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I RAPPORTI DELLA CHIESA CON LE ALTRE CONFESSIONI
Se l'unica depositaria della Verità è la Chiesa e se la Verità della Chiesa è la sola che libera e salva, è indubbio che l'atteggiamento verso i dissidenti in materia religiosa non può che oscillare tra i due poli dello spirito controversistico e della volontà di repressione. Il Concilio ha dimostrato di voler superare i vecchi anatemi e le vecchie intransigenze. Con questa nuova concezione, cade per primo il concetto che eretici e scismatici siano estranei, separati alla Chiesa di Roma: essi, giustificati nel battesimo della Fede, sono incorporati a Cristo. Inoltre da un passo del Concilio si evince che anche fuori dalla Chiesa visibile possono trovarsi beni spirituali dai quali la Chiesa stessa è edificata e che anche fuori dalla Chiesa cattolica possono essere compiute azioni sacre, mediatrici di Grazia. Ora, se è vero che la Chiesa è il Corpo Mistico di Cristo, ne consegue che tra i beni spirituali che essa possiede il massimo è il Corpo Vero di Cristo, attualizzato attraverso la celebrazione dell'Eucaristia. Le confessioni cristiane che possiedono il bene spirituale dell'Eucaristia sono Chiesa, quelle che non lo possiedono non sono Chiese. La consacrazione delle specie eucaristiche può esser compiuta solo dagli ordinati in sacris, cioè da un sacerdote validamente ordinato, che è tale solo se ordinato da un Vescovo. Il sacramento dell'Ordine è indelebile, imprime un carattere che non può esser cancellato.
Alle Chiese acattoliche d'Oriente il Concilio presta una speciale attenzione, tenuto conto dell'importanza del loro patrimonio liturgico e spirituale e della ricchezza di alcune delle loro tradizioni. Il riconoscimento più rilevante che discende da tali valutazioni è quello della legittima diversità di usi e consuetudini, che finisce col tradursi in una vera e propria autonomia. La qualificazione di questa autonomia è parsa alla dottrina assai ardua ove si vogliano utilizzare gli schemi della dogmatica laica: la categoria più prossima sembra quella dell'autonomia istituzionale, in quanto essa esprime una relazione che si pone tra ordinamenti non derivati i quali non si riconoscano reciprocamente, ma insieme non si disconoscano e siano costretti a subire l'uno la presenza dell'altro. Più complessa appare la situazione per quanto riguarda le confessioni cristiane separate d'Occidente. Qui una qualificazione unitaria appare impossibile. Dovendo far escludere, per queste confessioni, la presenza della nota di apostolicità, della continuità nella successione dei Vescovi, comporta come conseguenza che in esse, per la Chiesa cattolica, non ci sono veri Vescovi, veri sacerdoti, veri Sacramenti. Queste realtà sono considerate dalla Chiesa solo Comunità ecclesiali. In una situazione ambigua si trova la Chiesa Anglicana, che è considerata un ponte tra le Chiese separate e le Comunità ecclesiali.
Intercomunione: possibilità che i cattolici si accostino alla mensa eucaristica dei fratelli separati e i fratelli separati alla mensa eucaristica dei fratelli cattolici. L'intercomunione è l'appuntamento finale del movimento ecumenico.
Fino al Concilio Vaticano II la Chiesa cattolica non permetteva di ricevere Sacramenti, partecipare agli uffici liturgici. di altre Chiese. Il Concilio ha poi superato queste rigide interdizioni. In pratica occorre distinguere tra azioni liturgiche e azioni liturgiche extra-sacramentali. Il problema delicato sono le prime, le seconde non fanno più difficoltà. Culto, sacramento, ministeri, vita religiosa, costituiscono l'oggetto del dialogo ecumenico attraverso cui le Chiese cercano di ridurre le distanze che le separano. La Chiesa non limita la sua volontà di comprensione alle altre Chiese e Comunità ecclesiali, essa vuole aprirsi anche alle religioni non cristiane. Il Concilio ha fatto una sorta di censimento di queste religioni: induismo, buddismo.
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