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I SOGGETTI PASSIVI
Il termine contribuente indica il debitore dell'imposta o più genericamente il soggetto passivo di rapporti tributari. Ogni contribuente ha il domicilio fiscale in un comune dello stato. Il domicilio fiscale è concetto distinto da quello di residenza fiscale: quest'ultima nell'ambito elle imposte sui redditi, è una nozione di diritto tributario sostanziale, che determina la tassazione in Italia della totalità dei redditi del residente anche se prodotti all'estero. Il domicilio fiscale invece è una nozione di diritto formale che risolve i problemi di competenza territoriale; perciò hanno un domicilio fiscale sia i residenti che i non residenti. il domicilio fiscale è regolato ai fini reddituali: quello dei residenti è nel comune dell'anagrafe in cui sono iscritti; per le società e per gli enti è nel comune in cui hanno la sede legale; i non residenti sono domiciliati nel comune in cui è prodotto il reddito. Il comune di domicilio fiscale di un contribuente determina la competenza dell'ufficio che deve controllare la posizione fiscale di quel contribuente.
Oltre alle persone fisiche ed agli enti collettivi dotati di personalità giuridica possono essere titolari di situazioni giuridiche anche dei soggetti non dotati di personalità. Sono perciò soggetti passivi d'imposta anche le società di persone le associazioni non riconosciute e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto si verifica in modo unitario e autonomo.
Le diverse situazioni passive che scaturiscono dalle fattispecie tributarie possono far capo ad una pluralità di soggetti passivi. Può trattarsi di obblighi formali o dell'obbligazione tributaria; e ricorre la figura dell'obbligazione solidale in senso tecnico solo quando più soggetti sono tenuti in solido ad adempiere l'obbligazione tributaria. Vale per la solidarietà passiva tributaria la definizione dell'art. 1292 c.c. secondo cui l'obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione in modo che ciascuno può essere costretto all'adempimento per la totalità e l'adempimento da parte di uno libera gli altri. Il soggetto passivo del tributo non è soltanto obbligato all'adempimento di una prestazione pecuniaria ma è anche tenuto all'adempimento di obblighi formali come la presentazione della dichiarazione. Anche nei riguardi di tali obblighi vale il concetto per cui l'adempimento di uno dei coobbligati libera tutti gli altri. Se la dichiarazione è presentata e sottoscritta da uno solo anche gli altri sono liberati, ma se la dichiarazione comporta sanzioni queste sono applicabili nei confronti di tutti.
Vi sono due tipi di solidarietà tributaria: quella paritetica e quella dipendente. Si ha solidarietà paritetica quando il presupposto del tributo è riferibile ad una pluralità di soggetti; nel caso di solidarietà dipendente vi è un obbligato principale che ha posto in essere il presupposto del tributo ed un obbligato dipendente che non ha partecipato alla realizzazione del presupposto ma è tuttavia obbligato perché ha posto in essere una fattispecie collaterale.
Viene denominato responsabile d'imposta quel particolare debitore d'imposta che non realizza il presupposto ma una fattispecie collaterale ed è fiscalmente obbligato in via dipendente in solido con il soggetto che realizza il presupposto. Il responsabile d'imposta è obbligato al pagamento dell'imposta insieme con altri per fatti o situazioni esclusivamente riferibili a questi. Ciò che distingue il responsabile d'imposta dalla figura di coobbligato della solidarietà paritaria è il fatto che la sua responsabilità non deriva dall'aver concorso a realizzare il presupposto dell'imposta ma all'aver posto in essere una fattispecie ulteriore e diversa. Tra fattispecie principale e fattispecie secondaria vi è un rapporto di pregiudizialità-dipendenza: l'obbligazione del responsabile in tanto esiste in quanto esiste quella principale; il responsabile è un coobbligato in via dipendente. Ciò però non ha rilievo nei confronti del fisco: nei rapporti esterni il responsabile d'imposta è un coobbligato in solido. Nei rapporti interni invece solidarietà paritaria e dipendente differiscono perché il responsabile d'imposta che paga il tributo ha diritto di regresso per l'intero nei confronti dell'obbligato principale.
I rapporti tra condebitori d'imposta non sono disciplinati dal diritti tributario ma dal codice civile, nei rapporti interni l'obbligazione tributaria solidale si divide per quote. Le quote si presumono uguali se non risulta diversamente; inoltre l'art. 1299 c.c. chi ha pagato l'intero ha diritto di regresso e può ripetere dai condebitori la quota che compete a ciascuno di essi.
Quando vi è solidarietà vi sono più soggetti nei confronti dei quali può essere esercitato il potere impositivo. In passato secondo la prassi amministrativa si riteneva che l'avviso di accertamento notificato ad uno soltanto dei condebitori fosse efficace nei confronti di tutto; e da ciò derivava che se l'atto non era impugnato e diveniva definitivo si riteneva che gli atti valessero nei confronti di tutti anche nei confronti del condebitore al quale non era stato notificato. Questa dottrina è stata contraddistinta con il termine di solidarietà formale o solidarietà processuale. La Corte costituzionale ne ha dichiarata l'illegittimità costituzionale per contrasto con l'art. 24 in quanto comportava lesione del diritto di difesa dei condebitori nei cui confronti un atto poteva esplicare effetti senza che ad essi fosse notificato. Dopo l'intervento della Corte si è consolidata l'idea che lì'obbligazione solidale tributaria non differisce ne per struttura né per disciplina da quella di diritto civile e vengono perciò applicate le norme del codice civile. Assodato che l'avviso di accertamento dell'obbligazione solidale vale soltanto nei confronti dei soggetti ai quali è notificato va ora escluso che l'amministrazione finanziaria sia tenuta a notificare l'avviso di accertamento a tutti i coobbligati. Nella solidarietà vi è una pluralità di debitori per un'unica prestazione e l'adempimento di uno libera tutti; da ciò deriva la facoltà del creditore di rivolgersi a sua scelta ad uno o ad alcuni o a tutti i debitori. L'obbligo di rivolgersi a tutti non ha alcuna ragione di essere se uno soltanto dei debitori può essere costretto ad adempiere con efficacia liberatoria per tutti. Da ciò in diritto tributario la facoltà di notificare l'accertamento ad uno o ad alcuni debitori. Un avviso di accertamento che è notificato ad un condebitore è efficace soltanto nei confronti di quel soggetto non verso gli altri. Ciò vale sia in caso di solidarietà paritaria sia in caso di solidarietà dipendente. I soli casi nei quali l'atto produce effetti verso soggetti diversi dai suoi destinatari sono:
Quando vi sia successione nel debito d'imposta;
Quando l'amministrazione sia titolare di un privilegio speciale perché in tal caso l'atto emesso nei confronti del soggetto passivo legittima l'esecuzione sul bene anche se di proprietà di terzi.
In passato si riteneva che l'avviso di accertamento fosse vincolante anche per l'obbligato dipendente e che l'obbligato dipendente potesse contestare i presupposti particolari dell'obbligazione dipendente ma non l'obbligazione principale risultante da una imposizione divenuta definitiva nei confronti dell'obbligato principale. Ora però tale concezione deve ritenersi superata. L'obbligato dipendente non è vincolato dall'avviso di accertamento emesso nei confronti dell'obbligato principale. Nei rapporti tra coobbligati e fisco non vi è dunque differenza tra solidarietà paritaria e solidarietà dipendente: la differenza tra le due figure ha riguardo alla fattispecie da cui sorgono. L'amministrazione finanziaria dunque che voglia ottenere il pagamento del tributo dall'obbligato dipendente deve notificare l'avviso a tale soggetto con una doppia motivazione, perché deve riguardare sia il presupposto dell'imposta sia la fattispecie ulteriore da cui scaturisce l'obbligazione del coobbligato dipendente. Dato che l'avviso di accertamento esplica effetti soli nei confronti del condebitore al quale è notificato è solo quel condebitore che può essere iscritto a ruolo. Gli atti che riguardano un singolo condebitore non incidono sui rapporti interni tra condebitori. Gli atti intervenuti tra uno dei coobbligati e il creditore non incidono sui rapporti interni perché non hanno effetti vincolanti per i terzi. I rapporti interni restano regolati dall'art. 1298 c.c. secondo cui l'obbligazione solidale si divide seconda la misura della riferibilità del presupposto del tributo a ciascun condebitore. Da ciò deriva che il condebitore che riceve l'avviso di accertamento e paga l'imposta non acquista per ciò solo il diritto di regresso nei confronti del coobbligato né il coobbligato può ritenersi libero da qualsiasi vincolo per il fatto di non aver ricevuto l'avviso di accertamento. Se i condebitori impugnano l'accertamento con esiti diversi i diversi giudicati non influiscono sui rapporti interni. Nella lite tra condebitori in materia di regresso il giudice deve accertare ex novo ma incidenter tantum il debito d'imposta. Quando l'avviso non è notificato nei termini a tutti la giurisprudenza ritiene che l'art. 1310 c.c. secondo cui gli atti con i quali il creditore interrompe la prescrizione contro uno dei debitori in solido hanno effetto anche nei riguardi degli altri debitori sia applicabile al termine di decadenza entro il quale l'amministrazione finanziaria può notificare l'atto di accertamento. Questo orientamento suscita perplessità sia perché estende alla decadenza una norma dettata per la prescrizione sia perché alla decadenza non si applicano le norme relative alla interruzione della prescrizione. Se i coobbligati impugnano l'atto impositivo con distinti ricorsi gli esiti possono essere tanti, quanti sono i processi instaurati. La sentenza che respinge il ricorso di un condebitore non pregiudica gli altri perché secondo l'art. 1306 c.c. la sentenza pronunciata tra il creditore ed uno dei debitori in solido non ha effetto contro gli altri debitori. Un problema frequente che non trova soluzione in alcuna norma espressa si presenta quando l'avviso di accertamento non è impugnato da tutti i soggetti a cui è stato notificato. Si ipotizzi che un avviso di accertamento sia notificato a due coobbligati in solido ed uno soltanto lo impugni, ottenendone l'annullamento con sentenza definitiva mentre l'altro rimanga inerte. Può il debitore inerte opporsi alla riscossione facendo valere il giudicato ottenuto dal condebitore? La questione deve essere risolta considerando che:
Il processo tributario è un processo costitutivo rivolto all'annullamento di atti autoritativi;
I ricorso dei condebitori in solido hanno per oggetto un identico atto impositivo;
l'annullamento di un atto vale erga omnes.
Ciò implica che se un condebitore impugna ed un altro condebitore non impugna l'annullamento ottenuto dal condebitore impugnante è annullamento dell'unico atto impositivo ed esplica i suoi effetti verso tutti i condebitori. Per tale motivo dell'annullamento può giovarsi anche il condebitore inerte. Si ritiene però che il condebitore può invocare il giudicato favorevole formatosi tra un condebitore e l'amministrazione finanziaria solo in via di eccezione e non via di azione. Si esclude dunque la ripetibilità di quanto già versato per cui l'onere economico dell'imposta finisce per gravare in toto sul contribuente che ha adempiuto all'obbligazione che non può agire in regresso pro quota nei confronti degli altri coobbligati.
Vi è sostituzione tributaria nei casi in cui l'obbligazione tributaria è posta a carico di un soggetto diverso da colui che realizza il presupposto del tributo. La sostituzione soggettiva è prevista dagli artt. da 23 a 29 del D.P.R. 600/1973 i quali dispongono quando taluni soggetti corrispondono somme per determinati titoli devono all'atto del pagamento operare una ritenuta il cui importo deve essere versato all'erario. Le società nel distribuire i dividenti devono operare con obbligo di rivalsa una ritenuta del 12,50 % a titolo di imposta sugli utili in qualunque forma corrisposti a persone fisiche residenti in relazione a partecipazioni non qualificate ed una ritenuta a titolo d'imposta del 27% sugli utili corrisposti a titolo a persone fisiche non residenti. secondo la definizione legislativa sostituto è chi in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto. Operare la ritenuta è di regola non solo un diritto ma anche un obbligo la cui violazione è punita con sanzione amministrativa.
Conosciamo due tipi di sostituzione:
Tanto nella sostituzione a titolo d'imposta quanto nella sostituzione a titolo d'acconto la ragione per cui vengono posti degli obblighi tributari a carico di soggetti diversi da colui che realizza la fattispecie imponibile sta in ciò che il sostituto è debitore verso il sostituto di somme la cui corresponsione realizza presso il creditore un fatto fiscalmente rilevante. La posizione del sostituto nei confronti del fisco è quella di qualsiasi altro percettore di reddito: le somme che percepisce sono componenti del suo reddito complessivo ma esso acquista il diritto di dedurre dall'imposta globalmente dovuta l'importo delle ritenute subite. Il sostituto subendo le ritenute viene assoggettato ad una tassazione anticipata per cui acquista il diritto di detrarre dall'imposta dovuta per quel periodo di imposta l'ammontare delle ritenute subite. Secondo la giurisprudenza il fisco può non solo accertare nei confronti del sostituto i redditi sui quali è stata omessa la ritenuta d'acconto ma può anche riscuotere la relativa imposta; ciò in quanto il contribuente che abbia percepito somme soggette a ritenuta alla fonte a titolo di acconto resta debitore principale dell'obbligazione tributaria: pertanto qualora il sostituto non abbia versato all'erario l'importo della ritenuta l'amministrazione finanziaria può rivolgersi direttamente al contribuente per ottenere le somme dovute a titolo di imposta.
Esistono anche altri casi in cui il debitore dell'imposta ha il diritto di rivalersi verso altri. Ogni contribuente cerca di trasferire ad altri l'onere del tributo. La traslazione delle imposte è studiata dalla scienza delle finanze. Può essere giuridicamente rilevante o giuridicamente irrilevante. Gli economisti distinguono tra contribuente di diritto e contribuente di fatto; il primo è io debitore che è tenuto a pagare il tributo, il secondo colui che sopporta l'onere del tributo, senza poterlo riversare su altri. Vi sono tributi, posti a carico di un soggetto, che però sono destinati a gravare economicamente su altri soggetti. È il caso delle imposte sui consumi, delle quali sono debitori gli operatori economici ma che sono destinate a gravare sui consumatori. Il trasferimento dall'onere tributario dal soggetto passivo al consumatore può verificarsi come fatto puramente economico mediante inglobamento dell'onere tributario nel prezzo del bene. Ma vi sono dei casi nei quali è espressamente conferito al soggetto passivo del tributo il diritto di rivalsa. Ad esempio i soggetti passivi delle accise hanno diritto di rivalsa verso i cessionari dei prodotti per i quali hanno assolto il tributo. Nei casi in cui il soggetto passivo del tributo è diverso dal soggetto che pone in essere il fatto economico colpito dal tributo è necessario che il debitore del tributo sia in grado di trasferire l'onere economico sul soggetto che realizza il fatto espressivo di capacità contributiva. In tali casi colui che realizza il presupposto di fatto del tributo ne è anche soggetto passivo; il legislatore accordando la rivalsa mira a far ricadere l'onere economico del tributo su di un soggetto diverso dando veste formale alla traslazione. Ma vi sono anche dei casi nei quali il soggetto passivo dell'imposta è un soggetto diverso da colui che realizza il presupposto; ci riferiamo alle figure del sostituto d'imposta e del responsabile d'imposta. Essi hanno diritto di rivalsa verso colui che ha posto in essere il presupposto. Ma in generale ha diritto di rivalsa verso colui che realizza il presupposto dell'imposta ogni terzo che sia tenuto a corrispondere il tributo. La rivalsa può derivare da norme civilistiche o da clausole contrattuali. La rivalsa è dunque istituto che assume diversa configurazione. Nel primo caso la rivalsa è rimessa alla libera determinazione delle parti sicchè non si tratta di rivalsa intesa come istituto tipico del diritto tributario ma di mera traslazione economica attuata liberamente dalle parti nell'esercizio della loro autonomia negoziale. Vi sono dunque casi in cui la funzione della rivalsa è estranea al diritto tributario; l'onere del tributo in tali casi è oggetto di un rapporto privatistico e può essere oggetto di negoziazione come ogni altro onere economico. Perciò quando si ha traslazione economica dell'imposta non si ha una figura fiscale. Invece quando la rivalsa è prevista da norme tributarie occorre considerare il rapporto di rivalsa come parte del tributo inteso come istituto giuridico ossia come insieme di norme rispondenti ad una ratio unitaria. Accanto al diritto di rivalsa è da ricordare il diritto di surrogazione. A colui che ha pagato un'imposta dovuta per un presupposto riferibile ad altri è applicabile l'art. 1203 c.c. Si ha quindi surrogazione legale a vantaggio di chi essendo tenuto con altri o per altri al pagamento di un tributo ha assolto il debito dell'imposta.
La rivalsa dell'imposta può essere facoltativa, obbligatoria o vietata. È obbligatoria quando il legislatore vuole che l'onere del tributo sia trasferito dal soggetto passivo ad altri. Se la rivalsa è obbligatoria sono nulli i patti con cui l'avente diritto rinuncia alla rivalsa accollandosi in via definitiva l'onere economico del tributo. Al di fuori di tali casi i privati sono liberi di stipulare patti di accollo dell'imposta. Secondo un'antica massima jus fiscale privatorum pactis convelli non potest. Sono dunque nulli i patti con i quali un soggetto si impegna verso un altro soggetto a far fronte ad un determinato debito d'imposta o ad oneri tributari che dovessero sopravvenire a carico dell'altro soggetto. L'accollo può essere meramente interno al rapporto tra contribuente accollato e accollante senza produrre effetti per il creditore; in tal caso il fisco non acquisisce alcun diritto nei confronti dell'accollante. È a tale genere di patti che si riferisce lo statuto dei diritti del contribuente prevedendo che è ammesso l'accollo del debito d'imposta altrui senza liberazione del contribuente originario. Le norme costituzionali si rivolgono principalmente al legislatore in quanto comportano l'illegittimità delle norme di legge che siano in contrasto con i precetti costituzionali. Di regola le norme costituzionali sono modelli per il legislatore e trovano attuazione attraverso la legislazione. A talune norme costituzionali è stata però riconosciuta diretta applicabilità.
La successione ereditaria comportando il subentro degli eredi in tutte le situazioni giuridiche che facevano capo al defunto implica anche il subentro degli eredi nelle situazioni giuridiche di natura tributaria. Ciò vale in linea di principio non solo per l'obbligazione tributaria ma anche per gli obblighi formali e per le situazioni procedimentali. Il fenomeno non è compiutamente regolato dal legislatore tributario; si applica in mancanza di norme tributarie la normativa codicistica che dispone la successione dell'erede in tutte le situazioni giuridiche soggettive del de cuius incluse le situazioni soggettive tributarie. Trova quindi applicazione l'art. 752 c.c. a norma del quale gli eredi non rispondono in solido dei debiti ereditati ma ne rispondono in proporzione delle rispettive quote. Tale disposizione riguarda in generale anche i debiti tributari del de cuius con la eccezione dei debiti per imposte sui redditi per i quali vi è una norma ad hoc che dispone la solidarietà degli eredi. Sempre per le imposte sui redditi la legge dispone che tutti i termini pendenti alla data della morte del dante causa o scadenti entro quattro mesi da essa sono prorogati di sei mesi in favore degli eredi. Gli eredi debbono comunicare all'ufficio delle entrate dell'ultimo domicilio fiscale del de cuius le propri generalità e il proprio domicilio fiscale; l'ufficio può notificare l'avviso di accertamento intestato al defunto presso il domicilio medesimo impersonalmente e collettivamente agli eredi e l'atto è efficace nei confronti degli eredi che almeno trenta giorni prima non abbiano effettuato la comunicazione delle loro generalità e del domicilio fiscale.
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