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I procedimenti speciali




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I PROCEDIMENTI SPECIALI


Fino a questo momento l'esposizione ha avuto ad oggetto il procedimento penale ordinario che si svolge presso il tribunale collegiale e la corte d'assise.

Possiamo isolare due fondamentali "tipi" di modelli processuali che da esso si distinguono.

Il primo contiene quei riti che si staccano dal procedimento presso il tribunale collegiale nel senso che hanno una struttura completa (dalle indagini preliminari alle impugnazioni), ma rispetto al modello base si caratterizzano per alcune particolarità: possono esser definiti "procedimenti differenziati" quello presso il tribunale monocratico, quello presso il giudice di pace, quello presso il tribunale per i minorenni e quello che accerta la responsabilità amministrativa dell'ente.

Un secondo tipo ricomprende quei riti che si distaccano dal modello base perché si limitano ad omettere una delle fasi processuali, e cioè l'udienza preliminare o il dibattimento o entrambe: sono "speciali" il giudizio abbreviato, il patteggiamento, il giudizio immediato, il procedimento direttissimo e il procedimento per decreto.

Il nuovo 111.5 Cost. permette di derogare su consenso dell'imputato al principio del contraddittorio nella formazione della prova.

Da un punto di vista meramente formale i procedimenti speciali si dividono in due gruppi.

Il primo comprende quelli che si limitano ad eliminare l'udienza preliminare per pervenire in modo più veloce al dibattimento: il giudizio direttissimo ed il giudizio immediato.

Nel giudizio direttissimo e nel giudizio immediato su richiesta del p.m. l'eliminazione avviene in modo imperativo, e cioè in base ad un provvedimento emesso senza il consenso dell'imputato.

Il secondo gruppo di procedimenti speciali comprende i riti che omettono il dibattimento.

In questi casi la semplificazione opera solo con il consenso dell'imputato.

I procedimenti speciali che sono fondati sul consenso dell'imputato sono il giudizio abbreviato, il patteggiamento ed il procedimento per decreto.

Il giudizio abbreviato è quel procedimento speciale che consente al giudice, su richiesta dell'imputato, di pronunciare già al momento dell'udienza preliminare quella decisione di merito (condanna o proscioglimento) che di regola è emanata nella fase dibattimentale.

Il giudizio abbreviato è applicabile a tutti i reati, compresi quelli punibili con l'ergastolo.

Ai fini della decisione il giudice utilizza, di regola, gli atti contenuti nel fascicolo delle indagini.

Il rito abbreviato ha luogo sull'unico presupposto della richiesta dell'imputato.

All'esito del giudizio abbreviato il giudice, se ritiene di non poter decidere allo stato degli atti, può disporre anche d'ufficio una integrazione probatoria.

In caso di condanna la pena è ridotta di un terzo e all'ergastolo è sostituita la reclusione di anni 30; alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato continuato, è sostituita quella dell'ergastolo.

Il termine finale per la presentazione della richiesta di rito abbreviato è la formulazione delle conclusioni nell'udienza preliminare.

Il giudizio, di regola, si svolge in camera di consiglio; tuttavia è possibile procedere in pubblica udienza se tutti gli imputati ne fanno richiesta.

Devono osservarsi le disposizioni previste per l'udienza preliminare, fatta eccezione per quella sull'integrazione probatoria disposta dal giudice e per quella relativa alla modifica dell'imputazione.

A seguito dell'integrazione probatoria è possibile la modifica dell'imputazione ai sensi del 423.

L'imputato, anziché limitarsi a chiedere semplicemente il giudizio abbreviato, può subordinare la richiesta ad un'integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione.

Il giudice, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili, dispone il giudizio abbreviato se l'integrazione probatoria richiesta dall'imputato risulta necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del rito in questione.

Il p.m. può chiedere l'ammissione di prova contraria.

Ove il giudice rigetti la richiesta condizionata di giudizio abbreviato, l'imputato può proporre una nuova richiesta entro il termine ordinario e cioè fino alle conclusioni in udienza preliminare.

Sia nel giudizio abbreviato su richiesta condizionata, sia in quello su richiesta non condizionata, è possibile che a seguito dell'integrazione probatoria emerga la necessità di modificare l'imputazione.

Ove il p.m. contesti un fatto "diverso", un reato connesso o una circostanza aggravante, l'imputato ha la possibilità di attivarsi e di chiedere che il procedimento prosegua nelle forme ordinarie.

Scelta la prosecuzione con il rito ordinario, non è più possibile chiedere il giudizio abbreviato.

Una volta che il giudice abbia accolto la richiesta di giudizio abbreviato, la parte civile può non accettare tale rito; in questo caso, se il giudice pronuncia una sentenza di assoluzione, tale provvedimento non ha efficacia di giudicato.

Viceversa, la parte civile che ha accettato il giudizio abbreviato in modo espresso od implicito subisce la sospensione del processo civile (eventualmente promosso) fino alla sentenza penale irrevocabile e subisce altresì la conseguente efficacia del giudicato di assoluzione.

La decisione di condanna nel giudizio abbreviato ha efficacia di giudicato, salva l'ipotesi in cui la parte civile, che non abbia accettato il rito, si opponga a tale efficacia.

Se il giudice procede ad integrazione probatoria d'ufficio o in seguito all'accoglimento della richiesta condizionata dell'imputato o in seguito a nuova contestazione, il diritto alla prova contraria è riconosciuto esclusivamente in capo al p.m.

La sentenza di condanna contiene il capo civile sul risarcimento dei danni; su richiesta del danneggiato, può essere pronunciata la condanna provvisionale immediatamente esecutiva.

Vi sono dei giudizi abbreviati atipici: l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato non solo nel corso del procedimento ordinario, ma anche quando vengono disposti quei riti speciali che eliminano l'udienza preliminare (giudizio direttissimo, giudizio immediato e procedimento per decreto).

L'imputato ed il p.m. non possono proporre appello contro le sentenze di proscioglimento quando l'impugnazione tende ad ottenere una formula diversa da quella accolta in sentenza.

Il p.m. non può proporre appello contro la sentenza di condanna salvo che si tratti di sentenza che modifica il titolo di reato.

Per quanto riguarda l'applicazione della pena su richiesta delle parti, al giudice spetta di controllare la correttezza della qualificazione giuridica del fatto e la congruità della pena richiesta.

La decisione avviene allo stato degli atti, e cioè sulla base del fascicolo delle indagini e dell'eventuale fascicolo del difensore.

La sentenza di regola non è appellabile, ma può essere sottoposta a ricorso per cassazione.

Nel determinare la pena, sulla quale si forma l'accordo, si deve applicare una diminuzione "fino ad un terzo"; la diminuzione opera dopo che è stato effettuato il computo delle circostanze.

Oggi sono configurabili due distinti tipi di patteggiamento, quello "tradizionale" e quello "allargato".

Il patteggiamento tradizionale permette all'imputato ed al p.m. di accordarsi su di una sanzione sostitutiva o pecuniaria o su di una pena detentiva fino a due anni sola o congiunta a pena pecuniaria.

Nel patteggiamento allargato l'imputato ed il p.m. possono accordarsi su di una sanzione da due anni ed un giorno fino a 5 anni di pena detentiva sola o congiunta a pena pecuniaria.

Vari sono i benefici che si applicano all'imputato che stipuli il patteggiamento tradizionale col p.m.:

a. la parte (di regola l'imputato) può subordinare l'efficacia dell'accordo alla concessione della sospensione condizionale ad opera del giudice.

Il giudice del patteggiamento non può intervenire sul "progetto di sentenza" approntato dalle parti;

b.  la sentenza che applica la pena non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento penale; viceversa, l'imputato è tenuto al pagamento delle eventuali spese di mantenimento in custodia cautelare e al pagamento delle spese c.d. di giustizia, ad es. di conservazione dei beni sequestrati;

c.  la sentenza che applica la pena non comporta l'irrogazione di pene accessorie di matrice penalistica disciplinate dal 19 c.p.;

d.  la sentenza che applica la pena non comporta l'applicazione di misure di sicurezza; viceversa, consente di applicare la confisca nelle ipotesi nelle quali ai sensi del 240 c.p. è obbligatoria o facoltativa;

e.  il reato è estinto se l'imputato non commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole entro il termine di 5 anni in caso di patteggiamento per delitto, o di due anni in caso di patteggiamento per contravvenzione.

Siamo in presenza di un patteggiamento allargato quando la pena detentiva, che è stata concordata, si colloca tra due anni ed un giorno e 5 anni.

Il patteggiamento allargato è escluso in certi casi:

a. sotto un profilo oggettivo, una prima causa di esclusione concerne i delitti consumati o tentati di associazione mafiosa, di sequestro di persona a scopo di estorsione e i delitti commessi avvalendosi delle condizioni dell'associazione mafiosa o per agevolare tale associazione;

b.  sempre sotto un profilo oggettivo, una seconda causa di esclusione riguarda i delitti di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope ed il delitto di associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri;

c.  terza causa di esclusione oggettiva è data dai delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo;

d.  le cause di esclusione soggettive riguardano determinati tipi di imputati, e cioè coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali, per tendenza ed i recidivi reiterati.

I reati che possono diventare oggetto di pena concordata sono tutti quelli per i quali la pena da concordare, prima di operare la riduzione fino ad un terzo, si colloca fino a sette anni e sei mesi.

Analizziamo la disciplina comune: possono prendere l'iniziativa tendente all'accordo sia l'imputato, sia il difensore munito di procura speciale, sia il p.m.

Una richiesta uniltaterale, che provenga da una sola delle parti potenziali nel corso delle indagini preliminari obbliga il giudice a fissare un termine perché la controparte esprima un eventuale consenso.

La sede naturale per l'esplicarsi dell'accordo è l'udienza preliminare.

Il termine finale per la presentazione della richiesta di patteggiamento (o per dare il consenso originariamente negato) è la "presentazione delle conclusioni" nell'udienza preliminare.

La richiesta può essere presentata anche al termine della nuova udienza fissata con l'ordinanza per l'integrazione delle indagini.

La richiesta di patteggiamento da parte dell'imputato non equivale ad un'ammissione di reità.

Se il p.m. dissente rispetto ad una richiesta di accordo formulata dall'imputato, ne enuncia le ragioni.

Il giudice valuta la legittimità e la fondatezza dell'accordo delle parti, e se sia congrua la pena indicata.

In presenza di una concorde richiesta dell'imputato e del p.m., il giudice:

a. se ritiene corrette la qualificazione giuridica del fatto, l'applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti nonché congrua la pena richiesta, con sentenza dispone l'applicazione della pena ed enuncia nel dispositivo che vi è stata richiesta delle parti;

b.  in caso contrario, con ordinanza rigetta la richiesta ed ordina di procedersi con il rito ordinario;

c.  infine, può ritenere che, sulla base degli atti, l'imputato deve essere prosciolto; in tal caso pronuncia d'ufficio sentenza con una delle formule terminative previste dal 129 perché riconosce che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero che il reato è estinto o che manca una condizione di procedibilità.

Il giudice, quando accoglie la concorde richiesta dell'imputato e del p.m., non può decidere sulla richiesta di risarcimento del danno derivante da reato.

Il giudice, quando accoglie la concorde richiesta di applicazione della pena, deve condannare l'imputato a risarcire le spese processuali sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti motivi di compensazione totale o parziale.

Nel certificato generale del casellario giudiziale richiesto dall'interessato non devono essere riportati i provvedimenti previsti dal 445 c.p.p. (d.p.r. 313/2002).

Salve diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna

L'equiparazione fa sì che la sentenza abbia gli effetti processuali e sostanziali della condanna.

La sentenza di patteggiamento è idonea a provocare la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena precedentemente concessa da altro giudice.

Secondo le Sezioni unite della Cassazione la sentenza che accoglie il patteggiamento contiene un accertamento quanto meno implicito della responsabilità dell'imputato.

Il dissenso manifestato dal p.m. o il rigetto della richiesta da parte del g.u.p. comportano l'obbligatorio proseguimento del rito ordinario.

In ciascuna delle due ipotesi l'imputato può "rinnovare" la richiesta prima dell'apertura del dibattimento di primo grado, ma la richiesta non è ulteriormente rinnovabile dinanzi ad altro giudice.

A questo punto, se il p.m. presente in udienza consente, il giudice del dibattimento ha il potere di valutare la richiesta: se la ritiene fondata, pronuncia immediatamente sentenza (448.1).

Il potere del giudice di pronunciare sentenza malgrado il dissenso del p.m. può essere esercitato solo dopo la chiusura del dibattimento quando il giudice stesso è in grado di valutare, alla luce delle prove raccolte, se le ragioni del dissenso della pubblica accusa erano giustificate.

In caso di dissenso, il p.m. può proporre appello; negli altri casi la sentenza è inappellabile (448.2).

Il giudice dell'impugnazione può emettere sentenza di applicazione della pena.

Il giudizio immediato ha la caratteristica di eliminare l'udienza preliminare.

Per quanto riguarda il giudizio immediato chiesto dall'imputato, l'imputato può disporre della garanzia dell'udienza preliminare rinunciando al controllo giurisdizionale sulla necessità del rinvio a giudizio.

La richiesta di giudizio immediato va presentata nella cancelleria del giudice almeno 3 giorni prima della suddetta udienza e deve essere notificata al p.m. ed alla persona offesa.

Di fronte alla richiesta formulata dall'imputato, il giudice è obbligato a disporre il giudizio immediato.

Per quanto riguarda il giudizio immediato chiesto dal pubblico ministero, il p.m. può chiedere il giudizio immediato se concorrono i seguenti presupposti:

a. che la prova appaia evidente;

b.  che la persona sottoposta alle indagini sia stata interrogata sui fatti dai quali emerge l'evidenza della prova o comunque sia stata invitata a presentarsi per rendere interrogatorio ai sensi del 375;

c.  che non siano decorsi più di 90 giorni dall'iscrizione della notizia di reato nel registro di cui al 335.

Sulla richiesta decide il g.i.p. in segreto, sulla base degli atti trasmessi dal p.m. e senza sentire la difesa.

Il g.i.p. se non ritiene sussistenti i presupposti di cui sopra rigetta la richiesta e restituisce gli atti al p.m.

Viceversa, ove ritenga esistenti i presupposti, il giudice dispone con decreto il rito immediato.

Il decreto è comunicato al pubblico ministero e notificato all'imputato e alla persona offesa almeno trenta giorni prima della data fissata per il giudizio.

Il giudizio direttissimo si differenzia dal giudizio immediato chiesto dal p.m. in quanto l'instaurazione del giudizio immediato consegue ad una valutazione soggettiva da parte del p.m., che ritenga evidente la prova di reità, mentre per instaurare il rito direttissimo sono richiesti presupposti di tipo oggettivo.

Il p.m. può promuovere l'instaurazione del rito direttissimo in presenza di una delle seguenti ipotesi:

a. 449.4: Il pubblico ministero può, altresì, procedere al giudizio direttissimo quando l'arresto in flagranza è già stato convalidato. In tal caso l'imputato è presentato all'udienza non oltre il quindicesimo giorno dall'arresto;

b.  449.5: Il pubblico ministero può, inoltre, procedere al giudizio direttissimo nei confronti della persona che nel corso dell'interrogatorio ha reso confessione. L'imputato libero è citato a comparire a una udienza non successiva al quindicesimo giorno dalla iscrizione nel registro delle notizie di reato. L'imputato in stato di custodia cautelare per il fatto per cui si procede è presentato all'udienza entro il medesimo termine;

c.  quando l'indagato, che sia stato arrestato in flagranza, è presentato direttamente al giudice del dibattimento per la convalida dell'arresto (e il contestuale giudizio) non oltre il termine di 48 ore.

La convalida dell'arresto è un presupposto del rito.

In tutti i casi di giudizio direttissimo è la pubblica accusa a formare il fascicolo per il dibattimento.

Gli atti delle indagini sono depositati presso la segreteria del p.m.: il difensore può prenderne visione.

Una volta introdotto il rito direttissimo, il giudice del dibattimento ha il potere-dovere di valutare la sussistenza dei presupposti del medesimo: se la verifica dà esito negativo, egli deve rimettere gli atti al p.m. con ordinanza; altrimenti, il giudice è vincolato a procedere al dibattimento.

Il dibattimento si svolge nelle forme ordinarie, anche se vi sono alcune particolarità: per es. le parti possono far citare oralmente la persona offesa e i testimoni, o presentarli direttamente in udienza.

In ogni caso, il presidente avverte l'imputato della facoltà di chiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento, oppure, in alternativa, un termine (non superiore a 10 giorni) per preparare la difesa.

Alcune leggi hanno introdotto nell'ordinamento figure particolari di giudizio direttissimo obbligatorio, per le quali si prescinde dall'esistenza dei presupposti sopra indicati.

Il procedimento per decreto ha lo scopo di evitare sia l'udienza preliminare, sia il dibattimento.

Il p.m., se ritiene che possa irrogarsi una pena pecuniaria, sia pure in sostituzione di pena detentiva (e salvo che risulti la necessità di applicare una misura di sicurezza personale) può esercitare l'azione penale, chiedendo al g.i.p. l'emissione di un decreto di condanna nei confronti dell'imputato.

La richiesta deve essere motivata e va formulata entro 6 mesi dall'iscrizione del nome dell'indagato nel registro delle notizie di reato.

Su di essa decide il g.i.p., senza sentire la difesa.

Per "indurre" l'imputato ad accettare la condanna, il codice consente al p.m. di chiedere l'applicazione di una pena diminuita sino alla metà rispetto al minimo edittale.

Per accentuare il carattere premiale del rito, è previsto:

a. che il decreto penale esecutivo non abbia efficacia di giudicato nel giudizio civile od amministrativo;

b.  che non possono essere applicate pene accessorie e può esser disposta solo la confisca obbligatoria;

c.  che il decreto non comporta condanna al pagamento delle spese del procedimento ed il reato è estinto se nel termine di cinque anni, quando il decreto concerne un delitto, ovvero di due anni, quando il decreto concerne una contravvenzione, l'imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole.

Il procedimento per decreto è applicabile anche ai reati perseguibili a querela se questa è stata validamente presentata e se il querelante non ha nella stessa dichiarato di opporvisi (459.1).

Il querelante, con la sua opposizione, ottiene la possibilità di costituirsi parte civile.

Il giudice non ha la possibilità di modificare la pena indicata dalla pubblica accusa.

Contro il decreto, che deve essere motivato, il condannato e la persona civilmente obbligata, anche tramite il difensore, possono formulare un'opposizione; questa va presentata, a pena di inammissibilità, entro 15 giorni dalla notificazione del decreto.

Se l'opposizione non è proposta o è dichiarata inammissibile, il giudice ordina l'esecuzione del decreto.

Con la dichiarazione di opposizione si può chiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento, oppure il giudizio immediato.

L'imputato contestualmente all'opposizione può altresì presentare domanda di oblazione (464.2).

Nel giudizio conseguente all'opposizione, l'imputato non può chiedere il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena su richiesta, né presentare domanda di oblazione


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