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PRINCIPIO DI LEGALITA' (non ha alcuna valenza etica)




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PRINCIPIO DI LEGALITA' (non ha alcuna valenza etica)



Nel decimo capitolo viene affrontato il tema de: " il principio di legalità".

Per il giurista, la legalità non ha alcuna valenza etica, cioè il perché si debba ubbidire alle leggi; il nostro è un sistema giuridico sanzionatorio ossia prevede delle pene che andrebbero a colpire chi non osserva le leggi, e quindi sono necessarie per fronteggiare l'eventualità della inadempienza da parte dei consociati delle prescrizioni normative. L'illegalità, quindi, per il giurista, diventa un problema sociologico-giuridico. Tuttavia, c'è da fare una distinzione tra legalità, e legittimità. La legalità concerne le modalità dell'esercizio del potere che, per essere tale, va esercitato nell'ambito delle leggi vigenti; la legittimità invece, concerne la titolarità del potere che, per essere ritenuto tale, deve avere a proprio fondamento un'adeguata giustificazione, ossia deve basarsi su un riconoscimento. Infatti, un potere illegittimo è un potere fondato su un titolo inesistente, che può essere frode o violenza; un potere illegale, invece, è un potere che viene esercitato arbitrariamente, violando quindi, le leggi vigenti.

Anche se illegittimità ed illegalità tendono ad associarsi, in linea di principio, sono due concetti diversi. Quindi, affinché un potere sia riconosciuto è necessario che questo potere sia legittimato, ossia, è necessario che questo potere abbia attraversato tutte le procedure necessarie affinché possa essere esercitato. Il problema che si pone è che, secondo il positivismo giuridico, tutto quello che ha senso è problema della legittimità. Ovvero, per il positivismo, quello che in realtà conta è esclusivamente quello di verificare che chi è al potere, abbia rispettato tutte quelle procedure per arrivare a quel posto, quindi, l'unica cosa importante è la procedura. Ad esempio: se la procedura è corretta, per il positivismo al potere, può andarci anche una persona come Hitler. Quindi, da questo punto di vista, c'è una priorità della democrazia, cioè delle procedure necessarie e quindi non è importante l'idea del bene, è importante che le procedure siano rispettate; per cui uno come Hitler , che certamente non era portatore di idee di bene, era pienamente legittimato ad avere quel potere. Per cui, sostiene D'Agostino, in una concezione di questo genere, abbiamo una priorità della democrazia sulla filosofia o, per dirla in termini chiari, della procedura sulla morale.

D'Agostino, chiaramente, non è d'accordo con questa tesi, in quanto un sistema giuridico non è composto solo da procedure da rispettare, ma è fatto anche di contenuti delle regole che la costituiscono. Per cui, il problema della legalità, è quindi il problema del rispetto delle leggi, deve essere sempre basato su un certo discorso morale: cioè non basta solamente rispettare le leggi perché emanate da chi legittimamente ha adempiuto a questo dovere, ma bisogna rispettare le leggi anche per un loro contenuto morale, di bene. Infatti la funzione del giurista è quella di cercare di attuare nel disegno legislativo, nelle norme prodotte, comunque dei valori di giustizia, dei valori morali, che vadano anche al di là del semplice rispetto delle regole procedurali. Il diritto non è solo fatto da regole, ma anche da contenuti di queste regole. Pertanto, ciò che si chiede al giurista è lo sforzo di essere fedele fino in fondo alla propria vocazione professionale che è insieme: quella di cultore del diritto e quella di cultore della legge . Deve basarsi, quindi, sull'imparzialità, principio procedurale ma sostanziato di valore morale. Quindi, con il principio: "la legge è uguale per tutti", il legislatore vuole la libertà e l'uguaglianza dei destinatari della legge. D'Agostino dà ragione ad Habermas quando afferma, a tal proposito, che: "diritto è fondato su procedure e giustificazione morale dei principi, perché si implicano necessariamente a vicenda".


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