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Nel giugno del 2001 il gruppo di pilotaggio regionale ha messo a punto una strategia di valutazione del progetto attraverso un'indagine qualitativa da realizzare nei vari istituti della regione:
-sulla percezione del fenomeno dell'immigrazione e dello "Sportello informativo" da parte degli operatori penitenziari e dei mediatori culturali;
-sulla conoscenza e sulla percezione dello "Sportello informativo" da parte dei detenuti stranieri ed italiani.
Lo strumento prescelto per la realizzazione della ricerca è stato quello dei questionari "anonimi": uno da somministrare ad una parte rilevante degli attori che operano negli istituti penitenziari (direttori, agenti di polizia penitenziaria, educatori, assistenti sociali, personale sanitario, mediatori, psicologi, criminologi), l'altro da somministrare ad un campione rappresentativo di detenuti. Data la complessità organizzativa dell'iniziativa si è stabilito di procedere alla realizzazione e alla distribuzione dei questionari in tempi diversi: nel 2002 quelli destinati agli operatori e nel 2003 quelli destinati ai detenuti. Il contenuto dei questionari è stato concordato dal "Gruppo di pilotaggio regionale" sulla base di una griglia di domande predisposta dal C.S.A.P.S.A., che ha provveduto, altresì, alla elaborazione delle risposte pervenute. I risultati della prima indagine sono stati diffusi dal C.S.A.P.S.A. nel settembre del 2002, mentre quelli della seconda indagine, avviata nella primavera del 2003, sono stati pubblicati soltanto nell'aprile del 2004.
Visto il carattere qualitativo - e non statistico - della ricerca si è concordato di somministrare i questionari al 10% circa degli organici regionali della polizia penitenziaria, scegliendo preferibilmente gli agenti e gli ispettori che lavorano all'interno delle sezioni ove sono ospitati i detenuti immigrati, senza trascurare qualche operatore degli "uffici matricola" . Quanto alle altre figure professionali, la somministrazione ha riguardato - nei limiti del possibile - tutti i funzionari e gli operatori in servizio: direttori d'Istituto, educatori, esperti ex art. 80 dell'ordinamento penitenziario, operatori dell'area sanitaria, operatori e mediatori degli sportelli e assistenti sociali dei C.S.S.A.. Tra il febbraio e il marzo del 2002 i questionari sono stati presentati, in ciascun carcere e nei centri di servizio sociale, dai referenti locali nel corso di incontri convocati su disposizione del P.R.A.P.; i questionari sono stati compilati dai destinatari a conclusione di tali riunioni, che si sono svolte in orario di servizio. Le presentazioni si sono rivelate un'importante occasione per informare un gran numero di operatori penitenziari circa l'esistenza e le funzioni degli 'Sportelli immigrati', spesso misconosciuti. La ricerca si è posta l'obiettivo di comprendere il punto di vista dei vari attori (operatori penitenziari, operatori degli enti locali che intervengono nella gestione degli sportelli e operatori del CSSA) rispetto al progetto regionale ed ai mutamenti intervenuti nelle realtà penitenziarie a seguito della repentina crescita del numero di stranieri in carcere. La scelta di un questionario a domande aperte è stata dettata dal carattere qualitativo della ricerca e dalla volontà di dare spazio alla libera espressione del punto di vista degli operatori. <<E' opportuno ricordare>> - ha sottolineato il consulente del C.S.A.P.S.A., Alain Goussot, in sede di presentazione dei questionari - <<che ogni spazio di relazioni, è uno spazio di relazioni tra soggetti e attori diversi con ruoli, funzioni e status diversi (.). Ogni attore ha un proprio habitus: un insieme di disposizioni socialmente interiorizzate cioè un insieme di abitudini mentali; una struttura mentale che riflette la struttura sociale interiorizzata. Per il carcere si potrebbe dire che la polizia penitenziaria, gli educatori, gli operatori sanitari, quelli degli enti locali e quelli dei C.S.S.A. hanno ciascuno un proprio habitus che veicola una propria rappresentazione delle cose e un proprio senso pratico. (.). Questo è vero per il carcere come per qualsiasi altro contesto formale o informale>>. La struttura del questionario è stata quindi progettata con l'obiettivo di favorire l'emersione dei differenti habitus caratteristici di ciascun ruolo professionale. Gli operatori sono stati invitati a compilare una prima parte comune ed una seconda parte differenziata per ciascuna figura professionale. In totale sono stati compilati 361 questionari, dei quali 274 negli istituti penitenziari e 87 nei C.S.S.A. regionali . Questo il prospetto dei questionari compilati in ciascun istituto penitenziario, con il dettaglio relativo alle singole figure professionali:
QUESTIONARI COMPILATI |
A |
B |
C |
D |
E |
F |
TOTALE |
Casa Circondariale di Bologna |
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Casa Circondariale di Ferrara |
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Casa Circondariale di Forlì |
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Casa Circondariale di Modena |
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Istituti Penitenziari di Parma |
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Casa Circondariale di Reggio Emilia |
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Casa Circondariale di Piacenza |
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Casa Circondariale di Ravenna |
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Casa Circondariale di Rimini |
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TOTALE |
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A=direttori e vicedirettori |
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B=educatori |
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C=poliziotti penitenziari |
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D=mediatori ed operatori dello Sportello |
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E= operatori sanitari |
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F=esperti ex art.80 |
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Riporto, qui di seguito, una rassegna delle risposte pervenute alle domande contenute nel questionario.
Parte comune a tutte le categorie professionali
ISTITUTI PENITENZIARI
Come vedo la presenza degli immigrati
ci sono e ce li dobbiamo tenere;
ricercare soluzioni nuove rispetto alle modalità operative;
si cerca di non fare differenza tra i detenuti di culture diverse;
aumentano;
per certi aspetti sono penalizzati rispetto agli italiani;
la presenza degli immigrati in carcere costituisce un grave problema;
non la vedo molto bene;
problematica per le differenze culturali;
un evidente problema;
se non ci fossero sarebbe sicuramente meglio perché creano problemi maggiori sia a livello di servizio interno che gestionale;
portano molti problemi;
un problema in forte espansione;
non bene;
ci vuole maggiore attenzione;
non positiva;
una nuova realtà;
sono troppi;
problematica, un fallimento;
ci sono problemi che non trovano risposte;
una realtà di fatto;
ci vogliono maggiori competenze tecniche, giuridiche e culturali;
una presenza che si vuole imporre con prepotenza agli immigrati;
il sovraffollamento in carcere crea un disagio che si riversa soprattutto sugli immigrati;
male, vanno rispediti nei loro paesi d'origine;
negativamente;
problematiche legate alla lingua e alla cultura;
difficoltà d'integrazione a causa della cultura, della religione e dei costumi;
diversi;
problemi comunicativi;
se non ci fossero sarebbe meglio;
non rispettano le regole;
rappresentano un pericolo per la sicurezza;
sono un problema per la società;
uno spreco di denaro pubblico;
presenza scomoda;
uno scandalo;
negativa, problematica, scandaloso;
sono poco tollerati dagli altri detenuti;
naturale in una società multirazziale;
difficoltà d'inserimento, per vivere commettono reati;
devono tornare nei loro paesi, soprattutto quando compiono reati gravi;
come la normale conseguenza del flusso migratorio diretto verso i Paesi Europei;
occorre creare dei filtri esterni;
il carcere non è in grado di gestire il problema;
un necessario adattamento che passa necessariamente attraverso situazioni conflittuali;
rappresentano un peso; se fossero meno numerosi ci sarebbe meno stress e meno fatica;
un disastro morale, fisico e politico;
gli immigrati hanno troppi favoritismi. Se noi andassimo nel loro paese non ci permetterebbero di seguire la nostra religione, la nostra cultura e le nostre abitudini;
la situazione carceraria rispecchia i cambiamenti intervenuti nella società;
gli stranieri hanno rovinato i carceri italiani;
i nostri sforzi sono vani perché gli stranieri vengono in Italia per delinquere;
occorre intervenire di più per garantire il rispetto dei diritti fondamentali;
i mutamenti intervenuti comportano la coesistenza in uno stesso spazio sociale di culture, valori e tradizioni diverse; questo cambia il contesto carcerario. Basta vedere il nuovo regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario che prevede la presenza del mediatore culturale;
crescita di operatori e detenuti;
non ce ne sono;
rivedere le normative e l'operatività;
si perché il carcere deve tenere in considerazione le persone che hanno problematiche diverse;
ci sono molti problemi per la lingua e la religione;
tutto quello che è nuovo apporta modifiche ed è nostro dovere prenderne atto gradualmente;
i problemi che hanno gli immigrati sono tanti ma DAP e Ministero sono latitanti;
modalità comunicative diverse;
di loro si sa poco o niente;
i detenuti immigrati non conoscono doveri e diritti;
molti immigrati non potendo accedere alle misure alternative rimangono sempre in carcere;
le celle sono piene;
i colloqui in ingresso sono più difficili;
bisogna ampliare le competenze degli operatori penitenziari;
il sovraffollamento crea disagio per tutti i detenuti e anche per chi ci lavora;
abbiamo paura del diverso e siamo preoccupati perché occorre un nuovo equilibrio;
il problema della comunicazione;
il fatto che gli immigrati detenuti non usufruiscono delle misure alternative, un altro problema è quello del gratuito patrocinio;
molti non riescono ad adeguarsi all'Occidente;
l'assenza di prospettiva in uscita;
maggiori problemi per chi viene dai paesi più poveri;
i più problematici sono i mussulmani;
tossicodipendenza e disturbi psichiatrici;
per molti immigrati clandestini il carcere alimenta il loro perdurare nei circuiti della microcriminalità;
l'assenza di dialogo;
la solitudine;
molti non accettano la carcerazione;
ci vuole più sostegno psicologico;
occorre più mediazione;
si investe troppo sui progetti all'interno e non abbastanza sul reinserimento in uscita;
aumento del numero di tossicodipendenti in carcere;
la terapia metadonica o la droga di Stato può essere nel carcere negativa poiché non aiuta ad eliminare una dipendenza tossicologica;
Quali sono i problemi e di bisogni dei detenuti immigrati?
molti non conoscono l'italiano; è difficile potersi spiegare e far capire le regole;
albanesi, tunisini e algerini sono più aggressivi;
le difficoltà legate al sostentamento in carcere;
la maggior parte degli immigrati è priva di riferimenti all'esterno;
molti chiedono di lavorare ma l'amministrazione non è in grado di soddisfare tutti e i posti disponibili sono limitati;
i problemi dei detenuti non dipendono dall'origine etnica ma dall'impossibilità di dare risposte adeguate ai loro bisogni;
lontananza dalla famiglia;
la possibilità di un lavoro in uscita o durante la permanenza in carcere;
la lingua, la religione e l'assenza di supporti esterni;
non cercano d'integrarsi alla cultura italiana;
la differenza culturale;
lo stato di clandestinità o d'irregolarità;
chi ha vissuto il mondo dell'alcoolismo e della droga;
contattare telefonicamente i familiari;
il problema principale è il loro modo di vivere, di pensare e soprattutto le loro usanze;
la pulizia della stanza e della persona;
l'autoisolamento;
sono violenti, non vogliono migliorare le loro conoscenze con lo studio, preferiscono oziare tutto il giorno;
albanesi e marocchini sono quelli che creano più problemi in carcere, ma non sono da meno neanche i turchi, algerini e tunisini;
il fatto di non avere un futuro, una speranza alla fine della carcerazione;
vengono fatte promesse ai detenuti immigrati che poi non sono mantenute; esempio: lavoro interno, telefonate;
non hanno contatti con le proprie famiglie;
la cultura, la lingua e il modo di vita;
non so spiegarlo bene perché non ho una grande cultura, diciamo che la maggior parte si sente vittima dello stato italiano perché straniero, nonostante abbia commesso un reato;
difficoltà di adeguarsi a qualsiasi regola;
ci sono tra loro, come tra i detenuti italiani, quelli più aggressivi e quelli più educati;
i problemi sono legati al loro modo di vivere e molti sono abituati a vivere in un contesto dove non vengono rispettate le leggi;
si tagliano spesso;
difficoltà di amalgamare culture diverse, vige un preventivo distacco;
gli immigrati che provengono dall'Africa (Tunisia, Marocco, Nigeria pretendono il massimo, sovente con arroganza ed aggressività; la maggior parte delle sanzioni disciplinari vengono applicate a tali soggetti; difficoltà d'integrarsi alle regole della civiltà europea;
il lavoro, la corrispondenza e le telefonate con i famigliari sono i loro maggior bisogni - anche il permesso di soggiorno;
deficit di affettività: lontananza dal paese di origine e dalla famiglia;
la condizione penitenziaria rende difficile i contatti con i familiari;
non c'è nessun rapporto tra i problemi che presentano i detenuti e le origini etniche;
mancanza di soldi e poche possibilità di telefonare ai familiari;
la paura perché non si sentono capiti;
poter praticare il proprio credo religioso;
alcoolismo e autolesionismo;
problemi di tossicodipendenza;
tunisini e albanesi hanno la cultura del chiedere e aspettare;
albanesi e marocchini hanno molte pretese;
albanesi e marocchini non si vogliono integrare;
i detenuti albanesi disprezzano le regole;
deficit di affettività: lontananza dal paese d'origine; le norme penitenziarie rendono difficili i contatti con i familiari;
i problemi che presentano i detenuti immigrati non sono legate alle origini etniche ma alla storia delle singole individualità;
mancanza di soldi, poche possibilità di telefonare ai familiari;
la paura perché non si sentono capiti;
poter praticare il proprio credo religioso;
non capiscono il contesto;
alcoolismo, autolesionismo;
grosse frustrazioni affettive;
problemi di tossicodipendenza;
tunisini e albanesi hanno la cultura del chiedere e aspettare;
detenuti che vengono dall'Africa creano più problemi;
la costrizione all'ozio, l'assenza di lavoro, è qualcosa di diseducativo che crea anche tensione;
chi è senza documenti ha paura dell'espulsione.
Serve intervenire a favore dei detenuti immigrati senza documenti?
no, li rimanderei nei loro paesi, in quanto l'Italia è piccola e di immigrati ce ne sono troppi, e purtroppo tanti di loro sono delinquenti;
per l'amministrazione penitenziaria l'intervento trattamentale è un obbligo: gli interventi in questi casi dovrebbero essere centrati sul recupero di sé e della propria dignità per recuperare il coraggio di affrontare il gruppo di appartenenza nel paese di origine;
si deve intervenire per tutti i detenuti;
non devono esserci differenze tra italiani e immigrati;
ogni individuo va valutato per la sua singolarità;
i detenuti immigrati vanno rimpatriati;
hanno diritto ad un intervento come tutti gli altri;
si devono rimandare da dove sono venuti prima di entrare in carcere;
ci vogliono leggi più severe così non entrano;
bisogna lavorare per un loro inserimento;
anche se pochi sono recuperabili;
non lo so;
importante fare un intervento di sostegno psicologico;
un intervento può servire così non tornano a delinquere una volta usciti;
occorre comunque garantire una carcerazione dignitosa;
il governo non deve fare sanatorie per chi è in carcere ma deve rimandarli nei loro paesi;
sì se accettano di essere identificati;
no perché c'è troppo assistenzialismo nei confronti degli immigrati;
Cosa fare per migliorare la situazione?
fornire all'ingresso opuscoli plurilingue;
ci vogliono in carcere operatori che sappiano più lingue;
potenziare lo sportello, investire nella formazione degli operatori, migliorare la comunicazione all'interno;
una presenza più assidua del mediatore culturale allo sportello;
migliorare le normative;
preparare professionalmente gli operatori penitenziari;
puntare sulla formazione della polizia penitenziaria;
creare delle sezioni speciali per gli immigrati e farli lavorare per aziende e ditte all'interno;
dare più opportunità di formazione professionale e lavoro in modo che quando sono rinviati nei loro paesi abbiano qualcosa di positivo in mano;
potenziare gli sportelli;
evitare che in Italia arrivino stranieri;
imparare a conoscere usanze e culture di questi detenuti;
fare capire ai detenuti immigrati che devono rispettare le regole;
non lo so;
ci vuole un occhio di riguardo per l'operatore di polizia;
non avere carceri sovraffollate;
rafforzare la presenza di tutti gli attori che possono occuparsi della condizione degli stranieri in carcere;
ci vogliono più mediatori culturali con più ore di presenza;
ci vogliono dei mediatori culturali formati meglio;
ci vuole maggior coordinamento e più circolarità negli interventi;
occorre umanizzare attraverso diversi interventi;
trovare delle modalità di identificazione dei detenuti stranieri;
corsi di lingua italiana;
possibilità di un lavoro retribuito;
ci vuole più collaborazione tra gli enti;
occorre migliorare le strutture edilizie degli Istituti;
occorre favorire una migliore comprensione del regolamento in ingresso;
ci vogliono più momenti di svago per abbassare la tensione;
occorre migliorare la comunicazione tra gli operatori;
collaborare senza sostituirsi all'altro, ognuno rispettando il proprio ruolo;
corsi di lingua araba per gli operatori;
gli operatori penitenziari devono imparare le lingue;
inserire degli agenti di polizia di origine straniera;
alleggerire il carico orario degli agenti di turno;
prevedere la formazione e l'aggiornamento degli operatori penitenziari;
incrementare il personale;
capire meglio le persone con chi si lavora;
sensibilizzare ed educare il personale penitenziario;
prevenire il carcere con una legge più efficiente per lottare contro l'immigrazione clandestina;
aumentare i controlli di polizia sul territorio;
C.S.S.A.
Come vedo gli immigrati in carcere?
un grave problema;
rispecchia quello che si sta verificando in ogni ambito sociale;
se hanno commesso reati sul territorio italiano è giusto che paghino secondo la legge italiana;
un problema per gli operatori che devono reperire risorse sul territorio;
un problema che si aggrava e che va affrontato con strumenti diversi;
un problema perché gli immigrati non comunitari hanno abitudini di vita diversi;
difficoltà legata alla diversità di lingua, cultura e abitudini;
difficile perché gli immigrati non sono accettati;
aumenta il disagio complessivo;
il loro numero in carcere aumenterà poiché ottengono con difficoltà i benefici di legge;
il fenomeno migratorio è un fenomeno irreversibile se c'è criminalità straniera c'è anche quella italiana;
il carcere diventa sempre di più una scarica sociale;
questo aumento può rappresentare una minaccia destabilizzante;
dovrebbero espiare la pena detentiva nel luogo di origine;
penso che vengono amplificati i problemi già esistenti;
presenza in aumento;
aumentano i problemi;
aumento dell'intolleranza e del razzismo.
Quali cambiamenti sono avvenuti?
occorre differenziare di più gli interventi;
porre attenzione agli aspetti linguistici,culturali e religiosi;
si assiste al ritorno a concezioni e prassi puramente custodialistiche;
le risorse non sono sufficienti per affrontare i problemi che sono tanti;
ci dobbiamo adattare a questo cambiamento;
occorre tener conto della diversità;
il fenomeno migratorio ha alterato alcuni equilibri, abitudini e norme di convivenza;
peggioramento sul piano igienico-sanitario;
stanno peggiorando le condizioni detentive;
aumenta la complessità;
difficile gestire tutte le procedure.
Quali sono i problemi e i bisogni dei detenuti immigrati?
difficoltà a comprendere l'aspetto giuridico e l'iter burocratico per ottenere un beneficio;
riferimenti esterni a lavoro;
la già difficile condizione dello 'straniero' viene aggravata dallo stato detentivo;
la difficoltà di comunicare e di attrezzarsi ad un sistema culturale diverso;
mancanza di mezzi di sussistenza;
difficoltà a comprendere le ritualità giuridiche e penitenziarie, accedere ad informazioni corrette e comprensibili, accedere ad una difesa legale accettabile, sapere cosa succederà dopo la carcerazione, mantenere contatti con i parenti.;
difficoltà comunicative;
difficoltà legate ad abitudini diverse ma anche alla lingua e alla religione;
nessun punto di riferimento all'esterno;
i problemi dei detenuti immigrati sono gli stessi dei detenuti italiani ma amplificati;
permesso di soggiorno, lavoro, alloggio, reinserimento;
l'alimentazione;
l'affettività;
la non conoscenza delle leggi italiane;
la mancanza di contatti con i familiari;
timore dell'espulsione;
ricerca di risorse e riferimenti esterni per usufruire delle misure alternative;
costruire una rete amicale e solidale all'esterno;
la paura e l'angoscia perché non hanno prospettive in uscita;
permesso di soggiorno;
problemi relazionali con gli altri detenuti;
chi si sente abbandonato perché straniero può creare più problemi;
hanno minore opportunità e sono meno garantiti.;
rafforzare il rapporto con la rete esterna;
contatti con le famiglie;
consulenze legali;
conoscono poco i loro diritti;
lingua;
comunicazione e dialogo con gli altri detenuti;
Serve intervenire a favore dei detenuti immigrati senza documenti?
si anche se la persona non potrà rimanere sul territorio nazionale;
occorre dare dignità al detenuto a prescindere delle sue future prospettive;
bisogna comunque fornire un sostegno;
dipende;
si, sia per motivi 'umanitari' sia per non creare situazioni 'rischiose';
va dato comunque dignità alla persona;
bisogna favorire comunicazione ed informazione;
tutti i detenuti hanno diritto al trattamento come stabilito dalla legge;
si perché potrebbe essere anche una occasione per regolarizzare una posizione irregolare;
si ma bisogna costruire un intervento che non crei false aspettative;
si perché può portare a cambiare gli strumenti normativi;
l'ascolto è comunque una risposta;
il mantenimento in carcere ha un costo (economico);
persone sprovviste di permesso di soggiorno scarcerate spesso non vengono espulse, vivono in situazione di clandestinità, è un problema complesso (.) va affrontato con senso di responsabilità;
costruire dei percorsi di accompagnamento positivo per il ritorno nel paese di origine;
si ma con un supporto particolare;
incrementare i momenti di ascolto;
sostegno durante la carcerazione.
Cosa fare per migliorare la situazione?
dare una possibilità lavorativa;
prevedere un trattamento più personalizzato;
incrementare gli interventi di mediazione all'interno;
formare e sensibilizzare il personale penitenziario;
favorire la comunicazione per diminuire la conflittualità;
favorire l'accesso alla formazione ed al lavoro favorire l'auto organizzazione dei detenuti;
aumentare il numero degli operatori dell'area educativa;
potenziare la presenza dei mediatori culturali;
fare maggiore attenzione per il 'diverso';
concedere di più le misure alternative;
offrire opportunità di lavoro;
moltiplicare le possibilità d'incontro con l'esterno ma anche tra detenuti;
applicare fino in fondo la legge di riforma 354/75 e i regolamenti di esecuzione;
comunicare di più tra servizi;
prevenire e quindi fare di più per l'integrazione sociale;
rendere più vivibile la detenzione;
potenziare la sportello e l'organico dell'area educativa;
lavorare di più in rete;
fornire maggiori informazioni ai detenuti;
favorire le azioni di mediazione con l'esterno;
coinvolgere di più la comunità esterna con la presenza di mediatori;
prevedere il coinvolgimento di equipe multi settoriali;
aprire di più il carcere all'esterno;
formazione e aggiornamento per gli operatori;
cosa significa operare per un reinserimento sociale per persone senza permesso di soggiorno?;
prevedere la presenza di mediatori;
collegarsi con dei centri d'ascolto e la formazione professionale.
Parte specifica per categoria professionale
Direttori penitenziari
Utilità dello sportello
utile per una intermediazione 'neutra' con i ristretti stranieri;
può essere uno strumento molto importante qualora più assiduamente presente e con gli operatori impegnati nelle diverse attività - compresa la traduzione in lingua.;
utile per dare risposte utili;
valido strumento per entrare in relazione con i bisogni dell'utenza extracomunitaria al fine di trovare soluzione e risposte;
consente di avere maggior ascolto delle problematiche dei detenuti;
utile vista l'attività di informazione e di sostegno che i mediatori hanno svolto senza peraltro creare nei detenuti false aspettative e raccordandosi con gli operatori penitenziari.
Lo sportello può diventare un servizio organico dell'Istituto
è auspicabile che lo sportello venga potenziato anche in termini di risorse da gestire, in modo da rappresentare un punto di riferimento, ma anche fucina di proposte per la realizzazione di un contesto penitenziario multiculturale e multietnico in cui la diversità non sia imposta, ma accettata senza paura;
penso di si, soprattutto se si arricchisce di nuovi contenuti pensati non solo genericamente per 'lo straniero' che ha problematiche legate agli affetti;
può essere uno strumento molto importante se viene potenziata la sua presenza;
non credo per le seguenti motivazioni: poiché non previsto dall'ordinamento penitenziario; poiché presuppone una implementazione con operatori non propriamente 'penitenziari'; ritengo che una volta che il personale di polizia penitenziaria complessivamente sensibilizzato in futuro possa supplire a detto sportello.
Educatori
Differenze tra detenuti immigrati e italiani nel trattamento
aumenta il tempo dedicato ai detenuti stranieri;
i detenuti italiani hanno prospettive, legami all'esterno, riferimenti abitativi, possibilità, legami all'esterno, riferimenti abitativi, possibilità lavorative gli stranieri contrario non hanno nessuna possibilità il carcere fa da contenimento;
il rapporto coi ristretti immigrati è più 'labile', perché più difficilmente finalizzato;
la differenza è evidente per le insicurezze rispetto alla futura permanenza in Italia;
le situazioni sono spesso più difficili poiché non possono accedere ai benefici;
la presenza dei detenuti immigrati esige di diversificare le tipologie d'intervento psicologico e il livello dell'osservazione;
la lingua e la diversità culturale cambiano il rapporto;
necessaria una più grande differenziazione dell'intervento sia in ingresso che durante il trattamento, i problemi di permesso di soggiorno, l'assenza di una rete di riferimento esterno e la difficoltà di conoscere la storia della persona immigrata;
il detenuto straniero spesso clandestino non è identificabile perché fornisce dati anagrafici falsi;
non si può fare finta che il problema della loro gestione non esista, soprattutto per quel che concerne la sicurezza e visto che difficilmente possono accedere ai benefici;
proprio per la presenza di stranieri clandestini sempre di più s'investe su progetti intramurari (tipo sportelli) piuttosto che di reinserimento sociale.;
tutto è concentrato negli interventi interni per mediare tensione tra i conflitti tra etnie diverse e ci sono scarse possibilità di progetti esterni;
aumento considerevole di funzioni che non riguardano l'osservazione e il trattamento ma interventi assistenziali e/o sostitutivi di altre figure (avvocato, assistente sociale);
fare i conti con modalità comunicative diverse;
occorre seguire con più cautela per comprendere;
è più difficile lavorare con persone senza prospettive;
necessario acquisire conoscenza nuove e competenze per intervenire.
I rapporti con gli agenti nella gestione trattamentale dei detenuti immigrati e il ruolo degli educatori
il ruolo dell'educatore nel trattamento è: osservazione sostegno e risposte possibili;
i rapporti con gli agenti è spesso difficile perché alcuni non hanno pazienza, autocontrollo , equilibrio. Trattano gli immigrati con aria di sufficienza. Altri invece segnalano i casi da seguire;
ci sono più rapporti con strutture esterne che si occupano degli immigrati;
i rapporti con gli agenti sono limitati;
i rapporti sono basati sullo scambio d'informazioni, l'accoglimento di eventuali segnalazioni tutto questo nell'ambito delle attività di osservazione e il trattamento dei detenuti;
sarebbe auspicabile una maggiore collaborazione;
si cerca di trovare insieme risposte ai problemi che si pongono;
ci sono educatori che nel rapporto con il detenuto immigrato privilegiano il rapporto individuale, altri che organizzano incontri collettivi e altri che demandano la gestione di certi casi allo sportello;
oggi l'agente osserva di più ed è più attento;
scambio d'informazioni sulle dinamiche interne alla sezione di appartenenza;
scambio d'informazioni molto frammentarie;
rapporti normali con gli agenti;
Rapporti con lo sportello
discutibile, non c'è stato ancora il salto di qualità necessario;
gli scambi sono frequenti ma non si può misurare facilmente l'efficacia dell'intervento;
la presenza dei mediatori è importante per i detenuti e per gli operatori trattamentali;
il carico di lavoro non facilita gli operatori dello sportello. Rimane molta insoddisfazione;
rapporti di collaborazione stretta ma gli interventi sono poco efficaci per mancanza di mezzi e strumenti;
rapporto stretto bisognerebbe potenziarlo;
è ricercata la collaborazione del mediatore culturale nell'intervento trattamentale;
si cerca la massima collaborazione:informazione ai detenuti, invio dei detenuti, discussione dei casi;
alcuni interventi hanno riscontri efficaci ma in diverse circostanze non si riescono a dare risposte;
lo Sportello si occupa dei detenuti stranieri che chiedono l'intervento del Servizio.;
sarebbe opportuno che lo sportello nella fase informativa intervenisse nei confronti di tutti i detenuti immigrati.;
i rapporti con lo sportello sono, per mancanza di tempo e risorse, discontinui e perciò non molto efficaci;
non sempre lo sportello riesce a dare risposte;
la mediazione è importante per rafforzare messaggi che devono essere inequivocabili sia riguardo alle norme interne che quelle riguardanti l'ordinamento penitenziario;
ci vorrebbe un rapporto più strutturato;
si dovrebbero migliorare i rapporti dello sportello con gli altri operatori;
va curato meglio l'aspetto informativo dello sportello (sia nei confronti dei detenuti che degli operatori);
Lavoro di rete e collegamenti interno - esterno
occorre collegare meglio l'attività interna a quella esterna;
l'intervento dall'esterno all'interno può creare opportunità per abbassare la tensione e le frustrazioni così non si tagliano e non fanno sommosse;
ci vuole più sostegno psicologico;
prevede corsi di formazione all'interno;
fare funzionare una rete interno-esterno non è cosa semplice visto la scarsità di risorse;
informare di più l'immigrato sui rischi che corre, sui suoi diritti e doveri quando esce.
Operatori e mediatori dello sportello
Riconoscimento del ruolo di mediatore
mi sento trattato come un volontario;
forse nell'ultimo periodo c'è un maggiore riconoscimento del nostro lavoro;
gli agenti non sono informati sul nostro ruolo;
il riconoscimento non è sempre chiaro;
mi sento riconosciuta all'interno della Casa Circondariale ma non in Questura;
ci sentiamo riconosciuti dagli operatori con i quali lavoriamo a stretto contatto;
la nostra professionalità è scarsamente riconosciuta dalla maggior parte dell'Amministrazione Penitenziaria;
non ci sentiamo riconosciuti non si sa cosa siamo;
il nostro ruolo è confuso
Rapporti con agenti ed educatori difficoltà e positività
dipende dalle persone nel caso degli agenti;
la difficoltà con gli educatori dipende dall'organizzazione degli orari non è sempre facile incontrarsi.;
con gli agenti ci sono buoni rapporti anche se spesso non capiscono il nostro ruolo.;
con gli educatori non c'è abbastanza lavoro d'équipe;
il rapporto con gli educatori è di scambio di informazioni;
le difficoltà di rapporti sono più dovuti alle lentezze burocratiche che non alle relazioni personali;
i rapporti con gli agenti sono importanti poiché hanno un rapporto costante con i detenuti;
con gli agenti le difficoltà ci sono quando ignorano tutto del nostro ruolo;
le difficoltà ci sono perché gli educatori hanno un grosso carico di lavoro;
buoni rapporti con gli agenti dell'area pedagogica rapporti inesistenti con il resto degli agenti;
molti agenti hanno soltanto una vaga idea del lavoro dello sportello;
da parte degli agenti non c'è abbastanza apertura mentale;
buoni rapporti con gli educatori anche se si potrebbe migliorare il coordinamento;
non ci vediamo abbastanza con gli educatori;
Bisogni dei detenuti immigrati e risposte dello sportello
documenti, permesso di soggiorno;
hanno bisogno di sentirsi ascoltati;
lo sportello può essere un luogo di ascolto;
disagio psichico e ansia di fronte alla prospettiva di espulsione;
facciamo quello che possiamo;
i detenuti immigrati vorrebbero usufruire delle misure alternative e dei benefici come gli italiani;
contatto con la famiglia nel paese di origine (telefonate);
non riusciamo sempre a rispondere ai bisogni;
contatto con gli avvocati;
scrivere un'istanza o una richiesta al Tribunale;
sostegno psicologico;
se si tratta di trasmettere informazioni;
no, se si considera la soddisfazione dei bisogni dei detenuti;
stato di indigenza;
difficoltà linguistiche e culturali;
necessità di lavorare;
riusciamo a dare poche risposte;
assistenza religiosa;
speranza e ansia di cambiare vita all'uscita;
Come migliorare la rete degli sportelli
sarebbe utile potersi scambiare le esperienze con altri sportelli;
ci vorrebbe più lavoro di équipe e più formazione per gli operatori;
ci vuole più collaborazione tra gli operatori;
occorre permettere lo scambio tra sportelli;
ci vogliono più scambi e confronti tra mediatori ed educatori;
rafforzare le ore di presenza allo sportello;
bisognerebbe avere un lavoro d'équipe più strutturato e lavorare sui singoli case senza pregiudizi;
manca un vero scambio tra gli sportelli;
moltiplicare gli scambi tra sportelli;
ci vuole più formazione comune per scambiare punti di vista e esperienze.
Operatori dell'area sanitaria
Le problematiche nel lavoro con i detenuti immigrati
problemi linguistici;
abitudini diverse;
problemi di comunicazione;
la diffidenza;
l'assenza di rete socio-familiare all'esterno;
malattie della pelle;
maggior frequenza di malattie endemiche;
creare un rapporto terapeutico di fiducia : spiegare i rischi sanitari;
interpretare la richiesta del detenuto immigrato;
abuso etilico;
atti di autolesionismo
Lo sportello ed il ruolo dei mediatori
non ne conosco l'esistenza;
nessun rapporto con lo sportello;
pochi rapporti;
la mediazione in questo ambito non è necessaria e rappresenta una spesa ulteriore;
nessun rapporto;
ci sono solo rapporti sporadici;
l'intervento del mediatore potrebbe essere utile se fatto seriamente e con competenze
Come migliorare la situazione
mediazione linguistica;
migliorare le condizioni igienico-sanitarie degli immigrati anche all'esterno;
dare più informazioni ai detenuti;
fornire un vestiario e dei prodotti igienici ai detenuti;
più serietà e competenze negli interventi di mediazione;
una formazione specifica sulla comunicazione interculturale;
pensare a degli incontri sulla prevenzione sanitaria con i detenuti immigrati;
una terapia psico-farmacologica più adeguata.
Polizia Penitenziaria
Conoscenza e rapporti con lo sportello: cosa ne pensa?
non so di cosa si tratta;
penso che siano dei volontari che prendono in considerazione i problemi degli extracomunitari.;
non credo molto nell'attività dello sportello;
interviene poco;
non è presente nella sezione femminile;
non ne conoscevo l'esistenza fino a 10 minuti prima della compilazione del presente;
la figura dell'operatore interculturale serve a dare risposte ai detenuti con particolari difficoltà;
non sono mai stato informato;
al momento della dimissione dall'Istituto dovrebbe curare il rientro nel paese di origine;
ci vuole una maggiore collaborazione e più contatti;
ci sono ragazzi di diverse nazionalità una volta ogni tanto vengono a fare dei colloqui con i detenuti extracomunitari;
serve ad aiutare i detenuti stranieri per i documenti;
è un mezzo di informazione e di orientamento;
l'unico filo conduttore con l'esterno;
non mi interessa;
così non va bene, potrebbe essere più presente nelle sezioni per calmare gli immigrati e dare una risposta alle loro domande;
non sapevo nulla dello sportello fino alla presentazione del questionario;
c'è scarsa informazione sullo sportello.
Rapporto con gli educatori
rapporto superficiale;
la figura dell'educatore è vana;
rapporto molto ristretto;
collaborativo;
spesso vi sono delle grosse divergenze;
non si fanno quasi mai vedere;
la sezione femminile è poco seguita;
improntato ad un reciproco rispetto istituzionale;
rapporti rari;
collaborazione reciproca;
buoni di stima;
mi sento escluso in quanto alle riunioni dell' equipe per valutare un extracomunitario non veniamo mai interpellati anche se siamo i primi diretti interessati al contatto col detenuto;
troppo distanti;
non siamo mai chiamati ad esprimere il nostro parere in merito al comportamento del detenuto;
Relazione tra detenuti italiani e stranieri
non facile, viste le differenze culturali e religiose;
ci vuole il mediatore culturale;
vengono divisi;
difficile;
ci vogliono più volontari;
forti tensioni soprattutto quando si creano dei gruppi separati;
i più grossi problemi ci sono con le detenute nigeriane;
non buoni;
gli assistenti sociali sono impreparati a risolvere i problemi danno anche dei suggerimenti sbagliati ai detenuti;
difficile convivenza in particolar modo nel condividere la stessa cella e le varie attività giornaliere;
occorre aumentare il numero degli educatori, operatori e volontari per migliorare la comunicazione;
non buona, la maggior parte di immigrati è legata ai problemi di spaccio di droga gli italiani a problemi di consumo. Spesso si creano problemi per queste vicende;
ci vogliono più assistenti sociali;
si crea separazione in quanto gli immigrati più delle volte vivono sulle spalle degli italiani;
ci vogliono dei ministri di culto (cappellano, imam);
rapporti regolari;
le relazioni sono difficilissime visto la ristrettezza dello spazio questo crea molti dissidi e risse;
la tendenza è quella del 'clan': con il tentativo di sopraffazione da parte degli italiani (napoletani, siciliani) nei confronti di albanesi o maghrebini e viceversa, a secondo del numero di appartenenti alle varie etnie;
mancano non solo figure di mediatori culturali ma anche una preparazione degli agenti per sapere come comunicare con i detenuti stranieri;
tensioni dovute al razzismo;
la separazione per gruppi etnici aumenta le tensioni.
Assistenti sociali dei C.S.S.A.
Rapporti con lo Sportello - utilità nel rapporto con l'esterno
nessun rapporto;
mancanza di informazione;
perplessità sull'efficacia dello sportello;
rapporto molto saltuario;
quasi inesistente;
saltuario mancano esperti e consulenti che garantiscano un minimo di presenza e di continuità;
non ha visibilità all'esterno;
dovrebbe essere un servizio di orientamento e informazione;
ho imparato a conoscere lo sportello con i seminari regionali;
preparare il detenuto durante la fase trattamentale per la fase in uscita;
nessun rapporto per avere informazioni mi rivolgo al Centro stranieri del Comune;
Come dovrebbe essere uno sportello proiettato verso l'esterno?
ubicazione non solo interna ma anche esterna;
maggior coordinamento e rapporto con il CSSA;
gli operatori dello sportello dovrebbero conoscere molto bene le risorse del territorio;
proiettato troppo all'esterno rischia di sovrapporsi ad altri Enti;
maggior collegamento con il CSSA e la questura;
figure professionali formate e preparate al lavoro di rete;
creare più momenti di scambio tra sportello e agenzie esterne;
il mediatore preparato dovrebbe essere presente nella fase di reinserimento;
strutturare dei momenti d'incontro per progettare il reinserimento;
Proposte
ci vuole maggiore chiarezza sugli obiettivi trattamentali con i detenuti immigrati;
rafforzare il collegamento esterno con dei mediatori all'uscita;
puntare sulla formazione degli operatori;
coinvolgere di più le Associazioni d'immigrati;
una formazione mirata conoscere meglio i mondi culturali di provenienza degli immigrati;
una formazione specifica sull'evoluzione del quadro normativo sull'immigrazione;
lavoro di rete e di gruppo;
formare i mediatori;
riconoscimento giuridico della figura del mediatore precisando ruolo e compiti;
formare i mediatori ad accompagnare il percorso di reinserimento;
In molte risposte viene evidenziato il carattere fortemente problematico della presenza degli immigrati in carcere e in Italia. Troviamo in modo ricorrente frasi come 'un grave problema', 'portano molti problemi', 'creano problemi', 'non positiva', 'male', "non rispettano le regole'. Questa percezione è fortemente presente nel corpo di polizia penitenziaria ma anche tra gli educatori penitenziari e gli operatori sanitari. La percezione problematica del fenomeno si traduce per lo più nell'espressione di un semplice disagio, di un sentimento d'impotenza, ma talvolta si esprime attraverso pesanti giudizi di valore sugli immigrati. Le cause della forte problematicità generata dalla presenza degli stranieri in carcere sono individuate, di massima:
nelle differenze culturali e religiose;
nel numero eccessivo (al quale viene imputato un sovraffollamento che produce disagio per tutti, operatori e detenuti);
nei problemi di comunicazione.
In diverse risposte si accenna all'incapacità dell'organizzazione penitenziaria di gestire il fenomeno. Molti operatori prendono atto della natura permanente del mutamento intervenuto ed evidenziano la necessità di sperimentare soluzioni nuove. La percezione più condivisa è che il carcere rispecchia in modo accentuato i cambiamenti intervenuti nella società. I giudizi sui detenuti di religione musulmana sono spesso negativi ('non si vogliono integrare', 'non riescono ad adeguarsi all'occidente', 'non accettano le regole'). La polizia penitenziaria sottolinea come sia difficile la convivenza tra persone di cultura e religione diversa in celle sovraffollate. Rispetto ai nodi problematici vengono segnalati la violenza, l'alcolismo, la tossicodipendenza e l'autolesionismo. La mappa delle percezioni tende a rimarcare le difficoltà di gestione del detenuto immigrato. Anche nelle risposte degli assistenti sociali dei C.S.S.A. troviamo un quadro concettuale simile, anche se l'accento viene posto piuttosto sul fatto che gli immigrati non ottengono l'accesso alle misure alternative e che il loro possibile reinserimento sociale è spesso impedito dalla normativa vigente . Tra gli assistenti sociali, proprio come tra i poliziotti penitenziari, è diffusa la convinzione che i detenuti stranieri dovrebbero espiare la pena detentiva nei loro paesi di origine. Alcuni operatori hanno paventato, altrimenti, il rischio di un aumento del razzismo all'interno degli istituti penitenziari. Quanto ai problemi dei detenuti stranieri, molti operatori riconoscono che la lontananza dalla famiglia e, in alcuni casi l'impossibilità di telefonare ai parenti, aumentano sensibilmente lo stato d'isolamento comunicativo del detenuto. Spesso non sono soddisfatti bisogni elementari come: lavorare, risolvere i problemi attinenti ai documenti, procurarsi i soldi necessari per comprare i generi di prima necessità. La paura per quello che succederà al momento dell'uscita dal carcere, in particolare il timore dell'espulsione coatta, provoca spesso uno stato depressivo, oppure aumenta l'aggressività del detenuto. Molti operatori fanno notare la difficoltà degli immigrati a comprendere l'aspetto giuridico, l'iter burocratico per ottenere i benefici della legge e per accedere ad una difesa legale accettabile. Secondo alcuni operatori penitenziari, in particolare tra quelli appartenenti alla polizia penitenziaria (ma la percezione è diffusa anche tra gli operatori sanitari), ci sono gruppi etnici stranieri (albanesi, marocchini, tunisini ed algerini) che manifestano un maggiore disagio rispetto agli altri perché 'abituati a vivere in un altro modo'. Per tale ragione non rispettano le regole e si dimostrano più aggressivi con il personale penitenziario. Quanto alle proposte migliorative, gli operatori della polizia penitenziaria chiedono di affrontare il problema del sovraffollamento delle celle, fonte di disagio e tensioni, ed un maggior riguardo per il lavoro che svolgono. Quasi tutte le categorie di lavoratori ritengono indispensabile un sostanzioso incremento del personale, anche per alleggerire i turni di lavoro. Molti operatori pongono l'accento sull'importanza della conoscenza delle lingue oppure sull'utilità di rafforzare la presenza dei mediatori linguistico-culturali. Qualcuno pensa che sia utile prevedere delle sezioni carcerarie riservate ai soli detenuti immigrati, oppure favorire il loro accesso al lavoro; questo può migliorare la qualità della comunicazione e abbassare la tensione. Gran parte degli operatori dei C.S.S.A. reputano indispensabile l'intervento anche nei confronti degli immigrati detenuti senza documenti, sia pure soltanto per ragioni umanitarie. Molti di loro si chiedono se non sarebbe più proficuo pensare a dei percorsi di accompagnamento per facilitarne il ritorno nel paese di origine. Non mancano, inoltre, le perplessità:
bisogna stare attenti a non creare false aspettative;
il mantenimento in carcere rappresenta un costo per una persona che non ha nessuna possibilità in Italia;
chi viene espulso è destinato a rimanere comunque in Italia come clandestino.
Quanto alla percezione dello Sportello informativo, i direttori sottolineano il ruolo positivo del mediatore nell'attività d'informazione e di sostegno dei detenuti; lo Sportello da questo punto di vista è considerato un utile servizio d'ascolto delle problematiche dei detenuti immigrati. In alcuni Istituti si lamenta la discontinuità del servizio, dovuta ai rinnovi contrattuali e al turn-over dei mediatori. Un direttore esplicita il suo parere favorevole alla trasformazione dello sportello in un servizio permanente dell'Istituto; gli altri si dicono favorevoli chiedendo tuttavia una maggiore presenza degli operatori e degli obiettivi più specifici. Il timore di molti direttori è che possano verificarsi delle sovrapposizioni di ruoli. Molti educatori pensano che lo Sportello possa svolgere una 'funzione ponte' tra l'interno e l'esterno attraverso un lavoro di orientamento. La presenza dei mediatori può rassicurare alcuni detenuti stranieri e produrre in questo modo un calo della tensione. Qualcuno chiede anche la presenza - nell'ambito dello Sportello - di un supporto psicologico per il detenuto straniero in difficoltà. Alcuni operatori e mediatori si sentono percepiti come volontari, anche perché molti agenti di polizia penitenziaria continuano ad ignorare l'esistenza e le funzioni svolte dallo Sportello . In genere i rapporti con gli educatori sono invece di collaborazione positiva; i problemi che esistono dipendono dall'organizzazione degli orari e quindi dalle difficoltà di incontrarsi. I mediatori rivendicano un riconoscimento giuridico del loro ruolo e ritengono che sarebbe utile potere avere degli scambi con gli operatori degli altri Sportelli regionali. Va comunque rilevato che gli agenti di polizia penitenziaria che hanno avuto occasione di conoscere lo Sportello esprimono un valutazione ampiamente positiva dell'intervento dei mediatori.
Rispetto al questionario destinato agli operatori, quello rivolto ai reclusi ha posto problemi di realizzazione completamente diversi. Il livello culturale dei detenuti, in particolare di quelli stranieri, è estremamente vario; il tasso di analfabetismo è considerevolmente superiore a quello che si registra sul territorio nazionale, e numerosissimi sono i dialetti e le lingue che risuonano negli istituti penitenziari. La soluzione adottata dal "Gruppo di pilotaggio regionale" per consentire al massimo numero di detenuti di compilare i questionari è stata quella di contenere il numero complessivo delle domande, facendo precedere quelle a risposta aperta da quelle a risposta multipla; utilizzare un linguaggio semplice e diretto nella formulazione; prevedere la traduzione dei questionari nelle sette lingue più conosciute dai ristretti (italiano, arabo, francese, albanese, serbo-croato, inglese e spagnolo); affiggere alcuni giorni prima della distribuzione all'interno delle sezioni di custodia una locandina di avviso tradotta nelle stesse sette lingue; affidare la somministrazione dei questionari ai mediatori culturali.
Gli obiettivi della rilevazione erano quelli di:
verificare i bisogni espressi dai detenuti, in particolare da quelli stranieri;
raccogliere il loro punto di vista sul servizio offerto dagli Sportelli;
informarli circa l'esistenza e le attività svolte dagli Sportelli;
verificarne la percezione in ordine al ruolo dei mediatori culturali.
Riporto, qui di seguito, la struttura del questionario:
DEFINITIVO: NON DEFINITIVO:
QUALE LINGUA PARLI ?
SAI DELL'ESISTENZA DELLO "SPORTELLO INFORMATIVO?
SE SI':
a. TI SEI MAI RIVOLTO ALLO SPORTELLO?
b. COME HAI AVUTO L'INFORMAZIONE?
c. E' STATO DIFFICILE ACCEDERE? PERCHE'?
d. QUALE AIUTO HAI CHIESTO
e. HAI AVUTO RISPOSTE SODDISFACENTI ALLE TUE DOMANDE?
LA PRESENZA DI UN MEDIATORE CULTURALE CHE PARLA LA TUA LINGUA TI SEMBRA UNA COSA UTILE?
HAI QUALCHE SUGGERIMENTO PER MIGLIORARE IL SERVIZIO DELLO SPORTELLO?
Complessivamente sono stati compilati 688 questionari: 20 da donne, 480 da detenuti "definitivi" e 102 da "non definitivi"
QUESTIONARI COMPILATI |
DA DETENUTI CHE HANNO DICHIARATO DI CONOSCERE LO SPORTELLO |
TOTALE |
Casa Circondariale di Bologna |
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Casa Circondariale di Ferrara |
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Casa Circondariale di Forlì |
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Casa Circondariale di Modena |
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Istituti Penitenziari di Parma |
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Casa Circondariale di Reggio Emilia |
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Casa Circondariale di Piacenza |
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Casa Circondariale di Ravenna |
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Casa Circondariale di Rimini |
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TOTALE |
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Il questionario ha palesato importanti limiti epistemologici come strumento di rilevazione dei bisogni, delle aspettative e delle percezioni dei detenuti, soprattutto in ragione della composizione estremamente eterogenenea del target di riferimento. Tuttavia è possibile trarre qualche interessante indicazione, non solo e non tanto dal contenuto delle risposte, quanto dalle modalità di somministrazione e di compilazione dei questionari. Ad esempio, nel caso di molti detenuti di etnia araba, l'uso del dialetto nelle risposte dimostra che il detenuto non è stato in grado di comprendere il significato delle domande ma ha comunque deciso di scrivere un messaggio a chiunque fosse in grado di comprenderlo (il che ha successivamente reso assai ardua la traduzione della risposta). Secondo Alain Goussot , <<c'è una "dissonanza cognitiva" tra le aspettative dei detenuti e la realtà dello Sportello. (.) Sicuramente al mediatore culturale viene riconosciuto un ruolo di "contenimento affettivo" (di accoglienza della sofferenza del detenuto) ma, in diverse situazioni, c'è anche la diffidenza (potrebbe essere una "spia")>>. Non tutti i mediatori hanno operato secondo canoni deontologici . A Parma sono stati distribuiti esclusivamente questionari in lingua italiana. Ad alcuni albanesi sono stati somministrati questionari in lingua serbo-croata. Dalle risposte risulta che i detenuti maghrebini di lingua araba hanno compilato quasi il 60% del totale dei questionari, rispetto al 15% degli albanesi (alcuni dei quali kossovari, macedoni e di etnia rom), al 15% dei serbo-croati (alcuni dei quali di etnia rom), al 10% degli altri gruppi linguistici (compreso l'italiano). Tra coloro che hanno dichiarato di conoscere lo Sportello (193 su 688, circa il 28% degli interpellati), affermano di averne avuto notizia da compagni di pena il 48,2%, dagli insegnanti il 16,6%, dalla polizia penitenziaria il 14,5%, dagli avvisi in bacheca l'11,9%, dagli educatori l'8,8%. Le risposte alle domande 3c) (sulle difficoltà di accesso allo Sportello) e 3e) (sulla soddisfazione rispetto alle risposte fornite dallo Sportello) sono state telegrafiche (sìno). Le problematiche più frequenti affrontate con gli operatori dello Sportello sono quelle relative al permesso di soggiorno, all'espulsione, alla possibilità di lavorare, alla opportunità di contattare le famiglie. In diversi questionari sono espresse critiche sulle competenze degli operatori e un certo pessimismo sulla effettiva utilità del servizio. Molti lamentano di non essere stati contattati nonostante ne avessero fatto richiesta. Le donne spiegano in modo più dettagliato quello che sentono e che vogliono: chiedono di potere uscire con dei permessi, di comunicare con la famiglia nel paese d'origine, di ricevere aiuti economici e lamentano una differenza di trattamento rispetto alle detenute italiane. Ciò che emerge da molti questionari è un insopportabile livello di sofferenza:
vi prego, rintracciate la mia famiglia!
qui si può impazzire!
VOGLIO INCONTRARVI!
perché non ci rimandate a casa?
voglio parlare con qualcuno dei miei problemi.
Quanto al ruolo del mediatore culturale, tra chi non conosce lo Sportello il mediatore viene visto soprattutto come interprete linguistico; tra chi invece ha avuto contatti con lo Sportello la rappresentazione del ruolo è più articolata:
parlando con la mediatrice avevo l'impressione che mi capisse. Mi ha aiutato a sfogarmi e tirarmi su il morale;
molti stranieri sospettano il mediatore di collaborare con la polizia
il mediatore deve farsi conoscere perché è un fantasma e non deve essere solo una fonte di promesse e bugie.
Quello che sembra sfuggire ai detenuti è lo status dei mediatori rispetto agli altri operatori penitenziari:
ci vorrebbero più volontari come loro!
Questi, infine, i suggerimenti più frequenti forniti in coda al questionario:
estendere l'orario dello Sportello e la presenza dei mediatori;
i mediatori devono essere presenti nelle sezioni;
lo Sportello deve fornire più assistenza concreta;
bisogna migliorare la circolazione dell'informazione nelle sezioni;
lo Sportello deve sostenere di più il detenuto nella sua richiesta di lavoro interno.
Molti detenuti rom di lingua serbo-croata chiedono di avere un mediatore di madrelingua.
L'obiettivo può dirsi raggiunto, dal momento che il questionario è stato compilato da 177 dei 2000 poliziotti penitenziari assegnati agli istituti penitenziari della regione (dato fornito dal P.R.A.P.-Emilia Romagna e riferito alla data del 30/01/2002).
Nei C.S.S.A. sono presenti esclusivamente assistenti sociali dipendenti dal Ministero della Giustizia. Gran parte della loro attività è incentrata sull'esecuzione delle misure alternative alla detenzione (c.d. area penale esterna). Al momento della compilazione dei questionari le sedi regionali dei C.S.S.A. erano ubicate a Bologna, Modena e Reggio Emilia.
I risultati della ricerca sono stati elaborati da un consulente del C.S.A.P.S.A., il dott. Alain Goussot, e "restituiti", a livello locale, nel corso di incontri organizzati - sul finire del 2002 - nelle stesse sedi ove erano stati presentati e somministrati i questionari. Per molte delle riflessioni che seguono sono quindi debitore del prof. Goussot.
Va ricordato il fatto che, al momento della compilazione dei questionari, la c.d. legge Bossi-Fini non era ancora entrata in vigore.
Il dato complessivo che emerge dalle risposte fornite dai poliziotti penitenziari è la non conoscenza dell'esistenza dello Sportello: l'ottantacinque per cento di essi dichiara avere sentito parlare dello Sportello per la prima volta il giorno della presentazione del questionario.
Ben 106 detenuti non hanno indicato la loro posizione giuridica. Per "definitivo" si intende il detenuto che sta scontando la pena dell'arresto o della reclusione a titolo di esecuzione di una sentenza passata in giudicato.
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