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Il 5 febbraio 2003 il Parlamento ha approvato la legge delega 30/2003 in materia di occupazione e di mercato del lavoro (la cosiddetta "Legge Biagi"). Il 24 ottobre 2003 è entrato in vigore il Decreto legislativo 276/2003, primo passo verso la piena attuazione della legge delega. Scopo della riforma è quello di garantire al settore del lavoro quella flessibilità che già lo caratterizza in altri contesti geografici al fine ultimo della crescita economica del Paese.
Il collocamento pubblico ha costituito nel nostro paese la più importante forma di intervento dello Stato nel mercato del lavoro. Tale disciplina, fortemente limitativa del potere negoziale dei privati, ha indubbiamente fallito il suo obiettivo riuscendo a collocare appena il 4 per cento dei lavoratori occupati. Il collocamento, inteso come sistema normativo predisposto per lo svolgimento della mediazione fra domanda e offerta di lavoro, in vista dell'assunzione della manodopera, ha costituito una funzione pubblica avente a fondamento, secondo la maggiore dottrina, l'art. 35, comma 1, Cost. il quale affida allo Stato il compito di tutelare il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni.
Con la riforma del mercato del lavoro di cui al detto Dlgs 297 è stata riformata la funzione pubblica dei servizi all'impiego consentendo anche agli operatori privati (nella nuova denominazione di agenzie per il lavoro) e a determinate condizioni, di erogare tutti i servizi (collocamento, ricerca e selezione, orientamento e formazione, somministrazione di lavoro, ecc.). I servizi privati sono gratuiti per i lavoratori e onerosi solo per le imprese.
La gestione burocratica ed altamente verticistica del collocamento pubblico si è perpetrata per quasi cinquanta anni. La soluzione è stata quella del decentramento amministrativo, in ossequio al principio di sussidiarietà verticale che si realizza privilegiando il livello di regolamentazione più vicino agli interessi coinvolti. Nella materia del lavoro, tale decentramento amministrativo si è realizzato con il Dlgs n. 469 del 1997 che ha conferito, ovvero delegato, alle Regioni il compito di disciplinare, con proprie leggi e con riferimento al proprio territorio, l'organizzazione amministrativa e le modalità di esercizio delle funzioni conferite, ivi compresa l'attribuzione alle Province dei compiti in materia di collocamento. Ai sensi dell'art. 1, comma 3, Dlgs 469 del 1997 costituiscono funzioni e compiti dello Stato:
la vigilanza in materia di lavoro, dei flussi di entrata dei lavoratori non appartenenti all'unione europea, nonché procedimenti di autorizzazione per attività lavorativa all'estero;
la conciliazione delle controversie di lavoro individuali e plurime;
la risoluzione delle controversie collettive di rilevanza pluriregionale;
la conduzione del Sistema informativo lavoro (SIL);
il raccordo con gli organismi internazionali ed il coordinamento dei rapporti con l'unione europea.
Tali competenze dello Stato, residuate dal decentramento operato dal Dlgs 469/1997, sono svolte dal Ministero del Lavoro mediante le Direzioni regionali e provinciali del lavoro.
L'art. 2, comma 1, del Dlgs 469/97 attribuisce alle Regioni la disciplina e la concreta gestione del collocamento, ordinario e speciale (agricolo, spettacolo, obbligatorio), nonché l'avviamento a selezione negli enti pubblici e nella pubblica amministrazione, la preselezione ed incontro tra domanda ed offerta di lavoro e le iniziative volte ad incrementare l'occupazione. Sono inoltre riconosciute alle regioni le funzioni in materia di politica attiva del lavoro ed in particolare la programmazione ed il coordinamento di iniziative volte ad incrementare l'occupazione e ad incentivare l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro, anche con riferimento all'occupazione femminile a soggetti tossicodipendenti ed ex detenuti, ai lavoratori in mobilità e alle categorie svantaggiate.
A livello provinciale, la gestione ed erogazioni dei servizi per l'impiego deve avvenire tramite strutture denominate centri per l'impiego, distribuite, sulla base di bacini provinciali non inferiore a 100.000 abitanti, fatto salve motivate esigenze socio geografiche. L'attribuzione alle regioni e agli enti locali delle funzioni del collocamento e di politica attiva del lavoro ha trovato successivamente un riscontro nella riforma del titolo V della Costituzione, ad opera della legge Cost. 3/01 con cui è stata riconosciuta alle regioni ampia autonomia amministrativa, nonché potestà legislativa in ogni materia non espressamente riservata alla competenza statale. Per quello che interessa l'art. 117 Cost. riconosce la competenza legislativa delle regioni nelle materie della tutela e sicurezza del lavoro.
Tale assetto è stato infine nuovamente ritoccato, per effetto della disciplina introdotta dal Dlgs 276/03 con il quale il legislatore nazionale fa sì salve le competenze riconosciute alle regioni e agli enti locali a seguito della riforma del titolo V della Cost., ma individua nuovi principi e criteri di governo del mercato del lavoro che ridisegnano il ruolo dell'operatore pubblico e che hanno una inevitabile ricaduta anche sul riparto di competenza tra stato e regioni.
A livello nazionale spetta allo Stato, l'importante funzione di garantire l'unitarietà del mercato del lavoro, il coordinamento tra tutti gli operatori del mercato e la vigilanza onde prevenire e reprimere fenomeni di abuso e violazione della disciplina di legge. A livello regionale, ciascuna regione è competente per l'organizzazione ed il governo del mercato del lavoro corrispondente al proprio territorio, nell'osservanza dei seguenti principi e criteri:
i cittadini devono poter scegliere liberamente nell'ambito di una rete di operatori qualificati adeguata alla domanda espressa dal territorio;
tutti gli operatori autorizzati o accreditati nella regione devono interconnettersi nella Borsa continua nazionale del lavoro;
si deve realizzare un raccordo tra i servizi pubblici per l'impiego e il sistema regionale di accreditamento degli organismi di formazione.
Una delle previsioni innovative del Dlgs 469 del 1997 era rappresentata dal Sistema informativo lavoro che avrebbe dovuto costituire una banca dati nazionale relativa a tutta la domanda e offerta del lavoro intermediata da soggetti pubblici e privati. Il Dlgs 276 del 2003 implementa questo importante progetto, prevedendo la costituzione della Borsa continua nazionale del lavoro a garanzia dell'effettivo godimento del diritto al lavoro di cui all'art. 4 della Costituzione, e nel pieno rispetto dell'articolo 120 della Costituzione stessa. Questa enorme rete telematica è strutturata su un livello nazionale, presso il Ministero del lavoro e su un livello decentrato che si realizza attraverso i nodi informativi regionale, di competenza di ogni regione. Le disposizioni regolamentari per l'effettiva operatività della Borsa sono state adottate con DM 2004, emanato dal ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il ministero per l'innovazione e le tecnologie. Il funzionamento della borsa è basato sull'afflusso e sulla circolazione delle informazioni e deve garantire la libera accessibilità da parte dei lavoratori e delle imprese e la consultabilità da un qualunque punto della rete attraverso accessi appositamente dedicati da tutti gli operatori pubblici e privati, autorizzati o accreditati.
l'intermediazione pura, ovvero l'attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro, anche in relazione all'inserimento lavorativo dei disabili e dei gruppi di lavoratori svantaggiati;
la ricerca e selezione del personale, cioè l'attività di consulenza di direzione finalizzata alla risoluzione di una specifica esigenza dell'organizzazione committente, attraverso l'individuazione di candidatura idonee a ricoprire una o più posizioni lavorative in seno all'organizzazione medesima, su specifico incarico della stessa;
il supporto alla ricollocazione, cioè l'attività effettuata su specifico ed esclusivo incarico dell'organizzazione committente, anche in base ad accordi sindacali, finalizzata alla ricollocazione nel mercato del lavoro di prestatori di lavoro, singolarmente o collettivamente considerati.
I servizi per l'impiego si rivolgono a lavoratori e imprese con l'obiettivo di favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. Si occupano della prima accoglienza e dell'orientamento del lavoratore, al quale forniscono tutte le informazioni relative al mondo del lavoro, dalla normativa alle opportunità di impiego, ai percorsi formativi finalizzati all'inserimento o al reinserimento lavorativo.
Il Dlgs 276/2003 rende operativa la riforma dei Servizi per
l'impiego, accostando ai tradizionali operatori pubblici del mercato (i Centri
per l'impiego), le nuove Agenzie per il lavoro e gli altri operatori
autorizzati. L'obiettivo è realizzare un sistema coerente di strumenti, per
garantire la trasparenza e l'efficienza del mercato del lavoro anche grazie
all'interconnessione con
I Centri per l'impiego operano a livello provinciale secondo gli indirizzi dettati dalle Regioni. Hanno l'obiettivo di migliorare le possibilità di accesso dei disoccupati al mondo del lavoro e di assistere le imprese, favorendo l'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro. I Centri per l'impiego offrono una serie di servizi destinati ai lavoratori e alle imprese quali l'accoglienza , l'orientamento , l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, la preselezione, la consulenza alle imprese, l'assistenza a persone disabili o svantaggiate.
Le Agenzie per il lavoro sono soggetti in possesso di autorizzazione dello Stato che svolgono attività di somministrazione di lavoro, intermediazione, ricerca e selezione del personale, supporto alla ricollocazione professionale[1]. Le Agenzie per il Lavoro che vengono autorizzate o accreditate devono essere iscritte a un apposito Albo istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. L'Albo è suddiviso in cinque sezioni: una per ogni tipo di attività che può essere svolta .
Per essere autorizzate, le Agenzie devono possedere alcuni requisiti:
sede nel territorio italiano o di altro Stato membro dell'Unione Europea;
disponibilità di uffici idonei allo svolgimento dell'attività;
adeguate competenze professionali degli operatori;
rispetto delle disposizioni sulla tutela del diritto del lavoratore alla diffusione dei propri dati;
assenza di condanne penali per amministratori, direttori generali, dirigenti con rappresentanza e soci accomandatari;
interconnessione con la borsa continua del lavoro attraverso il raccordo con uno o più nodi e invio alle autorità competenti delle informazioni rilevanti per il mercato del lavoro
Le Agenzie del lavoro si distinguono a seconda dell'attività che sono autorizzate a svolgere:
AGENZIE DI SOMMINISTRAZIONE a loro volta distinte in:
agenzie generaliste abilitate alla somministrazione di manodopera a tempo determinato e a tempo indeterminato;
agenzie specialistiche abilitate a svolgere somministrazione a tempo indeterminato esclusivamente per le attività consentite.
Le agenzie di somministrazione sono automaticamente autorizzate anche all'attività di intermediazione, ricerca e selezione del personale e supporto alla ricollocazione professionale. Per ottenere l'autorizzazione, entrambe le tipologie di agenzie di somministrazione devono possedere requisiti specifici. Devono inoltre versare dei contributi ai fondi per la formazione e l'integrazione del reddito dei lavoratori assunti con contratto di somministrazione. Possono gestire specifici programmi di formazione, inserimento o riqualificazione professionale erogati a favore di lavoratori svantaggiati.
AGENZIE DI INTERMEDIAZIONE: per ottenere l'autorizzazione allo svolgimento delle attività, anche le Agenzie di intermediazione devono possedere alcuni requisiti specifici, tra i quali avere un capitale versato di almeno 50 mila euro e operare sul territorio nazionale in almeno quattro regioni. Iscritte nell'apposita sezione dell'Albo, sono automaticamente autorizzate anche a svolgere attività di selezione, supporto e ricollocazione professionale.
AGENZIE DI SELEZIONE: per ottenere l'autorizzazione allo svolgimento delle attività, anche le Agenzie di selezione devono possedere alcuni requisiti specifici come avere un capitale versato non inferiore a 25 mila euro.
AGENZIE DI SUPPORTO ALLA RICOLLOCAZIONE DEL PERSONALE: oltre ai requisiti generali, per l'autorizzazione all'esercizio delle attività di ricollocazione del personale, queste Agenzie devono avere un capitale versato non inferiore a 25 mila euro e l'indicazione dell'attività di supporto alla ricollocazione come oggetto sociale, anche se non esclusivo.
Accanto al divieto di mediazione privata nel collocamento della manodopera, sancito dalla legge 264 del 1949, il nostro ordinamento prevedeva anche il divieto di intermediazione ed interposizione nel rapporto di lavoro, disciplinato dall'art. 2127 c.c. e dalla legge n. 1369 del 1960. Tale legge perseguiva lo scopo di reprimere il fenomeno dell'interposizione, che si verifica quando i lavoratori assunti da un datore (intermediario) in realtà prestano la loro attività in favore esclusivamente di altro imprenditore (committente).
Prima di tale intervento la massima forma di flessibilità del mercato del lavoro italiano era rappresentata dal lavoro interinale (o lavoro ad interim o in affitto), introdotto dalla legge n. 196 del 1997. Con tale istituto si forniva alle imprese uno strumento contrattuale dinamico, con cui consentire l'impiego temporaneo di manodopera in relazione ad esigenze di produzione contingenti. Nel lavoro interinale la impresa di fornitura collocava, per un periodo di tempo predeterminato, soggetti in cerca di occupazione presso imprese che necessitassero di manodopera. La legge 196 del 1997 tuttavia non abrogava i divieti di mediazione ed interposizione di manodopera i quali continuavano ad operare al di fuori del lavoro interinale. Sicché, il permanere di tali divieti e la disciplina del lavoro interinale, considerata eccessivamente rigida, hanno limitato di fatto l'operatività di tale forma di lavoro, inducendo il legislatore, in occasione della riforma del mercato del lavoro, ad abrogare la legge 196 del 1997 e a dare una nuova disciplina al mercato del lavoro, basata sui seguenti criteri direttivi:
legittimità generale della somministrazione di manodopera purché sia svolta da soggetti autorizzati;
ammissibilità della somministrazione di manodopera anche a tempo indeterminato, oltre che a termine come nella legge 196 del 1997.
L'art. 2 del Dlgs 276 del 2003 definisce la somministrazione di lavoro come la fornitura professionale di manodopera, a tempo indeterminato o a termine, ai sensi dell'art. 20.. La norma richiamata stabilisce che "il contratto di somministrazione lavoro può essere concluso da ogni soggetto, di seguito denominato utilizzatore, che si rivolga ad altro soggetto, di seguito denominato somministratore, a ciò autorizzato"
Nella somministrazione occorre distinguere due contratti diversi:
un contratto di somministrazione, stipulato tra l'utilizzatore e il somministratore, di natura commerciale;
un contratto di lavoro subordinato stipulato tra il somministratore e il lavoratore;
Entrambi i contratti possono essere stipulati a tempo determinato o indeterminato. La somministrazione rientra nell'ambito delle esternalizzazioni delle attività di impresa, ed è diretta, da un lato, ad offrire alle aziende un nuovo ed efficiente strumento per procurarsi forza lavoro e, dall'altro, ad offrire particolari garanzie ai lavoratori somministrati.
La somministrazione a tempo indeterminato può essere effettuata sia dalle agenzie generaliste sia da quelle specialiste.
Il contratto di somministrazione a tempo indeterminato può essere stipulato per:
servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico;
servizi di pulizia, custodia, portineria;
servizi di trasporto di persone e movimentazione di macchinari e merci;
gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini e servizi di economato;
attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del personale;
attività di marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione commerciale;
gestione di call-center;
costruzioni edilizie all'interno degli stabilimenti per installazioni o smontaggio di impianti e macchinari, per particolari attività produttive che richiedano fasi successive di lavorazione, (con specifico riferimento all'edilizia e alla cantieristica navale), per l'impiego di manodopera diversa per specializzazione da quella normalmente impiegata nell'impresa;
in tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali o territoriali stipulati da associazioni comparativamente più rappresentative dei lavoratori e datori di lavoro.
Il contratto di somministrazione a tempo determinato può essere stipulato per far fronte a esigenze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore (art. 20, Dlgs 276/2003) ovvero per le "esigenze temporanee" indicate dalle clausole dei contratti collettivi che avranno efficacia fino alla loro naturale scadenza (art. 86, Dlgs 276/2003). La somministrazione a tempo determinato può essere effettuata solo dalle agenzie generaliste.
Il contratto di lavoro a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata prevista dal contratto collettivo applicato dal somministratore.
Il contratto di somministrazione lavoro è il contratto tramite il quale viene regolata la fornitura di lavoratori tra l'agenzia di somministrazione all'utilizzatore per il soddisfacimento di esigenze di quest'ultimo. Il contratto di somministrazione deve avere forma scritta e deve riportare i seguenti elementi:
gli estremi dell'autorizzazione rilasciata al somministratore;
il numero, le mansioni e l'inquadramento dei lavoratori richiesti;
la data di inizio e la durata del contratto di somministrazione;
il luogo e l'orario della prestazione;
il trattamento economico e normativo cui avranno diritto i lavoratori richiesti;
l'obbligo dell'impresa utilizzatrice di rimborsare all'impresa di somministrazione gli oneri retributivi e previdenziali da questa effettivamente sostenuti in favore del prestatore di lavoro.
La mancanza della forma scritta è sanzionata con la previsione della nullità del contratto di somministrazione con la conseguenza che i lavoratori saranno considerati a tutti gli effetti alla dipendenze dell'utilizzatore. Inoltre è nulla qualsiasi clausola, apposta nel contratto di somministrazione che abbia l'effetto di limitare la facoltà dell'utilizzatore di assumere il lavoratore al termine della fornitura.
Non è richiesta invece alcuna forma specifica per il contratto di lavoro che lega il somministratore e il lavoratore.
Il Dlgs 276 del 2003 elenca le ipotesi in cui la somministrazione, sia a termine, sia a tempo indeterminato, è vietata ed in specie:
per la sostituzione di lavoratori che esercitino il diritto di sciopero;
presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i dodici mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce la fornitura;
presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporto o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce la fornitura;
a favore delle imprese che non dimostrano alla DPL di aver effettuato la valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, ai sensi dell'art. 4 del Dlgs 626 del 1994.
Il somministratore ha l'obbligo di comunicare per iscritto al lavoratore, all'atto della stipula del contratto di lavoro ovvero all'atto dell'invio presso l'utilizzatore, le informazioni contenute nel contratto di somministrazione, nonché la data di inizio e la durata prevedibile dell'attività lavorativa presso l'utilizzatore. L'utilizzatore ja l'obbligo di comunicare alle rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza, alle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale:
il numero e i motivi del ricorso alla somministrazione prima della stipula del contratto;
il numero, i motivi e la durata dei contratti di somministrazione conclusi, nonché il numero e la qualifica dei lavoratori interessati, ogni dodici mesi.
I lavoratori forniti all'utilizzatore non rientrano nel computo dei dipendenti ai fini dell'applicazione di leggi ed istituti che presuppongono una determinata soglia dimensionale.
I lavoratori dipendenti dal somministratore (che figura come il datore di lavoro) hanno diritto alla parità di trattamento economico e normativo rispetto ai dipendenti di pari livello dell'utilizzatore (il quale ha la direzione ed il controllo sul prestatore di lavoro), a parità di mansioni svolte. L'utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali: pertanto se il somministratore non dovesse versare il dovuto al lavoratore questo può richiederlo all'utilizzatore, che è obbligato a corrisponderlo. In caso di contratto di lavoro a tempo indeterminato è previsto da parte del somministratore il pagamento di un'indennità per i periodi di mancata assegnazione presso l'impresa utilizzatrice la cui misura viene determinata dal contratto collettivo di riferimento e non può essere inferiore alla misura di 350 euro mensili, secondo quanto previsto da decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Il contratto di lavoro a tempo indeterminato è soggetto alla disciplina generale dei rapporti di lavoro prevista dal codice civile e dalle leggi speciali. Il contratto può essere stipulato anche a tempo parziale.
Se il contratto di lavoro è stipulato a tempo determinato si applicano in quanto compatibile le disposizioni del contratto a termine (Dlgs 368/2001), con alcune differenze:
il somministratore può concludere più contratti a termine con il lavoratore senza il rispetto di alcun intervallo di tempo;
gli obblighi di informazione e formazione hanno una disciplina specifica per la somministrazione;
i limiti percentuali di stipulazione di contratti a termine non si applicano alla somministrazione, poiché l'utilizzatore potrebbe anche avvalersi esclusivamente di questo tipo di contratto per la sua attività lavorativa.
È nulla ogni clausola che possa limitare, anche indirettamente, la facoltà dell'utilizzatore di assumere il lavoratore al termine del contratto di somministrazione. Il divieto può essere derogato a fronte di una congrua indennità per il lavoratore, secondo quanto previsto dal contratto collettivo applicabile al somministratore.
La peculiarità del rapporto di lavoro derivante da somministrazione determina una singolare ripartizione dei tipici poteri del datore di lavoro: tale ruolo è coperto dall'agenzia di somministrazione che gestisce direttamente tutti gli aspetti connessi al rapporto di lavoro, mentre l'utilizzatore rappresenta il soggetto che si avvale, per tutta la durata della somministrazione dell'attività dei lavoratori. La suddivisione dei poteri e dei doveri datoriali, desumibile dalle disposizioni del provvedimento è la seguente:
il potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori è esercitato dall'utilizzatore al fine di conformare la prestazione alle concrete esigenze della propria organizzazione aziendale;
il potere disciplinare spetta al somministratore, cui l'utilizzatore deve comunicare le infrazioni commesse dai lavoratori, che formeranno oggetto della contestazione ai sensi dell'art. 7 dello Statuto dei lavoratori;
la retribuzione ed ogni spettanza, compresa l'indennità di disponibilità deve essere pagata ai lavoratori dal somministratore;
le informazioni sui rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attività produttive in generale, la formazione, l'addestramento all'uso delle attrezzature di lavoro necessarie per lo svolgimento della specifica attività lavorativa devono essere attuate dal somministratore;
l'eventuale sorveglianza medica speciale, richiesta dalla natura della prestazione, e l'informazione sui rischi specifici delle mansioni del lavoratore, devono essere adempiute dall'utilizzatore che deve inoltre osservare nei confronti del medesimo prestatore, tutti gli obblighi di protezione previsti nei confronti dei propri dipendenti, restando responsabile per la violazione degli obblighi di sicurezza prescritti dalla legge e dai contratti collettivi;
la responsabilità per danni arrecati a terzi dai lavoratori nello svolgimento della prestazione lavorativa incombe sull'utilizzatore.
Con la riforma del dlgs 276 del 2003 viene abrogata la legge 1369 del 1960 e, con essa, cade il divieto generale di fornitura di manodopera a terzi. Tuttavia, l'ordinamento intende continuare a reprimere le forme illecite, ovvero attuate al di là delle regole e dei requisiti che presiedono alla somministrazione regolare. Si comprende pertanto il permanere dell'interesse del legislatore per la definizione dei requisiti dell'appalto genuino, anche al fine di distinguerlo da una mera fornitura di lavoro, e per le forme di tutela dei lavoratori dipendenti dall'appaltatore.
L'appalto è un contratto con il quale un soggetto (committente) incarica un imprenditore (appaltatore) di compiere un'opera o un servizio a fronte di un corrispettivo in denaro. L'imprenditore (appaltatore), per compiere l'opera o il servizio commissionati, deve organizzare i mezzi necessari (dirige i lavoratori alle proprie dipendenze senza che il committente possa interferire nelle modalità concrete di svolgimento del lavoro stesso) e assumere il rischio d'impresa (rispondere del risultato finale davanti al committente). Gli elementi che distinguono il contratto d'appalto dalla somministrazione sono dunque l'organizzazione dei mezzi necessari e l'assunzione dei rischi d'impresa.
L'appalto di servizi è caratterizzato dall'assunzione di una obbligazione solidale tra il committente e l'appaltatore: ciò significa che i lavoratori dipendenti dell'appaltatore possono rivolgersi, entro un anno dalla fine del contratto di appalto, al committente per riscuotere i crediti da lavoro (retribuzione, contributi etc) nel caso in cui il loro datore di lavoro non li abbia pagati.
Il Dlgs 276 del 2003 interviene a disciplinare per la prima volta l'istituto del distacco del lavoratore da una impresa ad un l'altra per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa. I requisiti per il distacco sono:
esistenza di uno specifico interesse del datore di lavoro distaccante che deve sussistere per tutta la durata del distacco;
temporaneità del distacco, che comunque può essere anche non breve, purché non coincidente con tutta la durata del lavoro.
Nel caso in cui il distacco sia attuato in assenza di detti
requisiti, il lavoratore interessato può dare ricorso al giudizio per la
costituzione di un rapporto di lavoro con il soggetto che ne ha utilizzato la
prestazione, cioè il datore di lavoro presso cui è stato distaccato (art. 30,
comma 4 bis, Dlgs 276 del 2003, introdotto dal Dlgs 251/04). Dal punto di vista
delle tutele, quella principale è che il datore di lavoro distaccante rimane
responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore
distaccato. A ciò si aggiungono due nuove garanzie: il distacco deve avvenire
su base consensuale quando comporti un mutamento di mansioni; il distacco che
comporti un trasferimento a una unità produttiva sita a più di
La direttiva 96/71/CE fornisce tutela ai lavoratori distaccati, in uno Stato membro della Comunità europea diverso da quello nel cui territorio lavorino abitualmente. In attuazione di tale direttiva è stato emanato il Dlgs n. 70 del 2000 che si applica alle imprese stabilite in uno Stato membro dell'Unione Europea diverso dall'Italia, che:
distaccano un lavoratore in territorio italiano, nell'ambtio di un contratto di prestazioni di servizi, concluso con un soggetto che opera in Italia;
distaccano un lavoratore in territorio italiano, presso un'unità produttiva della medesima impresa o presso altra impresa appartenente allo stesso gruppo.
La tutela dei lavoratori distaccati, fornita dal Dlgs 72/2000, è la seguente:
obbligo di applicare ai lavoratori distaccati le medesime condizioni di lavoro previste da leggi, regolamenti o contratti collettivi applicabili ai lavoratori italiani che lavorano in Italia;
responsabilità solidale degli imprenditori che appaltino servizi, da eseguirsi all'interno delle aziende, da un appaltatore trasnazionale, per i trattamenti minimi retributivi ai lavoratori distaccati impegnati nell'appalto;
i lavoratori distaccati possono agire direttamente nei confronti dell'imprenditore appaltante per i diritti loro spettanti, durante l'esecuzione dell'appalto fino ad un anno dopo di cessazione del medesimo;
l'azione in giudizio, rivolta alla tutela dei diritti e delle condizioni di lavoro, può essere esercitata anche innanzi all'autorità giudiziaria di altro Stato con il quale esista una convenzione internazionale sulla giurisdizione nelle controversie relative a rapporti di lavoro.
Con l'art. 2112 c.c. il legislatore ha inteso offrire tutela, in termini di stabilità dell'occupazione, in caso di trasferimento d'azienda, ai lavoratori dipendenti dall'impresa trasferita. Tale normativa, interamente rivista dalla legge n. 428 del 1990 di attuazione della Dir. 77/187/CEE, è stata successivamente modificata dal Dlgs n. 18 del 2001 ed anche dal Dlgs 276/03 allo scopo di estendere le tutele dei lavoratori previste per il trasferimento d'azienda anche al trasferimento di solo un ramo, funzionalmente autonomo della stessa. Anche in questo caso il legislatore ha perseguito l'obiettivo di garantire il mantenimento dei diritti dei lavoratori in tutte le varie circostanze in cui si realizza un trasferimento di azienda e soprattutto quando con esso si dia vita ad una forma di decentramento o esternalizzazione. La normativa di tutela, originariamente limitata alla fattispecie dell'alienazione, dell'usufrutto o dell'affitto, si applica:
a qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità;
al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento.
La tutela dei lavoratori dell'azienda, o parte di essa, trasferita è la seguente:
il rapporto di lavoro continua con il cessionario, allo scopo di evitare che il passaggio di mano dell'azienda sia di pregiudizio per il prestatore di lavor;
il lavoratore mantiene i diritti già maturati e vi è responsabilità solidale del cedente e del cessionario a garanzia del soddisfacimento dei crediti vantati dal lavoratore fino all'epoca del trasferimento;
il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario;
il trasferimento d'azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento;
il lavoratore ha diritto a presentare le proprie dimissioni nei tre mesi successivi al trasferimento d'azienda, quando le condizioni di lavoro subiscano una sostanziale modifica.
Per poter effettuare il trasferimento di azienda è necessario attivare una procedura preventiva prevista dall'art. 47 della legge 428/90. Il cedente ed il cessionario devono dare comunicazione scritta del trasferimento alle rappresentanze sindacali unitarie, almeno 25 giorni prima che sia perfezionato l'atto da cui deriva il trasferimento o che sia raggiunta un'intesa vincolante tra le parti, nonché ai sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate dal trasferimento. Ove le rappresentanze sindacali aziendali o i sindacati di categoria ne facciano richiesta per iscritto, il cedente ed il cessionario sono tenuti ad avviare un esame congiunto della situazione con le forze sindacali. La consultazione si intenderà esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un accordo. Il mancato rispetto da parte del cedente o del cessionario dell'obbligo dell'esame congiunto rappresenta condotta antisindacale sanzionabile ai sensi dell'art. 28 della legge 300/70.
Somministrazione irregolare e fraudolenta.
Il Dlgs 276/03 contempla due sole figure di illecito, ed in particolare:
si ha somministrazione irregolare quando si realizza una fornitura di lavoro al di fuori dei limiti e delle condizioni previste dal Dlgs 276/03. La sanzione, in tali casi, è di tipo civile, riconoscendosi al lavoratore, che sia stato parte in un rapporto di somministrazione privo dei necessari requisiti, il diritto ad agire in giudizio per la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell'utilizzatore, con effetto dall'inizio della somministrazione;
si ha somministrazione fraudolenta quando la fornitura di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicatola lavoratore;
si ha una forma illecita di interposizione e di fornitura di lavoro quando l'appalto e il distacco del lavoratore risultino privi dei requisiti di legge.
Il Dlgs 276/03 individua ulteriori soggetti che possono effettuare l'attività di intermediazione, a condizione che operino senza finalità di lucro e con l'obbligo della interconnessione alla Borsa continua nazionale del lavoro, ed in particolare:
le università pubbliche o private;
i Comuni, le camere di commercio e gli istituti di scuola secondaria di secondo grado, statali e paritari;
le associazioni dei datori di lavoro e i sindacati dei lavoratori;
l'ordine nazionale dei consulenti del lavoro mediante la costituzione di una apposita fondazione.
Il Dlgs 276 del 2003 prevede che le Regioni istituiscano appositi elenchi per l'accreditamento degli operatori pubblici e privati che operano nel proprio territorio. Condizione per l'accreditamento, le cui procedure sono rimesse ad apposita legge regionale, è:
la garanzia della libera scelta dei cittadini tra una rete di operatori qualificati, adeguata per dimensione e distribuzione alla domanda espressa dal territorio;
la salvaguardia di standard omogenei a livello nazionale;
l'ottimizzazione delle risorse;
l'obbligo di interconnessione con
il raccordo con il sistema regionale di accreditamento degli organismi di formazione.
A tutela del lavoratore il Dlgs 276 del
la tutela della privacy;
il divieto di campagne informative anonime;
il divieto di indagini sulle opinioni personali del lavoratore e divieto di trattamenti discriminatori;
divieto di oneri in capo ai lavoratori.
Anche se le attività di mediazione e di fornitura lavoro sono state, con l'emanazione del Dlgs 276 del 2003, significativamente deregolamentate e semplificate sotto il profilo dei limiti operativi, ciò non significa che il legislatore non abbia inteso prevenire e reprimere abusi e irregolarità. Né è conferma la predisposizione di un regime sanzionatorio di natura civile e penale per le forme di speculazione parassitaria sul lavoro, previsto dall'art. 18 del Dlgs 276/03 modificato dal Dlgs 251 del 2004.
Nell'impostazione originaria del sistema del collocamento, la legge prevedeva posizioni di favore per determinate categorie soggettive che vantavano veri diritti e precedenze per l'assunzione presso i datori di lavoro privati e pubblici. Oltre al noto sistema del collocamento obbligatorio per i soggetti portatori di handicap, operava anche la riserva a favore delle c.d. fasce deboli, prevista dall'art. 25 della legge 223/91, da ultimo abrogato dal Dlgs 297 del 2002. Nel corso del tempo si è passati, tuttavia da un atteggiamento di carattere assistenziale, fondato sull'atto di imperio impositive dell'assunzione, ad una nuova filosofia d'intervento che si concreta nelle c.d. politiche attive del lavoro. Con tale espressione si intende l'insieme delle strategie ed interventi finalizzati alla qualificazione all'incremento dell'occupazione, in grado di influenzare positivamente le dinamiche occupazionale e che presuppongono un comportamento attivo dei soggetti beneficiari.
Il già citato Dlgs 181 del
Un ruolo essenziale è affidato ai servizi pubblici per l'impiego, che oltre a svolgere compiti di tipo tradizionale connessi all'attività amministrativa ed alla vigilanza, sono deputati, nel nuovo sistema di competizione e collaborazione pubblico - privato, ad erogare servizi più innovativi. Essi sono precipuamente rivolti a gruppi di lavoratori svantaggiati e cioè, secondo la specifica nozione di cui all'art. 2 del Dlgs 276/03, qualsiasi persona appartenente ad una categoria che abbia difficoltà ad entrare, senza assistenza nel mondo del lavoro.
Ai fini della esatta individuazione dei soggetti destinatari degli interventi di politica attiva del lavoro è necessario dare riferimento alla normativa comunitaria in materia di incentivi all'occupazione. Si tratta:
di giovani con meno di 25 anni o che abbiano completato il ciclo formativo daa più di due anni. Ma non abbiano ancora ottenuto un primo impiego retribuito regolarmente;
lavoratori extracomunitari e lavoratori appartenenti alle minoranze etniche di uno Stato dell'UE;
lavoratori che non abbiano lavorato per almeno due anni;
lavoratori affetti da forme di dipendenza;
disoccupati di lunga durata.
A tali soggetti vanno aggiunti quelli contemplati dalla legge 389 del 1991, vale a dire gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione.
Misure per la formazione e l'integrazione del reddito dei lavoratori temporanei. Il Dlgs 276 del 2003 prevede l'istituzione, presso gli enti bilaterale, di appositi Fondi per la formazione e l'integrazione del reddito a favore dei lavoratori assunti da agenzie di somministrazione. Le risorse dei fondi devono essere utilizzate per:
promuovere percorsi di qualificazione e riqualificazione anche in funzione di continuità di occasioni di impiego per prevedere specifiche misure di carattere previdenziale nei confronti dei lavoratori assunti a tempo determinato;
garantire l'integrazione del reddito dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato in caso di fine lavori.
Incentivazione economica e normativa finalizzata all'occupazione dei lavoratori svantaggiati. Il Dlgs 276/03 stabilisce, in favore delle agenzie di somministrazione, delle apposite misure di incentivazione economica e normativa al fine di promuovere l'inserimento o il reinserimento dei lavoratori svantaggiati nel quadro delle politiche attive realizzate sia a livello nazionale che locale. Tali forme di incentivazione sono:
la possibilità, per l'agenzia, di operare in deroga alla disciplina generale della somministrazione di lavoro, in presenza di un piano individuale di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro, con interventi formativi idonei e il coinvolgimento di un tutore con adeguate competenze e professionalità, e a fronte della assunzione del lavoratore svantaggiato con contratto di durata non inferiore a sei mesi;
la facoltà di determinare, per un periodo massimo di dodici mesi e solo in caso di contratti di durata non inferiore a nove mesi, il trattamento retributivo spettante al lavoratore detraendo quanto da questi percepito a titolo di sostegno del reddito.
Il collocamento obbligatorio, a lungo regolato dalla L.
482/68, è stato profondamente rivisitato per effetto della L. 68/99 e fatto
salvo dalla riforma.
In base alla L. 482/68, i soggetti da assumere obbligatoriamente sono:
Quanto alla disciplina possiamo così riassumere:
Tra le principali novità della L. 68/99 rileva la variazione delle quote di riserva a carico dei datori di lavoro pubblici e privati, distinte nelle seguenti:
A differenza della precedente normativa basata
esclusivamente sul meccanismo della richiesta numerica,
L'accertamento delle condizioni di disabilità che danno diritto all'iscrizione negli elenchi del collocamento obbligatorio è effettuato:
dalle commissioni mediche ASL, se si tratta di invalidi civili;
dall'INAIL per disabili con invalidità derivante da infortunio sul lavoro o malattia professionale;
da apposite commissioni di verifica, ai sensi del DPR 915/78, per gli invalidi di guerra, invalidi civili di guerra e per servizio.
I disabili assumono obbligatoriamente hanno diritto al normale trattamento economico e normativo stabilito per la generalità dei lavoratori dalla contrattazione collettiva. Inoltre deve essere osservato il principio generale affermato dalla legge 68 del 1999, cioè che il datore di lavoro non può chiedere al disabile una prestazione non compatibile con le sue mansioni. Il rapporto di lavoro con il disabile può essere risolto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, l'apposita Commissione ASL accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda. In caso di risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto a darne comunicazione, nel termine di dieci giorni, agli uffici competenti, al fine della sostituzione del lavoratore con altro avente diritto all'avviamento obbligatorio.
Cooperative sociali per l'inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati e disabili. Al fine di favorire l'inserimento lavorativo dei lavoratori svantaggiati e dei lavoratori disabili l'art. 14 Dlgs 276/03 prevede che i servizi per l'impiego possono stipulare delle apposite convenzioni quadro con le associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro e con le associazioni di rappresentanza, assistenza e tutela delle cooperative. Tali convenzioni hanno ad oggetto il conferimento di commesse di lavoro alle cooperative sociali da parte delle imprese associate o aderenti, sul presupposto che le attività commissionate siano svolte con il lavoro dei disabili o dei soggetti svantaggiati, individuati dai competenti servizi pubblici e inseriti nella cooperativa.
La legge 608 del
Nel nuovo sistema di assunzione diretta l'unica formalità che permane per i datori di lavoro è quella di effettuare una comunicazione agli uffici pubblici di collocamento, disciplinata dall'art. 4 Dlgs 181/2000, come modificato dal Dlgs 297 del 2002. La norma stabilisce che:
il datore di lavoro privato comunichi al servizio competente, nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro, la data dell'assunzione, la scadenza del rapporto se esso non è a tempo indeterminato, i dati anagrafici del lavoratore, la qualifica professionale, la tipologia contrattuale e il trattamento economico e normativo;
la comunicazione deve avvenire contestualmente all'assunzione. Nelle more della completa attuazione del Dlgs 297/2002, essa continuerà ad essere effettuata entro 5 giorni dall'assunzione del lavoratore;
la comunicazione deve essere inoltrata anche in caso di instaurazione di rapporti diversi da quello subordinato, quale il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa o stage aziendale, nonché nel caso in cui si tratti di socio lavoratore di cooperativa;
devono inoltre essere comunicate ai competenti servizi per l'impiego le seguenti variazioni del rapporto: 1. proroga del termine inizialmente fissato; 2. trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato; 3. trasformazione da tempo parziale a tempo pieno; 4. trasformazione da contratto di apprendistato a contratto a tempo indeterminato;
la cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato deve essere effettuata entro 5 giorni dalla cessazione del rapporto.
Il regime dell'assunzione diretta non si applica alle assunzioni dei lavoratori disabili effettuate ai fini dell'assolvimento della quota di riserva di cui alla legge 68 del 1999. Lo stesso Dlgs 297 del 2002 non ha, infatti, abrogato le disposizioni relative agli elenchi del collocamento obbligatorio in cui devono iscriversi gli aventi diritto. Da un unico elenco pubblico risulta la graduatoria regionale dei disabili disoccupati. Gli elenchi sono predisposti e tenuti dai competenti uffici provinciali, che provvedono alle iscrizioni, a favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro e al collocamento dei lavoratori disabili.
A differenza della precedente normativa basata esclusivamente sul meccanismo della richiesta numerica, la legge 68/99 prevede per l'assunzione la richiesta nominativa per:
tutte le assunzioni cui sono tenuti i datori di
lavoro privati che occupano da
il 50% delle assunzioni cui sono tenuti i datori
di lavoro, che occupano da
il 60%delle assunzioni cui sono tenuti i datori di lavoro, che occupano più di 50 dipendenti.
Per le Pubbliche Amministrazioni le assunzioni obbligatorie devono avvenire per chiamata numerica, previa verifica della compatibilità dell'invalidità con le mansioni da svolgere.
Le norme sono differenti secondo che si tratti di cittadini di paesi membri dell'Unione europea oppure dell'OCSE (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ovvero di lavoratori appartenenti a Stati che non aderiscano ai predetti organismi internazionali.
Lavoratori membri dell'U.E.. Per tali lavoratori vige una normativa particolare nell'ambito dell'U.E. volta ad limare ogni discriminazione tra i cittadini degli Stati membri nel porre in essere e svolgere un rapporto di lavoro subordinato. A tal fine il Trattato CE ha sancito il principio della libera circolazione dei lavoratori. Detto principio di articola nei seguenti punti:
libertà di spostamento dei lavoratori nel territorio degli Stati membri;
abolizione di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità tra i lavoratori degli stati membri per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.
Il DPR 54 del 2002 stabilisce che i cittadini di uno stato membro dell'UE hanno libero ingresso nel territorio italiano, fatte salve le limitazioni derivanti dalle disposizioni in materia penale e da quelle a tutela dell'ordine pubblico, della sicurezza interna e della sanità pubblica in vigore in Italia.
Lavoratori di Stati non appartenenti all'U.E.. Le assunzioni dei lavoratori extracomunitari (la cui disciplina si applica anche ai cittadini neocomunitari) sono disciplinate dal Dlgs n. 286 del 1998 e dal relativo regolamento di attuazione, approvato con DPR 394 del 1999 e da ultimo modificato con DPR n. 334 del 2004. Punto di partenza della disciplina è il principio per cui l'ingresso del lavoratore straniero nel territorio italiano per motivi di lavoro debba avvenire nell'ambito di quote massime, distinte a seconda se trattasi di lavoro subordinato o autonomo, stabilite annualmente con decreto del Presidente del consiglio dei Ministri al fine di garantire la massima compatibilità degli interessi con le potenzialità di inserimento nel mercato del lavoro. Lo sportello unico immigrazione è l'organismo, istituto in ogni Provincia, cui è demandata la gestione di tutta la procedura di assunzione del lavoratore straniero. Esso opera in rete con i centri per l'impego e le DRL e DPL, attraverso una anagrafe annuale informatizzata delle offerte e delle richieste di lavoro subordinato dei lavoratori stranieri, che è anche collegata con l'archivio organizzato dall0INPS e con le Questure. La richiesta del datore da avvio ad una procedura il cui esito è l'effettivo ingresso del lavoratore in Italia e la successiva stipulazione del contratto di lavoro presso lo sportello unico. Entro otto giorni dall'ingresso in Italia, il lavoratore extracomunitario deve presentarsi presso il competente Sportello unico per la sottoscrizione del contratto di soggiorno per lavoro subordinato. Lo sportello unico fa sottoscriver contestualmente al lavoratore straniero richiesta del permesso di soggiorno, i cui dati sono inoltrati alla Questura competente. Il permesso di soggiorno per motivi di lavoro è rilasciato dalla Questura e la sua durata corrisponde a quella stabilita dal contratto di lavoro. Tale durata comunque non può superare:
nove mesi complessivi, se sono stipulati uno o più contratti di lavoro stagionale;
un anno, se è stipulato un unico contratto di lavoro subordinato a tempo determinato;
due anni, se è stato stipulato un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Ai sensi del Dlgs 286/1998 stabilisce che la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. In caso di licenziamento collettivo o individuale o di dimissioni, il lavoratore può essere iscritto nell'elenco anagrafico tenuto dal centro per l'impiego. È possibile anche l'iscrizione nelle liste del collocamento obbligatorio in caso di sopravvenuta invalidità del lavoratore straniero.
Allo scadere del permesso di soggiorno, lo straniero deve lasciare il territorio dello Stato, salvo risulti titolare di un nuovo contratto di soggiorno per lavoro ovvero abbia diritto al permesso di soggiorno ad altro titolo.
Accesso degli stranieri al lavoro stagionale. In ragione del fatto che i lavoratori stranieri sono diffusamente occupati nelle attività stagionali, il DPR 394 del 1999 disciplina in modo specifico l'accesso a tale tipologia d'impieghi. Le peculiarità riguardano:
la durata del nulla osta, che vale per un periodo minimo di 20 giorni ad un massimo di 9 mesi decorrenti dalla data di sottoscrizione del contratto di soggiorno;
i termini procedurali brevi in caso di richiesta numerica del datore;
nel diritto di precedenza all'assunzione riconosciuto ai lavoratori stranieri che hanno fatto rientro nello Stato di provenienza alla scadenza del permesso di soggiorno rilasciato l'anno precedente per lavoro stagionale;
nel fatto che le richieste di autorizzazione al lavoro possono essere presentate anche dalle associazioni di categoria per conto dei loro associati;
nella possibilità di richieste ed autorizzazioni cumulative che riguardino più datori di lavoro che impiegano lo stesso lavoratore straniero per periodi di lavoro complessivamente compresi nella stagione.
L'art. 5 del Dlgs n. 286 del 1998 stabilisce che allo straniero che dimostri di essere venuto in Italia almeno due anni di seguito per prestare lavoro stagionale può essere rilasciato, qualora di tratti di impieghi ripetitivi, un permesso pluriennale.
Svolgimento di lavoro autonomo. L'art. 5 disciplina altresì l'accesso e il soggiorno degli stranieri nel nostro Stato per svolgere un'attività di lavoro autonomo. La norma stabilisce che possono inoltre soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri muniti di permesso di soggiorno per lavoro autonomo rilasciato sulla base della certificazione della competente rappresentanza diplomatica consolare italiana.
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