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Le funzioni di controllo esercitate in forma legislativa: l'autorizzazione alla ratifica dei trattati; l'approvazione dei bilanci e delle leggi finanziarie




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Le funzioni di controllo esercitate in forma legislativa: l'autorizzazione alla ratifica dei trattati; l'approvazione dei bilanci e delle leggi finanziarie


Una buona parte dei procedimenti legislativi implica che il parlamento svolga un'attività di controllo verificando l'opportunità delle relative scelte di politica legislativa ed eventualmente correggendole. Ma il nesso fra l'attività legislativa e l'attività di controllo appare particolarmente stretto nei casi in cui l'iniziativa delle leggi riservata all'esecutivo: come si verifica per le leggi di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali e per quelle di approvazione dei bilanci e dei consuntivi.


Nel nostro ordinamento attuale occorre che il parlamento conceda per la legge la sua preventiva autorizzazione, affinché si ratifichino i "trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari".


Volendo stabilire quali tipi di trattati internazionali rimangano fuori dall'ampia previsione in esame, gli unici esempi di un certo rilievo sono rappresentati dagli accordi commerciali o culturali. Nella prassi a questi si aggiungono i cosiddetti accordi in forma semplificata, che per definizione sfuggono all'osservanza del descritto procedimento di ratifica: ma non senza suscitare notevoli obiezioni sul piano costituzionali. Il parlamento non possa introdurre emendamenti nel testo concordato; dal momento che qualsiasi modifica richiederebbe il consenso dell'altro o degli altri contraenti, equivalendo in sostanza ad un diniego d'immediata approvazione.


Il principio dell'integrità dei trattati ha subito un sensibilmente ridimensionamento; e sempre più largamente s'è ammesso che i singoli stati contraenti esprimano riserve, sia formulandole in sede si sottoscrizione, sia manifestandole in vista della ratifica degli accordi medesimi. Il legislatore può pertanto incidere sul testo che gli è sottoposto: da un lato, nel senso di non autorizzare le riserve proposte dal governo; dall'altro nel senso di condizionare la ratifica dell'introduzione di riserve non progettare dal governo stesso. Il più delle volte nelle leggi formali di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali si inseriscono disposizioni sostanzialmente legislative, contenenti la clausola che rende senz'altro possibile l'esecuzione dei trattati stessi.


Anche la legge di approvazione dei bilanci viene tradizionalmente classificata tra quelle meramente formali: poiché si suppone che essa non sia propriamente creativa di diritto, ma contenga provvedimenti di natura amministrativa predisposti dal governo. Ma simili configurazioni sono meno ancora applicabili alle leggi di bilancio: le quali rientrano fra le leggi in senso sostanziale, pur essendo depotenziate o soggette a limitazioni. Meramente formali vanno considerate le leggi approvative dei rendiconto consuntivi, giacché con tali atti il parlamento non innova l'ordinamento giuridico, ma prende solamente conoscenza delle entrate e delle spese realizzate nel corso di un dato esercizio finanziario. Viceversa l'approvazione dei bilanci preventivi conserva tuttora una notevole importanza, sia dal punto di vista politico che da quello giuridico. Sul piano politico la mancata approvazione implica il rigetto dell'indirizzo politico governativo; e pur non obbligando il governo a dimettersi, lascia presagire la caduta dell'intero gabinetto o almeno del ministro interessato. Sul piano giuridico, il rifiuto di approvazione comporta una vera e propria paralisi dell'azione statale. Quanto alle altre spese, l'unico rimedio consiste nell'esercizio provvisorio del bilancio; ma anche in questo caso bisogna che le camere provvedano "per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi". Nel nostro ordinamento si danno moltissime norme che genericamente addossano oneri finanziari allo stato, senza però determinarne l'entità. Almeno in tal senso, perciò, spetta alla legge di bilancio precisare la portata annuale degli oneri stessi, concorrendo così ad integrare e a rendere applicabili le relative norme. Del resto si trova conferma nel potere parlamentare di modifica del quadro delle entrate e delle spese predisposto dal governo. Oltre che in una lunga ed univoca prassi, la facoltà che hanno le camere di emendare i bilanci preventivi è saldamente fondata sulle seguenti disposizioni regolamentari. Concettualmente si può ben dire che le camere, approvandolo, si appropriano del bilancio ed appunto per questo lo possono emendare. Si aggiunga inoltre che il bilancio dello stato italiano non riguarda la cassa bensì la competenza: ossia non definisce le somme, ma si limita ad autorizzare un massimo di spesa per ciascun capitolo. Di conseguenza si producono costantemente sfasature evidentissime fra le previsioni di partenza e i consuntivi finali. D'altra parte, differenziata dagli altri atti legislativi è anche la struttura della legge del bilancio. Il testo di essa si bipartisce negli stati di previsione dell'entrata delle spese. La parte concernente le entrate si suddivide in "titoli", in "categorie", in "rubriche" e in "capitoli"; mentre quelle concernenti le spese di ogni ministero si compongono a loro volta di "titoli", di "sezioni", di "rubriche", di "categorie" e di "capitoli". Le unità giuridiche elementari dalle quali il bilancio è costituito sono i capitoli di entrata e di spesa: ognuno dei quali dev'essere distintamente approvato dalle camere.


Malgrado le loro potenziali attitudini, il bilancio annuale dello stato e la relativa legge di approvazione si erano progressivamente irrigiditi; in tali circostanze si è dunque ritenuto necessario allargare lo spazio spettante all'annuale manovra. Cioè si è operato con la presentazione di un progetto governativo di "legge finanziaria con la quale possono operarsi modifiche ed integrazioni a disposizioni legislative aventi riflesso sul bilancio.


L'eccessivo carico imposto alle leggi finanziarie e le inevitabili difficoltà che ne sono derivate, ai fini della loro tempestiva approvazione, hanno però determinato una sorta di controriforma. Per reagire alla dilatazione dei detti contenuti eventuali e per garantire la snellezza di tali atti legislativi, si è infatti vietato che la legge finanziaria introduca "nuove imposte, tasse e contributi", come pure "nuove o maggiori spese". Con ciò stesso, però, si è reso necessario ricorrere a separati "disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica", ciascuno dei quali assume contenuti dapprima conglobati nella legge finanziaria; sicché la loro sorte rappresenta un distinto fattore di complicazione e d'incertezza.


Le forme non legislative di esercizio delle funzioni ispettive e d'indirizzo: le interrogazioni e le interpellanze; le inchieste; le indagini conoscitive; le commissioni bicamerali permanenti. (pagina 368).


La camere sindacano l'operato del governo non solo mediante l'approvazione degli atti legislativi predisposti dall'esecutivo, ma anche esplicando la loro funzione ispettiva per mezzo di interrogazioni. La presentazione delle interrogazioni e delle interpellanze spetta ad ogni singolo parlamentare. Precisamente, l'interrogazione consiste "nella semplice domanda, rivolta per iscritto, se un fatto sia vero, se alcuna informazione sia giunta al governo, o sia esatta, se il governo intenda comunicare alla camera documenti o notizie o abbia preso o stia per prendere alcun provvedimento su un oggetto determinato". Per converso l'interpellanza "consiste nella domanda, rivolta per iscritto, circa i motivi o gli intendimenti della condotta del governo in questioni che riguardino determinati aspetti della sua politica.


Sebbene giuridicamente distinte, interrogazioni ed interpellanze tendono però a confondersi le une con le altre; ed anche la loro disciplina normativa risulta fondamentalmente comune. Ma ciò non toglie che l'incisività di entrambi gli strumenti ispettivi rimanga molto scarsa: dal momento che il governo è sempre in grado di bloccare la discussione dichiarando di non poter rispondere oppure differendo la risposta. Il regolamento della camera aggiunge che l'interpellante può "promuovere una discussione sulle spiegazioni date dal governo", facendosi promotore di un'apposita mozione. Analoghe previsioni non si ritrovano invece nell'attuale regolamento del senato.


Più incisivo si dimostra lo strumento dell'inchiesta. Oggi, al contrario, l'art. 82 primo comma Cost., precisando che "ciascuna camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse". L'art. 82 non predetermina i settori nei quali si possono svolgere le inchieste parlamentari; sicché resta inteso che il parlamento è legittimato a servirsene dovunque ravvisi problemi. In particolar modo ciò ha consentito, da una parte, l'effettuazione di inchieste legislative; e d'altra parte, lo svolgimento di inchieste politiche nel senso più stretto del termine. Ma la soluzione preferibile è ormai nel senso che le stesse commissioni possano stabilire un "segreto funzionale", nei limiti consentiti dagli atti istitutivi e nella misura ritenuta necessaria al conseguimento dei loro scopi istituzionali. Più ardua è la questione dei segreti opponibili alle commissioni, per la salvaguardia di altri interessi giuridicamente rilevanti e limitativi dei poteri giurisdizionali. Si è posto l'interrogativo se questi limiti siano assolutamente inderogabili o se, al contrario, esista un mezzo costituzionalmente atto a far superare i limiti stessi. Un'autorevole corrente ha risposto che soltanto le commissioni istituite dalle singole camere sarebbero tenute ad operare sul medesimo piano delle autorità giudiziarie; mentre le inchieste fondate su apposite leggi potrebbero svolgersi anche al di là dei limiti in questione. Ma la tesi rimane criticabile. Senonché anche e soprattutto a questo punto, la prassi risulta quanto mai alterna. In un primo tempo, essa ha contraddetto l'ipotesi di chi voleva allargare i poteri spettanti alle singole commissioni. In un secondo tempo essa ha invece offerto vari esempi di specifiche disposizioni legislative deroganti al regime generale dei segreti.


Nel valutare la legittimità di siffatte previsioni, occorre per altro distinguere. Quanto al segreto d'ufficio, la generalità dei giudici dispone attualmente del potere di accertarne l'effettiva sussistenza. Quanto poi al segreto di stato, il conseguente "dovere di astenersi dal testimoniare" può essere rimosso dal presidente del consiglio dei ministri, su richiesta dell'autorità procedente che non ritenga fondata la pretesa segretezza. Al di là di queste aperture rintracciabili nell'ordinamento vigente, il parallelismo fra commissioni d'inchiesta ed autorità giudiziarie non è legittimamente derogabile. Se mai ciò che riduce le inchieste parlamentari ad un mezzo ispettivo spuntato e scarsamente efficace consiste nella circostanza che si tratta pur sempre d'uno "strumento di governo della maggioranza".


Indipendentemente dalle vere e proprie inchieste, i regolamenti parlamentari hanno comunque previsto che le commissioni permanenti, possano "disporre, previa intesa con il Presidente della camere", indagini conoscitive dirette ad acquistare notizie, informazioni e documenti utili"; con riferimento a tutte le funzioni, non solo legislative e di controllo ma anche di indirizzo spettanti in Italia al parlamento. Nell'ambito delle indagini conoscitive, tuttavia, le commissioni permanenti non sono affatto dotate dei poteri coattivi spettanti alle commissioni d'inchiesta ma possono solo "invitare qualsiasi persona in grado di fornire elementi utili". In altre parole, i soggetti convocati non sono tenuti a presentarsi, né hanno il dovere giuridico di testimoniare il vero.


Per completare il quadro, occorre accennare conclusivamente ad una eterogenea serie di commissioni bicamerali, formate in egual numero da deputati e senatori. Costituzionalmente prevista è la sola Commissione parlamentare per le questioni regionali, composta da venti deputati e da venti senatori. Ma la commissione stessa è stata  inoltre inserita nel procedimento formativo di varie leggi delegate concernenti il passaggio delle funzioni amministrative statali alle regioni, giacché il governo si è visto obbligato ad acquisirne il previo parere.


Al di là della costituzione varie altre commissioni bicamerali sono state istituite per legge, determinando in tal modo una duplice serie di obiezioni: primo, se ciò fosse in linea con la suddivisione del parlamento in due camere; secondo, se non si dovesse ritenere invasa la riserva di regolamento. I problemi accennati si pongono quanto alla commissione per l'indirizzo e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi; come pure nei riguardi della commissione per il controllo degli interventi del Mezzogiorno.


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