Il
lavoro delle donne e dei minori
Fin dagli inizi della legislazione sociale, l'intervento protettivo nei
confronti di soggetti deboli (donne
e minori) è stato rivolto ad
escluderne o limitarne l'occupazione per mezzo di numerosi divieti, relativi
all'esecuzione della prestazione. L'art.
37 C. prevede che: "la donna
lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni
che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire
l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e
al bambino una speciale adeguata protezione". L'art. da un lato ha
riaffermato gli obiettivi protettivi tradizionali della tutela differenziata
del lavoro femminile e minorile e, dall'altro lato, ha introdotto il principio
della tutela paritaria, cioè mirata a garantire ai minori e alle donne la
parità di trattamento, rispetto ai lavoratori adulti. La tutela paritaria della donna è stata rafforzata dalla legge n. 907/'77, grazie alla spinta
dei movimenti femministi. La legge sulla parità di trattamento tra uomini e
donne, in materia di lavoro, vieta ogni discriminazione per quanto
riguardo l'accesso al lavoro e l'attribuzione delle qualifiche, delle mansioni
e della progressione in carriera; ribadisce la parità salariale, a
parità di lavoro; stabilisce che, ai fini della carriera o dell'attività di
servizio, le assenze obbligatorie per maternità siano considerate come
attività lavorativa; sancisce il divieto di lavoro notturno, salvo
eccezioni previste dai contratti collettivi; prevede la facoltà di prestare
l'attività lavorativa fino all'età consentita agli uomini (65 anni). Per quanto
riguarda la tutela differenziata
della donna, è prevista una speciale normativa per le lavoratrici madri, nella legge n. 1204/'71, rivolta ad
assicurare loro tutela fisica ed economica. Oltre al trattamento retributivo
speciale, sono riconosciuti diritti a: non occuparsi di lavori pericolosi,
pesanti o insalubri; a permessi per
l'allattamento e il diritto a non essere licenziate per il periodo di
astensione obbligatoria, periodi di congedo per motivi di famiglia o figlio
portatore di handicap, ecc.
La tutela del lavoro minorile
ha lo scopo di "limitare l'età" minima di ammissione al lavoro e di "proibire
l'occupazione dei giovani" di età inferiore ai 18 anni, in condizioni d'impiego
particolarmente gravose o inadatte per faticosità, pericolosità o insalubrità.
L'importanza della tutela del lavoro minorile fu esaltata da una direttiva n.
94/'33 che impone il divieto di lavorare ai minori di 15 anni (con eccezioni
per alcune attività). Tale direttiva, in
Italia, è stata attuata nel '99 e prevede la distinzione tra i bambini e gli
adolescenti, che possono accedere al lavoro col consenso dei genitori. Per i
bambini l'orario di lavoro previsto è di 7 ore giornaliere e 35 settimanali
mentre per gli adolescenti è di 8 giornaliere e 40 settimanali. Hanno diritto a
riposi: giornalieri, settimanali e annuali (ferie) e l'inosservanza di tali
limiti comporta la nullità del contratto.