugnata anche nei confronti del coimputato del medesimo procedimento, che non ha presentato impugnazione o che non ha partecipato al giudizio di impugnazione.

E veniamo all'effetto devolutivo.

Il "capo" della sentenza è identificabile con la singola imputazione, il "punto" è costituito da una tematica di fatto o di diritto che deve essere trattata e risolta per giungere alla decisione in merito ad una o più imputazioni.

La parte che impugna deve enunciare, oltre al provvedimento impugnato e al giudice che lo ha emesso:

a. i capi od i punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione;

b.  le richieste;

c.  i motivi, con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.

I motivi di impugnazione definiscono l'ampiezza della cognizione del giudice di secondo grado.

L'impugnazione è interamente devolutiva quando la legge attribuisce al giudice dell'impugnazione il potere di conoscere tutta la materia decisa dal primo giudice; è limitatamente devolutiva quando la legge consente al giudice dell'impugnazione di conoscere solo quella parte della materia che è stata oggetto dei motivi proposti dalla parte impugnante.

E veniamo ai soggetti legittimati ad impugnare.

Dal principio di tassatività deriva che non "chiunque" può proporre impugnazione, ma solo le "parti".

Inoltre, è necessario che la parte abbia un interesse ad impugnare (568.4).

Il principio trova una deroga apparente nella potestà di impugnazione conferita al p.m. pro reo: infatti, la funzione del p.m. è quella di far osservare la legge.

In base al 570, quando la legge ammette che un provvedimento sia impugnabile dal p.m., si deve intendere che il provvedimento medesimo può essere impugnato sia dal p.m. presso il giudice di primo grado, sia dal p.m. presso la Corte d'appello.

Purché ne abbia interesse (568.4: Per proporre impugnazione è necessario avervi interesse), l'imputato può proporre impugnazione penale, personalmente o per mezzo di un procuratore speciale.

Il difensore dell'imputato al momento del deposito del provvedimento può impugnare il provvedimento medesimo anche quando l'imputato non lo abbia fatto.

In applicazione delle regole generali, i rapporti tra l'impugnazione dell'imputato e quella del suo difensore sono risolti nel senso della prevalenza dell'impugnazione della parte sostanziale rispetto a quella del difensore tecnico.

La parte civile e la persona offesa, anche se non costituita parte civile, nonché gli enti e le associazioni intervenute ai sensi del 93 e 94 a presidio degli interessi collettivi o diffusi, possono chiedere al p.m. di proporre impugnazione agli effetti penali.

Il pubblico ministero, quando non propone impugnazione, provvede con decreto motivato da notificare al richiedente

Il codice riconosce alla parte civile un autonomo potere di impugnazione limitatamente alla tutela dei propri interessi civili.

La parte civile può impugnare, per i soli interessi civili, la sentenza di proscioglimento pronunciata in giudizio (576.1).

577: La persona offesa costituita parte civile può proporre impugnazione, anche agli effetti penali, [solo] contro le sentenze di condanna e di proscioglimento per i reati di ingiuria e diffamazione.

Vediamo le regole generali sulle impugnazioni.

L'impugnazione si propone con unico atto scritto, contenente la dichiarazione di volontà di impugnare ed i motivi.

I requisiti dell'atto di impugnazione consistono nell'indicazione del provvedimento impugnato, della data del medesimo e del giudice che lo ha emesso.

Nell'atto di impugnazione devono essere enunciati:

a. i capi o i punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione;

b.  le richieste;

c.  i motivi, con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.

Salvo che la legge disponga altrimenti, l'impugnazione scritta deve essere presentata, personalmente o a mezzo di "incaricato", nella cancelleria del giudice a quo.

L'imputato detenuto od internato può proporre impugnazione personale con dichiarazione ricevuta dal direttore dell'istituto penitenziario.

L'atto di impugnazione può anche essere spedito dalle parti private o dal difensore, purché la spedizione avvenga con telegramma o con raccomandata, diretti alla cancelleria del giudice a quo.

Il termine per proporre impugnazione, per ciascuna delle parti, a pena di inammissibilità, è:

di 15 giorni, per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio;

di 15 giorni, quando la motivazione è eccezionalmente redatta insieme al dispositivo;

di 30 giorni, quando la motivazione è depositata non oltre il quindicesimo giorno da quello della pronuncia;

di 45 giorni, quando la motivazione è depositata in un termine più ampio di 15 giorni e non eccedente i 90 e comunque da indicarsi nel dispositivo della sentenza.

Se il giudice non rispetta il termine per la redazione della sentenza, a cura della cancelleria viene comunicato al p.m. e notificato alle parti private ed ai difensori avviso del deposito della sentenza.

Quando la decorrenza è diversa per l'imputato e per il suo difensore, opera per entrambi il termine che scade per ultimo.

È possibile presentare motivi aggiunti di impugnazione fino a 15 giorni prima dell'udienza davanti al giudice ad quem.

Il giudice competente per l'appello contro le sentenze del Tribunale è la Corte d'appello.

Le sentenze dell'Assise sono appellate davanti alla Corte di assise d'appello.

Competente per l'appello contro le sentenze del tribunale per i minorenni è la sezione per i minorenni presso la Corte di appello.

Competente per l'appello contro le sentenze del giudice di pace è il tribunale in composizione monocratica.

La rinuncia all'impugnazione è un atto col quale la parte che ha proposto impugnazione dichiara di non volersene più avvalere.

La rinuncia è causa di inammissibilità dell'impugnazione.

Il p.m. proponente può rinunciare all'impugnazione fino all'apertura del dibattimento.

Successivamente, la rinuncia all'impugnazione può esser proposta solo dal p.m. presso il giudice ad quem, prima dell'inizio della discussione, anche se l'impugnazione è stata proposta da altro p.m.

Le parti private possono rinunciare all'impugnazione anche a mezzo di procuratore speciale.

Il giudice dell'impugnazione (ad quem) verifica preliminarmente tanto l'ammissibilità dell'impugnazione, quanto la regolarità delle notificazioni.

L'impugnazione è inammissibile:

quando è proposta da un soggetto non legittimato o che non vi ha interesse;

quando il provvedimento non è impugnabile;

quando non sono state osservate le disposizioni relative alla forma, alla presentazione, alla spedizione ed ai termini;

quando vi è stata rinuncia all'impugnazione.

Il giudice dell'impugnazione (ad quem) dichiara con ordinanza l'inammissibilità dell'impugnazione e dispone l'esecuzione del provvedimento impugnato.

L'ordinanza di inammissibilità è pronunciata de plano anche d'ufficio.

Essa è notificata a chi ha proposto l'impugnazione affinché la parte possa presentare ricorso per cassazione.

Se non rilevata in limine, l'inammissibilità dell'impugnazione può comunque essere rilevata, anche con sentenza, in ogni stato e grado del procedimento (591.4).



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