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Il contratto individuale di lavoro è il contratto mediante il quale il prestatore si obbliga a mettere a disposizione del datore di lavoro la sua attività di lavoro e questi si obbliga a corrispondere al prestatore una retribuzione. Trattasi di un contratto:
Presupposti soggettivi del contratto di lavoro
La capacità giuridica e di agire del datore
Al datore si applicano le norme dettate per la generalità dei soggetti in tema di capacità giuridica e di agire. Una disciplina sotto alcuni aspetti particolare vige, però, se il datore è un imprenditore, posto che in tal caso incombono su di lui alcuni obblighi e limiti, determinati dall'esigenza di tutela del lavoratore subordinato alle dipendenze dell'impresa, soprattutto media o grande. La qualità di imprenditore del datore assume rilevanza anche sotto il profilo della c.d. spersonalizzazione dell'imprenditore agli effetti della formazione e conclusione del contratto nonché della successione nello stesso. Sotto il primo aspetto, in omaggio al principio della continuità dell'impresa, si applica al lavoro subordinato l'art. 1330, c.c., ai sensi del quale la proposta o l'accettazione provenienti da un imprenditore restano ferme anche in caso di morte o di sopravvenuta incapacità prima della conclusione del contratto. Sotto il secondo aspetto, l'art. 2112, c.c., dispone che 'in caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con l'acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano': da tale norma si desume agevolmente il principio della normale irrilevanza della persona dell'imprenditore ai fini della successione anche mortis causa nel contratto di lavoro.
La capacità giuridica e di agire del lavoratore
Al lavoratore si applicano tutte le regole generalmente dettate per la capacità giuridica e di agire delle persone fisiche, in quanto, in ragione dell'implicazione delle energie del lavoratore nella prestazione, solo le persone fisiche sono capaci di prestare il proprio lavoro e di agire al riguardo ponendo in essere i relativi negozi. Una parte della dottrina afferma l'esistenza, in materia di lavoro, di una capacità giuridica speciale, stante la vigenza di una disciplina particolare che - salve le disposizioni di legge che stabiliscono età minime inferiori o superiori - fissa l'età minima di ammissione al lavoro a quindici anni. Il che, come si vede, costituisce una deroga al principio di cui all'art. 1, c.c., che sancisce che la capacità giuridica si acquista al momento della nascita. Con riguardo alla capacità di agire, va detto che l'art. 2, c.c., dopo aver ribadito, al co. I, che con il compimento della maggiore età (18 anni) si acquista la capacità di porre in essere tutti gli atti per i quali non sia stabilita un'età diversa, fa salve, con il co. II, le leggi speciali che stabiliscono un'età inferiore in materia di capacità a prestare il proprio lavoro, statuendo che 'in tal caso il minore è abilitato all'esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro'. Dunque, vi è coincidenza tra la capacità giuridica, i.e. l'idoneità ad essere parte di un rapporto di lavoro, e la capacità al lavoro, ossia l'attitudine a prestare il proprio lavoro. In virtù di tale coincidenza tra capacità giuridica e capacità di agire in anticipazione rispetto alla regola generale, non vi è più spazio - secondo la dottrina maggioritaria - per l'intervento del genitore ovvero di qualunque altro rappresentante legale (nemmeno a titolo di semplice assistenza) nella stipulazione del contratto. Restano salvi, comunque, i casi in cui questo intervento sia espressamente previsto da norme speciali. A parte l'illiceità e, dunque, la nullità dei negozi contrari alle norme imperative di cui si è fin qui discorso, è prevista l'irrogazione di sanzioni penali per i datori che vi contravvengono e per i soggetti rivestiti di autorità o incaricati della vigilanza sui minori cui le violazioni si riferiscono.
Le documentazioni relative al lavoratore: il libretto di lavoro
Sotto l'aspetto della capacità giuridica del lavoratore possono essere considerate anche alcune documentazioni relative alla sua persona, poiché esse condizionano la validità o quantomeno la regolarità della conclusione del contratto. Rientrano nella categoria di cui trattasi le iscrizioni dei prestatori in albi, registri, liste, ecc., richieste ai fini del collocamento e dell'assunzione. In tale contesto, qualche cenno va riservato alla disciplina generale del libretto personale di lavoro, contenuta nella L. 112/1935. Il libretto è obbligatorio per quasi tutti i prestatori di lavoro. Esso contiene una serie di indicazioni relative al prestatore, alcune delle quali provenienti dal sindaco (contro le quali è sempre ammessa la prova contraria); altre provenienti da ogni singolo datore di lavoro (contro le quali è ammesso anche il ricorso del lavoratore all'Ispettorato del lavoro per la rettifica). Il libretto rimane, per tutto il periodo di occupazione, presso il datore di lavoro, che, ove commetta abusi, è passibile di sanzioni penali. Nei casi in cui è esclusa l'obbligatorietà del libretto, è previsto il rilascio, da parte del datore, all'atto della cessazione del rapporto di lavoro o del tirocinio, di un attestato del lavoro o del tirocinio compiuto e della sua durata.
Gli elementi essenziali del contratto di lavoro
L'accordo delle parti
Il contratto di lavoro è un contratto consensuale, che si perfeziona con l'incontro delle volontà espresse dalle parti. Come è stato osservato (GHERA), nella formazione del contratto di lavoro, la disciplina generale del contratto dettata dal Codice Civile si applica con alcuni rilevanti caratteri di specialità, a causa dei numerosi limiti imposti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, che restringono in misura notevole il margine dell'autonomia privata. L'efficacia di tali limiti è particolarmente penetrante e si attua per mezzo del meccanismo dell'inserzione automatica di clausole (art. 1339, c.c.), e della sostituzione di diritto delle clausole difformi del contratto individuale (art. 1419, c.c.). Tuttavia, essa, incidendo solo sul piano della libera determinazione del contenuto del contratto, non esclude l'origine contrattuale del rapporto di lavoro e, in secondo luogo, non inficia la natura del contratto di lavoro che è e resta, come si è detto, un contratto consensuale.
La causa
La causa del contratto di lavoro deve essere individuata nello scambio tra lavoro e retribuzione, scambio vincolato alla reciprocità per cui l'obbligazione e la prestazione di una parte sono in funzione dell'obbligazione e della prestazione dell'altra (SANTORO PASSARELLI). Dalla causa vanno tenuti distinti i motivi, che sono i particolari interessi o bisogni che rappresentano lo scopo concreto che, tramite gli effetti del negozio, le parti intendono raggiungere. Essi sono, di regola, giuridicamente irrilevanti, a meno che le parti si siano determinate a concludere il contratto esclusivamente per un motivo illecito comune ad entrambe, nel qual caso il contratto è illecito (art. 1345, c.c.).
L'oggetto
Secondo la dottrina dominante, l'oggetto del contratto di lavoro è rappresentato sia dalla prestazione lavorativa sia dalla retribuzione. I requisiti che esso deve possedere sono quelli richiesti dall'art. 1346, c.c., per il contratto in generale, ossia:
La forma
Il contratto di lavoro è un contratto a forma libera. Al principio della libertà della forma, tuttavia, si deroga in tutte le ipotesi in cui particolari patti, ovvero gli elementi accidentali del contratto, costituiscano clausole negoziali sfavorevoli al prestatore. Così devono risultare a pena di nullità da atto scritto:
Al principio della libertà della forma si deroga anche per determinati tipi di contratti di lavoro, tra cui si ricordano:
Ipotesi a sé stante è, poi, quella rappresentata dal contratto di lavoro a tempo determinato del personale di volo, per il quale è richiesta, sì, la forma scritta, ma non ad substantiam, bensì ad probationem, cioè ai soli fini probatori.
Gli elementi accidentali del contratto di lavoro
Gli elementi accidentali del contratto sono quegli elementi che le parti sono libere di apporre o meno, ma che una volta apposti incidono sull'efficacia del contratto stesso. Essi possono essere inseriti anche nel contratto di lavoro: nella pratica, ricorrente è soprattutto l'apposizione della condizione e del termine.
La condizione ed il patto di prova
La condizione - che è un avvenimento futuro ed incerto dal quale le parti fanno dipendere la produzione degli effetti del contratto, cui la condizione è opposta, ovvero l'eliminazione degli effetti già prodotti dal contratto - può inerire in maniera esplicita od implicita al contratto di lavoro, e può essere:
Si osservano i principi civilistici con una particolarità: la retroattività della condizione sospensiva non può risalire oltre l'effettivo inizio della prestazione di lavoro; la retroattività della condizione risolutiva è sicuramente esclusa per l'impossibilità di restituzione delle prestazioni di lavoro già eseguite.
Una parte della dottrina (GHERA, MAZZIOTTI) configura, quale particolare forma di condizione, il patto di prova, cioè la clausola scritta inserita nel contratto di lavoro, con la quale le parti subordinano la definitiva assunzione all'esperimento positivo di un periodo di prova (art. 2096, c.c.). Si è detto che il patto di prova è una clausola scritta: esso, infatti, deve risultare da atto scritto contenente l'indicazione della durata della prova: in mancanza, l'assunzione del lavoratore si considera definitiva.
Poiché la prova è evidentemente uno strumento
predisposto più nell'interesse del datore che del prestatore, la legge fissa il
limite massimo di sei mesi per la sua durata. L'art. 2096, co. III, c.c.,
regola il recesso dal periodo di prova, stabilendo che 'ciascuna delle
parti può recedere dal contratto, senza obbligo di preavviso o d'indennità. Se
però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso
non può esercitarsi prima della scadenza del termine'. Con riguardo al recesso,
Se poi l'esperimento dà esito positivo, il periodo di prova si trasforma nel rapporto di lavoro subordinato vero e proprio. Se, invece, l'esperimento dà esito negativo, il datore è obbligato a corrispondere al prestatore il trattamento di fine rapporto e le ferie retribuite o la relativa indennità sostitutiva, nonché ogni altro emolumento previsto per il lavoratore che non sia incompatibile con la particolare natura del periodo di prova.
Il termine ed il contratto a tempo determinato
Si è detto che il contratto di lavoro è un
contratto di durata. Ad esso, tuttavia, può anche essere apposto un termine
finale. Lo sfavore del nostro ordinamento per il contratto di lavoro a tempo
determinato risultava, in passato, chiaramente dal dettato dell'art. 2097,
c.c., che consentiva l'apposizione del termine - richiedendo per essa la forma
scritta - soltanto in presenza di un rapporto di lavoro che presentasse il
carattere della specialità.
L'art. 2097, c.c., è stato abrogato dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, intitolata
'Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato', che è
ancora più drastica, in quanto non si limita a richiedere la specialità del
rapporto e la forma scritta per l'apposizione del termine, ma elenca in maniera
tassativa le ipotesi nelle quali tale apposizione può aversi. Si tratta dei
seguenti casi:
A queste ipotesi,
L'art.
Obbligo d'informazione sulle condizioni applicabili al rapporto di lavoro
Ai sensi del D.Lgs. n. 152/97, il datore di lavoro ha l'obbligo di informare per iscritto il lavoratore circa le condizioni applicabili al contratto o rapporto di lavoro. Tale obbligo, che deve essere adempiuto entro 30 giorni dall'avvenuta assunzione, si sostanzia in una serie di dettagliate notizie che devono essere rese al prestatore, in particolare:
Quanto alle modalità per rendere al lavoratore le informazioni suddette, si hanno in sostanza due possibilità:
Interpretazione ed integrazione del contratto di lavoro
Per quanto riguarda l'interpretazione del
contratto di lavoro, non vi sono particolari differenze rispetto alla normativa
civilistica generale. Assumono rilievo gli usi quando i datori di lavoro sono
commercianti, artigiani, agricoltori.
L'integrazione del contratto trova vasta applicazione: il
contratto di lavoro si limita in generale alle indicazioni essenziali,
rinviando poi alla contrattazione collettiva e alle leggi.
La patologia negoziale: cause di nullità e di annullabilità del contratto di lavoro
Le vicende patologiche del contratto di lavoro sono regolate dai principi comuni di diritto privato. Perciò, tale contratto può essere:
[3] Trattasi di nullità parziale in quanto la clausola viziata è sostituita di diritto con le norme imperative violate.
Ciò detto in generale, occorre segnalare due fattispecie proprie del diritto del lavoro in cui il legislatore fa scaturire effetti giuridici da contratti di lavoro radicalmente nulli, e cioè:
Effetti dell'invalidità contrattuale
L'invalidità del contratto di lavoro, come abbiamo visto, può derivare sia da cause di nullità, sia da cause di annullabilità. Le differenze sono rilevanti:
In deroga alla disciplina di diritto comune, secondo la quale il contratto nullo è inefficace fin dall'origine e quello annullabile conserva la sua efficacia sino al momento della pronuncia di annullamento, in materia di lavoro entrambi i vizi fanno salvi gli effetti giuridici prodotti dal contratto invalido al fine di evitare che il prestatore di lavoro subisca le conseguenze sfavorevoli della dichiarazione di nullità o dell'annullamento del contratto stesso (art. 2126).
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