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Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali
È corrente l'assunto che la Carta costituzionale rappresenti l'irripetibile frutto di un potere costituente esauritisi il 22 dicembre 1947. La Costituzione repubblicana è certo modificabile; ma non lo è del tutto, in quanto ogni altro potere normativo deve dirsi costituito e dunque destinato a svolgersi nei limiti costituzionalmente previsti. In altre parole, la Costituzione è l'unica fonte abilitata a condizionare l'abrogazione delle proprie norme. Ne offre puntuale conferma l'art. 139 Cost., per cui "la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale.
Per sé considerata, la "forma repubblicana" parrebbe riguardare unicamente l'investitura e la permanenza in carica del Capo dello Stato: il quale dev'essere eletto e rinnovato periodicamente, anziché ereditare permanentemente il trono come si verificava nel Regno d'Italia. Ma il fatto che "l'Italia sia una Repubblica democratica" induce a ritenere che sottratta a revisione sia la stessa democrazia, considerata nei suoi cardini essenziali ed indefettibili, dal suffragio universale fino alle libertà di associazione e di pensiero.
Mediante le leggi di revisione costituzionale si possono, cioè, abrogare o sostituire od emendare gli articoli della Costituzione, immettendo nuovi disposti nel testo della Carta stessa. Le altre leggi costituzionali non alterano la Carta costituzionale in quanto atto normativo, ma variamente incidono sull'originaria logica di quel documento: sia derogando alle norme costituzionali strettamente intese, sia costituzionalizzando la disciplina di altri oggetti, non considerati dalla Costituzione del 1947, ma successivamente ritenuti meritevoli di una regolamentazione sopraordinata rispetto a quella legislativa ordinaria.
Non si deve credere che la competenza spettante alle leggi costituzionali sia perciò specializzata, potendo esercitarsi nelle sole ipotesi testualmente previste dalla Costituzione. Né sembra dato supporre che si tratti di una competenza comunque circoscritta alla "materia costituzionale". Sia pure nel risolvere un altro genere di controversie, la Corte costituzionale ha infatti affermato che la "materia costituzionale" coincide con quella regolata dalla Costituzione o dalle opposite fonti menzionate. Cioè con "quelle norme, alle quali il Parlamento, per finalità di carattere politico, intende attribuire efficacia di legge costituzionale". Il che comporta che alle leggi medesime spetti una competenza generale, liberamente esercitatile fin dove la Costituzione non frapponga specifici limiti. Entro un tale ambito, assumono per altro un particolare rilievo determinati sottotipi di leggi costituzionali. Nel primo senso, è dato parlare di leggi costituzionali rinforzate, specie per quanto concerne "la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti". Per contro, si danno altre leggi costituzionali che sotto certi aspetti si prestano a venir modificate, senza seguire le procedure aggravate dall'art. 138: con la conseguenza che esse potrebbero dirsi depotenziate rispetto alle altre. In questo quadro rientrano, principalmente, le disposizioni di vari statuti speciali in tema di finanze regionali.
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