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La problematica costituzionale della proprietà privata




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La problematica costituzionale della proprietà privata


Nel primo comma dell'art. 42 Cost. si premette che "la proprietà è pubblica o privata"; ma non si definiscono né l'uno né l'altro istituto. "La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e renderla accessibile a tutti". La prima impressione è dunque nel senso che la proprietà, sia pure privata, non venga sostenuta da alcuna garanzia costituzionale specifica. Si è detto che l'art. 42 conferirebbe alla legge il compito di stabilire "fin dove, fin quando e in quali limiti vi debba essere, e in che modo debba esistere, la proprietà privata"; si è sostenuto che alla legge spetterebbe "la disponibilità senza indennizzo della struttura stessa e del contenuto delle proprietà preesistenti". Si è quindi dedotto che la costituzione non imporrebbe null'altro che una riserva di legge, per di più relativa: in linea con quella giurisprudenza costituzionale per cui l'art. 42 esige unicamente, nel rapporto fra il legislativo e l'esecutivo, che i limiti della proprietà privata non siano lasciati "in balia delle autorità amministrative". Deriva pur sempre dal secondo comma dell'art. 42 che la proprietà privata debba essere "riconosciuta e garantita" nell'ordinamento giuridico italiano. Risulta evidente che la garanzia dell'istituto sarebbe soltanto verbale, se l'art. 42 non presupponesse taluni "indici di riconoscibilità" della proprietà privata, destinati a restare fondamentalmente costanti nel succedersi delle leggi regolatrici. È appunto in tal senso che una notevole corrente dottrinale ha sostenuto l'esistenza di un insopprimibile contenuto essenziale o minimo che alcuni autori vorrebbero fa coincidere con l'art. 832 c.c., onde "il proprietario ha il diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo.". In realtà tesi del genere non mancano di suscitare difficoltà, perché già prima del 1948 la parola proprietà non possedeva un significato univoco. Basti pensare al fondamentale divario che passa fra la proprietà dei beni mobili e quella avente per oggetto gli immobili. Il comune criterio dei giudizi che la corte ha effettuato ed effettua in applicazione dell'art. 42 secondo comma dev'essere invece rintracciato nella funzione sociale della proprietà privata. Essa vale, cioè, a giustificare le restrizioni dei diritti soggettivi spettanti ai proprietari. Il che concorre a spiegare come una medesima pronuncia della corte, quanto ad una legge sugli affitti dei fondi rustici, sostenga trattarsi di una scelta politica ed economico-sociale naturalmente riservata al legislatore; ma nel contempo annulli, considerandola irragionevole e contraddittoria, la conversione in affitto dei contratti di mezzadria, relativamente ai proprietari imprenditori. L'art. 42 dice inoltre che "la proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale". È stato ed è controverso lo stesso concetto di espropriazione. Per contro nel periodo repubblicano si sono teorizzare, accanto a quelle tradizionali, le cosiddette limitazioni espropriative: con la conseguenza di far ricadere nel campo di applicazione dell'art. 42 terzo comma, rendendoli dunque indennizzabili dalla mano pubblica, tutti i provvedimenti di stampo particolare destinati a diminuire in modo rilevante una posizione proprietaria", quand'anche tali da non implicare la totale espropriazione del bene. Su quest'ultima linea si è schierata la giurisprudenza costituzionale. Più precisamente, le pronunce della corte sono tuttora costanti nel senso che occorra distinguere fra i limiti imposti a titolo individuale, che valgano a sottrarre il godimento di un bene determinato al suo titolare; e quelli che attengono in modo obiettivo, con riferimento alla generalità dei proprietari, al regime di intere categorie di beni. Nel primo caso l'indennizzo sarebbe costituzionalmente indispensabile. Nel secondo caso, invece, la necessità di risarcire i proprietari colpiti sarebbe esclusa a priori, appunto perché tutti riceverebbero il medesimo trattamento. Ma che cosa è l'indennizzo? L'indennità dovuta all'esproprio era necessariamente pari al "giusto prezzo che..avrebbe avuto l'immobile in una libera contrattazione di compravendita". Anche la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto che l'indennizzo "non significa in ogni caso integrale ristoro del sacrificio subito per effetto dell'espropriazione. Ma questo non toglie che il ristoro debba essere serio e non fissato in misura "meramente simbolica" o completamente scollegata dalle "caratteristiche del singolo bene da espropriare".


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