I partiti politici
La libertà dei cittadini di associarsi in partiti non è che un momento
della generale libertà di associazione. Ma che confinasse i partiti nel campo
delle libertà civili e politiche, sul medesimo piano di altre formazioni sociali
costituzionalmente garantite, ne avrebbe una visione estremamente riduttiva. Al
di là delle forme di governo previste dalle carte costituzionali, si deve ormai
ragionare di altrettanti stati di partiti, secondo una formula corrente nella
stessa dottrina italiana. La presenza dei partiti e la loro capacità di
condizionare le scelte degli organi politicamente rappresentativi sono cioè
determinanti nella ricostruzione dei meccanismi della rappresentanza e della
responsabilità politica. Collocazioni testuali a parte, l'attuale rilievo
costituzionale dei partiti politici forma un fattore decisivo di consolidamento
della democrazia. Secondo la costituzione italiana i partiti non vengono
infatti concepiti come fini a sé stessi, ma come tramiti attraverso i quali i
cittadini possono concorrere alla determinazione della "politica nazionale".
Sicché si è potuto parlare di "esercizio quotidiano di sovranità popolare che
si celebra attraverso la vita dei partiti". È in questa luce che si spiegano e
si giustificano le numerose norme giuridiche, scritte e non scritte che in
vario modo riguardano i partiti: sia nel senso di conferire a tali associazioni
specifici poteri, sia nel senso di soddisfare i loro bisogni. Di per sé stessi,
i partiti politici non sono altro che associazioni non riconosciute o di fatto,
prive di personalità giuridica e dunque soggette al regime comune dettato; più
precisamente si tratta di "associazioni di associazioni". Fondamentale è il
ruolo spettante ai partiti nei procedimenti elettorali. La legge elettorale per
la camera dei deputati prevede, cioè, che spetti a ciascun partito o gruppo
politico organizzato il deposito dei contrassegni delle rispettive candidature
individuali e di lista; ed analoghe norme si impongono quanto alle candidature
per elezione del Senato. Su questa base si regge d'altronde la legislazione
concernente il finanziamento statale dei partiti stessi. Ma tali finanziamenti
sono versati ai gruppi parlamentari anziché ai partiti come tali: quasi per
sottolineare che le associazioni politiche in questione non vengono affatto in
rilievo come soggetti meramente provati, bensì quali fattori della politica
generale. Oltre che sulla legislazione statale, la presenza dei partiti incide
poi sui regolamenti delle due assemblee parlamentari. Salvi i "gruppi misti",
ognuno degli altri gruppi parlamentari, tanto alla camera quanto al senato,
corrisponde ad un "partito organizzato del Paese". Tali gruppi sono
l'espressione parlamentare dei partiti". Ma l'influenza dei partiti sugli organi
statali di governo trova molto spesso fondamento in regole non scritte,
originariamente di carattere convenzionale e quindi trasformatesi in vere e
proprie consuetudini costituzionali. Così a partire dagli anni sessanta, i
segretari dei partiti politici sono stati gradualmente inseriti nella fase
preparatoria del procedimento formativo del governo, in occasione delle
consultazioni effettuate dal capo dello stato. Tutto questo non vale a
giustificare, però, la partitocrazia concepita nel senso degenerativo del
termine: cioè l'occupazione, effettuata specialmente dai partiti detentori del
governo centrale o dei vari governi locali, di aree eccedenti la determinazione
della "politica nazionale", bensì riservate all'amministrazione ovvero
spettanti alla autonome scelte della società civile. C'è inoltre da chiedersi
fino a che punto sia adeguata la stessa disciplina costituzionale dei partiti.
L'art. 49 Cost. contiene, in verità, una serie di fondamentali indicazioni:
tale è specialmente il "principio del concorso", dal quale discende il
necessario pluralismo dei partiti, per cui sempre nuove formazioni politiche
possono venire liberamente create dai cittadini, senza autorizzazioni di sorta.
Senonché l'art. 49 non impone letteralmente che ogni partito debba avere un
ordinamento interno democratico. D'altro lato le lacune dell'ordinamento
generale si manifestano anche per ciò che riguarda il "metodo democratico". In
particolar modo né la Carta costituzionale né la legislazione ordinaria dello
Stato prescrivono alcunché di preciso a carico dei partiti "antisistema" che
non aderiscano alla tavola dei valori costituzionali, ma cerchino di sabotarne
o di combatterne apertamente la realizzazione. Sotto quest'ultimo aspetto vi è
solamente lo specifico divieto di riorganizzazione del partito fascista; ma
l'estremismo politico non è stato altrimenti sanzionato, salva la preclusione
delle associazioni che perseguono "scopi politici mediante organizzazioni di
carattere militare".