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Le singole forme d'iniziativa delle leggi
Nell'attuale ordinamento l'iniziativa legislativa non è più accentrata come nel periodo statuario, ma presenta un carattere diffuso: in quanto spetta, oltre che al governo ed a ciascun membro delle camere, "agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale". Ma in verità la dizione è imprecisa, poiché il potere di farsi presentatori di progetti di legge non è disciplinato da distinte leggi costituzionali, bensì dalla costituzione stessa; che lo attribuisce al popolo, al consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, ai singoli consigli regionali e, forse, ai comuni. La carta costituzionale configura quindi cinque o sei tipi di iniziativa legislativa. Ma nella realtà delle cose le forme nuove non hanno che una minima importanza, poiché non è avvenuto se non in rarissimi casi che proposte di legge siano state presentate dagli elettori. Di fatto perciò l'iniziativa continua a risultare accentrata nella mani dei parlamentari e soprattutto nella mani del governo, che si fa presentatore di progetti relativamente meno numerosi.
Le ragioni sulle quali si fonda la supremazia dell'iniziativa governativa sono di ordine politico, tecnico e giuridico-costituzionale. Dato il rapporto fiduciario che lega il governo al parlamento, quest'ultimo non può bocciare sistematicamente le proposte governative, poiché un tale atteggiamento comporterebbe sfiducia e condurrebbe ad una crisi.
Giuridicamente tale iniziativa è l'unica che abbia una portata universale, cioè comprensiva di qualunque oggetto ricadente nella competenze del legislatore statale. Bisogna ancora aggiungere che sussisterebbe a favore del governo una vera e propria riserva costituzionale d'iniziativa legislativa in tema di presentazione dei disegni di conversione dei decreti-legge.
Il "principio di equiparazione formale di ogni tipo di iniziativa delle leggi" subisce già in tal senso una serie di eccezioni: in alcuni casi accade fin d'ora che l'iniziativa governativa sia privilegiata, anche sul piano procedurale, disponendo di "corsie preferenziali". Così i regolamenti di entrambe le camere prevedono oggi una "apposita sessione parlamentare di bilancio", riservata all'esame del disegno di legge di approvazione dei bilanci e del correlativo disegno di legge finanziaria. Del pari i regolamenti stessi disciplinano in modo specifico le procedure di approvazione dei disegni governativi per la conversione dei decreti-legge, disponendo la loro immediata assegnazione alle commissioni competenti, che debbono pronunciarsi entro un brevissimo tempo. D'altra parte la primazia dell'iniziativa governativa è confermata dalla presenza di un rappresentante del governo nella "conferenza dei presidenti del gruppo", all'atto della predisposizione del programma dei lavori dell'assemblea. La presentazione dei disegni governativi è tuttavia preceduta da un particolare e distinto iter formativo dei progetti medesimi. La parte essenziale di questo procedimento si svolge all'interno dell'esecutivo. In una fase immediatamente successiva, la sottoposizione del disegno all'una o all'altra camera del parlamento dev'essere autorizzata dal presidente della repubblica che provvede mediante un apposito decreto; e, sulla carta, il presidente potrebbe rifiutarsi di apporre la sua firma al decreto medesimo, qualora riscontrasse l'illegittimità costituzionale dell'intero disegno o di parte di esso.
Sebbene l'art. 71 primo comma Cost. affidi la presentazione dei disegni di legge " a ciascun membro delle camere" anziché alle camere stesse, l'iniziativa parlamentare ha continuato per un lungo periodo ad essere sottoposta alla ricordata "presa in considerazione". Presentemente perciò l'iniziativa parlamentare non incontra limiti diversi da quelli comuni a tutti i disegni di qualunque provenienza. Allo stato perciò il solo rimedio consiste nelle previsioni regolamentari che prescrivono di sentire il parere della commissione bilancio e programmazione, "sulle conseguenze di carattere finanziario". Ma il vero limite dell'iniziativa parlamentare sta nella sua scarsa incisività. Nella gran parte dei casi i disegni in questione sono destinati a decadere inutilmente al termine della legislatura.
Sul piano giuridico, problemi più notevoli derivano dall'iniziativa popolare. Ma la legge n. 352 ha risolto il problema disponendo che la proposta, accompagnata "da una relazione che ne illustri le finalità e le norme", deve essere corredata dalle firme occorrenti, autenticate da un notaio o da un cancelliere della pretura o del tribunale, nella cui circoscrizione è compreso il comune dove è iscritto l'elettore interessato. Un altro quesito concerne la definizione degli oggetti sui quali può vertere l'iniziativa popolare. Nella materie per cui la costituzione non consente il ricorso al referendum abrogativo sarebbe esclusa la stessa iniziativa spettante agli elettori. Ma la tesi non ha avuto quasi nessun seguito. In ordine decrescente d'importanza, conviene ora passare all'iniziativa regionale, prevista dall'art. 121, che consente ai consigli regionali di fare proposte di legge alle camere. Gli statuti speciali precisano invece che la rispettiva regione ha il potere di fare quelle proposte di legge che per essa presentino un "particolare interesse". All'atto pratico, però, non è facilmente immaginabile che le stesse camere del parlamento sindachino l'effettiva sussistenza di un requisito sfuggente, come quello dell'interesse regionale. Sembra che ci si trovi di fronte ad una sorte di autolimite, egualmente operante per tutte le regioni.
Ragioni di completezza impongono che si consideri anche l'iniziativa del CNEL (consiglio nazionale dell'economia e del lavoro), ma questo potere è da molti anni in uno stato di semi-quiescienza. Nel presentare disegni di legge, il CNEL incontra una serie di pesanti limitazioni, materiali e procedurali. La costituzione stessa chiarisce in maniera inequivocabile che l'organo in questione può solo avanzare proposte specializzate. D'altro lato, perché il consiglio esplichi la propria iniziativa, occorre che esso abbia in precedenza deciso "la presa in considerazione" del disegno.
Secondo una minoritaria opinione dottrinale, accanto ai cinque tipi finora esaminati, esisterebbe una sesta forma d'iniziativa legislativa, che affida alle leggi della Repubblica, "su iniziativa dei comuni", il mutamento delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove province nell'ambito di una stessa regione. Ma varie ragioni concorrono ad escludere che l'iniziativa comunale debba essere intesa in senso tecnico. Sistematicamente, infatti, sarebbe incongruo pensare che i comuni dispongano d'una iniziativa riservata, ad esclusione della stessa iniziativa universale del governo.
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