La libertà di riunione
Quanto al "diritto di riunirsi" ricorre nella dottrina e in
giurisprudenza costituzionale l'assunto che si tratti di una libertà
strumentale: nel senso che la situazione attiva così garantita sarebbe servente
rispetto ai più vari diritti individuali e collettivi. Ed è per questo motivo
che giova parlarne subito dopo aver preso in considerazione la libertà di
pensiero; anche se occorre avvertire che, nel caso delle riunioni, la relativa
libertà viene testualmente conferita dall'art. 17 ai soli cittadini e non a
tutti gli uomini. Perché si abbia riunione occorre comunque che più soggetti si
incontrino nel medesimo luogo in vista di uno scopo comune. Ma le riunioni
rimangono ben differenziate dalle associazioni. Al pari delle associazioni,
tuttavia, anche le riunioni sono penalmente illecite, se tale risulta
l'attività che per il loro tramite si svolge. La costituzione repubblicana
assimila luoghi privati e luoghi aperti al pubblico: per luoghi privati
intendendosi quelli disponibili per un uso privato da parte di determinati
soggetti; mentre aperti al pubblico sono i luoghi materialmente chiusi o
comunque separati dall'esterno, l'accesso nei quali sia libero, purché si
osservino certe condizioni. L'obbligo di un tempestivo preavviso è dunque
circoscritto, nell'ordinamento vigente, alle sole riunioni in luogo pubblico.
Soltanto sulla base di altre previsioni può accadere che l'obbligo del
preavviso venga meno: come nel caso delle riunioni elettorali. Per tutte le
riunioni resta fermo, però, l'imperativo che esse si svolgano pacificamente e
senz'armi. Non sono quindi vietata, o suscettibili di essere impedite, le sole
riunioni penalmente illecite, ma tutte quelle che concretamente mettano in
pericolo l'ordine pubblico materialmente inteso. Da ultimo va ricordato il problema
della sorte spettante alle riunioni in luogo pubblico per le quali difetti il
preavviso. La giurisprudenza costituzionale ha notevolmente oscillato sul
punto. In un primo tempo, il preavviso è stato ritenuto indispensabile. In un
secondo tempo, invece, la corte ha ritenuto che il preavviso rappresenti "un
onere", posto a carico dei soli promotori; mentre gli altri partecipanti alla
riunione non preavvisata eserciterebbero pur sempre "un diritto
costituzionalmente protetto".