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L'AVVISO DI ACCERTAMENTO
Sezione Prima
Il procedimento amministrativo di applicazione delle imposte sfocia in un provvedimento impositivo denominato avviso di accertamento. I provvedimenti amministrativi sono generalmente discrezionali. Invece, qui abbiamo un provvedimento che è espressione di una funzione vincolata. All'ufficio non è data alcuna possibilità di scelte discrezionali: non deve decidere se emanare l'atto, che contenuto dargli ecc, perché è tutto predeterminato dalla legge. Il provvedimento impositivo è dunque un atto vincolato e da ciò derivano varie conseguenze tra cui la seguente: che negli atti di imposizione non è riscontrabile il vizio di eccesso di potere che può aversi solo negli atti amministrativi discrezionali.
Il contenuto dell'avviso è disciplinato dall'art. 7 dello statuto e dalle singole leggi d'imposta. Nel contenuto dell'avviso di accertamento possiamo distinguere due parti: motivazione e dispositivo. La parte dispositiva è data dalla statuizione relativa alla base imponibile e all'obbligazione tributaria; la motivazione invece è l'indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche per cui è emanato l'avviso. In materia di imposte sui redditi la legge prescrive che l'avviso di accertamento deve recare l'indicazione dell'imponibile o degli imponibili accertati, delle aliquote applicate e delle imposte liquidate, al loro e al netto delle detrazioni, delle ritenute d'acconto ne dei crediti d'imposta. Non tutte queste indicazioni appartengono al contenuto essenziale dell'atto. Ciò che appare essenziale è soltanto la determinazione dell'imponibile; vi sono infatti ipotesi in cui l'atto non va oltre tale determinazione. Solitamente l'avviso statuisce l'imposta dovuta. Ma vi sono anche avvisi senza imposta. Una prima ipotesi di avviso senza imposta è data dall'accertamento dei redditi delle società di persone; con esso si ha la determinazione dell'imponibile della società da imputare poi pro quota a ciascun socio agli effetti dell'imposta sui redditi dovuta dal socio. Un'altra ipotesi è quella degli accertamenti di redditi per i quali hanno rilievo anche le perdite. Se ad esempio una società commerciale ha dichiarato una perdita e l'avviso di accertamento determina una perdita minore di quella dichiarata, un simile avviso non comporta statuizioni circa l'imposta. Nell'iva il contenuto dell'avviso si discosta dall'avviso riguardante altre iomposte perché può contenere non solo una nuova determinazione dell'imposta dovuta ma anche una nuova determinazione dell'imposta detraibile o rimborsabile. L'ufficio dunque con la rettifica della dichiarazione determina autoritativamente il quantum delle varie operazioni traendone le conseguenze del caso in ordine all'imposta dovuta sulle operazioni attive, all'imposta detraibile e infine alla somma riscuotibile o rimborsabile. È da escludere quindi un accertamento che riguardi soltanto l'imponibile.
L'avviso di accertamento come tutti i provvedimenti amministrativi deve essere motivato. Si applica infatti anche all'avviso di accertamento l'art. 3 L. 241/90 ove è stabilito con formula di portata generale che ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione in relazione alle risultanze dell'istruttoria. L'obbligo di motivazione è previsto per tutti gli atti dell'amministrazione finanziaria dallo statuto dei diritti del contribuente il cui art. 7 stabilisce che gli atti dell'amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall'art. 3 L. 241/90 concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione. Molto spesso gli avvisi di accertamento sono emessi in base ad altri atti tra cui i processi verbali di constatazione richiamati nell'avviso. Lo statuto prevede che l'atto richiamato venga allegato all'atto che lo richiama ma nelle singole leggi d'imposta si ammette che l'atto possa non essere allegato ma ne deve essere riprodotto il contenuto essenziale. Non può essere condiviso l'orientamento giurisprudenziale secondo cui la motivazione deve soltanto porre il contribuente in condizione di poter esercitare il suo diritto di difesa. In molte sentenze si minimizza il contenuto necessario della motivazione affermando che l'avviso è una provocatio ad opponendum ovvero un veicolo di accesso al processo. Da ciò si deduce che l'avviso di accertamento soddisfa l'obbligo della motivazione ogni volta che l'amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e quindi di contestarne il contenuto. Questo indirizzo giurisprudenziale non è accettabile: non se può accettare la premessa perché l'avviso di accertamento è un provvedi,mento amministrativo non l'atto di avvio del processo; e non se ne può condividere la conseguenza che non rispecchia le norme in tema di motivazione degli avvisi di accertamento.
La notificazione dell'avviso di accertamento non è soltanto una particolare procedura con cui tale atto viene portato a conoscenza del destinatario ma è molto di più perché l'avviso di accertamento viene ad esistenza attraverso la notificazione: l'atto di imposizione in tanto esiste ed esplica effetti giuridici in quanto sia notificato al destinatario. Dispone l'art. 60 D.P.R. 600/73 che gli atti tributari sono notificati secondo le norme del c.p.c. che disciplinano la notificazione degli atti processuali con alcune differenze:
a) La notificazione degli atti processuali è eseguita dagli ufficiali giudiziari mentre la notificazione degli atti tributari è eseguita dai messi comunali o da messi speciali autorizzati dall'agenzia dell'entrate.;
b) Il messo deve far sottoscrivere l'atto al consegnatario;
c) Se il consegnatario non è il destinatario dell'atto o dell'avviso il messo consegna o deposita la copia dell'atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione dandone atto nella relazione in calce all'originale e alla copia dell'atto stesso. Il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta e il messo da notizia dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata;
d) Salvo il caso di consegna dell'atto o dell'avviso in mani proprie la notificazione degli avvisi o degli atti è eseguita mediante spedizione a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento;
e) La notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario salvo il caso di consegna a mani proprie;
f) Le disposizioni contenute negli artt. 142, 143, 146, 150 e 151 c.p.c. non si applicano.
La notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l'atto è ricevuto. Il comune di domicilio fiscale ha un particolare rilievo ai fini delle notifiche: il legislatore presuppone che il contribuente abbia sempre un domicilio fiscale nel quale la notifica deve essere fatta. Se nel comune di domicilio fiscale non vi è un luogo presso cui la notifica può essere fatta validamente, la notifica è fatta con la procedura prevista per gli irreperibili: l'atto da notificare è depositato presso la casa comunale ed il messo affigge un avviso del deposito presso l'albo del comune e ne da notizia al destinatario con raccomandata. Poiché l'atto d'imposizione viene ad esistenza attraverso la notificazione i visi di notificazione sono vizi formali dell'atto; essi non sono sanati dalla proposizione del ricorso. La giurisprudenza però considerando che la notificazione avviene con le norme del c.p.c. applica anche alla notificazione dell'avviso di accertamento le norme sulla sanatoria delle notifiche invalide, previste dal c.p.c. e ritiene perciò che il ricorso contro l'avviso di accertamento sani i vizi di notificazione.
L'atto di imposizione deve essere notificato entro un termine previsto a pena di decadenza, l'amministrazione se non esercita il potere d'imposizione entro quel termine ne decade, e l'atto emesso dopo il termine illegittimo. Per le imposte sui redditi e per l'iva, l'amministrazione deve notificare l'avviso entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione; nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla il termine scade il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Per l'imposta di registro vi è un termine di cinque anni per gli atti non registrati e di tre anni per quelli registrati.
Nel cap IV bis della L. 241/90 sono disciplinate l'efficacia, l'esecuzione e l'invalidità dei provvedimenti amministrativi. Si tratta di una disciplina che concerne tutti gli atti amministrativi e quindi anche gli atti tributari. Secondo l'art. 21 septies comma 1 è nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali che è viziato da difetto assoluto di attribuzione che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato nonché degli altri casi espressamente previsti dalla legge. La nullità come forma di invalidità dei provvedimenti amministrativi non è dunque la conseguenza della violazione di qualsiasi norma imperativa ma solo delle norme che disciplinano:
a) Gli elementi essenziali del provvedimento;
b) L'attribuzione delle competenze;
c) Il giudicato.
Inoltre il provvedimento è nullo negli altri casi espressamente previsti dalla legge. Per effetto di questa norma dobbiamo distinguere tra provvedimento nullo e provvedimento annullabile. Il provvedimento amministrativo è nullo in primo luogo quando è privo di elementi essenziali. L'avviso di accertamento deve essere considerato nullo quando non è sottoscritto; quando è intestato ad un soggetto inesistente; quando non è notificato, quando è privo di elementi essenziali nella parte dispositiva. Il provvedimenti impositivo in secondo luogo è nullo quanto è viziato da difetto assoluto di attribuzione ossia quanto è emesso in situazione di carenza di potere. Si pensi ad un avviso di accertamento che riguardi un tributo inesistente o messo da un ufficio funzionalmente o territorialmente incompetente. Ci si deve riferire alla carenza di potere in astratto mentre il provvedimento non è nullo ma annullabile quando manche il presupposto di fatto del tributo. Infine è nullo il provvedimento amministrativo negli altri casi espressamente previsti dalla legge. In materia di imposte dirette è stabilita in modo esplicito la nullità degli accertamenti non sottoscritti non motivati e privi di altre indicazioni essenziali come le aliquote applicate.
Vi sono norme da osservare a pena di annullabilità e norme la cui violazione determina una semplice irregolarità del provvedimento impositivo. Non sempre il legislatore rende esplicita la conseguenza d'un vizio: ad esempio gli avvisi di accertamento devono essere notificati entro un termine di decadenza ma non è espressamente indicato che l'atto notificato in ritardo è annullabile. Se dunque le ipotesi in cui un atto è nullo sono quelle riconducibili all'art. 21 septies comma 1 non vi sono per il resto né criteri generali né compiute indicazioni da cui desumere se un vizio rende l'atto annullabile o soltanto irregolare. Nei casi in cui il legislatore non indica le conseguenze di un vizio è compito dell'interprete stabilire la gravità del vizio ed il suo valore invalidante. Un criterio-guida sta nel ritenere invalidante la violazione di norme procedimentali dettate a garanzia del contribuente; e non invalidante la violazione di norme rispetto alle cui osservanza non sia configurabile alcun interesse del ricorrente. I vizi non invalidanti sono mere irregolarità. Ad esempio l'avviso di accertamento è semplicemente irregolare se non è osservato l'art. 7 dello statuto in tema di indicazione degli organi cui si può inoltrare richiesta di riesame o ricorso ed altre indicazioni similari. In tema di imposta di registro l'omessa indicazione nell'avviso di rettifica e di liquidazione dell'imposta dovuta in caso di presentazione del ricorso è una semplice irregolarità. Il comma 2 dell'art. 21 octies deroga al primo stabilisce che alcune violazioni non comportano l'annullabilità del provvedimento. Si prevede che non è annullabile il provvedimento adottato in violazione delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato. La norma interessata particolarmente il diritto tributario in quanto riguarda i provvedimenti vincolati. Solo per i provvedimenti vincolati il giudice può dire che essi corrispondono a quanto voluto dalla legge; non può farlo per gli atti discrezionali perché la legge non ne predetermina il contenuto. La norma dispone la irrilevanza dei vizi di forma e del procedimento quando sia palese che il contenuto dispositivo dell'atto non sarebbe stato diverso. Per gli atti impositivi ciò equivale a dire che la corrispondenza dell'imposta accertata alla situazione di fatto e alle norme di legge rende irrilevanti i vizi per i quali non vi sia una norma d hoc che ne preveda la nullità e l'annullabilità. Si rende necessaria una doppia verifica. Occorre verificare s il vizio formale o procedimentale sussista e la corrispondenza di ciò che l'atto dispone alle previsioni di legge. Se il contenuto dispositivo dell'atto non avrebbe potuto essere diverso il vizio è irrilevante. Invece se il contenuto dispositivo dell'atto avrebbe potuto essere diverso il vizio è irrilevante e l'atto deve essere annullato.
L'espressione doppia imposizione è usata in diversi contesti con significati diversi. Come i giudici non possono pronunciarsi due volte sulla medesima controversia così l'amministrazione finanziaria non deve sottoporre ad imposta due volte lo stesso presupposto. Il divieto implica:
Che non può essere applicata la stessa imposta sullo stesso presupposto nei confronti di soggetti diversi;
Il divieto opera anche quando sono coinvolte imposte diverse: un reddito non può essere tassato prima come reddito di una società di capitali, poi di una persona fisica con l'applicazione dell'ires in un caso dell'irpef nell'altro.
L'avviso di accertamento è un provvedimento amministrativo con cui l'obbligazione tributaria è stabilita autoritativamente. È però questione discussa se l'avviso di accertamento abbia efficacia costitutiva o dichiarativa dell'obbligazione tributaria. Secondo la teoria dichiarativa l'obbligazione tributaria sorge non appena si verifica il presupposto di fatto del tributo. Le norme che disciplinano le imposte sono considerate norme materiali da cui scaturisce direttamente il debito tributario. Le norme strumentali che disciplinano l'attuazione delle leggi di imposta non sono rivolte alla costituzione ma all'accertamento del rapporto tributario. L'obbligazione tributaria sorta ex lege con il verificarsi del presupposto è dunque accertata dalla dichiarazione del contribuente e dall'avviso di accertamento; di conseguenza quegli atti non fanno parte del meccanismo costitutivo del rapporto di imposta ma sono rivolti ad accertarlo e a dargli esecuzione. Per la teoria dichiarativa il potere impositivo dell'amministrazione finanziaria è un potere di mero accertamento e l'avviso di accertamento è un provvedimento di mero accertamento. La teoria costitutiva muove dalla premessa che l'obbligazione non deriva direttamente dalle norme tributarie materiali; perché sorga l'obbligazione è necessaria la presentazione della dichiarazione o l'emanazione di un avviso di accertamento. Le norme strumentali sono rivolte a costituire l'obbligazione applicando le norme tributarie materiali. Gli avvisi di accertamento quindi non accertano ma costituiscono secondo il modello legislativo l'obbligazione tributaria. Secondo la formulazione tradizionale di questa dottrina il contribuente è titolare di una posizione soggettiva di interesse legittimo cui corrisponde una giurisdizione di annullamento; dalla lesione dell'interesse legittimo scaturisce il diritto soggettivo potestativo del contribuente di ottenere dal giudice l'annullamento dell'atto di imposizione illegittimo. Nel quadro della teoria costitutiva ha valore costitutivo dell'obbligazione tributaria anche la dichiarazione del contribuente. Secondo la teoria costitutiva nelle leggi tributarie sono racchiuse sia norme materiali che disciplinano il rapporto d'imposta sia norme strumentali che attribuiscono all'amministrazione finanziaria poteri autoritativi. La principale divergenza rispetto alla teoria dichiarativa concerne gli effetti dell'atto di imposizione che secondo questa teoria sono effetti di natura costitutiva. Se l'atto di imposizione non è impugnato l'obbligazione statuita dall'atto dell'amministrazione è da considerare definitivamente posta senza possibilità di rimedi per il contribuente. È questo un dato di diritto positivo rispetto al quale le due teorie non divergono. In passato la giurisprudenza seguendo la teoria dichiarativa concepiva il processo tributario come un processo di mero accertamento del debito di imposta. Ora invece anche la giurisprudenza concepisce il processo tributario come processo di impugnazione che ha come esito il mero annullamento o la sostituzione dell'atto impugnato. Una divergenza riguarda la posizione soggettiva del contribuente. Per la teoria dichiarativa il contribuente è titolare di fronte al potere di accertamento di un diritto soggettivo; di conseguenza il contribuente agisce in giudizio a tutela del diritto soggettivo leso dall'atto amministrativo. Nell'ambito della teoria costitutiva invece si è sostenuto che il contribuente di fronte all'imposizione è titolare di una posizione di interesse legittimo. Ma questo punto di attrito tra le due teorie può essere superato se si assume che il contribuente prima dell'imposizione non è titolare di alcuna situazione giuridica soggettiva. La teoria dichiarativa postula che già per effetto del verificarsi del presupposto, venga ad esistenza il rapporto d'imposta. Ma di un rapporto obbligatorio vivo ed operante già per effetto del verificarsi del presupposto non esiste alcun segno: se il contribuente non presenta la dichiarazione il fisco nulla può fare per realizzare il suo credito, se non emettere l'avviso di accertamento; senza avviso di accertamento non può iscrivere. Per operare una iscrizione a ruolo occorre che il debito sia oggetto o di dichiarazione o di un atto dell'amministrazione. L'amministrazion4e è titolare di poteri autoritativi; non lo è il contribuente perciò la dichiarazione è mero atto, l'avviso di accertamento è invece atto costitutivo del rapporto. L'atto di imposizione è espressione dell'esercizio di un potere amministrativo non discrezionale ed è atto autoritativo. Vi è poi da stabilire se abbia effetti costitutivi o di accertamento. Esso non ha effetti di mero accertamento di un preesistente effetto giuridico sia per ragioni di teoria generale sia per ragioni dogmatiche. Il divario tra teoria costitutiva e teoria dichiarativa può essere colmato se negli atti con effetti di accertamento si ravvisa non la semplice affermazione dell'esistenza di una situazione giuridica soggettiva ma una statuizione di esistenza di quella situazione che l'atto costituisce nuovamente in rapporto di concorso di fattispecie con la dichiarazione. Vi è dunque sia per la teoria dichiarativa che per quella costitutiva una statuizione autoritativa di esistenza dell'obbligazione tributaria. La differenza sta in ciò che nel caso di effetto dichiarativo l'effetto viene presentato non come reato ma come già esistente e meramente accertato. Ora mentre l'atto di imposizione concepito come dichiarativo è naturaliter retroattivo non può dirsi per contro che la concezione costituiva comporti necessariamente che l'atto abbia effetti ex nunc. Il problema deve essere risolto in base al diritto positivo. Se l'amministrazione costituisce un rapporto che doveva sorgere già per effetto della dichiarazione se ne deve dedurre che l'avviso di accertamento ha efficacia retroattiva perché costituisce il debito di imposta con riferimento al momento di efficacia della dichiarazione.
Il contribuente al quale è notificato l'avviso di accertamento ha dinanzi a se diverse alternative.
A) Il contribuente può presentare istanza di accertamento con adesione. L'istanza sospende il termine per impugnare per novanta giorni. La definizione mediante accertamento con adesione comporta un ridimensionamento del tributo e la riduzione delle sanzioni nella misura di un quarto del minimo edittale; l'avviso di accertamento notificato perde efficacia.
B) Il contribuente può anche definire solo le sanzioni e impugnare l'avviso di accertamento nella parte concernente il tributo. Se l'avviso è tempestivamente impugnato è ancora possibile una soluzione concordata della vertenza mediante conciliazione. Se il processo giunge al suo epilogo naturale ed il ricorso è accolto l'atto cessa di esistere perché annullato. Se il ricorso è respinto l'atto sopravvive al processo come atto definitivo.
C) Il contribuente può nel termine di sessanta giorni dalla notifica impugnare l'avviso di accertamento dinanzi alle commissioni tributarie. O decidere di non impugnarlo. Le sanzioni irrogate sono ridotte a un quarto se il contribuente non impugna l'avviso di accertamento o di liquidazione ne non presenta istanza di accertamento con adesione. Le sanzioni irrogate sono ridotte ad un ottavo se la contribuente non è stata data la possibilità di definire il rapporto di imposta mediante adesione ai contenuti dell'invito a comparire o al processo verbale. Se dunque l'avviso non è stato preceduto né da un processo verbale cui è possibile aderire né da invito a comparire le sanzioni sono ridotte ad un ottavo di quanto irrogato. Non si applica la riduzione ad un ottavo ma ad un quarto quando il contribuente avrebbe potuto aderire al processo verbale o ad un invito ma non se ne sia valso. L'avviso non impugnato diventa definitivo per cui l'ufficio può riscontrare il dovuto mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo.
Sezione seconda
TIPOLOGIA
L'avviso di accertamento assume denominazioni diverse a seconda del metodo con cui viene determinato l'imponibile. Si distingue sotto questo profilo l'accertamento analitico e sintetico, analitico-contabile ed induttivo. L'accertamento analitico ricostruisce l'imponibile delle persone fisiche considerandone le singole componenti; più precisamente l'accertamento analitico è effettuato quando sono note le fonti dei redditi e si perviene al reddito complessivo sommando i redditi delle singole fonti; de perciò essere motivato con riferimento analitico ai redditi delle varie categorie. Per i redditi d'impresa l'accertamento analitico è quello effettuato determinando o rettificando singole componenti del reddito; esso presuppone che la contabilità nel suo complesso sia attendibile e che se ne determinino o rettifichino singole componenti; ecco perché è detto analitico-contabile.
Oltre che con metodo analitico, il reddito complessivo delle persone fisiche può essere determinato con metodo sintetico. Mentre l'accertamento analitico ha per oggetto redditi appartenenti a singole categorie con l'accertamento sintetico si ottiene direttamente la misura del reddito complessivo. Con il metodo analitico l'iter conoscitivo ha come punto di partenza specifiche fonti reddituali e come esito la quantificazione del reddito attribuibile a tali fonti; il metodo sintetico invece ha come punto di partenza l'individuazione di elementi e fatti economici diversi dalle fonti di reddito. In materia di presupposti dell'accertamento sintetico va rilevato che:
a) L'ufficio non è obbligato a verificare la congruità dei singoli redditi dichiarati prima di adottare il metodo sintetico;
b) L'ufficio può procedere all'accertamento sintetico in base ad elementi e circostanze di fatto certi in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze; gli elementi su cui il fisco può far leva per procedere ad accertamento sintetico hanno natura diversa da quelli sui cui si base l'accertamento analitico; alla conoscenza di cespiti e fonti di reddito è correlato l'accertamento analitico, alla conoscenza di elementi di natura diversa corrisponde l'accertamento sintetico;
c) I fatti o indici su cui può essere fondato un accertamento sintetico non sono predeterminati dal legislatore e sono dati in genere o dal tenore di vita o dagli investimenti;
d) L'accertamento è ammesso solo quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato;
e) L'accertamento sintetico può essere adottato come conseguenza della mancata collaborazione del contribuente all'attività istruttoria dell'ufficio.
L'ufficio deve indicare nell'avviso di accertamento e dimostrare in giudizio la sussistenza dei fatti-indice utilizzati per il calcolo sintetico del reddito. Il contribuente per contro può impugnare l'avviso di accertamento deducendo e dimostrando che il maggior reddito determinato sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi non tassabili, ovvero può opporre di aver utilizzato disponibilità economiche di natura non reddituale.
Schematicamente possiamo enunciare tre criteri di quantificazione del reddito sintetico.
A) Innanzitutto vi è il redditometro. La legge prevede che con decreto ministeriale siano individuati dei fatti-indice e dei coefficienti in base ai quali gli uffici possono determinare induttivamente il reddito globale. Il decreto ministeriale considera come indici la disponibilità di aerei, elicotteri, cavalli, abitazioni principali e secondarie, cavalli. Gli indici si considerano nella disponibilità della persona fisica che a qualsiasi titolo o anche di gatto utilizza o fa utilizzare i beni o riceve o fa ricevere i servizi. Applicando i coefficienti l'ufficio determina sinteticamente il reddito complessivo del contribuente a condizione che il reddito così calcolato si discosti dal dichiarato per almeno un quarto e per almeno due periodi di imposta. Il redditometro è un regolamento pertanto né è possibile il sindacato giurisdizionale sia da parte del giudice amministrativo sia da parte del giudice tributario. La determinazione del reddito mediante il redditometro può essere adottata solo nel caso in cui il reddito dichiarato non risulta congruo per almeno due periodi di imposta. Che cosa può opporre il contribuente ad un accertamento effettuato con redditometro? Egli può anzitutto difendersi con tutte le prove opponibili agli accertamenti sintetici. Inoltre può contestare la sussistenza dei fatti-indice il cui onere di prova grava sull'ufficio. Ma può anche contestare la quantificazione del reddito eseguita applicando i coefficienti reddito metrici. La quantificazione redditometrica quindi è una presunzione relativa; ne deriva che su tale questione l'onere della prova è invertito (non grava sull'ufficio l'onere della prova positiva ma sul contribuente l'onere della prova contraria).
B) L'accertamento sintetico può essere effettuato anche in base ad altri fatti tra cui ha rilievo preminente la spesa per incrementi patrimoniali (ad esempio acquisto titolo azionari). Quando l'esborso è molto elevato in rapporto ai redditi dichiarati dal contribuente nell'anno in cui viene fatta la spesa e negli anni precedenti è legittimo presumere che siano stati utilizzati redditi non dichiarati. Per delimitare la discrezionalità degli uffici la legge stabilisce che qualora l'ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spese per incrementi patrimoniali la stessa si presume sostenuta salvo prova contraria con redditi conseguiti in quote costanti nell'anno in cui è stata effettuata e nei quattro anni precedenti.
C) Da ultimo va accennato ad una prassi usata prima del redditometro. Il redditometro è fondato sull'assunto che in base a determinate spese si può presumere il reddito globale; la prassi in uso prima del redditometro muoveva dalla ricostruzione presuntiva della spesa globale per inferire da questa il reddito globale. In sostanza veniva quantificata presuntivamente la somma spesa dal singolo contribuente e dal suo nucleo familiare nel periodo d'imposta; a questa veniva aggiunta la c.d. quota risparmio (la somma presuntivamente accantonata); ed il reddito complessivamente prodotto veniva considerato pari alla somma di quanto speso per vivere e della quota risparmio.
L'accertamento analitico-contabile dei redditi d'impresa è quello che consta di rettifiche di singole componenti del reddito dichiarato. La rettifica può essere giustificata da ragioni di diritto quando ad esempio risulta violata una delle norme in materia di reddito d'impresa che può comportare variazioni del reddito fiscale rispetto all'utile civilistico. Passando alle rettifiche che traggono origine da ragioni di fatto va notato che possono esservi livelli di indagine a seconda che la dichiarazione venga confrontata con gli allegati come scritture contabili, con la documentazione che sta a base della contabilità o con circostanze extracontabili. In pratica la rettifica può scaturire:
a) Dal confronto tra dichiarazione, bilancio e scritture contabili;
b) Dall'esame della documentazione che sta a base della contabilità;
c) Da circostanze estranee alla contabilità o alla sfera dell'impresa.
Nella prassi si usa distinguere tra accertamento analitico tout court e accertamento analitico-induttivo. Il primo è quello che deduce la incompletezza, la falsità o la inesistenza degli elementi indicati nella dichiarazione in modo certo e diretto da una delle risultanze probatorie acquisite dall'ufficio attraverso i verbali, le risposte ai questionari, l'esame di atti o documenti del contribuente. Il secondo invece è quello che rettifica la dichiarazione sulla base di presunzioni. La legge consente infatti di affermare l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza di passività dichiarate anche sulla base di presunzioni semplici purchè queste siano gravi, precise e concordanti. Gli accertamenti analitico-induttivi possono essere fondati anche sull'esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore.
Oggetto degli studi di settore è la determinazione presuntiva dei ricavi o compensi attribuibili al contribuente sulla base della sua capacità potenziale di produrli definita in base ad una varietà di fattori interni ed esterni all'azienda ed in base ad indici di normalità economica. Le imprese sono divise in gruppi omogenei (cluster) in base ad una molteplicità di fattori (modelli organizzativi, tipo di clientela, area di mercato, modalità di svolgimento dell'attività). Sulla base di tali elaborazioni è individuata la relazione matematica tra le caratteristiche dell'attività e l'ammontare dei ricavi o compensi. Così muovendo dai dati relativi alle caratteristiche e modalità di esercizio dell'attività può essere calcolato l'importo presunto dei ricavi o dei compensi. È quindi determinata per ciascun cluster una funzione matematica mediante la quale sono calcolati i ricavi muovendo dai contabili e strutturali. Gli studi di settore si applicano agli imprenditori e lavoratori autonomi i cui ricavi rientrino nei limiti stabiliti in ciascuno studio. Ogni contribuente che appartenga ad una categoria alla quale si applicano gli studi di settore deve presentare insieme con la dichiarazione un modello con cui comunica i dati rilevanti ai fini degli studi. I moduli si compilano e si trasmettono attraverso un software che applica automaticamente lo studio di settore e indica: cluster di appartenenza, congruità e coerenza. Ogni contribuente deve dunque:
a) Inquadrare la propria attività in un cluster;
b) Indicare se il volume dei ricavi e compensi dichiarati è congruo;
c) Individuare la coerenza dei principali indicatori economici che caratterizzano la sua attività rispetto alla forchetta di valori assunti come normali per il cluster di appartenenza.
Con l'uso del software ogni contribuente può controllare la propria posizione reddituale alla luce dello studio di settore che lo riguarda; se non vi è congruità può adeguare i ricavi a quelli calcolati in base allo studio. Il reddito del contribuente congruo ma non coerente non può essere rettificato applicando gli studi di settore ma con gli ordinari metodi di accertamento. Il reddito del contribuente congruo e coerente non può essere rettificato a meno che non si disconosca la veridicità dei dati dichiarati. Gli studi di settore sono atti amministrativi generali di organizzazione. Essi non possono essere applicati in via automatica per rettificar4e i ricavi dichiarati essendo necessario che l'ufficio svolga un'attività istruttoria in contraddittorio con il contribuente per verificare se vi sono ragioni che confermano i ricavi indicati negli studi di settore o ragioni che giustificano la produzione di ricavi in misura inferiore. Gli studi di settore forniscono una indicazione dei ricavi e compensi non del reddito. Essi permettono la rettifica dei ricavi o compensi quando non vi è corrispondenza tra i ricavi indicati dallo studio di settore a prescindere da valutazioni di inattendibilità della contabilità. I responsabili dei Caaf delle imprese e dei professionisti abilitati possono rilasciare su richiesta dei contribuenti una speciale asseverazione detta visto pesante. Ciò che viene asseverato è che gli elementi comunicati all'amministrazione finanziaria nella dichiarazione dei redditi e rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore corrispondono alla contabilità e alla documentazione dell'impresa. Inoltre il visto implica l'attestazione che i ricavi dichiarati sono congrui rispetto a quelli determinabili sulla base degli studi di settore. Il visto produce due ordini di effetti:
a) Le dichiarazioni accompagnate dal visto pesante non possono essere rettificate con metodo induttivo, possono essere rettificate in base agli studi di settore ma entro la fine del terzo anno successivo alla presentazione della dichiarazione;
b) In caso di rettifica il ricorso impedisce la riscossione fino alla sentenza di primo grado.
L'accertamento analitico anche se analitico-induttivo presuppone l'attendibilità complessiva della contabilità e consta della rettifica di componenti reddituali. Molto diverso è invece il metodo dell'accertamento quando la contabilità è complessivamente inattendibile o si verificano altre circostanze che possono legittimare un accertamento induttivo. L'ufficio può procedere ad accertamento induttivo-extracontabile solo nei casi espressamente previsti dalla legge e cioè:
Quando il reddito di impresa non è stato indicato nella dichiarazione;
Quando dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha tenuto o ha sottratto alla ispezione una o più scritture contabili prescritte ai fini fiscali;
Quando le omissioni o le false o inesatte indicazioni accertate mediante verbale di ispezione o le irregolarità formali delle scritture contabili sono così gravi numerose e ripetute da rendere inattendibili le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica;
Quando il contribuente non ha dato seguito all'invito a trasmettere o esibire atti o documenti e non ha risposto al questionario.
In presenza di tali situazioni all'ufficio sono attribuite tre facoltà:
a) Può avvalersi dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza;
b) Può prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili;
c) Può avvalersi anche di presunzioni prive di requisiti di gravità precisione e concordanza.
Nell'iter che l'ufficio deve seguire occorre distinguere l'accertamento dei presupposti che legittimano l'adozione del metodo induttivo dalla determinazione del reddito. Si tratta cioè di distinguere il giudizio di complessiva inattendibilità della contabilità dal giudizio di stima del reddito. L'ufficio può ritenere inattendibile la contabilità solo in base a prove circostanziate circa le irregolarità contabili. Una volta appurata l'inattendibilità della contabilità si apre una seconda fase volta a ricostruire il reddito: in questa fase l'ufficio può prescindere dalla contabilità e servirsi di dati ed elementi comunque raccolti e di presunzioni non assistite dai requisiti di gravità, precisione e concordanza. È solo in questa seconda fase che l'ufficio può utilizzare medie statistiche ed altri consomili dati di carattere astratto non desunti dalla situazione concreta del singolo contribuente. L'avviso di rettifica presuppone che sia stata presentata la dichiarazione ed è così denominato perché il suo contenuto ha come termine di riferimento la dichiarazione. Per le imposte sui redditi e per l'iva l'accertamento d'ufficio viene messo quando non è stata presentata o è nulla la dichiarazione. Anche in tale caso vale la regola che l'accertamento deve essere analitico e può essere sintetico o induttivo solo se l'ufficio non ha potuto raccogliere idonei per una determinazione analitica dell'imponibile.
L'ufficio dopo aver svolto le sue indagini sui redditi di un soggetto ne utilizza i risultati emettendo se ne ricorrono i presupposti un avviso di accertamento. Tale atto riflette tutti i dati ed elementi probatori acquisiti. L'ufficio non può emettere un primo avviso utilizzando solo una parte dei dati acquisiti per poi emetterne altri sulla base di altri dati già acquisiti o in base ad una diversa valutazione dei dati già utilizzati con il primo atto. Questa regola subisce due deroghe costituite dall'accertamento parziale e dall'accertamento integrativo. L'accertamento parziale è quello che si fonda su segnalazioni provenienti dal centro informativo delle imposte dirette, dalla GdF, da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici, dall'anagrafe tributaria. In base a tali segnalazioni l'ufficio può rettificare la dichiarazione accertando un reddito non dichiarato il maggiore ammontare di un reddito parzialmente dichiarato, e la non spettanza di deduzioni, esenzioni, o agevolazioni. L'accertamento parziale si caratterizza dunque sotto due aspetti: per i soggetti da cui provengono i dati e per l'oggetto delle segnalazioni. Alla natura parziale di tale accertamento si collegano due conseguenze: a) la prima è che resta impregiudicata l'ulteriore eventuale attività istruttoria e la possibilità di emanare un successivo avviso di accertamento anche in base ad elementi già acquisiti dall'ufficio al momento dell'emissione dell'accertamento parziale; b) la seconda è che l'accertamento parziale non richiede la collaborazione del comune.
La regola in base alla quale l'ufficio nell'emettere un accertamento deve esaurire la sua azione utilizzando i dati in suo possesso si desume dall'art. 43 D.P.R. 600/73 secondo cui fino alla scadenza del termine stabilito l'accertamento può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Nell'avviso devono essere specificamente indicati a pena di nullità i nuovi elementi e gli atti o i fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell'ufficio delle imposte. Tale disposizione dunque presupponendo che l'ufficio nell'emettere un accertamento debba utilizzare tutti i dati già raccolti consente l'emanazione di nuovi accertamenti solo in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.
L'accertamento con adesione (detto comunemente concordato) è un atto di accertamento formato al termine di un contraddittorio tra ufficio e contribuente che consta di un provvedimento di accertamento dell'ufficio sottoscritto per adesione dal contribuente. La procedura dell'accertamento con adesione può essere avviata sia dal contribuente sia dall'ufficio. Il contribuente può prendere l'iniziativa al termine di una verifica fiscale chiedendo all'ufficio di formulare una proposta. Inoltre il contribuente può prendere l'iniziativa anche dopo che gli è stato notificato l'avviso di accertamento; la presentazione dell'istanza sospende per novanta giorni il termine per la proposizione del ricorso. L'avviso del procedimento apre una nuova fase di confronto tra contribuente e ufficio; se dal contraddittorio scaturisce un accordo ad esso segue l'accertamento sottoscritto dal titolare dell'ufficio e per adesione dal contribuente. L'accertamento con adesione ha contenuto analogo all'accertamento normale; deve essere infatti motivato e deve contenere la liquidazione delle imposte e degli altri importi dovuti; a differenza dell'accertamento ordinario l'accertamento con adesione non è notificato al contribuente ma è un atto dell'ufficio che viene sottoscritto per adesione anche dal contribuente. La procedura si perfeziona con il versamento delle somme dovute entro venti giorni dalla sottoscrizione dell'accertamento con adesione. Il versamento può anche essere rateizzato; l'accertamento si perfeziona con il pagamento della prima rata e con la prestazione della garanzia. Il concordato può avere ad oggetto il reddito o il volume d'affari soggetto ad iva. L'accertamento con adesione è un accertamento che nasce definitivo; esso impegna il contribuente e impegna l'ufficio: il contribuente non può proporre ricorso né l'ufficio può modificarlo. Vi sono però dei casi tassativamente previsti in cui l'accertamento con adesione può essere integrato con un successivo accertamento; ciò è consentito:
a) Se sopravviene la conoscenza di nuovi elementi dai quali si desume un maggior reddito superiore al 50% del reddito definito;
b) Se la definizione riguarda accertamenti parziali;
c) Se la definizione riguarda redditi derivanti da partecipazione nelle società di persone o da associazioni o da aziende coniugali gestite in forma societaria;
d) Se l'azione accertatrice p esercitata nei confronti della società o dell'associazione o dell'azienda coniugale alle quali partecipa il contribuente nei cui riguardi è intervenuta la definizione.
Il concordato incide sulle sanzioni amministrative che sono ridotte ad un quarto del minimo; inoltre dal concordato può derivare anche la riduzione alla metà delle pene previste per i reati tributari e la non applicabilità delle sanzioni accessorie se il debito tributario derivante dal concordato è assoluto prima dell'apertura del dibattimento di primo grado. L'accertamento con adesione non è ammesso quando sulla base degli elementi dati e notizie a conoscenza dell'ufficio è configurabile l'obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria per i reati da 1 a 4 del D.L. 429/82. L'accertamento con adesione non è ammesso anche quando per tali reati è stato presentato rapporto dalla GdF o è stata avviata l'azione penale. Sulla natura giuridica del concordato vi sono in dottrina due orientamenti. Vi è un orientamento che utilizza concetti privatistici e quindi ravvisa nel concordato un contratto. Secondo altri l'atto dell'ufficio resta pur sempre un atto di accertamento esternato in un documento che contiene anche l'adesione del contribuente. Secondo questa tesi l'accertamento con adesione ha la sostanza di un normale accertamento salvo la circostanza che ad esso il contribuente presta la sua adesione.
I redditi fondiari sono determinati con il sistema catastale. Il catasto dei terreni è un inventario che descrive la proprietà terriera suddivisa in particelle con l'indicazione dell'appartenenza della qualità della classe e del relativo reddito medio ordinario. L'unità elementare del catasto è la particella che rappresenta una porzione continua di terreno appartenente ad un medesimo possessore. La formazione del catasto implica in primo luogo il rilevamento delle proprietà e delle particelle, quindi la qualificazione ossia la determinazione dei tipi di coltivazione e infine la classificazione. Vi è poi la tariffa con conseguente attribuzione a ciascuna particella in relazione alla qualità, classe ed estensione del reddito medio ordinario ad essa riferibile. Analogo il contenuto ed il procedimento di formazione del catasto urbano. Le singole unità immobiliari sono contraddistinte per zona censuaria, categoria e classe. L'iniziativa dell'accatastamento spetta al possessore dell'immobile che deve dichiarare le nuove costruzioni. Gli atti attribuiscono o modificano la rendita catastale di terreni o fabbricati devono essere notificati agli intestatari delle partite e sono efficaci ed impugnabili dal giorno della notificazione. Ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi i catasti forniscono la misura del reddito fondiario imponibile. I catasti quindi sono uno degli strumenti da utilizzare in sede di determinazione dei redditi. La rendita catastale non è solo la base imponibile delle imposte sui redditi ma è utilizzata anche per altre imposte. L'ici è applicata su un valore calcolato in base alla rendita catastale.
Nell'accertamento dell'imposta di registro la legge distingue tra determinazione del valore imponibile e determinazione dell'imposta. Quando l'ufficio rettifica il valore imponibile deve altresì liquidare l'imposta: si ha quindi un unico atto contenente la rettifica dell'imponibile e la liquidazione dell'imposta. Può esservi poi come atto autonomo l'avviso di liquidazione nei casi in cui si tratta solo di liquidare l'imposta e chiederne il pagamento. Ad esempio la rettifica della liquidazione dell'imposta liquidata in sede di registrazione di un atto può essere fatta con avviso di liquidazione. La nuova liquidazione del tributo è fatto con avviso di liquidazione. La liquidazione non è operazione puramente matematica: essa implica la qualificazione giuridica dell'atto registrato, la scelta dell'aliquota ed altre scelte.
L'ingiunzione in passato era un atto che nel campo delle imposte indirette aveva una molteplicità di funzioni. Essa di regola era atto della riscossione con funzioni di precetto e di titolo esecutivo, ma quando non era preceduto da un atto di accertamento aveva anche funzioni di accertamento del tributo. La disciplina generale dell'ingiunzione è contenuta nel testo unico R.D. 639/1910 contenente il testo unico della procedura coattiva per la riscossione delle entrate patrimoniali dello stato e degli altri enti pubblici e delle tasse e imposte indirette sugli affari. Dopo la riforma della riscossione del 1198 l'ingiunzione ha perduto le funzioni di titolo esecutivo e di precetto ma rimane in vita come atto di accertamento delle imposte indirette per le quali la legge non prevede l'avviso di accertamento come atto tipico.
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