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Intervista: giuliano




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Intervista: Giuliano


Siena, 19 settembre 1998





Questo incontro non è avvenuto a San Gimignano, ma nell'ospedale di Poggibonsi dove il detenuto intervistato era ricoverato per un'operazione al fegato. Anche per questo è stato molto semplice farmi rilasciare questa intervista poiché non ho dovuto richiedere alcuna autorizzazione.

Ore 9:30

Giuliano è già da tempo a conoscenza di questo progetto e ha chiesto lui stesso di potermi aiutare. Gli spiego che il tenore della conversazione dovrà essere semplice e spontaneo, come le altre volte che ci siamo visti, con l'unica differenza del registratore. Capisce, ma inizia un poco impacciato, presentandosi

- Mi chiamo Giuliano X. Sono in carcere dal 1990 per motivi di droga. Naturalmente nella droga sono stato coinvolto da amicizie, chiamiamole sbagliate, perché non possono dirsi amicizie giuste. Amicizie che naturalmente con il passare degli anni mi sono accorto che non facevano per me. E la mia ricerca è di trovarne di nuove, che possano aiutarmi ad eliminare quelle idee criminali, anche se io questo aspetto proprio non lo vedevovedevo più che altro che stavo dando una mano ad una persona che ritenevo amica. Sennonché dopo il giudizio di primo grado ho avuto dei momenti di autolesionismo, capitano a tuttiavrei voluto togliermi la vita pur di non continuare a dare un dispiacere, a vedere sulle pagine dei giornali il mio nome, che è anche il nome della famiglia, quindi a mettere la vergogna in faccia ai genitori, ai fratelli, e a tutti i parenti che hai intorno. Questi momenti qui sono riuscito a superarli anche se non pensavo di dover sopportare una pena così lunga.

- Mi vuoi parlare della tua storia, della  condanna, cosa è successo, sempre se vuoi

- La condanna in un primo momento era superare i tredici anni, per detenzione e poi delle persone hanno detto: mi ha dato quella cosa e quindi dopo anche per spaccio. Per lo spaccio era imputata un'altra persona e quindi ci sono entrato anch'io, tutte le accuse erano per lui, per il mio coimputato e poi lui ha affermato che tutte quelle cose l'avevo fatte anch'io, come si dice, concorso di persone ..

- Sì, concorso di persone nel reato..

- Esatto, concorso di persone nel reato, art. 73 e 110, sì 73 e 110 eil mio coimputato facendosi riconoscere tossicodipendente è riuscito ad uscire dall'ambiente carcerario, e io sono rimasto dentro e mi sconto tutta la penama io non sono arrabbiato perché è uscito, anzi mi fa piacere. Mi avrebbe fatto anche più piacere se si fosse messo con la testa a posto, ma dalle informazioni che ho avuto dalla famiglia è sempre in giro con la droga.

Mi alzo un momento per chiudere la porta della saletta, c'è un po' troppo rumore nel corridoio. Ricominciamo subito.

- Stavo dicendo che il primo impatto, la prima condanna, mi dava una triste speranza per il futuro. Non potevo vedere la mia vita interrotta in quel modo.

- Avevi ?

- Quarant'anni. Adesso ne ho quarantotto, quarantanove, quasi, a dicembre e mi sentivo come se mi fermassero tutto quello che di buono avevo fatto nella mia vita e mi mettessero un bollo che non pensavo di meritare, diciamo la verità. Infatti davano ragione ai giudici e dando ragione ai giudici mi hanno bollato e questo mi rimane, marchiato nella pelle per tutta la vita.

- Non credi che sia giusto scontare la pena?

- Io credo che sia giusto scontare la pena fino al punto che una persona si renda conto di non dover più fare quello che.. a volte le pene a lungo andare succede che se troppo lunghe e non fatte nel modo giusto, possono rovinare la persona. Tanti altri che hanno avuto la mia stessa pena li trovi con l'idea di voler fare altri reati per vendicarsi della condanna subita. Quindi ecco che c'è un passaggio nella mente di questi uomini qua, non intelligente, non lo giudico tale, di vendetta, di voler continuare a delinquere, di organizzarsi ancora meglio, cosa molto facile all'interno degli istituti dato il livello di risocializzazione attuale, perché il detenuto viene lasciato allo sbando cioènon è attuato quello che abbiamo descritto sui codici. Il reinserimento e la rieducazione deve essere una cosa fatta individualmente, per ogni persona, e non abbiamo un personale che possa fare questo. Non avendo un personale che possa fare un trattamento individuale realmente come previsto dalla legge Gozzini e dalla 354, dal nuovo Ordinamento penitenziario del 1975, e poi quello nato dell'86

- Non sono sufficienti secondo te?

- Non sono sufficienti perché hanno fatto le leggi ma non hanno messo il personale idoneo per portare avanti quello che realmente prevedevano queste leggi qua. Allora cosa succede? Vediamo ad esempio un ragazzo che entra in carcere, ecco la cosa che più mi dispiace, un giovane che entra in carcere per la prima volta e si trova in mezzo a dei lupi, chiamiamoli lupi, famelici perché se lo sbranano. Se lo sbranano perché riescono ad insegnargli a come fare degli altri reati per vendicarsi della collettività che li ha portati in carcere. Questo non è bello, no? Tenendo gli Istituti di pena in questo modo riusciamo ad aumentare ed a incrementare la criminalità.

- Se queste cose le sai tu le sapranno tutti

- Lo sanno, ma nessuno parla, tutti stanno zitti, tutto tace, perché l'unica cosa che è interessata alla collettività è stata quella sentenza, quella sentenza che ha mandato in carcere quell'individuo che è pur sempre un essere umano.

- Secondo te c'è un atteggiamento di disinteresse nei vostri confronti, quindi.

- Sì, disinteresse.. La vita di una persona dovrebbe essere nel senso di collaborazione di altruismo, in modo che la società possa progredire, non regredire. Qui sta andando veramente che il progresso crea del regresso,  perché se una volta avevamo dei carceri disumani, nonostante oggi li abbiano abbelliti, abbiano messo dei fronzoli ..

- Non è proporzionale al livello di civiltà che dovremmo aver raggiunto.

- Abbiamo dimenticato quello che la nostra Giulia Colbert, se la vogliamo ricordare, quella che ha cominciato il reinserimento nei carceri nel lontano 1823, aveva in mente qualcos'altro, qualcosa di diverso. E' stata grande la Colbert, marchesa di Barolo, sono stati grandi anche quelli che hanno continuato la sua opera, si sono fatti veramente dei passi da gigante, ma mentre facevamo questi passi ci hanno fatto degli sgambetti, come ad esempio, non possiamo attuare un progetto perché manca il personale.

- L'altra volta abbiamo parlato della mancanza di informazione che c'è sul carcere. Lo sai che il nostro Ministro di Grazia e Giustizia, Flick, all'inizio del suo mandato ha visitato per la prima volta un carcere nonostante non sia, come lui stesso ha detto, una persona estranea a questi problemi. Raccontava che la prima volta che si è presentato in una casa di detenzione ha suonato il campanello dicendo:- Sono il Ministro di Grazia e Giustizia - e ci è mancato poco che la guardia gli rispondesse ,sue testuali parole: - E io sono Napoleone !-

- Il problema infatti è questo : se non conosci una cosa come fai a preoccupartene ? Non è possibile se non sai che esiste un problema.

Sono tre giorni che i giornalisti riportano sempre lo stesso articolo : gli agenti penitenziari si lamentano della mancanza di personale .Noi a San Gimignano abbiamo 130 agenti addetti alla sorveglianza interna e 18 per gli accompagnamenti esterni . Su 300 detenuti sono un po' pochini mi sembra .Ma a parte gli agenti di custodia ragioniamo su cosa vuol dire avere solo 3 educatori , 1 psicologa e 2 assistenti sociali part-time ,cioè a chiamata , che possono venire solo se chiamati dagli educatori in quanto non sono persone fisse nell'istituto . Se su 300 detenuti possiamo pretendere che loro facciano il loro lavoro in totum no , non è possibile. Per essere presente l'educatore durante le ore di aria del detenuto ,durante le ore di lavoro o quando fa la socialità ,che sono momenti molto importanti nella vita del detenuto e quindi nelle problematiche che si possono creare ,non c'è possibilità di intervenire neanche in un lasso di tempo ristretto ,non è possibile. Questi problemi si riversano poi sulle persone che vivono a stretto contatto con i detenuti cioè gli agenti penitenziari, ed ecco i problemi di cui si sente parlare della carenza di personale ,creata anche dal passaggio dall'arma dei Carabinieri ,compiti che spettavano a loro circa le traduzioni i controlli sia per motivi ospedalieri sia per altri vengono espletati dallo stesso numero degli agenti che avevamo prima con un crescente aumento del numero della popolazione detenuta. Arriveremo al punto di avere 1000 detenuti con 10 agenti !

- Non esageriamo ora!

- No, ovviamente è un paradosso . Quello che viene colpito maggiormente è il reinserimento e la rieducazione perché non ci sono energie da spendere per questo .

- Vorrei sapere, quindi, le persone con cui avete i maggiori contatti esterni sono gli agenti. Giusto ?

- Sì giusto.

- Tu parlavi dei problemi riguardo al numero , di 130 agenti per 300..?

- 300 detenuti , cioè : 250 di media sorveglianza e 50 circa di alta sorveglianza , che significa alta pericolosità.

- Ecco. L'insufficienza riguarda il programma di prevenzione. Ma il nuovo ordinamento penitenziario prevede che partecipino anche al programma di rieducazione e questa è la mia domanda : che preparazione hanno gli agenti per seguire ed attuare il programma ?

- Loro fanno una scuola a Cairo Monte Notte che è a carattere di vigilanza e di prevenzione non è a carattere di risocializzazione e di reinserimentonon mancano tra di loro persone con un'alta carica di umanità ,ma queste caratteristiche non gliele insegnano certo in questa scuola , è una dote loro personale . Invece alla scuola dovrebbero insegnargliele queste cose per decidere se sono persone che possono fare questo lavoro oppure no.

- Non pensi che il loro compito sia diverso e che non si può pretendere dall'agente che all'occasione sia psichiatra educatore parroco e poi faccia il suo lavoro ?

- L'agente al massimo può prendere la cartella del detenuto per vedere il grado di pericolosità , ma non potrà mai mettersi di mezzo nelle problematiche del detenuto. Per questo ci dovrebbe essere l'educatore ,che non c'è. E' molto importante il volontariato ,ad esempio, perché rappresenta la collettività che non ha chiuso le porte in faccia . Rappresenta una fiducia nel domani oltre all'ostilità che sentiamo e che sento anche io sulla mia pelle :sono tre anni che cerco un posto di lavoro

- Il detenuto si sente abbandonato ,quindi.

- Si sente abbandonato a se stesso e non solo , si sente in diritto ,di vendicarsi un domani della sana società ,questo è il brutto ! Questa è la realtà degli Istituti attuali, invece di diventare degli Istituti di rieducazione sono delle fucine delinquenziali dove l'un l'altro si possono erudire su come fare meglio i reati commessi cercando di eludere la giustizia.-

- Secondo te , tra queste persone che hanno elaborato un sentimento di vendetta ce ne sono alcune che se venissero prese in tempo , che ce ne è a sufficienza di tempo , potrebbero cambiare ,capire , o anche solo ,per fare un ragionamento calcolatore e non sentimentale , divenire utili e non dannosi ?

- Non è calcolatore il ragionamento , è giusto. Queste persone ,non tutte ,ovvio , potrebbero essere indirizzate verso un tipo di vita che possa valorizzare la loro presenza sulla terra perché anche noi siamo esseri umani , non animali. Non aspettiamo altro che un po' di speranza, un po' di collaborazione , abbiamo figli e dobbiamo lasciargli qualcosa anche noi. Basterebbe fare quello che c'è scritto sui codici ,nella legge ,altrimenti perde significato anche solo parlare di risocializzazione , diventa una parola vuota, virtuale , una burla . Noi continueremo a battere su questo chiodo ,ma non vuole penetrare questo chiodo ,forse siamo noi , o la collettività che non ha interesse ,forse è una questione di costo dell'amministrazione penitenziaria o del Ministero di Grazia e Giustizia . Insomma c'è un motivo che non vedo , dico , perché non vogliono che queste persone si reinseriscano ,forse fa comodo al Governo che esista un buco nero una spesa in più.

- Il problema della rieducazione quindi è presente .Abbiamo parlato solo di psicanalisti o sociologi o assistenti sociali . Parliamo anche della cultura in carcere : ho visto che ci sono dei corsi di scuola elementare e medie inferiori a San Gimignano. So che tu in otto anni non hai fatto altro che studiare

- Ma questo mi fa piacere ,perché ero e sono un'ignorante. E tanto più studio e mi erudisco so di essere sempre più un'ignorante ,altrimenti non avrei bisogno di studiare..

- Non è vero questo Tu hai studiato molti testi di giurisprudenza ,mi hai raccontato l'altra volta..

- No, non solo, anche Economia e commercio , nell'alimentazione, merceologia, geologia ,le ere geologichemi piace sapere un po' di tutto. In tutti i campi, anche la filosofia mi interessa molto..

- Da chi sei stato aiutato all'interno del carcere a perseguire questi interessi : dagli operatori carcerari o esterni ?

- No ,mi sono trovato a fare amicizia con delle persone dell'esterno che mi hanno aiutato.

- Va bene , ma se tu avessi chiesto a degli operatori penitenziari di procurarti che so, anche solo la Bibbia o un romanzo o un testo di diritto ti avrebbero aiutato ,no?

- Sì ,mi avrebbero detto : vai in biblioteca , quello che c'è puoi trovare.

- E cosa c'è in biblioteca?

- Una povertà incredibile . Da questo si vede che la risocializzazione e la rieducazione nella pratica non sono neanche a livello di programma.

- Tu , Giuliano , sei un caso particolare comunque. Mi hai raccontato l'altra volta che hai fatto ottenere ai tuoi compagni di detenzione cento..

- Trecentoquindici anni di sconto di pena. Ma solo a quelli che se lo meritavano. Poi non avevo niente da fare , sapevo come si poteva fare e l'ho fatto. Sono sempre stato altruista e non egoista. Ho sempre pensato che nel mio prossimo c'è sempre qualcuno che ha più bisogno di me nonostante io sia in carcere.

- Questi stimoli li hai avuti da qualcuno in carcere , voglio dire aiutare i tuoi amici o studiare?

- Li ho avuti da esterni come padre Ottavio o Agnese Garibaldi , che mi hanno aiutato ad aiutare i miei compagni . Oppure quando ero al carcere di Salluzzo c'era il cappellano e il comandante. Aiuto solo persone che meritano non quelli che sono dei delinquenti , aiuto la bontà d'animo, non quelli che vogliono uscire per commettere nuovi reati o per ottenere permessi premio , no questi sono opportunisti e non li aiuto ,il mio tipo di opportunismo è diverso. Aiuto chi sono sicuro che vuole cambiare , che ha un giacimento di cose buone da tirare fuori. Gli altri hanno solo cose cattive , progettano una vendetta , non li voglio. Non li posso aiutare , oltretutto se li aiutassi nella loro vendetta ,divento delinquente di nuovo.

Mi vuole raccontare del suo incontro con padre Sasso ,priore di San Domenico, che per lui è stato determinante per sopravvivere alla vita carceraria. Padre Sasso lo ha aiutato negli otto anni in tutto : dal sostegno spirituale alla fornitura di testi ,di giurisprudenza , economia, e soprattutto filosofia , perché Giuliano in quel periodo era interessato a Platone , Socrate, l'arte della levatrice e non sarebbe mai riuscito a reperirli senza il suo aiuto. Ora è partito per una missione di tre anni in Guatemala. Coglie l'occasione per parlare del terzo mondo.

- Quella gente - continua - nonostante tutto è più ricca di noi. Ha un bagaglio di valori che noi abbiamo perduto . In Italia abbiamo avuto i più grandi geni del mondo ,eravamo al tempo dei Romani all'apice dell'attenzione mondiale , siamo stati la culla del sapere ma non siamo riusciti ad ereditare molto .Prima le leggi portavano il progresso ,ora non siamo all'altezza di questo compito perché non le sappiamo attuare o non vogliamo forse. Stiamo diventando cattivi con noi stessi .Vogliamo fare il paese erudito e poi abbiamo di fianco un paese come la Francia dove una legge come quella Gozzini c'è già da trenta anni. E noi quando è uscita l'abbiamo pure criticata, cioè il 10 ottobre 1986. In Francia ci sono 40000 detenuti e 9000 assistenti sociali , noi ne avevamo 800 , ora sono aumentati a 1500 unità , ma sono sempre pochi. Abbiamo si 50000 detenuti scritti sulla carta , ma abbiamo anche 70000 persone che entrano e escono annualmente e altre 30000 persone in pena alternativa .Quindi siamo 150000 , siamo un alto numero di delinquenti o meglio di persone che debbono essere reinserite .Come fanno 1500 assistenti ,chiedo scusa al signor ministro se ha fatto dei calcoli sbagliati , perché sono sbagliati , chiedo scusa al direttore delle carceri italiane , il dottor Margara che tanto si dà da fare con noi, chiedo scusa all'onorevole Senesi , il vicepresidente della commissione giustizia e anche il criminologo che è stato al convegno al carcere di San Gimignano il 2 febbraio e si parlò sempre di 50000 detenuti . Quando gli ho presentato i 150000 mi disse : Guardi che si sbaglia di 100000- e io : No , forse lei si sbaglia ,perché non contate le altre persone , che pure sono persone che devono essere reinserite ,perché queste sono persone che entrano ed escono dal carcere e alla fine verranno condannate per reati sempre maggiori ,perché  nessuno si è preoccupato di rieducarli e reinserirli prima. Noi in casa nostra non sappiamo fare i conti . Siamo ridicoli . Scusami , è stato un piccolo sfogo. Forse sto entrando troppo nel vivo e queste sono questioni che potrebbero fare del male a qualcuno . Ma ti assicuro che sono cose che ho detto alle persone che ti ho nominato , e penso di essere stato ascoltato sul momento e poi dopo dimenticato , perché tante volte le parole che fanno più male sono quelle che vanno cestinate per prime.

Allora, ritorniamo a Padre Sasso e all'aiuto che mi ha dato. Quando ho parlato con lui al convento di S.Domenico, abbiamo messo su un programma di riaprire i seminari culturali in carcere.

- Perché riaprire?

- Perché avevano già tentato ma avevano fatto un buco nell'acqua. Perché anche il Direttore non è per queste cose qua.

- Perché il vostro Direttore a cosa è interessato?

- Il nostro Direttore è per: lasciamo le cose come stanno, che stanno bene così. Per lui il carcere va bene così, è per non cambiare niente.

- So che D'Onofrio è un buon direttore , comunque

- E' un buon direttore ma non si vuol modernizzare, non vuol seguire i tempi, i tempi sono in evoluzione.

- Ma non credo sia per disinteresse.

- Sa benissimo che se vuole far qualcosa deve avere più personale. Il personale non glielo passano. Io non dico che il punto negativo sia lui; io dico che il punto negativo sia alla radice, direttamente dal Ministero di Grazia e Giustizia che deve farsi onere di ottemperare quello che è scritto in tutti i testi di legge che prevedono il reinserimento e la risocializzazione, perché se lasciamo queste parole solo virtuali, sforneremo dei delinquenti maggiori di quelli che erano entrati nel carcere. Perché queste sono diventate scuole di delinquenza, non istituti di risocializzazione. In dieci mesi, in un anno, in dieci anni non si riesce a fare niente, a risocializzare la persona, perché non si vuole. Non c'è modo di portare avanti questa politica da parte del nostro Stato, perché non c'è interesse, perché forse gli fa comodo quel buco nero, quella spesa a perdere che sono i carcerati e tutto il mondo che gli gira intorno.

In questo momento lo Stato ha creato due figli: un figlio legittimo che è il processo penale, un figlio illegittimo che è il carcere. Perché il processo penale è il momento eclatante, la condanna di uno che ha sbagliato e ha contravvenuto alla legge dello Stato, si accendono i riflettori sopra il reo. Tutti: tu hai sbagliato, tu devi essere condannato, tu hai fatto questo. Alla fine il giudice, con la sua conoscenza, si alza in piedi e pronuncia la sua condanna, e in questa sentenza pronuncia una frase: in nome del popolo Italiano, quindi vuol dire in nome della società della quale facciamo parte, ti condanno alla pena di Da quel momento si spengono i riflettori.

- Perché si spengono, secondo te?

- Si spengono perché il popolo è soddisfatto, ha avuto quel che voleva, la condanna del reo. La sentenza diventa una vendetta dello Stato nei confronti del reo. A questo punto entra in scena il figlio illegittimo: il carcere, quello di cui il popolo si vergogna un po'. Sembra non importi niente a nessuno cosa succede dopo. Alcune persone si rendono conto, come i volontari per esempio, si sensibilizzano e dicono: ma perché dobbiamo avere sempre dei delinquenti. Guardiamo se questi delinquenti sono esseri umani e possono diventare il mio futuro vicino di casa. Se nessuno ci crede al reinserimento del reo, nessuno è interessato, facciamo meno gli ipocriti e ripristiniamo direttamente la pena di morte anche in Italia, perché questa è una vendetta. L'ipocrisia di chi dice di voler fare una cosa e poi non la fa, diventa solo uno strumento politico, un modo per ottenere più voti. E a me questo dispiace molto. Parlano di risocializzazione, di reinserimento e poi non fanno nulla: solo per pavoneggiarsi. Sonno alla stregua dei pagliacci, dei clown che vedi al circo. Vuoi che questo detenuto quando esce fuori non faccia più del male o che sia peggiore di prima?

- Sarebbe dunque sufficiente fare un discorso solo utilitaristico se non siamo capaci di essere solidali.

- Certo sarebbe sufficiente pensare solo all'utilità.

- Ma allora perché secondo te l'opinione pubblica si scalda tanto per gli italiani condannati all'estero per ottenerne l'estradizione? Perché conduciamo queste crociate in questi casi e poi non ci interessiamo a casa nostra?

- Perché non vogliamo che un nostro concittadino venga bastonato all'estero, vogliamo bastonarlo noi.

- Proviamo invece a fare un'ipotesi più ottimistica della questione: potrebbe essere la causa di questo disinteresse la mancanza d'informazione che c'è sulla vita del detenuto in Italia. Abbiamo detto che dopo la sentenza si spengono i riflettori sul reo se questi riflettori si riaccendessero come succede per eventi di interesse internazionale, l'opinione pubblica si dovrebbe esprimere, dovrebbe dare un giudizio. Non credi che se costringessero la società a riflettere su certi problemi, qualcosa potrebbe cambiare

- Certo, ci sarebbe una maggiore sensibilizzazione dell'opinione pubblica ma non credere che questo servirebbe a molto. Detto da me non è bello però bisogna considerare che non tutti i detenuti si reinseriscono, soltanto il 35- 40 per cento di loro si reinseriscono, che è un numero già abbastanza alto. Il resto, il 60% circa hanno un carattere delinquenziale che non si può estirpare, perché hanno speso la maggior parte della loro vita, specialmente i detenuti di 40-50 anni, ha ormai speso circa 20-25 anni in carcere. Queste persone ormai non le salvi più perché ormai ce l'hanno nel sangue, gli scorre nelle vene. Quando va in carcere uno di loro va a fare scuola, viene ad informarsi come fare il prossimo reato quando esce e basta. A parte queste persone è vero che le restanti 34-40% potrebbero essere salvate da una maggiore informazione che significherebbe interessamento ed istituzionalizzazione del reinserimento. Per loro in effetti sarebbe come vedere un'altra luce, un'altra strada. Non le porte chiuse, una possibilità di riscatto, una speranza che ora non hanno. Riscatto, riscatto: sembra una parola tanto banale ma invece è una parola grandissima per noi. Non gliela far sentire e basta, fagli capire che non è utopia, ma lo è. Sono sempre quelle mascherate speranze, quei sogni fatti di illusioni che non si realizzano mai!


Ci interrompe una guardia per chiamarlo al telefono. Al suo ritorno gli propongo di cambiare argomento e di parlare un po' di lui. Accetta volentieri e comincia.

- La mia famiglia era composta da papà, mamma e tre fratelli. Io ho cominciato a navigare all'età di 14 anni. Ho fatto la scuola alberghiera ad Anzio, quando ho preso il diploma ho fatto firmare la pagella a papà e con quella la richiesta del libretto di navigazione e così sono partito. Durante i viaggi ho conosciuto una ragazza di Lisbona, Teresa, con cui ho avuto una breve storia d'amore. E' voluta venire con me in Italia per veder il paese, e una volta qua ha conosciuto un mio amico con cui si è sposata ed ha avuto un bambino. Ho scoperto solo più tardi che questo bambino era mio. Comunque tanto io non l'avrei sposata e va bene così. Dopo di lei mi sono sposato cinque volte, mai per amore, solo per ottenere permessi di cittadinanza, ovviamente le donne con cui mi sono sposato lo sapevano ed erano d'accordo. Non mi sarei mai potuto sposare per amore. L'unica donna che ho amato è morta un mese prima del nostro matrimonio. Si chiamava Cinzia siamo stati insieme otto anni e ho appreso che era morta, quando ero ad Acapulco dov'ero andato per terminare un lavoro per poi stabilirmi a Genova. Anzi, per l'esattezza mi hanno detto che era ricoverata in ospedale in un telegramma. Sono tornato subito in Italia ma lei era già morta da una settimana. Dopo di lei non avrei più potuto sposare nessun altra per amore. Non avrei più avuto il tempo nella mia vita, di crearmi un legame così forte, basato sul rispetto, sull'amicizia e sulla complicità, oltre ovviamente a tutto il resto. Poi ho due fratelli, che adesso sono entrambi in pensione. Facevano tutti e due i ferrovieri, sono sposati, sono zio da uno di loro, l'altro purtroppo non ha mai potuto aver figli. Io sono l'unico "marittimo", diciamo, ho sempre amato il mare. Fin da bambino sapevo che avrei viaggiato per mare, sento un legame fortissimo con il mare. Mi ha sempre dato una sensazione di libertà sentire il vento che vibra sulle onde e la tua anima con lui, senza catene. Questa passione non passerà mai, ho ancora voglia di girare, di conoscere, di arricchirmi.

- Quando esci cosa vuoi fare? So che non vuoi ottenere il permesso nonostante tu abbia avuto diverse proposte di lavoro, in quest'ultimo periodo. Mi ricordo che mi hai parlato di quell'avvocato di Parma che ti aveva chiesto di lavorare per lui. Perché non hai accettato?

- Ma lui voleva solo sfruttare il mio lavoro per far pagare delle parcelle salate ai suoi clienti. Siccome gli avvocati sfruttano i detenuti per questo io non posso accettare di lavorare in questo modo. Ho conosciuto pochissimi avvocati che avessero l'amore per il giusto. Comunque, stavamo parlando della mia famiglia. Ti ho detto che ho un figlio, Angelo. Per lui in effetti io ho toccato della droga, mi sono procurato una scorta di metadone per disintossicarlo.

- Questo però lo avrebbero dovuto fare i medici, non tu.

- Si, c'era un problema però, lui non avrebbe mai accettato di partecipare ad un SERT (Servizio Tossicodipendenti). Con lui ho intrapreso un programma che alla fine è riuscito a disintossicarlo, gli ho trovato un posto di lavoro. Era guarito. Quando però mi è successo questo fatto qui, lui è ricaduto, sono caduti i suoi principi, si è ributtato nella droga. Durante il processo non abbiamo mai parlato, così non ho nemmeno avuto l'occasione di spiegargli come erano andate le cose. Ha creduto a tutto e ha smesso di credere in me. Poi è stato condannato anche lui, a nove anni, per spaccio e per furtarelli. Sono riuscito a farlo trasferire a San Gimignano.

- Hai dei sensi colpa per la sua ricaduta?

- No, lui avrebbe dovuto usare la sua intelligenza e capire che se avevo sbagliato io non doveva farlo anche lui. Ha pensato che non uscissi più, che ero un bugiardo. Adesso, con l'aiuto della dottoressa Venturini, il magistrato di sorveglianza, sono riuscito a fargli ottenere una sospensione della pena e a farlo entrare nella comunità Quadrifoglio. E gli ho detto: "Quando esco ti preparo qualcosa. Però se tu non finisci la comunità, se non ti togli la droga dalla testa non mi cercare più. Torna direttamente in carcere perché la tua strada vuol dire che è quella. Io ritengo che quando hai un debito e lo devi pagare, lo paghi e quando lo hai pagato esci con orgoglio, a testa alta. Se non te lo meriti non devi usufruire delle pene alternative.

- Ma, ad esempio, nel tuo caso non sarebbe per opportunismo ottenere un permesso per poter lavorare.

- Si, però costringerei un datore di lavoro e tutti lavorano un po' al nero, perché sono costretti a farlo, per avere un margine di guadagno a dei controlli continui da parte della Finanza e dei Carabinieri. E' scocciante per un datore di lavoro avere sempre li i carabinieri perché hanno un lavoratore che è in pena alternativa, un detenuto come me. Non voglio essere d'impedimento ad una persona nel portare avanti la sua attività. Perché devo creare dei problemi, quando tra poco tempo esco e potrò parlare del carcere come di un momento della mia vita ormai finito e chiuso?

- Una curiosità: quanto costa un detenuto al giorno?

- All'amministrazione dicono che costa circa quattrocentomila lire al giorno, ma io credo che con queste cifre qui dovrei avere una guardia con un solitario ed una rolls-royce sotto la cella. Dovrebbero essere strapagati anche i miei guardiani. Forse la spesa sarà perché costruiscono delle carceri nuove, le cosiddette carceri d'oro. Una delle quali è San Gimignano che è costato talmente tanto che poi non abbiamo le cose indispensabili. Non c'è né la sezione per tossicodipendenti ,come non c'è un programma per il reinserimento, come non ci sono gli educatori previsti dall'ordinamento penitenziario. Su di questo ho fatto un esposto a Roma con il quale ho ottenuto una denuncia per calunnia : per aver calunniato la direzione del carcere di San Gimignano e la direzione dell'istituto di Prevenzione e di Pena , solamente per aver chiesto un numero maggiore di educatori. Forse gonfiano le cifre per scusare le loro spese nei confronti dell'opinione pubblica, sono giochi politici. 400000 lire al giorno non penso di consumarle , forse è costata tanto la cella, che alla fine dei dieci anni son venuto a costare 400000 lire al giorno. Ma è un calcolo ingiusto, perché la mia cella verrà usata anche da altri per chissà quanto tempo ancora. Per l'alimentazione non spendono certo molto. ' dovuto anche a questo se ora sono in ospedale, no? All'amministrazione penitenziaria la mia alimentazione costa tremila e rotte lire, tremiladuecentottanta ecco. Gli agenti di polizia penitenziaria vengono pagati come un normale dipendente statale, a seconda del grado e dell'anzianità, non è comunque una paga altissima, quanto un ferroviere, diciamo. Prendono meno della Polizia di Stato sicuramente. Noi li sentiamo spesso lamentarsi per questo, ed alle volte il loro astio si ripercuote su di noi. Sono pochi e sottopagati. Bisognerebbe aprire i carceri alla società, che entri e si renda conto che dentro non ci sono dei mostri , ma degli esseri umani. Forse così riusciremmo a far capire che ciò che c'è dentro un giorno tornerà fuori, che è inutile dimenticare il detenuto mentre sconta la pena : un giorno dovrà uscire e se te ne freghi nel frattempo quello si incattivisce e basta , è un problema anche della collettività questo, soprattutto , forse. Vorrei concludere facendo un appello: vorrei solamente che la legge entrasse anche dentro il carcere, non che rimanesse solo in tribunale. Nel vostro interesse , forse, più che nel nostro.


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