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Magistrati di sorveglianza.
In tema di giurisdizionalizzazione della fase esecutiva delle pene detentive, acquista un rilievo fondamentale la l. n. 354 del 1975 che riserva, l'intero Capo II, ai Magistrati di Sorveglianza. La legge di riforma può essere considerata la rivoluzione copernicana del sistema penitenziario, anche per quel che concerne il ruolo che il giudice deve avere in tale fase. Il legislatore scompone la magistratura di sorveglianza in due livelli di giurisdizione, rappresentati dai due organi che ne fanno parte: il magistrato di sorveglianza - direttamente derivante dalla figura del giudice di sorveglianza - e le sezioni di sorveglianza , assolutamente innovative nel panorama ordinamentale italiano. Il primo, pur essendo investito da una pluralità di competenze, si caratterizza, soprattutto, per la funzione di garante del rispetto della legalità in fase esecutiva. Le seconde, invece, sono chiamate a deliberare - in primo grado - in tema di misure alternative alla detenzione e rappresentano, rispetto ad altre materie, il secondo grado del giudizio di sorveglianza.
La struttura portante, invece, è costituita dall'ufficio di sorveglianza le cui dislocazioni sono stabilite, a norma dell'art. 68 comma 1, in base alla "tabella A" allegata alla l. n. 354/75. Tali uffici hanno giurisdizione sulle circoscrizioni dei tribunali presso i quali vengono istituiti; ad essi sono destinati uno o più magistrati - di Cassazione, di Appello e di Tribunale - i quali sono tenuti, in composizione monocratica, a svolgere, in maniera esclusiva, le funzioni di sorveglianza che gli artt. 69, 70 e 70-bis ord. penit., attribuiscono loro e, inoltre, sono chiamati a formare i collegi giudicanti del tribunale di sorveglianza
Passando all'analisi, piuttosto sintetica, delle attribuzioni della magistratura di sorveglianza, va sottolineata l'ampiezza delle funzioni che le sono state attribuite . In particolare, rispetto al magistrato di sorveglianza, si deve notare che il suo ruolo è sempre stato di difficile definizione. La presenza di tale organo nella fase esecutiva della pena, ha acquistato, in passato, una grande rilevanza, soprattutto grazie alla competenza attribuitagli in materia di misure di sicurezza, la cui applicazione e le relative vicende si riteneva avessero una natura amministrativa. Per effetto del nesso esistente tra il magistrato di sorveglianza e le misure di sicurezza, si è sempre ritenuto che le funzioni svolte da tale organo, fossero, anch'esse, di natura amministrativa
La riforma penitenziaria, ed il diritto processuale penale, attribuiscono al magistrato di sorveglianza una serie di funzioni di diversa natura che conferiscono a tale organo il compito di garantire la legalità dell'operato dell'Amministrazione penitenziaria. L'art. 69 comma 1 ord. penit. stabilisce, infatti, che vigili sull'organizzazione degli istituti di prevenzione e di pena e che prospetti al Ministro le esigenze relative all'attuazione del trattamento rieducativo, nonché eserciti la vigilanza anche sulla legalità della custodia degli imputati[5]; a tal fine può impartire delle disposizioni che tendano ad eliminare i comportamenti contrari alle disposizioni di legge ed è tenuto a norma dell'art. 35 ord. penit., ad esaminare i reclami e le istanze che gli pervengono, in busta chiusa, dai detenuti o dagli internati .
Importanti e numerose sono le funzioni attribuite al magistrato di sorveglianza, presupponenti l'emanazione di provvedimenti a carattere giurisdizionale, previsti tanto dai codici penale e di procedura penale, quanto dalla legge di diritto penitenziario. Il legislatore, nel riformulare il procedimento di sorveglianza, stabilisce, nell'art. 678 c.p.p. - a differenza di quanto dispone per quello collegiale - che, le materie in cu, l'organo monocratico deve utilizzare il procedimento di sorveglianza, siano quelle tassativamente indicate nel primo comma dell'articolo in questione[7]. Ne deriva che in quei casi, il provvedimento finale e l'attività svolta dal magistrato di sorveglianza abbiano il carattere giurisdizionale. Tuttavia, sussistono casi in cui - pur non appartenendo a quelli contenuti nell'art. 678 c.p.p. e quindi pur non essendo previsto l'utilizzo delle norme del procedimento di sorveglianza - il provvedimento emanato dal magistrato di sorveglianza, nel rispetto della diversa procedura indicata dal legislatore, ha una comunque una natura giurisdizionale .
Il magistrato di sorveglianza, è tenuto, altresì, a realizzare interventi a contenuto amministrativo come: a) l'approvazione, con decreto, del programma di trattamento, ovvero la restituzione dello stesso con osservazioni, se non rispetta i diritti del condannato o dell'internato; b) l'approvazione, con decreto, dell'ammissione al lavoro all'esterno (art. 69, co 5°); c) la decisione sulle licenze e sui permessi; e così via.
Dalle numerose e variegate tipologie di funzioni attribuite al magistrato di sorveglianza, si comprende la maturazione, in senso giuridico, che tale organo ha avuto dal 1930 ai giorni nostri, tanto più se si considera la disposizione dell'art. 70 ord. penit. la quale prevede che il magistrato, competente sul luogo di detenzione dell'interessato, deve far parte obbligatoriamente del collegio giudicante del tribunale di sorveglianza, ponendo l'accento sull'importanza del rapporto concreto che può e deve stabilirsi tra il detenuto e il magistrato di sorveglianza, essendo, quest'ultimo, tenuto a visitare periodicamente gli istituti di pena rientranti nella sua circoscrizione.
Il Tribunale di sorveglianza è una sezione specializzata ed ha una struttura a collegialità mista, nel senso che i soggetti che ne fanno parte non sono tutti membri della magistratura; quindi, all'interno del collegio giudicante, accanto al presidente ed al magistrato di sorveglianza, vi sono anche due privati esperti in materie specializzate quali la psichiatria, la psicologia e la criminologia clinica (artt. 70, comma 3 e 80 ord. penit.). Il tribunale non ha una costituzione permanente, poiché è previsto che si formi nel momento in cui si presenta la necessità del suo intervento. All'organo collegiale sono riservate funzioni esclusivamente di natura giurisdizionale con pronunce da adottarsi tanto in primo grado quanto in sede d'appello. In particolare, in primo grado, al tribunale compete l'applicazione delle misure alternative alla detenzione . In sede d'appello, è chiamato, invece, a giudicare sui provvedimenti adottati dal magistrato di sorveglianza e sulle impugnazioni relative alle disposizioni emanate in materia di misure di sicurezza. In sede di reclamo, giudica i provvedimenti, non solo del magistrato di sorveglianza ex artt. 30-bis e 53-bis ord. penit., ma anche quelli dell'Amministrazione penitenziaria a norma degli artt. 14-ter e 41-bis ord. penit.
In realtà, le novità che sono state introdotte dalla legge di diritto penitenziario e che hanno comportato una riqualificazione dell'intervento del giudice in sede esecutiva, riguardano prevalentemente il riconoscimento della situazione giuridica dei detenuti: essa è stata definita attraverso leggi e regolamenti, è caratterizzata dalla titolarità di situazioni giuridiche soggettive e dalla necessità di predisporre interventi rieducativi; infine, è mitigata dalla possibilità di avere contatti col mondo esterno: ne deriva, inevitabilmente, la necessità di strumenti capaci di dare un fondamento processuale a quanto riconosciuto a livello sostanziale
Quando il legislatore ha introdotto la magistratura di sorveglianza, attribuendole tutta una serie di funzioni finalizzate all'applicazione dei principi di diritto penitenziario, lo ha fatto scegliendo un organo che per la sua appartenenza al potere giurisdizionale avesse in sé tutte le garanzie soggettive del giudizio penale e che, quindi, a sua volta, potesse garantire la tutela delle situazioni giuridiche soggettive riconosciute ai detenuti in fase esecutiva
Successivamente denominate, Tribunali di sorveglianza dalla l. n. 663 del 1986. Non si è trattato di un semplice cambio di definizione, perché in tale occasione è stata operata, dal legislatore, una vera ristrutturazione dell'organo, anche per quel che concerne il luogo preciso della loro collocazione (art. 70).
Il tribunale di sorveglianza non è un organo esistente in maniera permanente, ma si costituisce di volta in volta, secondo quanto disposto dall'art. 70 ord. penit. La carica del presidente deve essere attribuita a magistrati di Cassazione ovvero anche di appello se il tribunale è istituito presso una sezione distaccata di Corte d'Appello. Per approfondimenti si veda DI GENNARO, BREDA, LA GRECA, Ordinamento penitenziario e misure alternative alla detenzione, Milano, 1987, pag. 312 e ss, nonché DELLA CASA, Magistratura di sorveglianza, in Dig. Disc. Pen., vol. VII, pag. 489 e ss.
In tal senso PIERRO, Esecuzione, in Gli altri gradi di giurisdizione, a cura di DALIA, Napoli 1991, pag. 55 e ss.
Così DI GENNARO - BREDA - LA GRECA, Ordinamento Penitenziario e misure alternative alla detenzione, Milano, 1997, pag. 317 e ss.
Il magistrato di sorveglianza svolge funzioni a carattere amministrativo come appunto i compiti di vigilanza e controllo sia sull'organizzazione degli Istituti di prevenzione e di penna, che sulla custodia dei detenuti e degli internati affinché venga garantita la conformità alle leggi dell'esecuzione della pena detentiva. Si tratta di un'attività meramente amministrativa, proprio perché il suo intervento è finalizzato a dare informazioni al Ministro, sollecitandone i provvedimenti. Infatti, non essendo un organo della pubblica amministrazione, egli non può disporre degli interventi diretti nelle materie in questione e può solo limitarsi a sollecitare un intervento. In tal senso DI RONZA, Manuale di diritto dell'esecuzione penale, Padova, 2000, pag. 62 e 63.
Il magistrato di sorveglianza emette le sue decisioni sotto forma di decreti motivati, ovvero con provvedimenti "innominati" che hanno sostituito gli ordini di servizio. Tali provvedimenti hanno carattere amministrativo o giurisdizionale a seconda della materia trattata e se questa rientra o meno tra le materie sulle quali la Costituzione pone un vincolo di giurisdizione.
Il magistrato di sorveglianza, nei casi espressamente previsti dalla legge procede, d'ufficio oppure a richiesta di parte attraverso un procedimento giurisdizionale, infatti, a norma dell'art. 678 c.p.p., è stabilito che il magistrato di sorveglianza utilizzi la procedura disciplinata dall'art. 666 c.p.p., nelle materie relative alla: a) rateizzazione e alla conversione delle pene pecuniarie; b) alla remissione del debito; c) ai ricoveri previsti dall'art. 148 c.p.; d) alle misure di sicurezza; e) alla esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata; f) alla dichiarazione di professionalità e abitualità nel reato, ovvero di tendenza a delinquere.
Ciò accade, ad esempio, quando procede a norma degli artt. 176 e 177 c.p. in tema di prescrizioni per la libertà vigilata al condannato liberato condizionalmente; ovvero a norma dell'art. 53-bis decide sul computo del tempo trascorso in permesso o in licenza nella durata definitiva della pena detentiva; nonché a norma dell'art. 69 comma 6 decide sui reclami dei detenuti e degli internati riguardanti l'osservanza delle norme sull'attribuzione della qualifica lavorativa, la remunerazione, lo svolgimento delle attività di tirocinio e di lavoro, le assicurazioni sociali, le condizioni d'esercizio del potere disciplinare dell'Amministrazione; oppure, a norma dell'art. 51-ter ord. penit. dispone in via cautelare, l'eventuale sospensione dell'affidamento in prova al servizio sociale, della detenzione domiciliare o del regime di semilibertà in attesa dell'eventuale provvedimento di revoca del tribunale di sorveglianza; ecc.
Una delle ragioni per le quali il legislatore ha introdotto tale organo collegiale all'interno della magistratura di sorveglianza, può essere rappresentata proprio dall'applicazione delle misure alternative alla detenzione.
<<Al riconoscimento della titolarità di diritti non può non accompagnarsi il riconoscimento del potere di farli valere innanzi a un giudice in un procedimento di natura giurisdizionale dei diritti esclude infatti che possano esservi posizioni giuridiche di diritto sostanziale senza che vi sia una giurisdizione innanzi alla quale esse possano essere fatte valere.>> Sent. Cost. n. 212 del 1997.
<<L'esecuzione della pena resta, infatti, un'attività caratterizzata, per forza di cose, da un marcato e diffuso predominio dell'autorità amministrativa; è naturale pertanto che sia proprio il controllo di tale attività a costituire il banco di prova di un organismo appositamente creato per garantire la legalità all'interno dell'istituzione carceraria>>. DELLA CASA, Magistratura di sorveglianza, in Dig. Disc. Pen., vol. VII, pag. 485 e ss.
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