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Accesso all'occupazione




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ACCESSO ALL'OCCUPAZIONE


1. Il collocamento ordinario

- Definizione di collocamento.

Sinonimi: mediazione, intermediazione. Distinzione tra intermediazione e interposizione

- E' materia nella quale sono implicati interessi pubblici (equa distribuzione occasioni di lavoro, non sfruttamento condizioni di bisogno dei lavoratori, non discriminazioni) → a lungo gestione esclusiva da parte dello Stato o altri soggetti pubblici (es. sindacati riconosciuti nel periodo corporativo).

- Caduta ordinamento corporativo →  l. 29 aprile 1949, n. 264 (oggi abrogata)

Principio ispiratore: monopolio pubblico del collocamento, riserva uffici pubblici (UPLMO, articolazioni nel territorio del Ministero del Lavoro).

In negativo: divieto della mediazione privata (è reato); art. 2098 c.c.: annullabilità contratto lavoro su iniziativa P.M. (di fatto norma mai applicata).         

Obbligo di iscrizione dei lavoratori (muniti di libretto di lavoro) nelle liste di collocamento

Obbligo per le imprese di rivolgersi agli uffici per l'avviamento

Regola della richiesta numerica (generalizzata dallo Statuto dei lavoratori), con indicazione della qualifica professionale richiesta. Avviamento da parte degli uffici secondo criteri di equità (ma senza adeguato controllo circa l'effettivo possesso da parte del lavoratore della qualifica dichiarata).

In via residuale: richiesta nominativa; assunzione diretta; passaggio diretto da un'impresa all'altra con nulla osta dell'ufficio. 

- Difetti del sistema: 1) il datore non può scegliere il lavoratore da assumere; 2) gli uffici operano in modo burocratico ed inefficiente; 3) frequenti elusioni e violazioni delle regole; 4) le sanzioni non sono applicate; 5) ulteriori rigidità derivano dal collocamento obbligatorio.

→ il legislatore introduce progressive modifiche (prima di dettaglio, poi più corpose), quali:

a) prima ampliamento casi di richiesta nominativa; b) poi (l. 223/91) richiesta nominativa come regola generale; c) poi (l. 608/96) assunzione diretta come regola generale.

Situazione paradossale: restano in funzione uffici che si limitano a registrare assunzioni già avvenute. I lavoratori e le imprese ricorrono ad altri canali.

- Occorrono ulteriori interventi per passare:

da una logica meramente burocratica del collocamento ad una logica di politica attiva del lavoro (orientamento, formaz. professionale);

dalla vecchia concezione del collocamento alla nuova concezione dei servizi per l'impiego

dalla tutela del lavoratore solo nel rapporto di lavoro ad una sua tutela anche nel mercato del lavoro (v. Strategia europea per l'occupazione: va promossa l'occupabilità).     

- Riforma più radicale è sollecitata anche dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee con la sentenza Job Center dell'11 dicembre 1997 (accoglie le tesi di Ichino): la legge italiana del 1949 viola la libertà di concorrenza sancita dal Trattato, attribuisce agli uffici pubblici (che sono inefficienti!) una posizione dominante.

D.lgs. 23 dicembre 1997, n. 469 (attuazione l. 15 marzo 1997, n. 59 sul decentramento amministrativo). Due importanti novità:

1) Trasferimento funzioni di collocamento dallo Stato alle regioni (già competenti per formazione professionale), le quali hanno poi trasferito molte competenze alle province, nei cui ambito operano i Centri per l'Impiego. Il sistema verrà poi consolidato dal nuovo art. 117 Cost.    

2) Legalizzazione della mediazione privata (art. 10), in base ad autorizzazione amministrativa, se imprese in possesso di particolari requisiti → abolizione monopolio pubblico.

- Di fatto: non vengono costituite molte imprese di mediazione, non migliora l'efficienza del sistema pubblico → Ulteriori interventi del legislatore

D.lgs. 181/00 (modif. da d.lgs. 297/00): detta i principi fondamentali in materia di collocamento (poi specificati dalle regioni); definisce la nozione di stato di disoccupazione; conferma la regola dell'assunzione diretta, abolisce liste di coll. e libretto di lavoro      

- Ulteriori riforme poi realizzate con il d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (modif. da d.lgs. 251/04), che modifica di nuovo le regole sul collocamento privato.

a) Agenzie per il lavoro: possono svolgere attività di intermediazione se autorizzate e iscritte nell'Albo istituito presso il Ministero del lavoro, articolato in più sezioni (somministrazione; intermediazione; ricerca e selezione del personale; supporto alla ricollocazione del personale). Devono possedere particolari requisiti (giuridici e finanziari). Non è più richiesto l'oggetto sociale esclusivo. Autorizzazione dapprima provvisoria (2 anni) poi definitiva. Anche le Regioni possono autorizzare lo svolgimento di tali attività se svolte solo nell'ambito del loro territorio.

b) Altri soggetti ammessi a svolgere attività di collocamento: 1) se autorizzati: Comuni, Camere di commercio, Scuole secondarie; 2) senza autorizzazione: Università, associazioni sindacali comparativamente più rappresentative; associazioni riconosciute che si occupano di assistenza delle attività imprenditoriali, del lavoro o delle disabilità; enti bilaterali; Fondazione (o altro soggetto giuridico) costituita dall'Ordine nazionale dei consulenti del lavoro.

Regole sull'attività delle Agenzie per il lavoro: 1) divieto di percepire compensi dai lavoratori (con le eccezioni consentite dalla contrattazione collettiva per le professionalità più elevate o per specifici servizi); 2) divieto di indagini sulle opinioni dei lavoratori e di trattare dati dei medesimi relativi alle caratteristiche personali, a meno che esse non incidano sullo svolgimento dell'attività e siano per essa requisito essenziale e determinante; 3) obbligo di mettere "in rete" (la nuova Borsa continua nazionale del lavoro) le informazioni su domande e offerte di lavoro (ma tale nuovo sistema non è ancora operativo).      


2. Il collocamento obbligatorio

- E' destinato a particolari categorie di soggetti, con difficoltà a trovare occupazione (disabili) o meritevoli di essere aiutate nel reperimento di questa per motivi diversi (es. parenti delle vittime della guerra o del terrorismo).

- La normativa in materia dà applicazione ad alcuni principi costituzionali (art. 3, comma 2; art. 4; art 38, comma 3), ma per certi aspetti crea un potenziale conflitto con altri principi (art. 41).

In materia si scontrano interessi contrapposti: a) del disabile, per il quale il lavoro è fattore di inclusione sociale, soprattutto se si tratta di occupazione effettiva, cioè di inserimento in un posto adeguato alle sue capacità professionali; b) delle imprese, che si assoggettano "malvolentieri" all'assunzione dei disabili, ritenuti meno produttivi.

- Normativa di carattere generale oggi in vigore: l. 12 marzo 1999, n. 68.        

Competenti a gestire il C.O: le Province tramite i Centri per l'Impiego. 

Soggetti protetti: invalidi civili (anche disabili psichici, come già stabilito da Corte cost. n. 50/90), invalidi del lavoro, altre categorie di soggetti non disabili.

Le imprese (ma anche i datori di lavoro pubblici) sono obbligate ad assumere in porzione al numero di dipendenti in organico (7% di disabili per le imprese con più di 50 dipendenti; 2 disabili le imprese che occupano da 36 a 50 dipendenti; 1 disabile le imprese che occupano da 15 a 35 dipendenti; nessuno al di sotto dei 15 dipendenti).

- Per le imprese con più di 35 dipendenti l'obbligo di assunzione sorge ogniqualvolta via sia una scopertura, indipendentemente dal fatto che l'impresa abbia bisogno o voglia procedere a nuove assunzioni. La regola non opera per alcuni tipi di organizzazioni di tendenza (come partiti e sindacati). Parte della dottrina (Suppiej) dubita della legittimità costituzionale di tale regola, che crea irragionevole disparità di trattamento tra diversi tipi di organizzazioni di tendenza (in specie a danno di quelle religiose) e contrasta con la libertà di iniziativa economica delle imprese, cui è imposto l'accrescimento non voluto dell'organico (in controtendenza rispetto alla normativa sui licenziamenti collettivi e individuali per g.m. oggettivo).   

- Il procedimento (per i disabili):

1) Le Commissioni presso le USL accertano lo stato di disabilità, compiendo una diagnosi funzionale.

2) I disabili accertati si iscrivono in appositi elenchi presso i Centri per l'Impiego.

3) Le imprese devono inviare annualmente ai Centri per l'Impiego la denuncia numerica (con i dati sull'organico); se vi è scopertura, devono effettuare la richiesta di avviamento (di regola numerica, solo in parte nominativa) entro 60 giorni. In mancanza: sanzione amministrativa. Non vi è mai avviamento d'ufficio.

4) Il Centro per l'Impiego avvia il disabile adatto, in applicazione del principio del collocamento mirato (il lavoratore "giusto" al posto "giusto").    

- La legge prevede da stipulazione di convenzioni tra imprese e Centri per l'Impiego per modulare l'esecuzione degli obblighi di assunzione.

- La normativa impone alle aziende un obbligo a contrarre. In caso di inadempimento il lavoratore può ottenere il risarcimento del danno. Difficilmente potrà esserci l'esecuzione forzata in forma specifica  dell'obbligo a contrarre (ex art. 2932 c.c.), non tanto per ragioni legate ad una pretesa infungibilità delle prestazione (che è invero la prestazione del consenso contrattuale, sicuramente fungibile), né per ragioni legate alla mancanza di una precedente manifestazione, ad opera delle parti, della volontà di concludere il contratto (che è invero individuabile nella richiesta di avviamento per l'impresa e nell'iscrizione nelle liste per il lavoratore), ma per ragioni legate all'indeterminatezza dell'oggetto del contratto, e cioè delle mansioni, che di solito non sono invero specificate nella richiesta di avviamento.

- Il rapporto di lavoro con il disabile è tendenzialmente regolato in modo uguale a quello degli altri dipendenti (art. 10 l. 68/99). Le differenze più significative riguardano la fase dell'assunzione, per l'obbligo del datore di lavoro di assegnare al disabile mansioni compatibili con la sua ridotta capacità lavorativa; lo svolgimento del rapporto, per l'ipotesi in cui si verifichi un aggravamento delle condizioni del disabile (nel qual caso l'azienda deve "attuare i possibili adattamenti dell'organizzazione di lavoro"); la cessazione del rapporto, soggetta a regole particolari, che contemplano espressamente, tra l'altro, un obbligo di assegnare al disabile, prima e in alternativa al recesso, mansioni compatibili diverse dalle originarie, anche peggiorative. 




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