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Le tappe fondamentali dei diritti dell uomo
Oggi nel mondo alcuni diritti fondamentali, quali il diritto alla vita, alla libertà, alla cura della salute, alla difesa in caso di processo, etc., sono riconosciuti da tutti, anche dagli Stati che magari non li attuano praticamente. Quando questi diritti vengono calpestati, l'opinione pubblica insorge, anche se non sempre si riesce ad attuare provvedimenti capaci di eliminare ogni tipo di ingiustizia.
C'è quindi, dovunque, un riconoscimento almeno di diritto, se non di fatto, di alcuni valori che sono talmente legati all'essenza stessa umana, che si ritiene lesivo che essi si attuino in ciascuna persona sulla Terra.
Questa situazione, che può sembrare tanto ovvia, è in realtà una conquista che è costata all'umanità millenni di sofferenze e che soltanto nel nostro secolo, almeno su di un piano ideale e teorico, è patrimonio comune di quasi tutti i popoli della Terra.
Ma essa non rappresenterà ancora un punto di arrivo nella nostra storia, finché non diventerà una situazione di fatto per tutti e non soltanto un ideale in cui credere, un programma da realizzare.
Anticamente, nelle civiltà orientali e in quella greca e romana, la differenza tra gli uomini (liberi, schiavi, stranieri) e la disuguaglianza di diritti anche tra i liberi (cittadini e stranieri, patrizi e plebei) erano un fatto normale. Nessun esperimento democratico riuscì ad eliminare queste diversità.
Il Medioevo portò con sé molte eredità di questo passato anche se in forme più attenuate, almeno sotto certi aspetti; la schiavitù ad es. lasciò quasi sempre e ovunque il posto alla servitù della gleba.
In questa epoca storica, però, si compì anche il primo passo verso il riconoscimento dei diritti fino allora inconcepibili.
Il documento che testimonia questa importante novità è la Magna Charta Libertatum (la « Grande Carta delle libertà »), il cui valore storico non è, tanto dovuto al numero e all'estensione di queste libertà (per la verità poche e quasi tutte riguardanti uno stretto gruppo sociale di persone), ma appunto alla loro novità.
La Magna Charta venne estorta nel 1215 dai baroni inglesi al re Giovanni Senza Terra. La nobiltà pensava di trarre vantaggi soltanto per se stessa, ma fu appoggiata nelle sue richieste da tutti i liberi ( non molti rispetto alla maggior parte della popolazione costituita di Servi della Gleba ) e il documento diede anche a questi ultimi qualche garanzia.
La Magna Charta stabilì fra l'altro che il potere del re doveva essere controllato dalla legge e dalle assemblee dei nobili. Il re non poteva imporre nessuna tassa eccezionale senza l'approvazione del Consiglio Comune costituito dai Vassalli Maggiori.
La Magna Charta assicurava inoltre la protezione ai liberi contro gli abusi dei funzionari regi e imponeva processi imparziali, che venivano svolti secondo le disposizioni della legge.
Con questo documento i sudditi cominciavano a difendersi contro il dispotismo del re e a fissare alcuni limiti invalicabili anche per il potere sovrano
Negli altri Paesi europei non si ripeté questo esperimento anzi la instaurazione del regime monarchico assoluto restrinse il più possibile anche le prerogative e i privilegi che qualche classe sociale si era acquistati in epoca precedente accentrando nel re tutti i diritti, per cui ai sudditi rimase praticamente solo il diritto di ubbidire.
Rimasero comunque ai nobili molti privilegi (tra cui importantissimo l'esenzione dal pagamento delle tasse) che segnarono per secoli la disuguaglianza sociale e la differenza di trattamento dei cittadini di fronte alla legge.
La differenza maggiore in questo campo si verificava tra il re e tutti gli altri sudditi; mentre questi erano più o meno legati all'osservanza delle leggi e puniti in caso di inadempienza, il re si considerava al di sopra della legge e quindi svincolato da ogni soggezione ad essa; da qui derivò il nome di « sovrano assoluto », cioè sciolto da ogni legame nei confronti della legge.
La « Dichiarazione dei diritti » del 1658
Anche a questo proposito l'Inghilterra fu la prima a fissare delle norme che tolsero per sempre al re la pericolosa prerogativa di essere superiore alla legge.
Ciò avvenne con la « Dichiarazione dei diritti » (1658), che il Parlamento inglese aveva proposto ai re nel tormentato periodo della storia inglese del XVII secolo. Dopo molte lotte Guglielmo d'Orange prima di ricevere la corona dovette sottoscrivere quella Dichiarazione. In essa si stabiliva, tra l'altro, che il re doveva sottostare alle leggi; che solo il Parlamento poteva modificare le leggi; che la magistratura era indipendente; il re non poteva arruolare e tenere un esercito in tempo di pace, senza l'autorizzazione del Parlamento.
Con queste norme fu definitivamente instaurato in Inghilterra il regime parlamentare così chiamato perché al Parlamento era affidato il potere fondamentale di uno Stato: cioè il potere di legiferare.
L'indipendenza della magistratura sottraeva l'amministrazione della giustizia all'ingerenza del re, il quale, come gli altri cittadini, doveva ubbidire alle leggi. Il controllo dell'esercito da parte del Parlamento toglieva al re la forza necessaria per sovvertire l'ordine dello Stato e tentare di riacquistare il potere perduto.
Questa pacifica rivoluzione sancì in Inghilterra quei principi fondamentali su cui si reggono gli Stati moderni, e che l'Europa farà propri, dopo oltre un secolo e con grande spargimento di sangue, attraverso la Rivoluzione francese. Essi sono: il governo parlamentare (predominio del Parlamento su ogni altra magistratura e in particolare limitazione dell'autorità del re) e la divisione dei poteri in tre organi fondamentali :
l'esecutivo al re o al Governo, il legislativo ai Parlamento, il giudiziario alla Magistratura.
Questa nuova realtà politica, anche se rappresentava un progresso rispetto ad altre forme di Stato, non era immune da difetti. Tra l'altro riconosceva le libertà e i diritti fondamentali dei semplici cittadini.
La Dichiarazione dei diritti dell'uomo (1776)
La Dichiarazione dei diritti dell'uomo, che le colonie americane, formularono alla vigilia della loro rivolta contro la madrepatria avvenne nel 1776. I rappresentanti delle colonie giustificarono la proclamazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America affermando tra l'altro che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che il Creatore li ha investiti di certi diritti inalienabili: la vita, la libertà e la ricerca della felicità.
La Dichiarazione francese (1789)
La Rivoluzione francese si ispirò ai principi che avevano sostenuto la lotta americana per l'indipendenza.
La « Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino », proclamata dall'Assemblea costituente francese il 26 agosto 1789, rivendicò l'uguaglianza di tutti di fronte alla legge, la necessità che lo Stato fosse al servizio del cittadino ed espressione della volontà popolare, riaffermò che la legge fosse di salvaguardia dei diritti di tutti e non solo di classi privilegiate. Tra i diritti fondamentali erano espressamente riconosciuti: la libertà di pensiero, di parola e di stampa, la proprietà, la sicurezza della propria persona e, della nazione intera contro l'oppressione.
Gli uomini credettero allora di aver preparato per i posteri un destino migliore di quello che era toccato loro . Sembrò che l'umanità non avrebbe esitato a seguire l'esempio della Francia nell'affermare una maggiore dignità di vita, ma le vicende del XIX secolo e quelle ancora più tragiche del xx delusero le speranze degli ottimisti. Forse poche volte nella storia i più elementari diritti sono stati calpestati come nel nostro secolo, testimone di atroci crimini come lo sterminio di sei milioni di ebrei, bombardamenti su città inermi siluramento di navi civili, campi di concentramento, torture di ogni genere, distruzione di una intera città in pochi istanti con la bomba atomica.
Quando l'umanità uscì sconvolta e prostrata dalla Seconda guerra mondiale s'accorse che nulla era stato salvato di quel patrimonio di valori umani che il mondo si era procurato attraverso i secoli.
L'O.N.U. e la Dichiarazione universale dei diritti
L'O.N.U. l'organizzazione mondiale che si costituì per impedire il ripetersi di nuovi disastri, emanò allora un nuovo documento, la « Dichiarazione universale (parola che non
compariva nei precedenti documenti) dei diritti dell'uomo », che esprime gli insegnamenti tratti da tanti errori e la volontà di fare tutto il possibile perché non si ripetano più. Essa fu emanata il 10 dicembre 1948. Oltre ai diritti già affermati nel passato, viene riconosciuta per tutti, indipendentemente dalla razza, dalla religione e da qualsiasi differenza sociale ed esteriore, la libertà dal bisogno, dall'ignoranza e dalla paura.
Tuffi devono raggiungere un benessere che permetta lo svolgimento di una vita degna dell'uomo; devono possedere un minimo (l'istruzione e poter accedere, se capaci, ai gradini più alti della cultura; tutte le nazioni devono impegnarsi per tener lontana l'immensa sventura della guerra. Particolare importanza si è data alla lotta contro il razzismo e alla condanna dello sterminio di persone e popoli in nome della razza o di qualsiasi altro pregiudizio.
Stanchi di inutili e orribili stragi gli uomini hanno intra preso la pacifica lotta contro la fame contro ogni forma di ingiustizia, contro l'ignoranza .
Come sempre, alla fine di ogni guerra, essi credettero che stesse per sorgere liti mondo senza guerre.
I diritti dell'uomo e la realtà
Dopo venti anni coloro che collaborarono con tanto entusiasmo a promulgare la Carta che doveva difendere gli uomini dall'ingiustizia, riconoscono per primi che i principi della Dichiarazione sono ancora un sogno; c'è tuttora un immenso lavoro da compiere perché essi vengano applicati interamente dappertutto nel mondo.
Tutti gli uomini sanno questo; come anche hanno assistito in questi due decenni allo scoppio e al prolungarsi di conflitti armati in diversi luoghi della terra
La giustizia, la pace e tutti i beni che ne derivano sono dunque davvero una illusione, un irraggiungibile miraggio?
No, se noi lo vorremo.
« La Carta dei Diritti Umani non potrà diventare una realtà, se l'opinione pubblica mondiale non si batterà ininterrottamente per la stia applicazione effettiva e universale >>
« Nel mondo attuale si affrontano o convivono ideologie politiche opposte, razze varie, convinzioni religiose diverse a livelli differenti di sviluppo economico. Quando da tutte queste diversità saremo riusciti a far scaturire un ideale comune di diritti umani e il rispetto universale della dignità della persona, allora saremo riusciti a creare fra gli esseri umani il saldo vincolo, da cui dipendono il mantenimento delle relazioni pacifiche fra le nazioni e, nello stesso tempo, una cooperazione fruttuosa economica, sociale, culturale. »
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