PLURALISMO CULTERALE E UNIVERSALITA' DEI DIRITTI
Il ventesimo capitolo torna sul tema del pluralismo. In questo capitolo
si torna su questo problema: le culture umane sono diverse tra loro, cioè ogni
cultura umana sostiene un determinato valore. E, proprio questo principio di
pluralismo di valori è stato spesso utilizzato per contrastare il diritto
naturale, perché per quest'ultimo ci sono dei principi assoluti che sono innati
nell'uomo, e che quindi non variano al variare delle culture dei tempi, delle
epoche storiche ecc, e che quindi sono universali ed eterni. E' vero che in
realtà ci sono delle differenze di valori, però, utilizzando un pensiero più
approfondito, seguendo gli insegnamenti del Pareyson, ossia il pensiero
rivelativo che non si limita alla descrizione di come stanno le cose, ma cerca
invece di rivelare il contenuto profondo delle situazioni umane, dunque se noi
utilizziamo questo pensiero rivelativo, possiamo arrivare a conoscere
un'esperienza morale e profonda che è comune a tutti quanti gli umani. Il
pensiero rivelativi quindi cerca di porre l'uomo in rapporto con la verità,
mentre il pensiero espressivo consiste in una descrizione del mondo. Quindi, la
filosofia intesa come pensiero rivelativi si presenta come possibilità di
giudizio delle culture, delle loro verità, della loro contraddittorietà, ma
questo non implica che la filosofia si presenti nei confronti delle culture
come giudizio di condanna. La filosofia non chiede alle culture di rinunciare
ad essere se stesse, chiede solo di rinunciare ad assolutizzare se stesse, cioè
ogni cultura non deve pretendere che il valore che essa sostiene è l'unico
valore possibile escludendo tutti gli altri ma vada alla ricerca di un valore
comune a tutte quante le altre culture. Ci sono infatti alcuni valori che
valgono universalmente: il tabu dell'incesto, il rifiuto morale dell'incesto,
secondo la teoria di norma primigenia, una delle norme che si possano
tranquillamente definire universale, propria di tutte le culture, da quelle più
sofisticate a quelle aborigene; lo stesso vale per il rifiuto del cannibalismo
di cui Arens ha dimostrato l'assoluta inattendibilità delle pretese
testimonianze storiche ed etnologiche al riguardo. Pertanto, rivelare
l'universalità di alcuni sommi principi è essenziale non per redigere codici,
ma solo per mostrare la fondamentale capacità di comunicazione di tutte le
culture e di conseguenza di tutti gli individui. Ovviamente queste norme
universali, questi diritti universali, non sempre riescono ad ottenere una loro
espressione univoca negli ordinamenti giuridici, in quanto questi sono
condizionati da fattori storici, da fattori politici, per cui una norma che è comune a tutte le culture può
trovare un'espressione diversa a seconda della società e dell'epoca in cui,
appunto, viene elaborato l'ordinamento giuridico. Lo stesso vale per la
Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo che non può avere la pretesa di
assolutezza, ciò, però, non vuol dire mettere in dubbio o svalutare i contenuti
della stessa. La
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo è quanto di
più adeguato alla difesa della dignità umana, ma non può farci ignorare sotto
quali condizionamenti essa è stata pensata e scritta.