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IL MATRIMONIO SECONDO IL CONCILIO VATICANO II
La Chiesa del Concilio, invece di partire da Dio per scendere verso l'uomo, è partita dall'uomo per salire verso Dio. Il Concilio Vaticano II si sofferma ad esporre organicamente la dottrina matrimoniale nel contesto della Gaudium et Spes, che è una costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Per quel che concerne il matrimonio in fieri il Concilio fa cadere la formula del contratto e recupera quella del foedus, del patto d'alleanza tra gli sposi; per quanto riguarda il matrimonio in facto esse il Concilio rinverdisce la formula del consortium omnis vitae, ma la trasvaluta in quella più moderna della intima communio vitae et amoris. Per il Concilio il matrimonio si arricchisce di diversi beni e fini che sono tutti di grande dignità. Il matrimonio è un'unità che ordina il molteplice attorno a un centro, l'amore coniugale. La prole è un continuo di questo amore. Il Concilio non si è limitato a cogliere la dimensione terrestre dell'amore umano. L'unione dell'uomo e della donna, se realizza le ricchezze dell'amore umano, per la Chiesa del Concilio è un Sacramento: il foedus coniugii simboleggia il patto d'alleanza tra Dio e Israele. L'unione dell'uomo e della donna simboleggia l'unione del Cristo con la Chiesa. Cristo per la Chiesa offrì il suo corpo, così gli sposi devono offrirsi reciprocamente il loro corpo con mutua dedizione e perpetua fedeltà. Quest'immagine evoca il Mistero dell'Eucaristia che è per la Chiesa l'offerta perenne del Corpo di Cristo. È questa la ragione di fondo per cui il Concilio ha apportato un'innovazione di rilievo: in via ordinaria e salvo che vi sia una giusta causa di giustificazione, non si può separare il rito delle nozze dalla celebrazione della messa. Col rito delle nozze il corpo vero degli sposi e il Corpo vero di Cristo (l'Eucaristia) convergono nell'unità.
La Chiesa è il Sacramento dei Sacramenti: i singoli Sacramenti essa fonda, nei singoli Sacramenti essa si riflette. La Chiesa non è generata dal Sacramento: perché vuol esser essa stessa il Sacramento dei Sacramenti, Eucaristia vivente, del Corpo di Cristo. Il matrimonio è un'unità, un flusso di vita che è generato dal patto coniugale, ma non si esaurisce nel patto perché deve continuare quanto dura la vita degli sposi.
LA RIFORMA LITURGICA DEL MATRIMONIO
In attuazione della costituzione Sacrosanctum concilium è stata realizzata, col decreto 19/03/1969, la riforma liturgica del matrimonio. Col sacramento del matrimonio i coniugi cristiani significano il Mistero dell'unità e dell'amore fecondo tra il Cristo e la Chiesa. Ma il Sacramento è qui colto, non più solo nella sua oggettività, ma anche nelle sue dinamiche soggettive: non sono più le nozze in sé che significano, ma sono i cristiani a significare con le nozze l'unione di Cristo e della Chiesa. Il proemio del decreto, non usa più la terminologia contrattualistica: il consenso degli sposi, che Cristo ha elevato per la Chiesa alla dignità di Sacramento, non è detto contratto, ma patto d'alleanza tra gli sposi. Il proemio del decreto si distacca dalla concezione controriformistica, nel presentare la funzione procreativa del matrimonio. La prole è, oggettivamente, il fine verso cui il matrimonio è ordinato. Soggettivamente la procreazione appare non come un dovere, ma come una benedizione, i figli sono grandissimo dono del matrimonio. Per quanto attiene la struttura del rito del matrimonio, essa rimane nella sostanza mantenuta ferma.
Vi sono tuttavia varianti di rilievo:
la celebrazione del matrimonio deve avvenire, a meno che non ricorra giusta causa, all'interno della celebrazione della messa;
viene modificata la formula della manifestazione del consenso, per sottolineare la solennità dell'impegno degli sposi e il loro essere attori del rito. Gli sposi non si limitano più a ripetere il fatale si, ma devono pronunciare un'articolata formula d'impegno desunta dalla tradizione liturgica protestante;
per meglio sottolineare che ministri del Sacramento sono gli sposi viene modificata la formula pronunciata dal sacerdote;
viene sottolineato con più nettezza, rispetto al che nel decreto del Concilio di Trento, che l'essenza del matrimonio è nell'amore umano, che Cristo benedice e conferma;
le formule di benedizione vengono volte al plurale per sottolineare l'uguaglianza degli sposi davanti a Dio, a differenza della liturgia medioevale che aveva assegnato un ruolo centrale alla benedizione della donna;
Il Concilio Vaticano II non è una registrazione del già vissuto, ma una vita che promuove e suscita nuova vita. Gli interventi pontifici si sono tenuti prevalentemente sul terreno delle direttive etiche, fino a culminare nel nuovo codice di diritto canonico del 1983. Capitale è stato il pontificato di Paolo VI, che ha fissato con mano ferma i binari entro cui doveva tenersi l'attuazione conciliare. Due i punti principali del matrimonio: il tema dell'esercizio della sessualità nel matrimonio e il tema del valore esatto da dare all'indicazione evangelica dell'indissolubilità. Il primo punto è stato affrontato con l'Enciclica Humanae vitae del 25-07-1968. L'Enciclica affronta il tema della sessualità nel matrimonio nel quadro di un più ampio discorso sul controllo delle nascite. L'Enciclica riconosce la legittimità di due pulsioni: l'amore coniugale, con le sue capacità di donazione, e la paternità responsabile nel rispetto della vita e della natura. Il rispetto della vita impone che sia vietato, come mezzo di controllo della natalità, l'aborto; il rispetto della natura importa che sia vietato l'uso di contraccettivi chimici o meccanici. La paternità responsabile può esser conseguita facendo ricorso al metodo di Ogino Knaus: che consiste nell'utilizzare i periodi di naturale infecondità della donna.
Giudizio sul pontificato in corso: in linea di principio Giovanni Paolo II ha mostrato di volersi muovere sulla scia programmatica del pontificato paolino. Lo stile proprio del nuovo pontificato si è manifestato, in primo luogo nelle allocuzioni del Papa; in esse il bersaglio principale è il concetto moderno di libertà delle scelte sessuali, cui si oppone l'oggettività della norma etica. Questo cattolicesimo della certezza non poteva non metter capo alla promulgazione del nuovo codice di diritto canonico: che, emanato il 25 gennaio 1983, è forse destinato a segnare lo spartiacque tra due epoche della storia del diritto canonico. Giovanni Paolo II raccomanda di sempre riferirsi al Concilio e di assicurare in ogni caso il primato del diritto divino.
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