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L'organizzazione - diritto amministrativo




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L'ORGANIZZAZIONE - DIRITTO AMMINISTRATIVO


Rilevanza giuridica dell'organizzazione

Mentre per gli studiosi della scienza dello Stato il diritto dell'organizzazione faceva parte integrante del diritto amministrativo, i fondatori del diritto amministrativo tedesco (in particolare Otto Mayer) esclusero questa materia dal loro studio.


Ragioni del disinteresse per l'organizzazione

Perché ciò sia accaduto, si comprende se si considera che il diritto amministrativo ha le sue radici nel liberalismo; questo fu interessato, prima di ogni altra cosa, al rapporto tra individui e Stato. La scienza del diritto amministrativo si interessò quindi ai soggetti e non all'organizzazione. A questa spiegazione del disinteresse per l'organizzazione se ne aggiungono una prima che la fa derivare dall'insufficiente attenzione per le norme costitutive ed una seconda dal tardivo sviluppo del diritto amministrativo.

Più tardi si ammetterà che esistono norme di organizzazione. Ma, sempre sotto l'influenza del liberalismo, le si terranno distinte dalle norme giuridiche generali o norme primarie, che si dirigono a tutti (norme di condotta), mentre le norme di organizzazione esaurirebbero la loro efficacia nell'ambito degli organismi pubblici e sono dette, per questo, secondarie, perché dirette alla realizzazione del diritto. Secondo altra versione, le norme relative all'amministrazione si distinguerebbero in norme di relazione e norme di azione. Le prime traccerebbero la linea di demarcazione tra la sfera giuridica dell'amministrazione e quella del cittadino. Le seconde disciplinerebbero l'attività che l'amministrazione può svolgere entro la propria sfera giuridica. Le prime regolerebbero rapporti tra soggetti; le seconde unicamente l'attività dell'amministrazione.


Importanza dell'organizzazione

La disciplina dell'organizzazione non è né irrilevante, né secondaria. Essa fa parte integrante del diritto amministrativo, specialmente là dove, come in Italia, è oggetto di un'abbondante legislazione. Prova ne è, tra le altre, la Costituzione, che, all'art. 97, contiene una riserva di legge in materia di organizzazione amministrativa. 


Critica della teoria dell'organo. Teoria dell'organo

Non l'organizzazione nel suo insieme, ma l'organo, è il tema dominante. E l'organo in quanto collegato allo Stato. Dunque, la teoria dell'organo è una derivazione della teoria dello Stato. Lo Stato è persona giuridica e non può raggiungere i suoi fini se non valendosi dell'attività di persone fisiche-organi. Quanto all'organo, il suo principale ed essenziale carattere distintivo, non sta nella sua funzione ma prima ancora nella sua compenetrazione con un ente giuridico il quale ha posseduto degli organi quando si è voluto che esso agisse direttamente e immediatamente, ricorrendo, per il raggiungimento dei suoi fini, a persone che prestandogli la propria volontà e la propria attività, scompaiono, per così dire, negli ingranaggi della sua compagine trasformandosi in mezzi idonei a farlo volere e agire. Come detto, l'approccio tradizionale trascura l'organizzazione interessandosi dell'organo: questo è definito in relazione ad una persona giuridica; è lo strumento di cui essa dispone per poter agire. Dietro l'unità della Persona Stato vengono così a nascondersi alcuni dei problemi più importanti del moderno diritto amministrativo, quelli delle relazioni giuridiche tra organi. Ci si chiede, dunque, se veramente lo Stato sia un ente o invece un aggregato di figure giuridiche soggettive diversamente modellate. Si arriva a proporre l'abbandono del termine stesso Stato perché dotato di troppi significati; e viene a mancare così la base stessa sulla quale la teoria dell'organo è stata sviluppata. Sono in tal modo poste le premesse per una teoria dell'organizzazione che non sia dipendente o strumentale rispetto allo Stato e alla persona giuridica pubblica.


Elementi dell'organizzazione. Ufficio ed ente

In primo luogo viene individuata e ordinata una funzione (una materia o oggetto, uno o più compiti, uno o più fini pubblici ed eventualmente i destinatari dei compiti); in secondo luogo questa funzione viene affidata ad un'articolazione organizzativa o ufficio; il terzo luogo l'ufficio è dotato di poteri.

Dunque per aversi un ufficio occorrono 3 elementi:

una funzione;

la sua distribuzione;

il conferimento di poteri per lo svolgimento della funzione.


Le funzioni

Negli ordinamenti moderni esse sono di regola organizzate, nel senso di distribuite; vi sono peraltro anche funzioni pubbliche non organizzate.


Gli uffici

Di regola, vi sono tanti uffici quante sono le funzioni; perché vi sia organizzazione occorre che le funzioni siano articolate e distribuite tra uffici.


I poteri

E' necessario che l'ufficio sia dotato di poteri, e cioè di situazioni giuridiche preliminari conseguenti alla capacità ma precedenti alle situazioni giuridiche quali i diritti, di cui sono presupposti. La misura dei poteri attribuiti a ciascun ufficio è denominata competenza. I poteri pertengono sempre ad uffici e sono, come le funzioni, limitati e non modificabili dagli uffici stessi. Possono esservi uffici senza poteri, dotati di una quantità minima di iniziativa e istruttoria (uffici pubblici che esplicano la propria attività solo all'interno della pubblica amministrazione).


Disciplina legislativa

Funzioni, uffici in senso stretto e poteri sono rigidamente e minuziosamente regolati da leggi e da altri atti normativi. Ciò che consente di distinguere l'organizzazione amministrativa pubblica da quella propria di un soggetto privato: ad esempio, in una società per azioni, di regola, solo l'assemblea dei soci, il consiglio di amministrazione e il suo presidente e il collegio sindacale sono regolati da norme mentre la parte restante dell'organizzazione è rimessa al potere organizzativo degli amministratori. Lo stretto rapporto esistente tra funzione e sua articolazione organizzativa fa si che, al variare di uno dei due elementi, dovrebbe variare l'altro. Se si passa, come in Italia, per effetto di una norma costituzionale, dalla funzione di offesa a quella di difesa militare, il relativo ufficio, il Ministero della guerra, deve non solo cambiare nome, ma anche struttura. Molta parte dell'organizzazione amministrativa italiana è disfunzionale proprio perché la funzioni vengono ritenute variabili indipendenti, per cui, al loro variare, non vengono modificate le strutture amministrative.


L'imputazione

L'ufficio è centro di attività ma può essere anche strumento di imputazione nel senso di attribuire la sua attività, in tutto o in parte, o gli effetti di essa, o ambedue, ad altri uffici. Tra gli uffici ai quali è imputata l'attività di altri uffici, ve ne sono alcuni che vengono chiamati persone giuridiche pubbliche (o enti pubblici) per una loro maggiore attitudine a prestarsi all'imputazione di attività di altri uffici.


Classificazione degli uffici pubblici. Uffici necessari e non necessari

In relazione alla loro esistenza, gli uffici si distinguono in necessari e non necessari. Ricorrono i primi quando una norma stabilisca che un ministero o un ente o altro organismo debba avere un consiglio di amministrazione, un direttore generale ecc.. Se invece, la potestà di istituire un ufficio è lasciata all'apparato amministrativo stesso, che può crearlo o no, si è in presenza di uffici non necessari. Non bisogna confondere questa distinzione con quella, più ampia, tra uffici privati di amministrazioni pubbliche e uffici pubblici di amministrazioni pubbliche.


Uffici ordinari e straordinari

In relazione alla durata in ordinari e straordinari (o speciali). I primi sono istituiti senza un termine e sono quindi permanenti; i secondi sono invece istituiti per un tempo determinato. Negli ordinamenti moderni regola è che uffici non abbiano termine di scadenza. Allo stesso genere appartengono le amministrazioni per obiettivi o di scopo (o amministrazioni di missione, secondo la terminologia francese) che dovrebbero cessare di esistere una volta raggiunto lo scopo per il quale furono istituite.


Uffici centrali, periferici e locali

In relazione all'area in cui operano gli uffici di distinguono in centrali, periferici, locali e misti. Sono uffici centrali i ministeri statali posti a Roma, che curano interessi nazionali. Sono periferici gli uffici dipendenti da uffici centrali ma posti in periferia. Sono locali gli uffici di amministrazioni autonome posti in periferia; sono misti gli uffici che hanno sede centrale ma in cui sono rappresentati interessi di uffici centrali e locali. Da notare che la città in cui è posto l'ufficio può anche non essere rilevante mentre lo è sempre l'area degli interessi che esso cura.

Gli uffici periferici e quelli locali hanno dimensioni molto varie. Vi sono uffici periferici di dimensione ultraregionale, regionale, provinciale, subprovinciale, ma anche uffici di dimensioni anomale e variabili. Le dimensioni territoriali degli uffici periferici e locali possono non coincidere. La maggior parte dei ministeri ha doppia, tripla, spesso quadrupla organizzazione scalare su più livelli. Gli uffici locali di base sono Regioni, Province e Comuni.


Uffici semplici e complessi

In relazione alla loro struttura gli uffici pubblici si distinguono in semplici e complessi (se sono composti al loro interno di più uffici). Un ministero è un ufficio complesso (composto di direzioni generali, divisioni ecc.).


Meri uffici e uffici entificati

In relazione alla loro natura giuridica gli uffici si distinguono in meri uffici e uffici entificati. La divisione di un ministero è un mero ufficio. Gli uffici entificati sono tutti di struttura complessa perché composti a loro volta di più uffici.

Gli enti pubblici possono avere aree d'azione diverse. Sono nazionali quelli che operano su tutto il territorio. Discorso diverso per gli enti regionali e locali (Province e Comuni) che sono enti a dimensione territorialmente circoscritta. Ciò vuol dire che essi possono svolgere i loro compiti (finali) solo nell'area assegnata. Ma a scopi strumentali possono operare anche al di fuori di essa.


Uffici monocratici e collegiali

In relazione alla loro composizione, gli uffici pubblici si distinguono in monocratici (se ne è titolare una sola persona fisica) e collegiali (se ne è titolare un collegio); gli uffici collegiali possono essere a loro volta rappresentativi, se il titolare è scelto mediante elezione popolare, oppure a seguito di segnalazione di associazioni private ecc.. I collegi si distinguono in imperfetti se non possono discutere, ma solo esprimere la loro volontà (collegi elettorali) e perfetti, se possono fare entrambe le cose; in collegi di ponderazione o reali, se loro compito è di raggiungere una più accurata decisione e di composizione o virtuali, se loro compito è di risolvere conflitti o, più in generale, di consentire la composizione di interessi eterogenei.


Altre classificazioni

In relazione ai compiti, gli uffici sono definiti di amministrazione attiva (in quanto svolgono i compiti finali dell'amministrazione), deliberativi (se hanno poteri di decisione), consultivi (quando hanno poteri istruttori), esecutivi, di controllo, principali (o primari), strumentali (o sussidiari o complementari o secondari).

In relazione agli effetti della loro attività gli uffici pubblici si distinguono in esterni (se operano in rapporti giuridici esterni) e interni (se esauriscono la loro rilevanza all'interno dell'amministrazione).


Rapporti tra uffici pubblici

I rapporti tra uffici possono essere determinati sulla base della rispettiva posizione organizzativa, oppure, di frequente, in relazione alle funzioni svolte, in quanto gli uffici sono funzioni articolate in organi.


Rapporti di subordinazione

Nei rapporti di subordinazione, l'ufficio sottoordinato è sottoposto, in misura diversa, a poteri dell'ufficio sopraordinato. Rientrano tra i rapporti di subordinazione la gerarchia, la direzione, il controllo e la delegazione. Non ha autonomia giuridica la forma del coordinamento (effetto di fatto raggiunto da atti di direzione, o di controllo, o di altre forme organizzative). Tra uffici pubblici possono esservi accordi e convenzioni; questi sono puntuali in quanto possono esaurire i loro effetti in breve tempo mentre i rapporti di subordinazione (e altri) hanno carattere di continuità e stabilità.


Gerarchia

La gerarchia è la forma estrema di subordinazione, perché l'ufficio sottoordinato è sottoposto a poteri di comando (mediante ordini), di indirizzo, (mediante istruzioni), di controllo (vigilanza, annullamento e riforma di atti) dell'ufficio sopraordinato, che può delegargli propri compiti e persino giungere a sostituirsi all'ufficio sottoordinato. L'ufficio sopraordinato poi, dirime anche i conflitti tra uffici sottoordinati.

Avocazione: trasferimento di compiti da autorità inferiore ad autorità superiore.

Il rapporto di gerarchia è oggi limitato ad alcune amministrazioni (come quella militare). Mentre nell'ordinamento civile la sopraordinazione è sempre limitata all'apparato di appartenenza (ad esempio Ragioneria generale-ragionerie centrali), nell'ordinamento militare la gerarchia ha carattere generale.


Direzione

La direzione è il rapporto secondo il quale un ufficio dà indirizzi (o direttive, che è la stessa cosa) ad un altro ufficio, si informa circa la sua attività e verifica l'attuazione degli indirizzi stessi. Il titolare dell'ufficio sopraordinato sceglie il titolare dell'ufficio sottoordinato. Nel rapporto di direzione l'ufficio sottoordinato è in rapporto di strumentalità rispetto a quello sopraordinato per cui specialmente quando l'ufficio subordinato è entificato il rapporto di direzione viene chiamato di strumentalità. Circa il cosa distingua un atto di indirizzo da un ordine c'è chi ha notato che è il contenuto o oggetto a definire l'indirizzo nel senso che questo si limita ad indicare i fini, lasciando al destinatario dell'indirizzo di determinare i mezzi; altri hanno invece sostenuto che sono gli effetti a caratterizzare l'indirizzo in quanto esso non vincola il destinatario il quale sarebbe tenuto solo a motivare il suo comportamento eventualmente diverso. Altri ancora hanno affermato che l'indirizzo è generale lasciando al destinatario ampio margine di azione.


Controllo

Il controllo è un rapporto nel quale un'autorità sopraordinata verifica la conformità della condotta a di un atto dell'autorità sottoordinata a regole preesistenti e, al termine di tale verifica, adotta una misura (approvazione, annullamento, ecc.). Il controllo può avere ad oggetto atti singoli dell'ufficio o l'attività complessiva, i risultati o l'insieme di questi elementi. Può essere interno o esterno a seconda del soggetto che lo pone in essere, dell'ambito del controllo (legittimità o merito), della sua collocazione nel procedimento (preventivo o successivo), della sua natura (contabile o riscontro, amministrativo, ecc.). Il controllo suesposto è un controllo di conformazione nel senso che mira ad assicurare la conformità della condotta concreta dell'amministrazione pubblica allo schema normativo. Accanto ad esso va emergendo il controllo di integrazione, diretto ad assicurare la coerenza della condotta delle varie amministrazioni e il raggiungimento dei risultati ultimi del sistema. Appartengono a tale tipo di controllo gli obblighi di informazione, che danno luogo al controllo-conoscenza. 


Delega

Nella delega (o delegazione) l'ufficio sopraordinato (delegante) trasferisce all'ufficio sottoordinato (delegato) propri compiti, oltre ad esercitare poteri di indirizzo e di controllo sull'attività delegata. L'attività delegata si imputa interamente al delegato mentre il delegante può solo controllarla ed indirizzarla (oltre ad annullare la delega e a svolgere direttamente la relativa attività). La delegazione è istituto presente anche in rapporti diversi dalla subordinazione. 


Rapporti di equiordinazione

Sono in rapporto di parità uffici con i medesimi poteri, normalmente appartenenti ad uno stesso apparato (o ufficio complesso) ma agenti in ordine a materie diverse.

Sono in rapporto di primazia due o più uffici in posizione paritaria, ma di cui uno è nella posizione di primus inter pares (il Presidente di un Collegio ha gli stessi poteri degli altri membri ma in più ne ha alcuni strumentali).


Rapporti di indipendenza. Autonomia

In primo luogo va chiarito che tra uffici pubblici di uno stesso ordinamento vi è una indipendenza relativa e non assoluta; poi che tale indipendenza può essere politico-amministrativa, normativa, organizzativa, finanziaria, di bilancio e contabile.


Autonomia politico - amministrativa

Con l'espressione Autonomia politico - amministrativa si indica la capacità di alcuni uffici di darsi un indirizzo politicoamministrativo diverso da quello governativo centrale. Solo gli enti rappresentativi di collettività (Regioni, Province, Comuni) ne sono dotati.


Autogoverno

Dall'autonomia politico - amministrativa bisogna distinguere l'autogoverno, il decentramento e la deconcentrazione. Nell'autogoverno, esistito storicamente solo in Inghilterra fino al 1930 l'ente non solo è dotato, perché rappresentativo, di autonomia, ma è attributario anche di tutte le funzioni pubbliche (esclusi difesa e rapporti con l'estero) sul proprio territorio (self-government, dalla porta di casa).


Decentramento e deconcentrazione

La figura del decentramento rappresenta invece qualcosa di meno dell'autonomia perché consiste nella devoluzione di funzioni prima esercitate da pubblici uffici centrali a uffici locali. Solo che tale decentramento può avvenire anche senza dotare gli uffici destinatari delle funzioni di autonomia come è accaduto in Italia durante il fascismo tra Governo e Comuni e Province.

Prima in Francia poi in Italia si è introdotta la deconcentrazione per indicare il trasferimento di funzioni da uffici centrali a uffici periferici, dipendenti dal centro. Così è sempre il governo centrale che decide, ma non al centro, bensì sul luogo (stesso martello, manico accorciato). Forma ancora minore di deconcentrazione è attribuire a uffici statali periferici e quindi dipendenti dal centro, compiti meramente esecutivi o comportanti esercizio di potere discrezionale minimo, consistenti in atti o fasi di procedimenti la cui decisione è poi presa da uffici centrali.


Diverse specie di autonomia

L'autonomia normativa consiste nella potestà di alcuni uffici di emanare veri e propri atti normativi. Accanto ad essa, in passato, si collocava l'autarchia (potestà di emanare atti equiparati, quanto agli effetti, agli atti amministrativi dello Stato).

L'autonomia organizzativa o statutaria consiste nella potestà di un ufficio o complesso di uffici di darsi una propria organizzazione con statuto (peraltro, facoltà di proposta con adozione poi dell'autorità controllante). In questo caso la legge non si estende all'ordinamento interno dell'ufficio che lo può regolare con proprio atto. L'autonomia organizzativa è di regola molto limitata. Legge per lo più regola uffici maggiori di un ente lasciando a questi il compito di ordinare quelli minori. 

Vi è poi una potestà c.d. regolamentare che si esplica nell'adozione di 4 tipi di regolamenti detti organici, del personale, di contabilità e di servizio, che solo in qualche caso però sono regolamenti in senso proprio (cioè nel senso di fonte del diritto).

L'autonomia finanziaria consiste nella disponibilità di entrate proprie, cioè proventi da imposte proprie o da quote di tributi di altri enti. Viene considerata misura dell'effettività dell'autonomia politica.

L'autonomia contabile e di bilancio consiste nella sottrazione alla disciplina della contabilità di Stato e nella potestà di formare il bilancio, spesso secondo un modello determinato con legge, ma con libertà di determinarne le poste.


Altri rapporti tra uffici

Vi sono rapporti che possono dirsi composti, come quello di c.d. codipendenza, in cui un ufficio è organizzativamente dipendente da un altro ufficio ma funzionalmente opera anche sotto il comando di un terzo ufficio. 


Principi e criteri dell'organizzazione

L'organizzazione amministrativa italiana è retta da numerosi principi e criteri il primo dei quali è quello di sussidiarietà disposto dall'art. 3b del Trattato sull'Unione europea. Esso prevede che l'istituzione superiore intervenga se e soltanto nella misura in cui gli obiettivi della azione prevista non possano essere sufficientemente realizzati da istituzioni poste in un ambito più ristretto e di livello inferiore realizzabili meglio dall'istituzione superiore. Altri criteri e principi: funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi di attività, nel perseguimento degli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità; ampia flessibilità; collegamento attività uffici adeguandosi al dovere di comunicazione interna ed esterna; garanzia imparzialità e trasparenza azione amministrativa; armonizzazione degli orari di servizio e di apertura degli uffici tenuto conto delle esigenze dell'utenza e degli orari delle altre amministrazioni comunitarie.


Organizzazione amministrativa statale. Caratteristiche dell'organizzazione ministeriale


L'organizzazione ministeriale non ha un proprio vertice ma lo mutua dal governo. Identità, in estensione e forza, dei poteri del ministro e dei ministeri. Il ministero è un corpo unitario ordinato per settori corrispondenti a materie, ma principalmente ordinato secondo una logica divisionale di uffici di maggiore ampiezza ripartiti in uffici di ampiezza minore, estendentisi dal centro alla periferia. Tutti i ministeri hanno uno o più organi collegiali consultivi. 


La Presidenza del Consiglio dei Ministri

La Presidenza del Consiglio dei Ministri è ordinata dal decreto legislativo n. 303 del 30 luglio 1999.


Varietà organizzative dei ministeri

Pur prevalenti i caratteri suesposti dell'organizzazione ministeriale, ciascuno di essi ha subito numerose eccezioni. Oltre al fatto che l'unione tra politica e amministrazione al vertice può realizzarsi in modi diversi, nel 1993 è stato introdotto il principio per il quale gli organi di governo definiscono gli obiettivi e i programmi da attuare e verificano la rispondenza dei risultati della gestione amministrativa alle direttive generali impartite, mentre ai dirigenti spetta la gestione amministrativa. Compiti e poteri del ministro e del ministero poi, in numerosi casi non corrispondono.


Agenzie

All'interno dei ministeri o alle loro dirette dipendenze, vi erano in passato amministrazioni e aziende definite autonome, figure ibride composte da organi dotati di ordinamenti speciali o derogatori; queste sono state tutte trasformate in S.p.a. o in enti pubblici. Una figura giuridica soggettiva che di recente notevole sviluppo invece è Agenzia, definita struttura che svolge attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale al servizio delle amministrazioni pubbliche. L'Agenzia ha propri organi (direttore e comitato direttivo composto da dirigenti dell'agenzia), propri bilancio e regolamento di contabilità, potestà di autoorganizzazione. E' sottoposta ai poteri di indirizzo e alla vigilanza di un ministro, che approva programmi di attività, organizzazione interna, bilanci e rendiconti dell'agenzia, e accerta, anche mediante ispezioni, l'osservanza delle prescrizioni impartite. Svolge l'attività sulla base di convenzioni e di contratti con i ministeri competenti: in questi atti sono stabiliti gli obiettivi e i risultati, i finanziamenti assegnati e le modalità di verifica dei risultati di gestione. L'ordinamento delle Agenzie non è uniforme.


Autorità indipendenti

Sviluppatasi nell'800 per i maggiori organi consultivi e giurisdizionali (Consiglio di Stato e Corte dei conti), la figura dell'amministrazione indipendente ha avuto ovunque un notevole sviluppo. Le amministrazioni indipendenti, originarie dell'Inghilterra vittoriana ma sviluppatesi più che altrove negli Stati Uniti, sono per lo più senza personalità giuridica e non subordinate all'esecutivo, essendo dotate di gradi diversi di autonomia. Le amministrazioni indipendenti sono apparati statali ma non governativi. Caratteristiche comuni ma non uniformi. Compiti, uffici, personale proprio. Operano di regola al centro e sono estranee al rapporto centro-periferia. Titolari degli uffici di vertice o non sono scelti dal governo o se scelti dal governo debbono possedere particolari requisiti di professionalità ed indipendenza. Per essi rigide incompatibilità e garanzie di durata nella carica. Sono amministrazioni indipendenti nell'ordinamento italiano, tra gli altri, Consiglio di Stato e Corte dei conti. Definiti organi ausiliari (ma non del governo) con indipendenza assicurata dalla Costituzione. Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia nell'amministrazione. La Corte dei Conti è organo di controllo della gestione della pubblica amministrazione ed organo di giustizia contabile e in materia di pensioni. Il Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa (per il Consiglio di Stato e per i TAR) e il Consiglio di Presidenza (per la Corte dei conti), svolgono funzioni di garanzia dell'indipendenza dei 2 organi, non dissimili per da quelle svolte per l'ordine giudiziario dal CSM. Con loro parere personale promosso, destinato ad una sede, sottoposto a procedimento disciplinare.


Gli enti pubblici nazionali

Gli enti pubblici, il cui fiorire in Italia si registra tra il secondo ed il quarto decennio del XX secolo, costituiscono una nozione già in crisi negli anni 40 in Italia. . Ente pubblico, per autore, è istituto proteiforme e neppure un istituto ma la somma di un insieme di istituti.


Storia della nozione

Codice civile napoleonico già conteneva termine ente pubblico ma non con la nozione poi intesa. Indicava infatti sia persone giuridiche di diritto pubblico sia persone giuridiche di diritto privato che beneficiassero a causa della loro attività di vantaggi pubblici o che fossero sottoposti a controlli. Concetto andò precisandosi molto lentamente dopo il 1856 in Francia e a partire dal XX secolo in Italia. Definiti nel tempo anche fondazioni. Criterio della personalità giuridica non utile per distinguerli. In sostanza concetto difficilmente identificabile e per questo ben presto inutilizzato.


Tipi principali di enti pubblici

Istituti di Stato sono amministrazioni con propri organi, i cui membri sono scelti dal governo, con proprio bilancio, ma finanziati dal Tesoro, sottoposti a controlli ministeriali e caratterizzati dalla circostanza di svolgere funzioni essenziali dei poteri pubblici. I.S.T.A.T. 1926. Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni A.R.A.N. 1994.

Sono enti di servizio quelli che erogano a privati servizi finanziati con risorse fiscali o parafiscali (I.N.P.S., L'istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica I.N.P.D.A.P., L'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali I.N.A.I.L., tutti disciplinati da norme del 1994). Gli enti c.d. parastatali sono classificati in7 categorie. Enti pubblici imprenditoriali (o enti pubblici economici) sono quelli esercenti imprese. Di enti pubblici economici o imprenditoriali esistevano più specie; ad esempio enti nazionalizzati e enti pubblici di gestione. La maggior parte di questi è stata trasformata all'inizio degli anni 90 in società private per azioni in pubblico comando. Il maggiore ente pubblico economico esistente è la Cassa depositi e prestiti, prima azienda autonoma del ministero del tesoro. Vi sono enti fondazione nei quali prevale l'elemento patrimoniale (I.N.P.S.); enti associazione, enti pubblici associativi volontari (Automobile Club provinciale, enti pubblici costituiti da persone giuridiche private (Comitato olimpico nazionale italiano C.O.N.I.), ecc..  


Organizzazione degli enti pubblici

Il modello iniziale fu quello societario: una assemblea di soci o partecipanti (negli enti associativi), un consiglio di amministrazione, spesso un comitato esecutivo, un presidente, un collegio sindacale o dei revisori. Poi grandissimo numero di varianti.


Assenza di elementi comuni delle diverse figure

Quando si sia riconosciuto che un ente è pubblico, non se ne sono chiariti le funzioni rispetto alle altre funzioni pubbliche, i rapporti con l'apparato ministeriale e quelli con le collettività amministrate, i modi di finanziamento, la struttura, l'organizzazione, ecc.. Un istituto giuridico è tale quando è il riassunto di una normativa; questo non è il caso dell'istituto ente pubblico. Unica norma all'apparenza generale è quella contenuta nella legge n. 70 del 20 marzo 1975 per la quale nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per legge. Peraltro la disposizione vale per i soli enti ai quali si estende la legge (indicati nell'art. 1).


L'articolazione periferica dell'amministrazione centrale

L'amministrazione statale periferica è costituita da uffici posti in periferia ma dipendenti dal centro (in particolare, dai ministeri).


Varietà di articolazioni periferiche del centro

C'è da chiedersi innanzitutto perché esista un'articolazione territoriale dell'amministrazione centrale. Questa corrisponde ad una tradizione che ha trovato il suo culmine nell'organizzazione napoleonica e tuttora esiste in Francia; anche in Inghilterra le field administrations sono numerose. In Germania, salvo eccezioni, l'amministrazione territoriale non è federale ma di Regioni, Comuni o di loro associazioni. Così come negli Stati Uniti anche se di recente i compiti crescenti del governo federale l'hanno spinto ad istituire alcuni uffici fuori dalla capitale ma dipendenti dall'esecutivo federale. 


Gli uffici periferici dell'amministrazione italiana

Pur essendo simile a quella francese nell'impianto, l'articolazione territoriale italiana degli uffici centrali se ne differenzia nel disegno. In quella francese infatti, pur essendovi uffici specializzati per settori, questi dipendono dal centro attraverso il Commissario della Repubblica (l'ex Prefetto) che ne coordina l'azione. In Italia vi sono tante linee verticali di dipendenza quanti sono gli uffici periferici, da un lato, e quelli centrali, da cui i primi dipendono, dall'altro. In Francia il Commissario della Repubblica è davvero il rappresentante del governo nella Provincia (e nella Regione); in Italia il Prefetto lo è solo sulla carta. Che debbano esserci uffici periferici è previsto dalla Costituzione. Un tentativo di coordinamento tra uffici centrali e periferici è quello affidato al Comitato provinciale della pubblica amministrazione. Questo è presieduto dal Prefetto e composto dai responsabili degli uffici decentrati delle amministrazioni statali, comprese quelle dette ad ordinamento autonomo e degli enti pubblici non territoriali aventi sede nella Provincia. Il Comitato deve assicurare il buon andamento, l'imparzialità e l'efficienza dell'azione amministrativa, nonché il coordinamento delle attività statali in ambito provinciale. Il Comitato dà direttive e provvede a ispezioni e verifiche, quando ravvisi l'esistenza di carenze, inefficienze o disservizi. Il Prefetto vigila sull'esecuzione delle sue deliberazioni.


L'amministrazione locale

L'amministrazione locale, detta anche, ma impropriamente, territoriale, è costituita da apparati stabiliti in aree determinate, di ampiezza molto diversa, ordinati per lo più in modo uniforme, operanti a funzioni indivise con il centro, ma a differenza dagli uffici periferici statali, governati da corpi, direttamente o indirettamente elettivi. Questo tipo di amministrazione è stato, fino alla metà del secolo, chiamato indiretta, nel senso che gli uffici collocati in periferia erano considerati di amministrazione diretta, se propri dello Stato, di amministrazione indiretta o autarchici, se di enti locali.


Ragioni dell'amministrazione locale e della elettività dei suoi vertici

Alla domanda relativa ai motivi del numero e del taglio dell'amministrazione locale, si può rispondere semplicemente, che entità di quelle dimensioni e in quel numero erano preesistenti all'unificazione e che l'ordinamento unitario si è limitato a riconoscerle.

La Carta europea dell'autonomia locale, la legge sulle autonomie del 1990 e le leggi successive sui sistemi elettorali locali

La Carta europea dell'autonomia locale firmata a Strasburgo il 15 ottobre 1985 definisce come autonomia locale il diritto e la capacità effettiva, per le collettività statali, di regolamentare ed amministrare nell'ambito della legge, sotto la propria responsabilità e a favore delle popolazioni, una parte importante di affari pubblici. Stabilisce il principio dell'elettività. Introduce il principio di sussidiarietà secondo il quale l'esercizio delle responsabilità pubbliche deve, in linea di massima, incombere sulle autorità più vicine ai cittadini. Stabilisce che le competenze affidate alle collettività locali devono, di regola, essere complete ed integrali (pur rinviando poi alla legge). Tutela i limiti territoriali delle amministrazioni locali. Sancisce la loro autonomia organizzativa. Fissa limiti ai controlli. Introduce il principio della autonomia finanziaria degli enti locali. Stabilisce che gli enti locali hanno diritto di associarsi per collaborare.


Le amministrazioni composte

In Germania i Laender operano su tutte le materie di spettanza del centro ma con attribuzioni esecutive, mentre il Bund ha le attribuzioni direttive. In Italia le attribuzioni centrali e periferiche sono ripartite in modo diverso, per cui variano di materia in materia e vi sono numerosi uffici ministeriali periferici. 


La collaborazione tra amministrazioni

Come può essere stabilito un ordine, o almeno la collaborazione tra le amministrazioni? Con leggi cornice, indirizzo e coordinamento, intese, assensi, pareri, ecc.. Ma vi sono metodi più stabili per raggiungere lo stesso obiettivo, metodi non procedimentali, ma che danno luogo ad istituzioni composte. Si tratta di organismi con compiti molto diversi, di programmazione, di indirizzo, di ripartizione di risorse finanziarie, talora persino con compiti di gestione. Caratteristiche principali delle amministrazioni composte:

si tratta di amministrazioni nelle quali concorrono amministrazioni separate, ma contitolari di funzioni o di parte di funzioni, che esse conferiscono in un'amministrazione comune, alla quale contribuiscono anche organizzativamente, con personale, finanziamento, ecc..

Non sono ordinabili, né collocabili in una scala o gerarchia, del tipo centro-periferia. Sono costituite integrando, in forma associativa, elementi o parti di amministrazioni centrali e locali, ma non in funzione del centro né della periferia, quanto in funzione della collettività servita (sono dette amministrazioni adèspote).

L'appartenenza soggettiva passa in secondo piano, in quanto i soggetti fanno parte dell'organizzazione, non viceversa.

Nei collegi di queste amministrazioni sono presenti sia funzionari politici o non professionali, sia amministratori impiegati.

Infine, in relazione allo sviluppo assunto, l'attività propria dell'amministrazione composta è esternata direttamente da essa o da una delle amministrazioni che ne fanno parte.


Tipi di organizzazioni composte

Vi sono più tipi di amministrazioni composte. Quelle con sviluppo più embrionale si limitano a svolgere una funzione compositiva e preliminare alla erogazione di servizi o gestione amministrativa vera e propria e constano di poco più di un organo misto, a composizione associativa; quelle con sviluppo maggiore hanno un alto grado di complessità


L'amministrazione pubblica in forma privata

L'amministrazione pubblica in forma privata si è andata diffondendo di recente per motivi molto diversi, ma che possono tutti collegarsi alla funzione da svolgere, costituita per lo più dalla gestione di imprese.


Tipi di amministrazioni pubbliche in forma privata

Amministrazioni pubbliche, per lo più in forma di enti, nei quali solo il vertice dell'apparato adotta moduli organizzativi e regole funzionali di ordine pubblicistico, la restante parte essendo invece retta dal diritto privato (caso più ricorrente gli enti pubblici economici).

Amministrazioni ordinate in forma di società per azioni, previste e regolate da legge, e quindi, necessarie, per le quali la legge stessa detta i principi organizzativi essenziali.


La differenza questo tipo e quello precedente sta nel fatto che mentre nel primo il soggetto è pubblico, ma opera poi secondo il diritto privato, qui il soggetto è privato, ma è retto anche da norme che estendono ad esso principi pubblicistici (o derogano, in senso pubblicistico, alle norme del codice civile). Inoltre, nel primo caso, il rapporto tra amministrazioni ministeriali o statali e il soggetto pubblico è di quelli propri del diritto pubblico (nomina degli amministratori e controlli).


Un terzo tipo di amministrazione pubblica in forma privata è costituito da associazioni, fondazioni o consorzi, anche essi previsti e regolati da legge, e quindi necessari. Il Formez, Centro di formazione studi, ora regolato dal decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 285, è un esempio di associazione riconosciuta dalla legge, che attribuisce ad essa personalità giuridica di diritto privato.


Amministrazioni private per l'esercizio di funzioni pubbliche

Si distinguono dall'amministrazione pubblica in forma privata, le amministrazioni private per l'esercizio di funzioni pubbliche e le amministrazioni private in pubblico comando. Il primo tipo è costituito da enti privati necessari, chiamati a svolgere compiti pubblici. Il decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, ha trasformato questi enti da pubblici in privati.


Amministrazioni private in pubblico comando

Vi sono poi amministrazioni private in pubblico comando. Queste sono costituite da società per azioni di diritto comune, nelle quali amministrazioni pubbliche hanno partecipazioni azionarie. Non solo la società è privata ma anche la relazione giuridica che viene a stabilirsi tra amministrazione pubblica e società è quella regolata dal codice civile, della partecipazione azionaria. La forma privata è ancora più accentuata quando l'amministrazione che partecipa è un ente pubblico economico.


I privati in funzione dell'amministrazione

Le amministrazioni pubbliche si avvalgono continuamente di privati; vi sono casi però nei quali la collaborazione di privati nello svolgimento di funzioni amministrative acquista carattere di continuità (specialmente negli Stati Uniti e in Francia).


L'ausiliarietà

In Italia le amministrazioni pubbliche, o valendosi di atti autoritativi (provvedimento di concessione) o ricorrendo a contratti, hanno fatto ampio ricorso a privati. Il fenomeno prende il nome di esercizio privato di funzioni pubbliche. In questa figura sono incluse sia attività non continuative come quella per esempio dell'avvocato che autentica firme altrui, sia attività come quella del notaio, che svolge professionalmente, ma sotto stretto controllo pubblico, un'attività importante come quella costitutiva di certezza pubblica.

Con le concessioni di opera e di servizio invece, l'amministrazione pubblica si spoglia dei suoi compiti, affidandoli a privati e, così facendo, sposta la linea di confine pubblico-privato, privatizzando attività prima pubbliche.


Concessioni di servizio

Nell'ambito dei diversi rapporti che possono stabilirsi tra un'amministrazione pubblica e organismi privati il primo di questi rapporti è quello della concessione di servizio da parte di una pubblica amministrazione. E' un'ipotesi nella quale il servizio può essere della pubblica amministrazione o non esserlo (servizio pubblico in senso soggettivo o in senso oggettivo). La pubblica amministrazione l'affida ad un privato. Si combinano l'interesse (pubblicistico) del perseguimento del fine pubblico e quello (privatistico) di ottenerne un guadagno. Il rapporto è regolato dall'atto di concessione. Questo affida il servizio e indica gli obblighi del concessionario: svolgere il servizio, organizzarlo ed apportarvi i mezzi necessari, assumere i rapporti obbligatori connessi, sottostare a controlli del concedente. A sua volta quest'ultimo prevede e conferisce la remunerazione del servizio, può revocare e sospendere la concessione, ha poteri di direzione, ispettivi e ordinatori. A seconda delle diverse discipline di specie, al concedente sono imputati solo i risultati o anche gli atti posti in essere dal concessionario. Invece, gli illeciti civili, contrattuali ed extracontrattuali, essendo propri dell'area privatistica, sono imputati al concessionario.


Contratti di servizio

Nell'ambito dei diversi rapporti che possono stabilirsi tra un'amministrazione pubblica e organismi privati un secondo tipo di questi rapporti è quello del contratto di servizio (detto anche, ma con denominazione errata, appalto di servizio), e cioè di esercizio di attività di interesse pubblico in forma indiretta, mediante contratto. La pubblica amministrazione può decidere di non organizzare un ufficio proprio per svolgere un servizio e di avvalersi di un'organizzazione esterna. Questa si impegna a svolgere un'attività nell'interesse pubblico, ma a condizioni che soddisfino anche l'interesse privato dell'assuntore del servizio. Mentre però, nel caso della concessione del servizio, l'attività oggetto dell'affidamento è servizio pubblico, nel caso del contratto è un'attività privata, di cui l'amministrazione occasionalmente si dà carico, facendola così, diventare attività privata di interesse pubblico. Le 2 figure non presentano poi diversità notevoli quanto all'assetto concreto dei rapporti tra i contraenti.


Gli ausili finanziari pubblici

Gli ausili finanziari pubblici vanno tenuti separati da quelli finanziari pubblici a privati per lo svolgimento di attività private per le quali l'autorità pubblica ha un interesse allo svolgimento. In questo caso infatti non vi è né una concessione di servizio (perché l'attività non costituisce servizio pubblico) né un contratto (perché non c'è un accordo, anche se l'atto di concessione è fondato su una domanda del privato, per cui se ne conosce il consenso). Di conseguenza, più che l'oggetto dell'attività, ne sono determinati i fini. E non è determinato un corrispettivo, bensì il finanziamento di una percentuale delle spese previste. Il privato è tenuto al rispetto delle finalità.


Rapporti tra amministrazione ausiliata e privato ausiliare

In tutti questi casi, l'ausiliario resta ente privato, anche se svolge attività per contro di amministrazioni pubbliche. Le 2 cose, l'essere soggetto privato e lo svolgere attività di servizio pubblico o di pubblico interesse o di rilevanza pubblicistica quanto ai fini, non sono tra loro incompatibili.

Non pare esservi limite all'attribuzione di funzioni pubbliche a organismi privati. Questi possono svolgere anche funzioni autoritative. E' frequente, specialmente per le attività maggiormente appetite dai privati, l'adozione di una procedura competitiva di scelta dell'ausiliante.


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